domenica, Settembre 8, 2024
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Paura degli alieni? Forse loro dovrebbero avere paura di noi

Dovremmo inviare messaggi nello spazio nel tentativo di contattare civiltà aliene intelligenti? O dovremmo aver paura che, una volta consapevoli della nostra esistenza, gli alieni ci attacchino e non cercare di contattare nessuno?

Dovremmo inviare messaggi nello spazio nel tentativo di contattare civiltà aliene intelligenti? O dovremmo aver paura che, una volta consapevoli della nostra esistenza, gli alieni ci attacchino e non cercare di contattare nessuno? Due domande contrastanti sulle queli sono in corso discussioni e polemiche tra fautori dell’approccio SETI e fautori dell’approccio METI.

L’inquietante dubbio, però, trascura un particolare non secondario ma fondamentale: E se fossimo noi gli alieni aggressivi?

Il dato di fatto da cui partire è che, matematicamente, abbiamo più possibilità di essere colpiti da un asteroide assassino di pianeti che di essere invasi da alieni, una constatazione decisamente curiosa e controintuitiva.

Alberto Caballero, autore di un paper sull’argomento in stile sperimentale pubblicato questa settimana, ha scritto un articolo nel  tentativo di determinare quante civiltà extraterrestri pericolose potrebbero esserci e quanto sia probabile che ci invadano.

Il risultato del lavoro di Caballero è inaspettatamente piccolo. Estrapolando i dati sulla storia mondiale delle invasioni nel secolo scorso, le capacità militari dei paesi coinvolti e il tasso di crescita globale del consumo di energia, ci sarebbe una probabilità dello 0,0014% che la Terra venga invasa da una civiltà tecnologicamente avanzata.

Questa cifra si basa in gran parte sull’assunto che più una civiltà è tecnologicamente  avanzata, meno è probabile che si vada ad impegolare in una guerra di aggressione. Infatti, il possesso di tecnologia “avanzata” comporta la necessità di consumare più energi. Questa, dopotutto, è la forza trainante dietro la classica divisione delle civiltà spaziali nota come Scala di Kardashev:

  • Civiltà di tipo 1 o “planetaria”: capace di sfruttare tutte le principali forme di energia disponibili sul suo pianeta natale e include anche l’energia ricevuta sul proprio pianeta natale dalla sua stella madre.
  • Civiltà di tipo 2 o “stellare”: può ottenere e immagazzinare tutta l’energia rilasciata dalla sua stella madre, probabilmente attraverso cose come le sfere di Dyson. Il consumo di energia è dieci ordini di grandezza maggiore rispetto a una civiltà di tipo 1.
  • Civiltà di tipo 3 o “galattica”: può accedere e controllare gran parte dell’energia generata dall’intera galassia.

Ed ecco il ragionamento di Caballero: perché sarebbe meno probabile che civiltà tecnologicamente avanzate di Tipo 1/Tipo 2 che consumano più energia ci invadano?

I dati del secolo scorso mostrano che la frequenza delle invasioni tra paesi è gradualmente diminuita con il passare del tempo“, spiega il ricercatore. “Sulla base di questi dati, una civiltà ad un livello tecnologico dimile al nostro sarebbe, probabilmente, più tentata di invadere un altro pianeta rispetto a una civiltà di tipo 1. Fortunamente, probabilmente non avrebbe i mezzi per effettuare viaggi interstellari per aggredire un altro pianeta“.

Appare, quindi, improbabile che nella nostra galassia esistano alieni aggressivi, pronti ad attaccarsi a vicenda, almeno per ora. Allora perché tanta diffidenza verso eventuali tentativi di stabilire un contatto con altre civiltà? “Per il grande pubblico, la paura deriva probabilmente da decenni di romanzi e films sulle invasioni aliene“, sostiene Caballero. Solo in pochissimi film, come Arrival del 2016, gli invasori extraterrestri sono pacifici.

Per la comunità scientifica, invece, mandare messaggi nello spazio per contattare civiltà aliene è considerato come qualcosa che non garantisce benefici, e, quindi, non ne vale la pena“, ha detto Caballero, che pensa che una cosa simile accada con la ricerca dell’intelligenza extraterrestre (SETI) che, infatti, non gode di sostegno finanziario pubblico.

Inoltre, non sono stati effettuati studi finalizzati a stimare la prevalenza di civiltà maligne o la probabilità di un’invasione extraterrestre, da qui il suo lavoro. “Non è stato possibile confrontare i potenziali benefici con i rischi dell’invio di un messaggio serio“, ha affermato.

In altre parole… calmati, guarda in alto e pensa a qualcosa che potresti voler dire a un’altra civiltà intelligente lontana migliaia di anni luce. Dopotutto, secondo i calcoli di Caballero, dovremo inviare 18.000 segnali radio verso pianeti potenzialmente abitabili prima che la probabilità che ad ascoltarci sia una civiltà aliena aggressiva sia uguale alla probabilità che la Terra si scontri con un enorme asteroide che ucciderebbe un quarto di tutti gli esseri umani.

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