La guerra del popolo nel Medio Evo

Il ruolo della fanteria nel Medioevo rappresenta la partecipazione popolare, molto spesso coatta, ad un regime di guerra endemica

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Non ci sono grandi dubbi che il dominatore dei campi di battaglia nell’arco temporale che va dal X al XIII secolo fu il cavaliere, soprattutto nella sua espressione più completa della cavalleria pesante.

Come abbiamo già accennato in precedenti articoli la cavalleria era prevalentemente anche l’espressione di una classe sociale, i nobili, seppure non fosse infrequente la presenza di reparti di cavalleria, in special modo quella leggera, costituita da borghesi o contadini benestanti.

Non si deve però credere che la guerra, che fu un fattore endemico per tutti quei secoli, fosse esclusivamente appannaggio di eserciti composti da cavalieri. Anche il popolo, contadini, artigiani, operai era chiamato alle armi.

Essi costituivano la fanteria degli eserciti medioevali, spesso armati in modo rudimentale anche con vanghe e bastoni, non mancavano però reparti di soldati appiedati “specializzati” come balestrieri e lancieri. Inoltre spesso la fanteria era integrata dagli scudieri dei cavalieri che combattevano a piedi.

Gli eserciti medioevali numericamente erano molto più contenuti sia di quelli del Rinascimento che dell’Età Moderna, ed era estremamente raro che la fanteria, che rappresentava il grosso di un’armata, superasse le 10.000 unità perfino negli eserciti più numerosi per i soldati a piedi come quello scozzese o quello svizzero.

Quando i guelfi fiorentini, sostenitori del Papa, si scontrarono con i ghibellini di Arezzo che invece sostenevano l’Imperatore, l’11 giugno 1289 a Campaldino schieravano un esercito di circa 10.000 fanti e poco più di 1.000 cavalieri, per contro gli aretini disponevano di 800 cavalieri e circa 8.000 fanti.

La fanteria veniva schierata in linee piuttosto sottili di norma in due o tre ranghi. Se erano arcieri o balestrieri avevano il compito di aprire le ostilità oppure di rimanere in posizione con il compito di proteggere i fianchi dello schieramento. I balestrieri si inginocchiavano dietro un grande scudo (pavese) con un compagno che li aiutava a ricaricare la balestra ed in caso di necessità cercava di proteggerli con una lunga lancia.

Gli arcieri si allineavano invece uno accanto agli altri senza protezioni e quindi erano particolarmente vulnerabili nel caso che il nemico riuscisse ad accorciare il contatto. Talvolta accadeva che i cavalieri scendessero da cavallo e si mescolassero con gli arcieri per proteggerli come accadde a Bourg Theroulde, dove i cavalieri normanni smontarono per combattere a fianco degli arcieri.

Tra il ‘900 ed il 1300 però le unità di tiratori (arcieri e balestrieri) erano piccole e quindi poco determinanti per l’esito degli scontri. Anche i lancieri potevano essere utilizzati in modi diversi. Potevano collocarsi in prima linea a difesa dei cavalieri o più spesso posizionarsi in seconda linea costituendo una barriera protettiva per i cavalieri che dopo una carica rinculavano all’indietro per riorganizzarsi in vista di un successivo attacco.

Un interessante schieramento fu tentato da Riccardo Cuor di Leone durante la battaglia di Giaffa nel 1192 in occasione della terza crociata. Riccardo ed un gruppo scelto di cavalieri si posizionarono dietro un cerchio formato da lancieri con gli scudi piantati a terra e le lance protese, rinforzate da un balestriere ogni due lancieri.

I fanti svolgevano numerose altre funzioni, davano il colpo di grazia o catturavano i cavalieri nemici sbalzati da sella, oppure aiutavano i loro signori a risalire in sella o li rifornivano di nuove lance durante il combattimento. La loro comunque era sempre una funzione accessoria sul campo di battaglia che era dominato dalla cavalleria.

Una ruolo più determinante, che portò anche successi militari contro armate di cavalieri, era appannaggio soprattutto della fanteria espressione delle città lombarde o fiamminghe. Questi combattenti appartenevano a quella che possiamo definire la classe media emergente, avevano precisi interessi economici e politici da difendere e per la loro relativa agiatezza economica potevano permettersi armamenti di qualità.

Una delle debolezze degli eserciti medioevali era la frammentazione. Si operava con unità piuttosto piccole che spesso agivano separatamente e quindi poco efficaci nell’ambito delle battaglie campali. La stessa cavalleria, l’arma dominante di quel periodo era costituita nella sua unità di base (conroida non più di venticinque cavalieri.

Le battaglie si sviluppavano come una serie di scontri isolati e di piccole dimensioni che potevano essere adatti per i cavalieri ma risultavano inefficaci per la fanteria che abbisogna di manovrare grandi masse di soldati. Inoltre ai fanti era negato un addestramento continuativo appannaggio dei cavalieri, gli unici “professionisti della guerra” dell’epoca. Subito dopo la campagna le unità venivano sciolte, i contadini tornavano alle loro fattorie sperabilmente in tempo per i raccolti, artigiani e lavoranti nelle città e nei villaggi.

Questa mancanza di addestramento si risentiva fortemente nelle vicende belliche tanto che soprattutto dopo il XIV secolo le compagnie di ventura, i mercenari, svolsero un ruolo fondamentale per assicurare il necessario professionismo anche alla fanteria.

Per questo è straordinario come eserciti a piedi riuscirono in diversi contesti ad ottenere vittorie importanti contro armate di cavalieri, come vedremo in un prossimo articolo.