Come preziose ricette tramandate di generazione in generazione, ci sono solo alcune regioni del DNA che l’evoluzione non osa modificare. I mammiferi condividono in lungo e in largo una varietà disequenze codificate che sono rimaste intatte per milioni di anni ma gli umani sono una strana eccezione in questo club.
Per qualche ragione, le ricette a lungo conservate dai nostri antichi antenati si sono improvvisamente “arricchite” in un breve periodo di tempo.
Poiché siamo l’unica specie in cui queste regioni sono state riscritte così rapidamente, sono chiamate “regioni accelerate umane” (o HAR). Inoltre, gli scienziati pensano che almeno alcuni HAR potrebbero essere alla base di molte delle qualità che distinguono gli esseri umani dai loro parenti stretti, come scimpanzé e bonobo.
Quasi due decenni fa, un team di ricercatori guidato dalla biologa computazionale Katie Pollard, direttrice del Gladstone Institute of Data Science and Biotechnology negli Stati Uniti, a identificato gli HAR confrontando genomi umani e di scimpanzé.
In un nuovo studio, il team di Pollard ha scoperto che il ripiegamento 3D del DNA umano nel nucleo è un fattore chiave in questo momento cruciale per la nostra specie. Immagina un pezzo di DNA del nostro ultimo antenato comune con gli scimpanzé come una lunga sciarpa avvolta intorno al tuo collo, con strisce di vari colori che attraversano la sua trama per tutta la sua lunghezza.
Ora immagina che qualcuno abbia provato a realizzare esattamente la stessa sciarpa, ma non ha seguito del tutto lo schema originale. Alcune delle strisce sono più strette, altre sono più larghe e alcune presentano colori in un ordine diverso rispetto all’originale. Quando avvolgi quella nuova sciarpa intorno al collo nello stesso modo dell’originale, le strisce che si trovano una accanto all’altra non sono più le stesse.
Come questa sciarpa, la grande differenza tra il DNA umano e quello degli scimpanzé è strutturale: grossi pezzi dei blocchi costitutivi del DNA sono stati inseriti, eliminati o riorganizzati nel genoma umano. Quindi il DNA umano si piega diversamente nel nucleo rispetto al DNA di altri primati.
Il team di Pollard ha cercato di capire se questi cambiamenti strutturali nel DNA umano, e il suo ripiegamento 3D alterato, avrebbero potuto portare al “dirottamento” di particolari geni all’interno degli HAR, collegandoli a geni codificanti proteine diverse rispetto a quelle a cui erano originariamente applicati.
Molti geni all’interno degli HAR sono collegati ad altri geni, agendo come potenziatori (nel senso che aumentano la trascrizione del/dei loro gene/i collegato/i).
“I potenziatori possono influenzare l’attività di qualsiasi gene che finisce nelle vicinanze, il che può variare a seconda di come è piegato il DNA“, ha detto Pollard .
In uno studio pubblicato all’inizio di quest’anno, il team di Pollard ha creato un modello che cerca di spiegare le rapide variazioni che compaiono nelle HAR nei primi esseri umani spesso opposte l’una all’altra, trasformando l’attività di un potenziatorein una sorta di messa a punto genetica.
Per lo studio più recente, il team ha confrontato i genomi di 241 specie di mammiferi utilizzando l’apprendimento automatico per far fronte a una grande quantità di dati.
Hanno identificato 312 HAR e ne hanno esaminato la posizione all’interno dei “quartieri” 3D del DNA ripiegato. Quasi il 30 percento degli HAR si trovava nelle regioni del DNA in cui le variazioni strutturali hanno causato il ripiegamento del genoma in modo diverso negli esseri umani rispetto ad altri primati.
Il team ha anche scoperto che i quartieri contenenti HAR erano ricchi di geni che differenziano gli umani dai nostri parenti più stretti, gli scimpanzé. In un esperimento che ha confrontato il DNA all’interno di cellule staminali umane e di scimpanzé in crescita, un terzo delle HAR identificate è stato trascritto specificamente durante lo sviluppo della neocorteccia umana.
Molti HAR svolgono un ruolo nello sviluppo dell’embrione, in particolare nella formazione di percorsi neurali associati a intelligenza, lettura, abilità sociali, memoria, attenzione e concentrazione: tratti che sappiamo essere nettamente diversi negli esseri umani rispetto ad altri animali.
Negli HAR, questi geni potenziatori, immutati per milioni di anni, potrebbero aver dovuto adattarsi ai loro diversi geni bersaglio e domini regolatori.
“Immagina di essere un potenziatore che controlla i livelli di ormoni nel sangue; ad un certo punto, il DNA si piega in un modo nuovo e ti ritrovi accanto ad un gene di neurotrasmettitore e devi regolare i livelli chimici nel cervello invece che nel sangue“, spiega Pollard. “Succede qualcosa di grosso come questo enorme cambiamento nel ripiegamento del genoma e le nostre cellule devono risolverlo rapidamente per evitare uno svantaggio evolutivo“.
Non capiamo ancora esattamente come questi cambiamenti abbiano avuto un impatto su aspetti specifici del nostro sviluppo cerebrale e come siano diventati parte integrante del DNA della nostra specie. Sebbene Pollard e il suo team stiano già pianificando di approfondire queste domande.
Ma la loro ricerca finora mostra quanto sia davvero unica – e improbabile – l’evoluzione del cervello umano.
Questo studio è stato pubblicato su Science.