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L’incidente UFO di Bentwaters del 1956

L'incidente di Lakenheath-Bentwaters si riferisce a una serie di contatti radar e visivi con oggetti volanti non identificati (UFO) avvenuti sopra due basi aeree nell'Inghilterra orientale nella notte tra il 13 e il 14 agosto 1956

L’incidente di Lakenheath-Bentwaters si riferisce a una serie di contatti radar e visivi con oggetti volanti non identificati (UFO) avvenuti sopra le basi aeree nell’Inghilterra orientale nella notte tra il 13 e il 14 agosto 1956. Furono coinvolti il personale della Royal Air Force (RAF) e il personale dell’ United States Air Force (USAF).

L’incidente, da allora, ha acquisito una certa importanza nella letteratura ufologica e sui media dedicati.

Gli eventi susseguitisi quella notte sono  registrati nel file originale del Progetto Blue Book dall’USAF che furono successivamente analizzato dal rapporto del Comitato Condone dal fisico atmosferico James E. McDonald.

I fatti come sono stati resi noti

La notte dell’incidente era asciutta, in gran parte chiara e vide gli osservatori registrare un gran numero di stelle cadenti associate alle Perseidi.

Alle 21:30, gli operatori radar alla base seguirono un bersaglio, simile al normale ritorno di immagine di un aereo, che stava avvicinandosi alla base dal mare ad una velocità apparente di diverse migliaia di miglia all’ora. Rintracciarono un gruppo di obiettivi che si muovevano lentamente verso nord-est, che si fondevano in un unico grande “blip” (più grande di quello lasciato da un B-36 che aveva 70 metri di apertura alare) prima di spostarsi verso nord; fu segnalato anche un ulteriore bersaglio che procedeva rapido da est a ovest.

Un istruttore di T-33 del 512th Fighter Interceptor Squadron, con a bordo il primo luogotenente Charles Metz e Andrew Rowe, fu incaricato di indagare sui contatti radar, ma non vide nulla. In questo periodo non vi furono avvistamenti visivi degli oggetti da Bentwaters, ad eccezione di un singolo oggetto ambrato a forma di stella che fu successivamente identificato come il pianeta Marte.

Alle 22:55, fu rilevato un bersaglio che si avvicinava a Bentwaters da est ad una velocità stimata intorno ai 2000–4000 mph. Svanì dal radar mentre passava sopra la base (suggerendo forse una propagazione anomala come fonte per il bersaglio, sebbene i radar a terra abbiano quasi sempre un punto cieco in testa), riapparendo ad ovest.

Tuttavia, mentre passava sopra di loro, una luce bianca in rapido movimento fu osservata da terra, mentre il pilota di un C-47 che stava transitando a 4000 piedi sopra Bentwaters riferì che una luce simile era passata sotto il suo aereo.

A questo punto, Bentwaters allertò la base RAF di Lakenheath, affittata dagli Stati Uniti, 40 miglia a nord-ovest, per cercare gli obiettivi. Il personale di terra di Lakenheath effettuò avvistamenti visivi di diversi oggetti luminosi, compresi due che arrivarono, apportando un brusco cambiamento di rotta per poi apparentemente fondersi prima di ripartire. La dimensione angolare di questi oggetti fu paragonata a quella di una pallina da golf.

La fase finale dell’incidente venne descritta in dettaglio dal sergente tecnico Forrest Perkins, che era il supervisore nel centro di controllo del traffico aereo di Lakenheath Radar e che scrisse direttamente al comitato Condon nel 1968.

Perkins affermò che due intercettori RAF De Havilland Venom furono fatti decollare e diretti verso un obiettivo radar vicino a Lakenheath. Il pilota del primo Venom raggiunse il contatto, ma poi scoprì che il bersaglio si muoveva dietro di lui e ci fu un inseguimento che durò 10 minuti nonostante le manovre evasive. Perkins definì il pilota “preoccupato, eccitato e anche piuttosto spaventato“.

Il secondo Venom fu costretto a tornare a terra a causa di problemi al motore; Perkins dichiarò che l’obiettivo era rimasto sui loro schermi per un breve periodo prima di partire verso nord.

Le indagini sull’avvistamento UFO di Bentwaters

Il comitato Condon condusse le analisi del caso, in risposta alla lettera di Perkins. Oltre al file Blue Book, venne in possesso di un precedente messaggio classificato trasmesso tre giorni dopo l’incidente dal 3910° gruppo dalla base aerea al comando di difesa aerea presso Ent AFB. La descrizione del messaggio del teleprinter degli eventi, incluso l’episodio di “inseguimento“, concordava ampiamente con quella di Perkins.

Sulla base delle informazioni disponibili, il ricercatore del Comitato (Thayer) ritenne che fosse possibile un’anomalia radar. Concentrandosi sulla fase successiva dell’incidente a Lakenheath, giunse alla notevole conclusione che “questo è il caso più sconcertante e insolito nei file radar-visivi. Il comportamento apparentemente razionale e intelligente dell’UFO suggerisce un dispositivo meccanico di origine sconosciuta come la spiegazione più probabile di questo avvistamento“.

Il giornalista aeronautico e noto scettico UFO Philip J. Klass concluse, tuttavia, che l’incidente poteva essere spiegato come una combinazione di falsi ritorni radar e errate percezioni delle meteore Perseidi.

Alla fine degli anni ’70, un articolo del Daily Express e un successivo articolo dell’astronomo Ian Ridpath sul Sunday Times trovarono un ulteriore testimone: il tenente di volo Freddie Wimbledon che scrisse al Sunday Times il 19 marzo 1978 contestando la dichiarazione di Ridpath secondo cui l’incidente era stato effettivamente spiegato da Klass.

Wimbledon era il controllore radar in servizio presso RAF Neatishead al momento degli avvistamenti.

Mentre il suo resoconto degli eventi concordava con quello di Perkins in alcuni dettagli, inclusa la descrizione dell’aeromobile apparentemente inseguito dall’oggetto, dichiarò che in realtà era stata la sua squadra a dirigere i due venom verso l’intercettazione e che il personale americano a Lakenheath avrebbe semplicemente “ascoltato”. Wimbledon non era d’accordo con l’analisi di Klass, ricordando che l’incidente comportava un solido ritorno radar tracciato da tre set a terra e uno nell’aereo intercettante.

Lo stesso interesse della stampa del 1978 per il caso suscitò la reazione di John Killock che scrisse una lettera al Daily Express in cui sosteneva di aver visto, nell’agosto 1956, una sola luce bianca in rapido viaggio a Ely, insieme a un Venom, e successivamente uno strano gruppo di luci ambrate.

Il rapporto finale del Comitato Condon concludeva che gli UFO erano semplici identificazioni errate di fenomeni o velivoli terrestri, ma non escludeva del tutto che quella sera almeno un UFO venne segnalato dai radar delle basi  definendo “eleveta” la probabilità.

Quattro ricercatori britannici di Fortean, il dottor David Clarke, Andy Roberts, Martin Shough e Jenny Randles, condussero uno studio che rivelò la complessità dell’incidente, più di quanto suggeriva il rapporto Condon stesso.

Furono rintracciati i piloti coinvolti, gli ufficiali di volo David Chambers e John Brady del primo aereo e gli ufficiali di volo Ian Fraser-Ker e Ivan Logan del secondo, che vennero intervistati. Gli equipaggi coinvolti volarono tutti con il 23 Squadrone della RAF di  Waterbeach e furono fatti decollare alle 02:00 e 02:40 il 14 agosto – circa due ore dopo che, secondo le dichiarazioni di Wimbledon e Perkins, le intercettazioni si erano verificate.

Contrariamente  a quanto riportato dai dati classificati e nei resoconti di Wimbledon e Perkins, i membri dell’equipaggio dichiararono che i contatti radar non erano nulla di eccezionale e non ci fu nessun dogfight o inseguimento da parte del bersaglio.

Non ci fu nessun contatto visuale con il presunto UFO, e Chambers, il primo pilota dichiarò: “la mia sensazione è che non ci fosse nulla lì, era stato un qualche tipo di errore“.  Ivan Logan, il secondo navigatore del Venom, affermò che “tutto ciò che abbiamo visto è stato un blip che indicava piuttosto un bersaglio fermo“. All’epoca il 23 Squadrone decise che il contatto radar era avvenuto, semmai, con un pallone meteorologico.

La storia si complica con il racconto dell’equipaggio di un altro Venom, contattato poco prima degli altri due aerei per investigare sul segnale radar. Gli ufficiali Leslie Arthur e Grahame Scofield dissero che erano stati costretti ad interrompere la missione e a ritornare indietro per il malfunzionamento di uno dei serbatoi di carburante.

Mentre rientravano alla base, Scofield ascoltò le comunicazioni radio dei piloti degli altri Venom inviati a compiere l’intercettazione e gli sembrò di riconoscere gli equipaggi formati da Cambers/Brady e Fraser-Ken/Logan.

Secondo quanto riferito da Scofield, il contenuto della conversazione era in accordo con i racconti di Perkins e Wimbledon. In seguito alla rotta e all’orario del volo, l’aereo di Arthur/Scofield può essere identificato come il Venom avvistato a Ely dal testimone civile John Killock.

Ulteriori ricerche portarono alla luce il fatto che il comandante di stormo Anthony Davis (poi divenuto commodoro dell’aria) partecipò all’investigazione sul segnale radar, essendo stato allertato mentre era già in volo dopo il decollo dalla base di Neatishead.

In un documento scritto circa un mese dopo i fatti, il pilota affermò che fu guidato verso un sospetto UFO dall’operatore radar (probabilmente Wimbledon) della base di Neatishead, ma l’operatore radar del suo aereo non riuscì a stabilire un contatto; alla fine, il pilota si rese conto che stava inseguendo una stella (probabilmente il pianeta Marte, che quella notte era brillante e ben visibile).

Dato che l’orario di questo tentativo d’intercettazione coincide con quello indicato da Perkins e Wimbledon, è probabile che Davis sia uno dei due piloti a cui si riferisce il racconto di questi due testimoni, mentre l’altro pilota rimane sconosciuto. È probabile che gli aerei di Chambers/Brady e Ian Fraser-Ker/Logan siano intervenuti dopo quello di Davis.

Secondo i ricercatori di Lakenheath Collaboration, la confusione e la contraddittorietà delle fonti e testimonianze non consente ancora di capire dettagliatamente come si siano svolti i fatti.

Larry Robinson, ricercatore dell’Indiana University, che ha riesaminato il caso negli anni novanta, concorda con l’ipotesi della propagazione radar anomala avanzata da Klass.

La rilevazione dei segnali anche da parte dei radar degli aerei non escluderebbe quest’ipotesi perché, puntando nella stessa direzione dei radar di terra, anch’essi potevano rilevare le propagazioni anomale causate dallo stesso strato d’inversione termica.

Il segnale radar rilevato dal radar di terra dietro il primo Venom potrebbe essere invece un’eco fantasma, cioè un’immagine secondaria dello stesso aereo causata dalla riflessione del segnale primario su un oggetto al suolo, come un camion a cassone ribaltabile o un carro merci.

Alcuni degli oggetti osservati visualmente avrebbero potuto essere meteore, che in alcuni casi possono causare echi radar; alle obiezioni contro quest’ipotesi avanzate da McDonald, Robinson ha risposto che in un tempo di osservazione così breve è difficile, per un osservatore non addestrato, stimare con precisione l’altezza e la velocità di questi oggetti.

Conclusione

Non sapremo mai cosa successe veramente quella notte, se vi fu realmente un UFO o si inseguì un fantasma, troppi sono gli ingredienti mischiati quasi in modo casuale.

Meteore, aerei, palloni meteorologici, Marte. Erano anni in cui i dischi volanti riempivano spesso le cronache, si era in piena guerra fredda e, proprio in quel periodo, era nata una nuova categoria di ricercatori indipendanti: gli ufologi, persone spesso a caccia di gloria personale più che di UFO, che per ottenere visibilità sui media cercavano di rilevare, anche forzando i fatti, argomenti per avvalorare le loro tesi, troppo spesso avanzate prima di esaminare obbiettivamente le prove.

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