La saponificatrice di Correggio

Storia della serial killer che verso la fine degli anni Trenta uccise tre donne saponificandone i cadaveri

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Leonarda Cianciulli era nata in un paesino in provincia di Avellino nel 1892. La madre era stata rapita, stuprata e messa incinta da un compaesano e per questa esperienza traumatica considerò Leonarda, figlia di quella violenza, responsabile della vita durissima che le toccò condividere con il suo stupratore, divenuto in seguito al fattaccio suo marito.

L’infanzia e l’adolescenza di Leonarda furono pertanto contrassegnate da solitudine e sofferenze tanto che la giovane cercò due volte di suicidarsi. Crescendo però il carattere di Leonarda cambiò, divenne allo stesso tempo più forte, più estroversa e più indipendente, tanto che contro il volere materno sposerà un certo Raffaele Pansardi.

La madre quando capì di non essere in grado di far cambiare idea alla figlia la maledisse e questo fatto, in un contesto superstizioso come quello della chiusa e bigotta società campana del tempo, ebbe effetti drammatici e duraturi nella psiche di Leonarda che si convinse che gli effetti della maledizione gli avrebbero rovinato l’esistenza.

Leonarda restò incinta dodici volte ma soltanto quattro bambini sopravvissero. Lei si convinse che questi lutti fossero la diretta conseguenza del malocchio scagliatole dalla madre alla vigilia del suo matrimonio. Iniziò così a frequentare maghe e fattucchiere per cercare di contrastare con la magia gli effetti della maledizione materna.

Nel 1930 il terremoto che colpì l’Irpinia mise sul lastrico la famiglia Pansardi che decise di trasferirsi a Correggio, in Emilia. Il marito provato da queste vicissitudini si dette all’alcolismo mentre Leonarda oltre a trafficare in abiti usati, iniziò ad esercitare le arti della cartomanzia e dell’astrologia, conquistando in poco tempo un buon numero di clienti.

Il matrimonio non resse a lungo e il marito abbandonò Leonarda, ma grazie al contributo statale per le vittime del terremoto, i soldi ricavati dai suoi commerci e quelli provenienti dalle sue “capacità divinatorie” bene presto la Cianciulli riuscì a risollevare il suo status sociale. Cambiò casa, assunse una domestica e mandò a scuola i figli.

La paura di perdere i quattro figli superstiti, soprattutto i maschi, però turbava il benessere raggiunto dalla Cianciulli. Come ebbe a dichiarare successivamente al giudice, in sogno gli apparve la Madonna, la quale disse di sacrificare una vita per ognuno dei figli, solo in questo modo la donna sarebbe riuscita a salvaguardarli.

Nonostante questo tentativo di addebitare al pensiero magico gli assassini compiuti, è molto più ragionevole supporre che il movente che spingerà Leonarda a compiere degli efferati delitti fosse di natura economica. La donna infatti nel 1912, nel 1920 e nel 1927 era stata raggiunta da tre condanne per truffa.

Leonarda sceglie con cura le vittime tra le donne più suggestionabili che ricorrono ai suoi servigi di maga. Le vittime individuate sono tre, Faustina Setti, Francesca Soavi e Virginia Cacioppo; ad ognuna di queste donne la Cianciulli assicura di aver trovato, in altre città, un marito o un lavoro. E così le ignare e speranzose vittime vendono i loro beni, lasciandone la gestione per procura a Leonarda.

Faustina ha 73 anni ed è alla ricerca di un marito. Verrà ammazzata con un colpo d’ascia dalla Cianciulli che la decapiterà. Dopodiché taglierà il corpo in nove parti con una sega e quindi farà bollire i pezzi in soda caustica per nove ore.

La seconda vittima ha 55 anni, e nella propria abitazione aveva organizzato un piccolo asilo in cui raccoglieva i bambini della zona; la Cianciulli le disse di averle trovato un buon posto come direttrice di un collegio fiorentino. Anche in questo caso la donna venne uccisa e ridotta in pezzi che finirono nel solito pentolone con la soda caustica. Come nel caso precedente, i beni della vittima vennero immediatamente rivenduti.

La terza vittima della saponificatrice è una donna di 59 anni alla ricerca disperata di un lavoro come attrice. La sua fine è identica a quella delle donne che l’hanno preceduta. L’aspetto più raccapricciante di questi delitti è che i corpi sezionati delle vittime attraverso il processo di saponificazione messo in atto, consentono all’assassina di realizzare saponi e saponette con l’aggiunta di profumo. Le parti “di scarto” sono gettate nel pozzo nero. Il sangue, mischiato a zucchero, margarina, farina e cioccolato, serviva per realizzare torte e pasticcini che erano offerti alle amiche. Secondo numerosi testimoni i dolci erano buonissimi.

Le indagini scattano quando la cognata di una delle vittime si rivolge alla polizia denunciandone la scomparsa. Le indagini sono rapide. Leonarda Cianciulli non si è preoccupata di coprire bene le tracce. Gli inquirenti scoprono che la Cianciulli ha incassato un assegno di una delle vittime è che è stata l’ultima persona a vederla.

Durante una perquisizione scoprono gli abiti delle donne assassinate che Leonarda aveva riciclato nel suo commercio di abiti usati. Il 3 marzo 1941 viene arrestata ed imprigionata. Dopo poco viene trasferita al manicomio giudiziario di Aversa.

Durante il processo la Cianciulli coinvolgerà il suo amante nell’occultamento dei delitti salvo successivamente ritrattare. I periti di Aversa affermarono che «nel momento in cui commise i fatti la Cianciulli Leonarda era affetta da psicosi isterica, con larga sintomatologia stabile e accessuale, appoggiata a gravi anomalie costituzionali neurovegetative e cenestopatiche».

La guerra però interrompe il dibattimento che riprenderà nel 1946. Durante il processo la donna si mostrerà sempre consapevole dei crimini commessi respingendo però i motivi legati al denaro. Il Tribunale pur riconoscendole l’infermità mentale nelle motivazioni della sentenza espliciterà chiaramente che la Cianciulli ha ucciso per denaro, nient’altro che per denaro e la condanna a 30 anni di carcere.

I primi tre obbligatoriamente in un ospedale psichiatrico giudiziario. In realtà la Cianciulli trascorrerà il resto della sua vita nel manicomio criminale dove morirà a 78 anni, il 15 ottobre 1970.

Su questa incredibile vicenda il regista Mauro Bolognini nel 1977 realizzò un film dal titolo sinistramente evocativo Gran Bollito.