Da quando è stato scoperto il primo pianeta extrasolare, nel 1995, il numero di esopianeti conosciuti è cresciuto enormemente e, ad oggi, sono più di 5000 i pianeti confermati oltre il Sistema Solare e quasi 11.000 i candidati in attesa di conferma.
Lo studio dei pianeti extrasolari ha fatto diventare le stelle nane rosse di tipo M il fulcro della ricerca sugli esopianeti perché sembrano essere il luogo più probabile in cui trovare pianeti rocciosi (cioè simili alla Terra) all’interno della loro zona abitabile.
Questo fatto, però, non significa che le nane rosse siano necessariamente buone candidate per ospitare pianeti capaci di mantenere per miliardi di anni la vita.
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Le stelle nane rosse e la vita
In astronomia, le nane rosse (o stelle M V) sono stelle piccole e relativamente fredde (Teff ≤ 3500 K), di tipo spettrale M (significa che hanno colorazione fotosferica in media gialla intensa-arancione), posta sulla sequenza principale del diagramma Hertzsprung-Russell.
Si tratta della tipologia stellare più diffusa nell’universo: le nane rosse costituiscono infatti almeno il 67,5% di tutte le stelle presenti nella Via Lattea. Hanno masse comprese tra 0,4 e 0,08 masse solari, che costituisce il limite minimo perché una stella possa dirsi tale: al di sotto di questo limite infatti non si creano le condizioni di temperatura e pressione necessarie per innescare le reazioni di fusione dell’idrogeno in elio. Al di sotto di questa massa limite si trovano le nane brune, oggetti che possiedono una massa troppo piccola per accendere la fusione nucleare, ma comunque nettamente superiore a quella di un pianeta.
Perché la stelle nane rosse non presentano le condizioni ideali per ospitare sui loro pianeti la vita come la conosciamo?
Prendiamo in considerazione GJ 887, ad esempio, una delle stelle di classe M più luminose del cielo che ha un sistema di due (forse tre) pianeti. In passato, si riteneva che questa stella fosse calma e stabile, ma una ricerca condotta dagli astronomi dell’Arizona State University ha dimostrato che GJ 887 non è così tranquilla come si pensava in precedenza.
Per gli scienziati impegnati nella ricerca della vita oltre la Terra questa non è una buona notizia, infatti GJ 887 (Lacaille 9352), che si trova a poco meno di 11 anni luce dalla Terra, è stata recentemente confermata per avere due Super-Terre le cui orbite sono collocate vicino o all’interno della sua zona abitabile.
Studi precedenti avevano stabilito che questa stella nana rossa era “relativamente tranquilla”, il che significa che non era soggetta a frequenti brillamenti come lo sono di solito le nane rosse e, per questo, era ritenuta una buona candidata ad ospitare pianeti abitabili.
I risultati dello studio sono stati recentemente pubblicati nelle note di ricerca dell’American Astronomical Society (RNAAS). Lo studio è stato condotto da Parke Lloyd, un astrofisico della School of Earth and Space Exploration (SESE) dell’ASU, che è stato affiancato da Evgenya L. Shkolnik (leader della SESE) e dai ricercatori dell’Università del Colorado di Boulder e del Naval Research Laboratory Space Divisione di scienze.
Per portare avanti la ricerca, il team ha consultato i dati di archivio del telescopio spaziale Hubble, che ha monitorato GJ 887 nello spettro ultravioletto. Quello che hanno scoperto è che la stella emette brillamenti su base oraria, il che contraddice i risultati precedenti, ottenuti utilizzando i dati del Transiting Exoplanet Survey Satellite (TESS) della NASA, che non mostravano bagliori rilevabili nel corso di 27 giorni di osservazione continua.
La chiave era cercare i brillamenti nello spettro UV, qualcosa per cui Hubble è meglio equipaggiato rispetto a molti nuovi telescopi spaziali.
Come ha spiegato Shkolnik, questo è ciò che ha permesso alla loro squadra di determinare che GJ 887 è, dopotutto, una nana rossa come le altre: “È affascinante sapere che l’osservazione delle stelle alla luce ottica (come fa la missione TESS) non si avvicina a raccontare la loro intera storia. L’ambiente dannoso delle radiazioni di questi pianeti può essere pienamente compreso solo con osservazioni all’ultravioletto, come quelle del telescopio spaziale Hubble“.
Questi risultati sono scoraggianti perché dimostrano una volta di più che le nane rosse, che sono le stelle più comuni nell’universo (rappresentando il 75% delle stelle nella sola Via Lattea) hanno la tendenza a bombardare i loro pianeti con radiazioni dannose. Il fatto che le nane rosse spesso ospitino pianeti rocciosi, come Proxima Centauri o il sistema dei sette pianeti di TRAPPIST-1, le ha rese fondamentali nella ricerca di esopianeti abitabili.
Oltre ad essere inclini abrillamenti, le nane rosse possono anche essere ingannevoli. Sebbene possano apparire calme alla luce visibile (come ha mostrato GJ 887), possono emettere regolarmente bagliori visibili solo in altre lunghezze d’onda. Poiché i fotoni nella lunghezza d’onda UV hanno molta più energia della luce visibile, ogni brillamento può strappare, con il passare del tempo, l’atmosfera ai pianeti in orbita non protetti da un campo magnetico abbastanza potente.
L’ASU sta guidando lo sviluppo di una missione CubeSat chiamata Star-Planet Activity Research CubeSat (SPARCS). Con Shkolnik come ricercatore principale della missione, questo satellite fornirà agli astronomi il tempo di osservazione nella lunghezza d’onda UV. Ciò consentirà loro di osservare i bagliori provenienti dalle stelle di tipo M e determinarne la frequenza e l’intensità, fornendo informazioni sulle possibilità che la vita ha di emergere sui loro esopianeti.
Come altre ricerche hanno dimostrato, la tendenza delle nane rosse a rilasciare potenti flash di radiazioni non significa necessariamente che qualsiasi pianeta in orbita attorno a loro sia destinato a diventare un mondo privo di atmosfera e totalmente sterile. Infatti, è stato riscontrato che la presenza di un’atmosfera sufficiente e di una nuvolosità adeguata consentirebbe alla vita di avere una finestra utile per il suo sviluppo.
Ciò significa che pianeti come Proxima b, il pianeta più vicino al nostro Sistema Solare che orbita attorno alla stella nana rossa Proxima Centauri, potrebbero potenzialmente avere un clima stabile e vita sulla propria superficie.
Altre caratteristiche
In generale, le nane rosse trasportano l’energia prodotta nel nucleo verso la superficie tramite moti convettivi. La convezione risulta infatti avvantaggiata rispetto ad altri metodi di trasporto energetico (come la conduzione o l’irraggiamento) a causa dell’opacità degli strati interni dell’astro, che possiedono una densità relativamente alta per quella temperatura.
Poiché le nane rosse sono completamente convettive, l’elio non si accumula immediatamente in un nucleo inerte e quindi, rispetto ad altre stelle più massicce arrivano a fondere una quantità di idrogeno proporzionalmente maggiore prima di lasciare la sequenza principale. Di conseguenza, la durata del ciclo vitale di una nana rossa potrebbe essere di gran lunga superiore all’età dell’Universo; pertanto, nessuna delle stelle con massa inferiore a 0,8 M☉ ha ancora avuto il tempo di lasciare la sequenza principale. Infatti, quanto più piccola è la massa della nana rossa, tanto più lunga sarà la durata del suo ciclo vitale.
Si ritiene che la durata dell’evoluzione di una nana rossa sia superiore a quella del Sole di un fattore pari alla terza o alla quarta potenza del rapporto tra la massa del Sole e la massa della nana rossa; sicché, la sequenza principale di una nana rossa di 0,1 M☉ può durare per 10 bilioni (1013, 10 000 miliardi) di anni.
Un mistero che non è ancora stato risolto riguarda l’assenza delle nane rosse povere di metalli (gli elementi più pesanti di idrogeno ed elio). I modelli fisico-matematici sviluppati sull’evoluzione cosmica suggeriscono che le stelle di prima generazione fosse costituita solamente da idrogeno, elio e tracce di litio (elementi prodotti nella nucleosintesi primordiale). Se tra queste stelle primitive vi fossero state le nane rosse, esse dovrebbero esistere ancora ma non ne è stata identificata ancora nessuna.
Una possibile spiegazione a tale mancanza è che in tali condizioni di abbondanza di elementi potessero svilupparsi solo stelle molto massicce, le cosiddette stelle di popolazione III, che bruciarono molto velocemente le proprie riserve di idrogeno rilasciando, dopo la loro fine, gli elementi pesanti che permisero la formazione delle prime nane.