Una stazione spaziale costruita all’interno di un asteroide è una possibilità realistica

Forse è ancora fantascienza ma, secondo quanto scrivono un gruppo di astrofisici austriaci, tra non molti anni una stazione spaziale permanente all'interno di un asteroide potrebbe diventare una realtà

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L’idea rimanda inevitabilmente ai temi della fantascienza classica ma è qualcosa su cui alcuni ricercatori stanno lavorando seriamente: come realizzare una stazione spaziale abitabile all’interno di un grande asteroide.

Quali sono i vantaggi per i quali varrebbe la pena realizzare un’opera così complessa? Innanzitutto perché la rotazione dell’asteroide creerebbe abbastanza gravità per l’efficace utilizzo delle attrezzature minerarie, dando modo di attingere ai ricchi minerali e ai depositi all’interno di queste rocce celesti. Inoltre, i ricercatori suggeriscono che la crosta rocciosa dell’asteroide potrebbe anche aiutare a proteggere la stazione mineraria dai pericoli dell’essere nello spazio: radiazioni cosmiche e tutto il resto.

Questa pazza idea potrebbe essere realizzabile, secondo un nuovo studio degli astrofisici dell‘Università di Vienna, che ha applicato alcuni avanzati modelli gravitazionali a un ipotetico asteroide di 500 metri per 390 metri.

“I carichi derivanti da forze centrifughe renderebbe fattibile una stazione spaziale installata in una caverna ricavata in un asteroide ricco di minerali da estrarre”, scrivono i ricercatori, anche se qui ci sono molte incognite quali, ad esempio, i materiali da utilizzare in base alal massa dell’asteroide.

Le applicazioni pratiche dipenderanno in modo cruciale dalla conoscenza non solo della composizione, ma anche della struttura interna dei corpi celesti candidati“, aggiungono. “Dato che le missioni su questi asteroidi sembrano inevitabili per tali studi, le decisioni sull’abitare tali asteroidi possono essere possibili solo dopo l’avvio delle operazioni minerarie“.

Le dimensioni dell’asteroide utilizzato nei modelli corrispondono approssimativamente ad alcune rocce spaziali che abbiamo già osservato, tra cui 3757 Anagolay, 99942 Apophis e 3361 Orpheus, ma, a parte le dimensioni, gran parte della composizione di questi asteroidi non è nota al momento.



Se scoprissimo un asteroide abbastanza stabile, potremmo non aver bisogno di mura metalliche o altro, potremmo essere in grado di usare l’intero asteroide come stazione spaziale“, ha detto Thomas Maindl, uno degli astrofisici coinvolti nello studio a New Scientist.

Nei calcoli pubblicati da Maindl e dai suoi colleghi, si presume che l’asteroide sia fatto di pietra solida, e che sia sufficiente il 38% della gravità terrestre per mantenere una stazione spaziale in posizione. Per raggiungere questo livello di gravità, l’asteroide dovrebbe girare su sé stesso da una a tre volte al minuto, cosa che permettere di ottenere una forza centrifuga sufficiente.

Ovviamente, per rendere possibile un’installazione del genere, sarebbe necessario molto lavoro di preparazione. Ad esempio, avremmo bisogno di essere sicuri che l’asteroide non si apra come una noce mentre si scava lo spazio dove installare la stazione spaziale. Se fosse stabile, però, potremmo ipoteticamente realizzare qualsiasi cosa, da un piccolo avamposto a una stazione spaziale più ampia.

L’ipotesi di estrarre minerali da asteroidi ed altri oggetti vicini alla Terra sta riscuotendo sempre più interesse perchè da questi  potremmo ottenere le risorse di cui abbiamo bisogno per spingerci sempre più lontano nello spazio, senza dover fare affidamento esclusivamente sulla Terra per rifornimenti e carburante.

Un giorno potremmo disporre di base permanenti al di fuori del nostro pianeta e, sarebbe a quel punto possibile alimentarle e mantenerle attive utilizzando le materie prime disponibili in loco. Questo nuovo studio spiega che è una possibilità realizzabile.

Il confine tra scienza e fantascienza qui è un po ‘sfocato“, ha detto MaindlNew Scientist. “A mio avviso ci vorranno ancora almeno 20 anni prima che si realizzino i primi tentativi di estrarre materie prime dagli asteroidi e, probabilmente, almeno il doppio primo che potremo essere pronti per poter realizzare strutture permanenti in loco.” Ha concluso.

Lo studio è disponibile sul sito di pre-stampa arXiv.org.

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