Simulare un buco nero con un ologramma per capire cosa accade oltre l’orizzonte degli eventi

L'immagine olografica di un buco nero simulato può servire come entrata nel mondo della gravità quantistica.

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I buchi neri sono sicuramente tra i fenomeni più potenti e affascinanti del nostro Universo, ma, al momento, a causa dei nostri limiti tecnologici ci risulta impossibile poterli studiare da vicino per effettuare analisi dettagliate.

Per ovviare a questo inconveniente, alcuni scienziati hanno pensato di di modellare questi enormi e complessi oggetti in laboratorio – usando ologrammi.

Esperimenti in questo senso non ne sono ancora stati condotti, ma i ricercatori hanno avanzato una struttura teorica per un ologramma di buco nero che permetterebbe di testare alcune delle proprietà più misteriose e sfuggenti di questi oggetti – in particolare per tentare di capire cosa succede alle leggi della fisica oltre l’orizzonte degli eventi.

Uno degli obiettivi finali sarebbe quello di conciliare le due teorie della relatività generale (fisica su larga scala) e della meccanica quantistica (fisica su piccola scala), entrambe di fondamentale importanza per la scienza e che, tuttavia, non sono pienamente d’accordo su come l’Universo funziona.

Un problema straordinario è il fatto che la meccanica quantistica non può spiegare la gravità – ma sia la gravità che la meccanica quantistica sono necessarie per spiegare i buchi neri. In particolare, i buchi neri emettono una forte attrazione gravitazionale, ma per spiegare esattamente cosa succede oltre l’orizzonte degli eventi, gli scienziati devono usare una fisica quantistica molto strana.



È per questo motivo che i fisici sono impazientemente alla ricerca di modi per unire i due in una potenziale “teoria del tutto” chiamata gravità quantistica.

L’immagine olografica di un buco nero simulato, se osservata da questo esperimento da tavolo, può servire come entrata nel mondo della gravità quantistica“, afferma il fisico Koji Hashimoto, dell’Università di Osaka in Giappone.

La chiave della nuova idea di realizzare un ologramma di un buco nero è la teoria delle stringhe: l’idea che le particelle elementari che compongono l’Universo, come quark e leptoni, siano costituite da stringhe unidimensionali che vibrano a frequenze diverse.

Una versione della teoria delle stringhe è conosciuta come dualità olografica e suggerisce sostanzialmente che qualunque cosa accada all’interno di quello spazio della “teoria delle stringhe” può anche essere tradotta in uno “spazio” più semplice con meno dimensioni, come l’orizzonte degli eventi.

Questo si lega all’idea che i buchi neri non siano altro che ologrammi: superfici bidimensionali che vengono proiettate in tre dimensioni (proprio come un ologramma).

Se così fosse, sarebbe possibile risolvere una parte (ma non tutta) la tensione tra relatività generale e meccanica quantistica, perché significherebbe che tutto ciò che cade in un buco nero in realtà non entra da nessuna parte ma rimane impacchettato sulla sua superficie. Non sarebbe più necessario cercare di capire cosa accade “oltre l’orizzonte degli eventi“.

Ed è qui che entrano in gioco gli ologrammi. Secondo i ricercatori una sfera bidimensionale potrebbe modellare un buco nero tridimensionale, con la luce emessa in un punto e misurata in un altro per “vedere” ciò che sta accadendo.

Ciò che rimarrebbe, supponendo che vengano utilizzati i giusti materiali e le condizioni di laboratorio, è un anello di Einstein – la deformazione della luce che può accadere attorno a un buco nero a causa della sua forte attrazione gravitazionale, come previsto dalla teoria della relatività generale. Si tratta di un fenomeno noto come lente gravitazionale.

Questo anello di luce deformato è in realtà ciò che abbiamo visto quando è stata pubblicata la prima immagine di un buco nero.

RealBlackHoleImageCover web(Collaborazione EHT)

Sfortunatamente, poiché questo è ancora un framework teorico che richiede una configurazione di laboratorio super specifica, non sarai ancora in grado di proiettare un buco nero sul tavolo della tua cucina. I ricercatori sperano ora di trovare un materiale quantico che permetta loro di testare la loro teoria.

Tuttavia, se potessimo eseguire l’esperimento, ciò potrebbe aiutare gli scienziati ad abbinare le nostre comprensioni su larga scala e su piccola scala del modo in cui l’Universo funziona.

La nostra speranza è che questo progetto mostri la strada da percorrere per una migliore comprensione di come il nostro Universo opera davvero a un livello fondamentale“, afferma il fisico Keiju Murata, dell’Università Nihon in Giappone.

La ricerca è stata pubblicata in Physical Review Letters.

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