Le più vecchie molecole del sistema solare

Le molecole più antiche presenti nel sistema solare avrebbero potuto sostenere la formazione dei mattoni fondamentali della vita, gli amminoacidi.

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Una ricerca pubblicata sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences afferma che le molecole più antiche presenti nel sistema solare avrebbero potuto sostenere la formazione dei mattoni fondamentali della vita, gli amminoacidi.
La scoperta è avvenuta utilizzando le ultime tecniche sviluppate in grado di mappare singoli atomi in minerali presenti su una roccia vecchia di 4,5 miliardi di anni. Il gruppo internazionale di scienziati, guidato da ricercatori del Royal Ontario Museum (ROM) e co-autori della McMaster University e della York University, hanno usato la tomografia a sonda atomica, una tecnica di imaging degli atomi in 3-D, per studiare molecole lungo i confini e i pori tra i granuli di magnetite che probabilmente si sono formati sulla vecchia roccia cosmica. Proprio tra i granuli gli scienziati hanno rilevato la presenza di precipitati d’acqua. Le molecole prese in esame sono contenute nell’iconico meteorite del Tagish Lake.
Il meteorite precipitò nell’atmosfera terrestre nel mese di gennaio del 2000 schiantandosi sulla superficie ghiacciata del lago Tagish in Canada. Il 13 ottobre del 2000 una ricerca riportata sulla rivista Science suggerì che il meteorite potrebbe essere il materiale più antico del sistema solare mai preso in esame.
Secondo lo studio, il meteorite del lago Tagish sembra aver avuto origine nel mezzo della fascia degli asteroidi come parte di un corpo celeste che, prima di impattare nell’atmosfera della Terra aveva una massa di circa 200.000 chilogrammi. Appartiene a una rara classe di meteoriti noti come condriti carbonacee, che comprendono solo circa il 2 percento di tutti i meteoriti. Le analisi effettuate sui frammenti hanno rivelato una composizione del tutto nuova, la più primitiva mai scoperta. Il meteorite conterrebbe quindi una registrazione degli eventi più antichi del nostro sistema solare.
Nella nuova ricerca effettuata su scala atomica abbiamo la prima prova di fluidi ricchi di sodio (e alcalini) in cui si formano i frammenti di magnetite. Queste condizioni fluide sono preferenziali per la sintesi di aminoacidi, e aprono alla formazione della vita microbica già 4,5 miliardi di anni fa.
“Sappiamo che l’acqua era abbondante nel primo sistema solare”, spiega l’autore principale Dr. Lee White Hatch, postdottorato presso la ROM, “ma ci sono pochissime prove dirette della chimica o dell’acidità di questi liquidi, anche se sappiamo che sono state fondamentali per la formazione e l’evoluzione precoci degli aminoacidi e, infine, per la vita microbica “.
Beth Lymer, dottoranda, studente presso la York University e coautrice dello studio, ha aggiunto: “Gli aminoacidi sono elementi costitutivi essenziali della vita sulla Terra, eppure abbiamo ancora molto da imparare su come si sono formati nel nostro sistema solare. Le ulteriori variabili che possiamo limitare, come la temperatura e il pH, ci consentono di comprendere meglio la sintesi e l’evoluzione di queste molecole molto importanti in quella che ora conosciamo come vita biotica sulla Terra”.
Il meteorite è stato acquisito dalla ROM, dove ora è considerato uno degli oggetti più importanti del museo. Questa storia indica che il campione utilizzato dal team non è mai stato al di sopra della temperatura ambiente o esposto ad acqua liquida, consentendo agli scienziati di collegare con sicurezza i fluidi misurati.
Usando tecniche di indagine come la tomografia con sonda atomica, gli scienziati sperano di sviluppare metodi analitici per i materiali planetari che saranno riportati sulla Terra dalla missione OSIRIS-REx della NASA o dalla futura missione che riporterà campioni di roccia raccolti dai rover su Marte pianificata per l’inizio degli anni ’30.
“La tomografia con sonda atomica ci offre l’opportunità di fare fantastiche scoperte su frammenti di materiale mille volte più sottili di un capello umano”, afferma White. “Le missioni spaziali possono riportare minuscole quantità di materiale, il che significa che queste tecniche saranno fondamentali per permetterci di capire di più sul sistema solare preservando allo stesso tempo il materiale per le generazioni future”.
Fonti: Phys.org; Scientific American.

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