Uccidete Yamamoto!

Le ultime ore di vita dell'ammiraglio Yamamoto, l'ideatore dell'attacco a Pearl Harbour

0
6831
Indice

Sono poco più delle 6.30 di mattina del 17 aprile 1943 al Centro di Ascolto del traffico radiotelegrafico giapponese della base di Dutch Harbor nelle isole Aleutine. Uno stanco ufficiale di servizio non vede l’ora che il turno termini per andare a riposare quando intercetta un messaggio con l’inconfondibile firma dell’ammiraglia della flotta giapponese, la Yamato.
Tutte le comunicazioni che provengono dall’Alto Comando navale nipponico sono ritenute importante e l’operatore si appresta a trasmetterlo al Ministero della Marina a Washington ed al Comando Navale a Pearl Harbour. Il messaggio è ovviamente criptato. Con un’improvvisa intuizione, di cui non si rende conto neppure lui, l’ufficiale di servizio ordina all’operatore di scrivere in testa alla comunicazione “FATE MOLTA ATTENZIONE AL CONTENUTO DI QUESTO MESSAGGIO”.


Probabilmente è proprio grazie a questo strano rafforzativo che alla base di Pearl Harbour il comandante Edward Layton ne ordina l’immediata decrittazione. Senza indugio il messaggio viene passato nella Blackbox la scatola nera messa a punto dall’IBM per decifrare il codice delle comunicazioni giapponesi.

Il messaggio è davvero interessante: si tratta del programma dettagliato con tanto di orari di arrivo e partenza e località da visitare di una prossima ispezione che l’ammiraglio Yamamoto, comandante in capo della Flotta del Sol Levante, effettuerà a Ballale, Shortland e Buin il 18 aprile, ovvero il giorno dopo.
Layton si reca con una cartelletta azzurra contenente il messaggio decrittato dall’ammiraglio Nimitz, che lettolo, guarda il suo subalterno e gli chiede: Che dici Ed, vogliamo prenderlo?”. Alle 8.30, due ore esatte dopo l’intercettazione, viene convocato lo Stato Maggiore di Nimitz, l’assassinio di Yamamoto è un’occasione troppo ghiotta. La scomparsa di un comandante così capace e cosi popolare avrebbe avuto certamente grosse ripercussioni nella flotta aereo navale giapponese.
Ma perchè Yamamoto si apprestava a questo giro di ispezione?

La sua intenzione era quella di lanciare una grande offensiva in tutto il Pacifico del Sud, per arrestare lo slancio statunitense, galvanizzato dalla presa di Guadalcanal. Isoroku Yamamoto era nato il 4 aprile 1884 ed era considerato uno dei maggiori strateghi navali in assoluto, ideatore fra l’altro dell’attacco a sorpresa di Peral Harbour. L’ammiraglio però non si fidava totalmente della capacità dei suoi ufficiali di predisporre tempestivamente e nella maniera dovuta le forze necessarie all’offensiva provvisoriamente denominata Operazione A.

L’ispezione si inseriva pertanto in quei controlli in prima persona che lo avevano reso proverbiale. Il timore di incorrere negli strali di Yamamoto, indusse gli ufficiali ed i comandanti delle basi da visitare ad un intenso scambio di dispacci per prepararsi alla visita dell’Ammiraglio in Capo, al punto che si ritenne necessario addirittura formulare un messaggio contenente un vero e proprio dettagliato programma della visita, che si sarebbe rimandata di un giorno soltanto in caso di maltempo.



Questo testo, intercettato sarà la causa dell’eliminazione fisica di Yamamoto. Il servizio meteo giapponese confermò le condizioni di bel tempo e l’ispezione venne programmata come stabilito per il 18 aprile. Nel frattempo è in corso la riunione dello Stato Maggiore di Nimitz, non pochi ufficiali sembrano perplessi sulla possibilità di intercettare il volo di Yamamoto e conseguentemente abbatterlo. Nimitz però li spiazza e chiede: E davvero cosi importante per il nemico Yamamoto?”

La risposta è unanime: SI. Nimitz continua incalzando il suo staff, non è possibile che se si riuscisse ad eliminare il comandante giapponese, il suo sostituto possa essere migliore di lui? Anche stavolta la risposta è unanime e non lascia dubbi: no, nessuno dei possibili successori ha le qualità e le capacità di Yamamoto.

A questo punto Nimitz taglia corto ed affida l’incarico di predisporre un piano operativo per l’uccisione di Yamamoto a William Halsey, comandante della flotta americana del Sud Pacifico. Però Chester Nimitz, Comandante in Capo delle forze del Pacifico degli USA e degli Alleati, sa bene che un’azione simile ha bisogno anche di un via libera politico e pertanto informa il Pentagono e Washington. Sono le 11 di mattina del 17 aprile 1943.

Il messaggio cifrato con il programma dell’ispezione e la proposta di Nimitz di assassinare Yamamoto giungono al Pentagono ed arrivano sul tavolo del Ministro della Marina Frank Knox che si rende immediatamente conto della delicatezza e dell’urgenza del contenuto. Knox convoca immediatamente il suo staff, all’interno del quale c’è il celebre trasvolatore dell’Atlantico Charles Lindenbergh.

Si accende un’animata discussione tecnica sulle possibilità dell’Aviazione americana di intercettare dalla base più avanzata il volo dell’ammiraglio Yamamoto. Quello che preoccupa è l’autonomia di volo. Lindenbergh sostiene che il P.38 Lightning della Lockheed ha l’autonomia sufficiente, altri ufficiali e collaboratori di Knox affermano il contrario.
Si decide di consultare immediatamente l’azienda americana che conferma che si possono agganciare sotto le ali del P.38 Lightning serbatoi supplementari in grado di dare tutta l’autonomia necessaria a questa pericolosa missione.
Knox registra la soddisfazione del suo staff ed allo stesso tempo come nessuno abbia avanzato il tarlo che lo rode: è morale, autorizzare l’assassinio di un singolo, anche in contesti bellici?

Il Ministro della Marina si riserva di avere il placet definitivo dal Presidente Roosevelt, nel frattempo autorizza Nimitz a procedere con la predisposizione del piano.
Sono le 13.00 del 17 aprile quando ricevuto l’ok da Knox, il Comandante in Capo informa Halsey del via libera. Quest’ultimo fa partire immediatamente due dispacci, uno al generale Kenney, comandante dell’aviazione statunitense in Australia con l’ordine di inviare serbatoi supplementari alla base americana di Guadalcanal. Il secondo fonogramma è indirizzato al comandante di quest’ultima, maggiore Mitchell con l’ordine di procedere all’abbattimento dell’aereo di Yamamoto.
Alle 17.00 alla base aerea di Henderson Fields, il maggiore Mitchell apre il briefing con i suoi piloti spiegando i termini della missione. Più di uno pare perplesso sulla concreta possibilità di intercettare in un certo punto imprecisato dei cieli dell’isola di Bouganville, intorno alle 9.30 del giorno dopo, il bombardiere a medio raggio su cui viaggerà Yamomoto, scortato da sei caccia Zero. Mitchell cerca di infondere un forzato ottimismo, a loro favore, c’è la leggendaria puntualità dell’Ammiraglio giapponese.

Si tracciano sulle mappe aggiornatissime rotte e linee di intercettazione, si predispongono i piani di battaglia, niente viene lasciato al caso. Una delle operazioni militari più complesse della guerra aerea viene allestita in pochissime ore. Non rimane che attendere il sorgere dell’alba.

Ore 19.00 del 17 aprile 1943, il Ministro della Marina Knox viene introdotto nello Studio Ovale, dove trova il Presidente Roosevelt, suo amico personale, stanco ed affaticato.
In breve gli espone la possibilità di assassinare il comandante in capo nipponico, lo informa del parere favorevole di Nimitz, Halsey e degli altri, gli esterna i suoi dubbi sulla moralità di una simile decisione, sul rischio che questa azione possa instillare nei giapponesi il dubbio sull’affidabilità del loro cifrario, sulla possibilità che il successore di Yamamoto si riveli ancora più capace del predecessore.
Infine Knox dice chiaramente che sente il bisogno di una presa di posizione politica che venga dalla più alta carica dello Stato. Il Presidente non batte ciglio, si limita a formulare qualche domanda tecnica sulle modalità della missione e la autorizza.

Alle ore 20.00 dal Pentagono viene trasmesso l’ok definitivo all’operazione.
Alle ore 21.00 quattro bombardieri B.24 Liberator, provenienti da una base nella Nuova Guinea, dopo quasi tre ore di volo, atterranno alla base di Henderson Fields con un carico di serbatoi supplementari da installare sotto le ali dei 
P.38 Lightning . Il maggiore Mitchell constata che ci sono serbatoi sufficienti per equipaggiare 18 aerei, sei per l’attacco vero e proprio e 12 come scorta.
Quella notte nessun tecnico e meccanico dormirà nella base aerea di Guadalcanal, il caffè scorrerà a fiumi nella lotta contro il tempo per allestire la squadriglia destinata all’attacco dell’aereo dove viaggerà Yamamoto ed ai sei caccia Zero di scorta.

Ore 5.00 del 18 aprile 1943, mentre i meccanici effettuano il rifornimento di carburante agli aerei cosi modificati, Mitchell effettua l’ultimo briefing con i piloti che parteciperanno alla missione,tutti si stanno accingendo al volo più lungo della loro carriera e non nascondono una certa emozione.

Ore 6.00. Un’alba limpida accoglie il decollo dei 18 P.38 Lightning , nello stesso momento nella base giapponese di Rabaul, l’ammiraglio Yamamoto, puntuale come un orologio svizzero sale sul bombardiere a medio raggio Mitsubishi destinato a portarlo all’appuntamento con la morte.

Ai comandi dell’aereo c’è uno dei migliori e più esperti piloti giapponesi, insieme a Yamamoto prendono posto il suo segretario personale, l’Ufficiale di Stato Maggiore responsabile del collegamento tra Aviazione e Marina, ed il Medico Ufficiale della Flotta. In un secondo bombardiere altri membri dello Stato Maggiore tra cui l’Ammiraglio Ugaki. I due bombardieri decollano e raggiungono in quota i sei caccia di scorta in attesa.

Intanto la squadra d’attacco guidata personalmente dal Maggiore Mitchell vola in formazione ed in rigoroso silenzio rado all’appuntamento con l’ambita preda.
Intorno alle 9.00 i due bombardieri si apprestano alla progressiva discesa verso l’isola di Bouganvillae, mentre i caccia americani che fino allora hanno volato rasente l’acqua per evitare una possibile intercettazione iniziano a salire verso la quota d’attacco stabilita.

Sono le 9.35 australiane quando i P.38 Lightning giungono alla quota di 2.000 metri, da un momento all’altro si aspettano di avvistare gli aerei giapponesi.
Improvvisamente un aereo americano rompe il silenzio radio: 
Nemici ad ore 10! Per un attimo Mitchell rimane sconcertato, c’è un bombardiere in più di quanto previsto, due Mitsubishi invece che uno soltanto. Senza frapporre ulteriore indugio ordina al gruppo comandato dal capitano Thomas G. Lanphier di attaccare.
Gli Zero avvistano i caccia americani ed intuiscono il pericolo e si lanciano contro di essi. Mitchell reagisce immediatamente via radio: 
Lascia stare gli Zero, Tom! Dai addosso ai bombardieri. Lascia perdere il resto, pensa ai bombardieri! Con i suoi 12 caccia Mitchell ingaggia un furioso combattimento con gli Zero di scorta. Nonostante si battano al meglio, ogni Zero deve vedersela con due avversari ed il loro destino è segnato.
Intanto i due Mitsubishi tentano una manovra evasiva, nessuno degli illustri ospiti si è reso conto ancora del gravissimo pericolo. L’areo di Yamamoto viene centrato ripetutamente dalle raffiche dei caccia di Lanphier e Barber che in seguito rivendicheranno entrambi l’abbattimento. Il secondo Mitsubishi su cui viaggia l’Ammiraglio Ugaki dello Stato Maggiore di Yamamoto, colpito a sua volta, effettua una specie di ammaraggio di fortuna a circa 200 metri dalla riva dell’isola.
Ugaki con un braccio fratturato riuscirà ad aggrapparsi ad un pezzo del relitto e mettersi in salvo, mentre anche il secondo Mitsubishi affonda nell’oceano. La missione ha avuto un completo successo tutti i P.38 Lightning meno uno torneranno alla base.

Il giorno dopo, 19 aprile Halsey apre la consueta riunione mattutina dello Stato Maggiore con la notizia che l’artefice dell’attacco a Pearl Harbour era stato eliminato. La notizia viene accolta con grida di giubilo e pugni sbattuti sul tavolo.
Nel frattempo, quella mattina stessa, verso le 10.30 i giapponesi hanno già avviato le ricerche per rintracciare i resti dell’aereo di Yamamoto, dopo alcune ricognizioni aeree lo avvistano nella giungla e le squadre di ricerca facendosi letteralmente largo a colpi di machete recuperano il corpo ancora legato al seggiolino del grande Ammiraglio giapponese.

I suoi resti vengono cremati, le ceneri messe in un’urna ed in segreto una corazzata li trasporterà a Tokyo. Nessuno ha ancora informato l’opinione pubblica della morte del Comandante in Capo delle forze aereo-navali nipponiche.
Il 21 aprile viene nominato il successore di Yamamoto si tratta di Mineiki Koga, mentre i giapponesi saranno informati della morte del Comandante in Capo, da un commosso speaker, in una trasmissione radio soltanto il 21 maggio.
I funerali di Stato si svolsero il 5 giugno a Tokyo con la partecipazione di una folla commossa e in lacrime di oltre un milione di persone.

Il primo incontro della stampa con Koga si rivelerà disastroso, il nuovo comandante in capo, farà trapelare un profondo pessimismo sull’esito della guerra tanto che la censura militare dovette intervenire per esigere una versione più addomesticata ed accettabile delle sue dichiarazioni.

Dall’altro lato dell’Oceano, Washington si limitò ad informare che aveva appreso dalle comunicazioni radio giapponesi della morte di Yamamoto. Nessuno aveva infranto il segreto e rivelato che la causa della scomparsa di un cosi temibile avversario era dovuta ad una spettacolare azione militare.

I tempi per rivendicare un assassinio sia pure in tempo di  guerra non erano ancora maturi.

2