Nuovi studi sulle interazioni atomiche

Un team di ricercatori di Princeton ha sviluppato un nuovo metodo per studiare le interazioni fra atomi, a distanze finora mai raggiunte. I risultati della sperimentazione possono essere utili per migliorare la tecnologie quantistiche

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Quando gli atomi sono estremamente vicini fra di loro, danno vita a delle particolari interazioni, che potrebbero essere sfruttate per creare nuove generazioni di computer e di altre tecnologie. A causa dei limiti fisici dei microscopi ottici, finora si sono riscontrate enormi difficoltà nell’effettuare delle sperimentazioni su queste particolari interazioni.

Un team di ricercatori di Princeton, coordinati dal prof. Jeff Thompson, ha sviluppato un nuovo metodo per controllare e misurare gli atomi che si trovano a distanze così piccole, da non poter essere distinti nemmeno dalle lenti ottiche.

Il metodo introdotto dal team di Princeton, descritto in un recente articolo pubblicato sulla rivista Science, consiste nell’eccitare degli atomi di erbio, molto ravvicinati, all’interno di un cristallo, utilizzando un fascio laser sintonizzato in un circuito ottico, su scala nanometrica. I ricercatori sfruttano il fatto che ogni atomo risponde a frequenze leggermente differenti, o a colori diversi, del fascio laser; in questo modo gli scienziati possono risolvere e controllare atomi multipli, senza prendere in considerazione le loro informazioni spaziali.

Quando si utilizzano i microscopi convenzionali, lo spazio tra due atomi sparisce improvvisamente quando la loro distanza si trova al di sotto di una distanza specifica, chiamata limite di diffrazione, che corrisponde, all’incirca, alla lunghezza d’onda della luce. Per fare un’analogia, è come quando due stelle molto distanti appaiono come un singolo punto di luce nel cielo notturno. C’è anche da dire, però, che a queste scale gli atomi iniziano a interagire e a dare vita a tutte le proprietà della meccanica quantistica.

La domanda che si pongono diversi fisici è come si comportino realmente gli atomi nello stato fondamentale – dentro dei solidi, dentro i cristalli – e come interagiscano. Il lavoro prodotto dal team di Princeton apre sicuramente una finestra per studiare gli atomi che si trovano a distanze reciproche molto, molto ravvicinate.



Lo studio degli atomi e delle loro interazioni a distanze molto piccole, permette agli scienziati di esplorare e controllare una proprietà quantistica nota come spin, una sorta di momento, che può trovarsi solo in due stati: diretto verso l’alto o diretto verso il basso. Quando la distanza tra due atomi è infinitesimamente piccola – dell’ordine dei miliardesimi di metro – si stabilisce un’influenza reciproca tra gli spin degli atomi coinvolti. L’interazione reciproca tra questi spin fa in modo che fra essi si stabilisca un entanglement, ovvero uno stato di correlazione, in conseguenza del quale due particelle acquisiscono, per il futuro, un set di informazioni dell’altra. Le particelle legate per mezzo dell’entanglement si comportano come se condividessero una singola esistenza, a prescindere dalla loro distanza futura. L’entanglement è il fenomeno essenziale che stabilisce la netta separazione tra la meccanica quantistica e il mondo classico, ed è il punto focale si cui si basano tutte le nuove tecnologie quantistiche. Il nuovo dispositivo realizzato a Princeton rappresenta un passaggio importante per gli scienziati, nel loro studio delle interazioni tra gli spin.

Una caratteristica importante di questo nuovo dispositivo è la sua capacità di indirizzare contemporaneamente centinaia di atomi, fornendo così un ricco laboratorio nel quale poter raccogliere ingenti dati empirici. Ciò rappresenta un enorme vantaggio per i fisici, che sperano di rivelare i più profondi misteri della natura, tra i quali la natura dell’entanglement.

Negli ultimi trent’anni, diversi ingegneri hanno tentato di utilizzare i fenomeni quantistici per realizzare nuove tecnologie, legate all’elaborazione e alla comunicazione dell’informazione, dai blocchi logici dei computer quantistici, in grado di risolvere problemi di calcolo altrimenti irrisolvibili, ai metodi di comunicazione, dotati di ampi livelli di sicurezza, attraverso i quali si possono collegare i dispositivi all’interno di un internet quantistico inattaccabile. Per migliorare ulteriormente questi sistemi, gli scienziati dovranno coinvolgere in modo più efficiente le particelle e sfruttare il loro entanglement, per codificare e processare le informazioni.

Vediamo perché i ricercatori di Princeton hanno utilizzato l’erbio per lo sviluppo del loro studio. Questo atomo è tradizionalmente utilizzato nei laser e nei magneti, e, a detta dei ricercatori, a causa della difficoltà di essere osservato, non era mai stato preso in considerazione per esperimenti di carattere quantistico. Nel 2018, invece, il gruppo del prof. Thompson ha sviluppato un modo per migliorare la luce emessa da questi atomi, e per rilevare quel segnale in maniera molto efficace. Adesso, questo procedimento può essere esteso a masse più grandi, contenenti erbio.

Quando un fascio laser illumina gli atomi di erbio, questi vengono eccitati quel tanto che basta per emettere una luce a una sola frequenza, ma anche in modo tale che gli spin degli atomi vengano preservati e possano essere, quindi, rilevati. Queste frequenze variano in maniera molto sottile, a seconda dei differenti stati degli atomi, e così, lo stato “su” ha una frequenza, mentre lo stato “giù” ne ha un’altra, e quindi ogni singolo atomo ha una propria coppia di frequenze.

Disponendo di un insieme di questi qubit, tutti emettono luce a frequenze leggermente diverse. Così, sintonizzando accuratamente il fascio laser sulla frequenza dell’uno o dell’altro, è possibile indirizzare questi qubit, anche se non si riesce ad avere una loro risoluzione spaziale. Ogni atomo vede tutta la luce, ma “ascolta” solo la frequenza alla quale risulta sintonizzato.

La frequenza della luce fornisce una perfetta stima dello stato dello spin. La possibilità di modificare lo stato degli spin, verso l’alto o verso il basso, fornisce ai ricercatori un modo per eseguire i calcoli. Il meccanismo è simile ai transistor che, nei computer classici, possono trovarsi nello stato “on” o “off”, da cui scaturiscono gli 0 e gli 1 del mondo digitale che oggi conosciamo.

Per formare una valida base per un processore quantistico utilizzabile, è necessario un ulteriore miglioramento di questi qubit.

L’intensità dell’interazione è collegata alla distanza tra gli spin. E quindi, lo scopo degli scienziati è quello di avvicinare gli spin in modo da realizzare questa interazione e usarla per creare una porta logica quantistica.

Una porta logica quantistica necessita di due o più qubit legati via entanglement, in modo che essa possa svolgere delle operazioni quantistiche particolari, come per esempio il calcolo dei modelli di ripiegamento delle proteine o l’instradamento dell’informazione nell’internet quantistico.

Il sistema basato sull’erbio, un nuovo tipo di qubit molto utile nelle applicazioni di networking, può operare utilizzando la preesistente infrastruttura di telecomunicazioni, mandando segnali verso dispositivi al silicio e verso fibre ottiche, sotto forma di luce codificata. Queste due proprietà pongono l’erbio in una posizione privilegiata, da un punto di vista industriale, tra i qubit allo stato solido, che trasmettono informazione attraverso lunghezze d’onda di luce visibile. Tuttavia, per essere utilizzato su vasta scala, il sistema basato sull’erbio deve essere ulteriormente migliorato.

Sebbene il team di Princeton riesca a controllare e misurare lo stato di spin dei suoi qubit, a prescindere dalla loro distanza reciproca, e utilizzare le strutture ottiche per produrre delle misure a elevata affidabilità, tuttavia ancora non riesce a organizzare i qubit come richiesto per formare delle porte a due qubit. Per implementare ciò, i ricercatori dovranno trovare un materiale differente che contenga gli atomi di erbio.

Fonte: phys.org

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