Un composto di nuova progettazione si è dimostrato promettente nei topi a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) per prevenire la perdita ossea indotta dalla microgravità.
Un team multidisciplinare di ricercatori dell’Università della California, Los Angeles (UCLA) e del Forsyth Institute di Cambridge, Massachusetts, ha sviluppato questo nuovo trattamento basato su molecole.
Secondo il comunicato ufficiale, ciò potrebbe ridurre il rischio di sviluppare “un’estrema perdita ossea dovuta a viaggi spaziali di lunga durata , nonché la degenerazione muscolo-scheletrica sulla Terra”.
Sviluppo e test della nuova molecola
Gli scienziati hanno approfondito le proprietà medicinali di una proteina denominata “NELL-like molecule-1 (NELL-1)“, che svolge una funzione cruciale nella crescita complessiva e nel mantenimento delle strutture ossee umane.
Negli ultimi anni, i ricercatori si sono impegnati a studiare il significato di NELL-1 nella biologia ossea, spinti dall’obiettivo di formulare potenziali rimedi rigenerativi per le condizioni associate al sistema scheletrico.
In quest’ultima ricerca, la capacità terapeutica di NELL-1 è stata amplificata attraverso lo sviluppo di una “molecola intelligente BP-NELL-PEG in grado di individuare con precisione i tessuti ossei”.
La molecola modificata è stata testata su topi sottoposti a microgravità per nove settimane sulla ISS. In un corrispondente esperimento di controllo, un altro gruppo di topi è rimasto sulla Terra e ha ricevuto un trattamento simile con BP-NELL-PEG.
Nella valutazione complessiva, sia i topi nello spazio che quelli a terra trattati con BP-NELL-PEG hanno dimostrato un notevole aumento della formazione ossea. È importante sottolineare che né i topi nello spazio né quelli sulla Terra hanno mostrato evidenti conseguenze negative per la salute.
Questo progresso potrebbe avere un enorme impatto sul trattamento dell’osteoporosi grave e di altri disturbi legati alle ossa sulla Terra.
“Se gli studi sull’uomo lo confermano, BP-NELL-PEG potrebbe essere uno strumento promettente per combattere la perdita ossea e il deterioramento muscoloscheletrico, soprattutto quando l’allenamento di resistenza convenzionale non è fattibile a causa di lesioni o altri fattori invalidanti“, ha affermato Kang Ting, co-co.-investigatore principale della ricerca.
Ridotta densità ossea nello spazio
Gli scienziati hanno lavorato duramente per trovare potenziali soluzioni ai rischi per la salute delle ossa legati al volo spaziale. Vari studi condotti su astronauti hanno già rivelato che l’esposizione prolungata a condizioni di bassa gravità può portare a una perdita di densità ossea.
Il carico meccanico è un processo naturale che avviene sulla Terra e che controlla la massa ossea. Attività come stretching, sollevamento pesi, esercizi di routine e vari movimenti esercitano forze fisiche e stress sulle ossa, innescando il processo di rimodellamento e crescita ossea.
Al contrario, un carico meccanico ridotto o alterato, come in circostanze di microgravità, può provocare perdita ossea e diminuzione della densità ossea.
Questo recente studio sottolinea che la diminuzione del carico meccanico dovuta alla microgravità porta a una perdita ossea che si verifica a un tasso 12 volte maggiore di quello tipicamente osservato in condizioni terrestri.
Gli astronauti a bordo della ISS potrebbero subire una perdita ossea fino all’1% al mese. Ciò rappresenta una preoccupazione significativa per il loro benessere scheletrico, aumentando la probabilità di fratture durante missioni spaziali prolungate e potenzialmente incidendo sulla salute delle loro ossa nelle fasi successive della vita al ritorno sulla Terra.
L’attuale approccio per ridurre la perdita ossea si basa principalmente sullo stress meccanico indotto dall’esercizio fisico per promuovere la crescita ossea, ma non è adatto ai membri dell’equipaggio che rimangono fino a sei mesi in un ambiente di microgravità.
Trovare strategie terapeutiche efficaci per ridurre la perdita ossea sarà fondamentale poiché le agenzie spaziali pianificano viaggi più lunghi e distanti, come quelli su Marte, per garantire la salute e la sicurezza degli astronauti durante e dopo la loro missione.
“I nostri risultati rappresentano un’enorme promessa per il futuro dell’esplorazione spaziale, in particolare per le missioni che comportano soggiorni prolungati in microgravità”, ha affermato l’autore principale Chia Soo.
I risultati del nuovo studio sono stati pubblicati sulla rivista npj Microgravity.