La storia del falso sasso lunare

Un falso sasso lunare finito addirittura in un museo

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La NASA nei 50 anni trascorsi dalla conquista della Luna è stata accusata di aver mentito sulla realizzazione delle missioni Apollo nonostante le puntuali spiegazioni a tutti i dubbi che venivano e vengono posti da eserciti di complottisti più o meno convinti, qualche volta per puro ritorno economico, da quello che affermano.

Alle varie storie smentite aggiungiamo quella che una decina di anni fa venne a galla su un sasso lunare. Il sasso venne consegnato al Rijksmuseum nel 1988 in Olanda, dopo la morte dell’ex primo ministro olandese Willem Drees. La roccia era parte della collezione privata del premier, che gli venne donata il 9 ottobre del 1969 dall’allora ambasciatore americano in Olanda J.Williams Middendorf in occasione di una delle tante visite che gli Stati Uniti organizzarono con i tre eroi che conquistarono la Luna, che in 45 giorni visitarono ben 24 nazioni portando in dono diversi reperti.

Dopo diversi anni, nel 2006, il prezioso reperto viene per la prima volta esposto al pubblico e fu allora che Arno Wielders, un fisico e imprenditore aerospaziale, vide il reperto e informò il museo che era altamente improbabile che la NASA avesse donato all’Olanda una preziosissima roccia lunare appena tre mesi dopo il ritorno della prima missione e prima che gli sbarchi successivi riportassero sulla Terra altre rocce. L’esperto fece notare che le rocce donate ad altri paesi erano frammenti molto piccoli, mentre il “sasso lunare” della collezione donato poi al museo misura cinque centimetri e mezzo per due, non proprio piccolo quindi.

La roccia, però, proveniva da una collezione privata di un ex primo ministro, nessuno aveva avuto dubbi, anche se alcuni ricercatori della Free University di Amsterdam avevano detto che «a vista» si poteva intuire che quel pezzo di roccia non poteva venire dalla Luna. L’ex ambasciatore Middendorf, ora in pensione in Rhode Island, contattato da organi di informazione olandesi, disse di non ricordare più a distanza di 40 anni tutti i dettagli ma di essere sicuro che la roccia gli venne consegnata dal dipartimento di Stato Usa. Per eliminare ogni dubbio bastò una telefonata all’ente statunitense che gestisce tutti i reperti lunari e questo confermò il dubbio: il curatore dell’ente si dichiarò certo che non poteva trattarsi di una roccia proveniente dalla Luna.

Nel 2009 vennero condotte ulteriori indagini da parte di Xandra Van Gelder, chief editor della rivista Oog del museo, che confermarono che si trattava di un falso. Van Gelder dichiarò che l’ente spaziale statunitense non aveva autenticato quel reperto, ma aveva soltanto dichiarato che era possibile che i Paesi Bassi avessero ricevuto una roccia lunare, dato che la NASA ne aveva donate a oltre 100 paesi nei primi anni Settanta.

Van Gelder fece notare la sospetta cronologia degli eventi che coinvolgevano la presunta roccia lunare, infatti la prassi prevedeva che i campioni lunari venissero donati dal governo statunitense al popolo del paese destinatario tramite un rappresentante del governo in carica, non a un ex primo ministro che nel 1969 non era più in carica da undici anni.

Non solo la storia era poco chiara e plausibile, la roccia era palesemente sospetta con le sue tinte rossicce, assolutamente differenti dalle vere rocce lunari. Il petrologo Wim van Westrenen, della Libera Università di Amsterdam, ebbe subito dei sospetti e un esame microscopico e spettroscopico di un frammento rimosso dal reperto permise di individuare quarzo e strutture cellulari tipiche del legno.

In Olanda esiste un secondo frammento di roccia lunare che è conservato al museo Boerhave che mostra le stesse anomalie del primo reperto, quello vero è chiuso in un contenitore di plastica con bandierine olandesi e diciture molto chiare, contenenti una targhetta che lo descrive come un reperto proveniente dalla superficie lunare portato sulla Terra dalla missione Apollo 11 e donata al popolo olandese, e non a un ex primo ministro, dal presidente Nixon, allora in carica e non da un ambasciatore. Quello che poi venne dichiarato fasullo invece è semplicemente montato e accompagnato con un cartoncino dorato che recita:“Con i complimenti dell’Ambasciatore degli Stati Uniti d’America”,

Il cartoncino è zeppo errori ortografici: “Apollo-11”, con il trattino, è probabilmente uno svarione ben poco inglese ma molto olandese, e la parola “Centre” è scritta secondo la grafia britannica anziché quella americana (“Center”).

A questi errori si deve aggiungere la stranezza che un reperto cosi significativo venne considerato solo in seguito a una esposizione artistica anziché durante una mostra scientifica. L’evento artistico organizzato dagli artisti di Rotterdam Liesbeth Bik e Jos van der Pol, specializzato in happening, prevedeva che il duo ponesse ai visitatori “varie domande su quest’oggetto, mai rivelato prima al pubblico, e sui piani del Rijksmuseum di aprire un museo sulla Luna”: Per dovere di cronaca sottolineiamo che il 9 ottobre 1969 gli astronauti dell’Apollo 11 erano davvero ad Amsterdam in visita ufficiale.

La scoperta del falso ha ridimensionato il reperto che oggi è catalogato dal Rijksmuseum come oggetto numero NG-1991-4-25, con la descrizione “Pezzo di legno pietrificato nero e rosso”. Le parole “Pietra lunare portata dall’equipaggio dell’Apollo 11” sono riportate soltanto come “titolo dell’opera”.

Oggi possiamo forse affermare che si è trattato di una burla artistica ben organizzata, gli artisti infatti, nel 2007 rilasciarono un’intervista dove raccontarono di essere stati loro a ritrovare il reperto chiuso in un cassetto nei depositi del museo. Il reperto era accompagnato da un biglietto che recitava che la roccia proveniva dalla Luna. Nelle foto dell’oggetto però non compare nessun biglietto.

Nel libro Museums: A Visual Anthropology di Mary Bouquet, NG-1991-4-25 viene descritto nel modo seguente a pagina 58:
Fly Me to the Moon di Bikvanderpol era una meditazione sulla vita sociale di un pezzo di roccia lunare donato alla collezione nazionale dalla famiglia dell’ex primo ministro olandese Willem Drees dopo la sua morte (Bikvanderpol 2006). Anche NG-1991-4-25 fu poi smascherato come pezzo di legno fossilizzato, questo non fa che aumentare il suo interesse come lascito“.

Il libro di Bouquet, a pagina 210, cita l’oggetto come “Bikvanderpol (2006), NG-1991-4-25 Fly Me to the Moon, New York: Sternberg”. Questo sembra essere un riferimento a un libro avente lo stesso titolo e scritto da Liesbeth Bik e Jos van der Pol. Il libro è disponibile per l’acquisto tramite Google Books e le librerie online con l’ISBN 1933128208.

L’oggetto, da vent’anni nelle collezioni del Museo Nazionale olandese di Amsterdam è falso, non proviene dalla Luna: un’analisi geologica approfondita ha dimostrato che si tratta di legno fossile e sul nostro satellite naturale non ci sono foreste pietrificate.

L’oggetto, insomma, non è stato raccolto dagli astronauti dell’Apollo 11, come qualcuno voleva farci credere.

«Non vale più di 50 euro», ha commentato il geologo Frank Beunk.
Forse qualcuno avrebbe voluto strumentalizzare la vicenda per dimostrare quanto i complottisti affermano ormai da 50 anni, che la conquista della Luna sia un falso storico, senza porsi, però, una domanda fondamentale: come può essere stato possibile che un’organizzazione cosi complessa, necessaria a creare più falsi sbarchi, abbia realizzato e mandato in giro un falso cosi superficiale?

Fonte: corriere.it; /lunasicisiamoandati.blogspot.com