La bufala della fusione fredda

La fusione fredda secondo Stanley Pons e Martin Fleischmann, si otteneva fornendo corrente elettrica ad una cella elettrolitica per avviare la reazione, poi bastava monitorare la temperatura e rabboccare di tanto in tanto la cella di acqua

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La fusione fredda
La fusione fredda

Era il 23 marzo del 1989, quando a Salt Lake City (Utah) durante una conferenza, due ricercatori, Stanley Pons e Martin Fleischmann annunciano di essere in grado di ottenere grandi quantità di energia grazie alla loro cella elettrolitica: una macchina da laboratorio portatile che sarebbe stata in grado di ottenere la fusione fredda di due atomi di deuterio, uno dei due isotopi dell’idrogeno, attraverso processi nucleari a basse temperature.

Il mondo scientifico espresse subito dubbi sull’esperimento perché la fusione dell’idrogeno o del deuterio avviene nel Sole e nelle stelle, a temperature e pressioni enormi, raggiungibili sulla Terra solo per pochi istanti all’interno di macchine dotate di potenti campi magnetici con i quali confinare un plasma ad elevata temperatura, dell’ordine dei milioni di gradi.

Fusione fredda
Stanley Pons e Martin Fleischmann

Energia tramite fusione

Il processo di fusione è in grado di formare nuovi elementi e di rilasciare enormi quantità di energia. Il processo di reazione nucleare attraverso il quale i nuclei di due o più atomi vengono avvicinati o compressi a tal punto da superare la repulsione elettromagnetica e unirsi tra loro generando il nucleo di un elemento di massa minore, o maggiore, della somma delle masse dei nuclei reagenti, nonché, talvolta, uno o più neutroni liberi.

La fusione di elementi fino ai numeri atomici 26 e 28 (ferro e nichel) è quella che emette energia con perdita di massa; per i numeri atomici superiori a 28, la reazione assorbe energia per la costituzione di nuclei atomici di massa maggiore.

Il processo di fusione alimenta le stelle che, se di massa sufficiente, possono creare elementi , dall’elio fino all’uranio. La fusione è stata riprodotta dall’uomo con la realizzazione della bomba H o termonucleare e in alcuni laboratori, dove sono in atto tentativi di riprodurre la fusione controllata per mezzo di reattori che confinano un plasma attraverso dei campi magnetici o mediante l’utilizzo di potenti fasci laser.



La presunta fusione fredda

La fusione fredda, invece, secondo Stanley Pons e Martin Fleischmann, si otteneva fornendo corrente elettrica ad una cella elettrolitica per avviare la reazione, poi bastava monitorare la temperatura e rabboccare di tanto in tanto la cella di acqua.

Secondo i due ricercatori per la maggior parte del tempo la temperatura si manteneva costante, mentre in alcuni momenti il calore prodotto dalla cella aumentava. Questo fenomeno, secondo i due indicava che non si era davanti a semplici reazioni chimiche ma davanti a un processo spiegabile chiamando in causa la fisica nucleare.

Due nuclei di deuterio venivano fusi insieme a formare un nucleo di elio (l’isotopo 3He) con il rilascio di un neutrone e l’emissione di raggi gamma. Un processo, sempre secondo i due scienziati, in grado di produrre una quantità di energia superiore a quella fornita per alimentare la cella. In pratica, Pons e Fleischman sostenevano di avere ottenuto la fusione freddda.

La cella di Fleischmann e Pons utilizzava un vaso di Dewar (vaso di vetro a doppia parete al cui interno era stato fatto il vuoto) riempito di acqua pesante per svolgere l’elettrolisi, in modo da avere una dispersione minima di (meno del 5% durante la durata di un tipico esperimento). La cella era poi immersa in un bagno termostatato a temperatura costante in modo da eliminare gli effetti di sorgenti di calore esterne.

I due scienziati utilizzarono una cella aperta, in modo da eliminare la possibile formazione di sacche di deuterio e ossigeno risultanti dalle reazioni di elettrolisi, anche se ciò avrebbe favorito qualche perdita termica e comportava quindi il ricalcolo della minore potenza prodotta dalla cella stessa a causa della perdita. Questo causava un’evaporazione del liquido, rendendo necessario rabboccare di tanto in tanto il vaso con nuova acqua pesante.

I due scienziati osservarono che se la cella era alta e stretta, le bolle di gas prodotte dalla elettrolisi potevano mescolare l’acqua pesante contenuta e portarla ad una temperatura uniforme. Venne utilizzato un catodo di palladio e un elettrolita di grande purezza, in modo da prevenire la formazione di residui sulla superficie.

La cella era corredata di un termistore per la misura della temperatura dell’elettrolita, e di un riscaldatore elettrico per la generazione degli impulsi di calore necessari a compensare le perdite di calore dovute alla evaporazione del gas. Dopo la compensazione (calibratura) era possibile ottenere con relativa facilità il valore del calore generato dalla reazione

Alla cella veniva applicata una corrente costante per un periodo di diverse settimane, rabboccando via via la cella con nuova acqua pesante.

Il fallimento di Fleishman e Pons

Per la maggior parte del tempo la potenza elettrica immessa nella cella rimase praticamente uguale a quella dispersa dalla cella stessa, la cella quindi funzionava secondo le consuete leggi dell’elettrochimica.

In queste condizioni la temperatura della cella era di circa 30 °C. solo per alcuni esperimenti, la temperatura aumentava improvvisamente, sino a circa 50 °C, senza che fosse variata la potenza elettrica in ingresso; questo fenomeno poteva durare per qualche giorno generando potenze fino a 20 volte la potenza elettrica applicata. Con un termistore si misurava la temperatura della cella, mentre un altro termistore era posto direttamente sul catodo, in modo da poterne misurare la temperatura durante gli eventi di surriscaldamento.

L’efficacia di quel metodo di rilevamento è stata spesso elemento di contestazione L’esperimento venne dai più criticato.

Fleischmann e Pons affermarono di aver ricavato una considerevole quantità di energia termica con la loro procedura di fusione fredda. i due ricercatori avevano affermato che, oltre alla notevole quantità di energia termica prodotta, la cella produceva anche un raro isotopo stabile dell’elio (3He), la cui presenza poteva essere spiegata come la cenere prodotta da una particolare reazione nucleare di fusione secondo la reazione:

2H + 2H → 3He (0.82 MeV) + n (2.45 MeV)

A conferma della reazione nucleare, i due chimici portavano le misure calorimetriche dell’energia rilasciata dalla reazione e le misure di irraggiamento neutronico dovute ai neutroni ad alta energia rilasciati dalla reazione dei nuclei di deuterio.

Il 12 aprile presentarono i risultati ottenuti al congresso annuale della Società Americana di Chimica (ACS), mentre l’Università dello Utah chiedeva al Congresso degli Stati Uniti un finanziamento di 25 milioni di dollari per proseguire le ricerche.

Lo stesso Pons dichiarò che la fusione fredda avrebbe fornito energia in eccesso con un dispositivo definito “tascabile” se confrontato con gli apparati ben più complessi necessari per la fusione nucleare calda, Ponds fu invitato ad incontrare i rappresentanti del Presidente Bush.

I dubbi

Gran parte della comunità scientifica internazionale accolse con scetticismo i risultati sperimentali sulla fusione fredda dei due scienziati, spesso anche causa di forti polemiche. Uno degli argomenti più citati è quello secondo cui nella reazione si produce un numero di particelle nucleari troppo basso per poter giustificare il calore prodotto. Inoltre esistono ancora moltissime controversie sulla natura e sui meccanismi della fusione fredda.

Fleischmann e Pons riconobbero alcuni errori nelle misurazioni dell’energia rilasciata dalla cella elettrolitica, soprattutto nella misura del flusso di neutroni che sarebbero stati prodotti dalla reazione; anche se non smentirono mai di avere effettivamente trovato l’elio negli elettrodi, prova dell’eventuale presenza di una reazione di natura nucleare.

Sulla natura nucleare di quest’energia nel corso degli anni furono effettuati vari test ed esperimenti, anche in Italia.

Secondo alcuni studiosi, i tanti risultati negativi dei vari laboratori che tentarono di replicare il fenomeno fecero si che, soprattutto negli USA, vi fù una reazione accademica piuttosto negativa, che fu interpretata come l’azione di una censura che avrebbe limitato l’afflusso di finanziamenti alla fusione “calda”.

Come mai i conti non tornavano?

I dati relativi all’emissione di neutroni, raggi gamma e l’eventuale presenza di elio non erano coerenti con l’idea di una reazione nucleare. Quando, infatti, altri ricercatori cercarono di riprodurre gli esperimenti di Fleischmann e Pons, non riuscirono a ottenere gli stessi risultati, né a rivelare la presenza di neutroni come prova dell’avvenuta fusione nucleare.

fusione fredda pp er

La fine del momento di gloria

Anche Nature, infine, nel mese di novembre novembre smentiva il traguardo della fusione fredda e l’US Department of Energy che se era largamente interessato dichiarò che non c’erano le basi per parlare di fusione fredda.

Ma ormai l’idea dell’energia pulita grazie a questa frettolosa dichiarazione aveva preso piede generando in certi ambienti, come ben sapete, l’idea che “qualcuno”, non si sa perché, si adoperi in ogni modo per negare e ridicolizzare questi esperimenti che potrebbero donare energia pulita, gratuita e illimitata a tutti.

Pane quotidiano per i tanti che vivono inventando complotti da diffondere per guadagnare a spese degli ingenui attraverso pubblicazionie, siti web e convegni.

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