La battaglia di Salamina

La storia sarebbe stata diversa se la battaglia di Salamina fosse stata vinta dai Persiani. Essa pose le basi per lo sviluppo delle civiltà Greca e Romana

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La storia sarebbe stata diversa se la battaglia di Salamina combattuta tra la lega delle città stato della Grecia e l‘impero di Persia, governato dal re Serse, non avesse visto la disfatta di quest’ultimo.

Evento fondamentale dal punto di vista storico

Molti commentatori indicano essa, come il punto di svolta di tutta la storia europea, che favorì la nascita e lo sviluppo di una civiltà basata sulla cultura greca, e non un vassallo degli imperatori orientali.
Essa venne combattuta il 23 settembre del 480 A.C. nello stretto tra la terraferma e l’isola di Salamina, di fronte al Pireo, porto di Atene e rappresentò l’atto finale della seconda invasione persiana iniziata nella primavera di quell’anno con l’attraversamento dell’Ellesponto (lo stretto dei Dardanelli) da parte delle truppe di Serse, le quali contavano circa 180 mila uomini.
Lungo la costa l’esercito persiano era assistito dalla flotta che trasportava i rifornimenti.

Gli eventi che precedettero la battaglia

Le città stato greche erano divise sulle strategie da utilizzare per fronteggiare il nemico comune; alla fine si decise di schierare un esercito di otto mila uomini al comando del re Leonida di Sparta al passo delle Termopili situato vicino la costa lungo lo stretto di Euripo.
Inoltre, i greci inviarono la flotta a presidiare lo stretto braccio di mare di fronte a Capo Artemisio, punto di passaggio obbligato per i persiani per non interrompere il flusso dei rifornimenti al loro esercito.
I persiani non furono fermati sul mare e vinsero la battaglia delle Termopili; essi invasero la Focide e nell’Attica e risparmiarono l’oracolo di Delfi e la Doride, solo a seguito di un atto di sottomissione. La stessa Atene, la quale era stata abbandonata dai suoi cittadini, fu saccheggiata e i monumenti dell‘Acropoli furono distrutti.
I generali greci a questo punto avrebbero voluto attestarsi su una linea difensiva presso l’istmo di Corinto per evitare la disfatta definitiva; solo Temistocle, comandante delle navi ateniesi avrebbe voluto continuare ad attaccare le navi persiane sulla base dell’argomentazione che solo una strategia di attacco avrebbe potuto essere efficace per  per controbattere la superiorità numerica dei persiani.
Alla fine prevalse il suo punto di vista e convinse tutti che l’area di mare tra il golfo di Saronico e la baia di Eleusi sarebbe stata quella più adatta per affrontare i persiani.
Le navi greche mossero da Capo Artemisio verso l‘isola di Salamina.
I persiani tennero un consiglio di guerra nel quale Artemisia, regina di Alicarnasso, tentò di convincere Serse, che non sarebbe stato utile accettare il rischio di una battaglia navale nelle acque ristrette di Salamina; il suo tentativo fallì e sia Serse che Mardonio, suo consigliere, decisero per la battaglia .
La flotta greca contava secondo le varie fonti storiche 310 triremi, quella persiana, al contrario, poteva contare su 1200 navi.

Lo svolgimento della battaglia

All’inizio della battaglia la flotta greca ripiegò verso le acque di Capo Artemisio e prese posizione all’ingresso dello stretto, che separa l’isola di Salamina dalla terraferma, poco lontano dal Pireo e dalla baia di Falero, che a quell’epoca era il porto di Atene.
La flotta persiana era nella baia di Falero, quando l’esercito conquistò Atene.
I piani originari di Serse prevedevano che i suoi uomini facessero una sortita all’isola di Citera, per attirare l’esercito spartano nel sud del Peloponneso.
Temistocle ricorse ad uno stratagemma per sabotare la strategia dei nemici; servendosi di una spia, fece arrivare alle orecchie di Serse, la notizia, secondo la quale i Greci stavano per darsi alla fuga.
Serse cadde nel tranello e dispose il il distacco di 200 – 300 navi lungo le coste meridionali di Salamina con il compito di tagliare la ritirata alle forze nemiche, rinunciando ai suoi piani originari
Questo ridusse ulteriormente la superiorità numerica della flotta persiana già ridotta per il fatto che il campo di battaglia scelto da Temistocle non avrebbe consentito ai persiani di impegnare contemporaneamente tutta la loro flotta.
Le navi utilizzate erano triremi, lunghe 35/40 metri, larghe soltanto 6-7 mt e con un pescaggio ridottissimo, dotate appunto di tre ordini di rematori, capaci di spingerle a forte velocità (6-7 nodi circa, fino a 10 nel momento dell’attacco), la prora era rinforzata da un rostro in legno ricoperto di bronzo che serviva a speronare e ad affondare le navi avversarie.
I greci utilizzarono la tattica, che consisteva nel cercare di annullare la superiorità numerica del nemico affrontandolo in uno spazio ridotto che non gli permettesse di dispiegare tutta la sua forza e la battaglia fu vinta grazie a una maggiore mobilità della flotta comandata da Temistocle.
Quest’ultimo conosceva perfettamente i luoghi dello scontro e sapeva che, ogni giorno alla stessa ora si alzava un vento regolare, il quale avrebbe dato molto fastidio ai vascelli di Serse alti di prora e di coperta; le navi greche basse non avrebbero avuto nessun problema.
Le previsioni di Temistocle si avverarono puntualmente e le navi di Serse furono mosse dal vento e si ostacolarono l’un l’altra finendo di presentarsi alla battaglia in linea di fila; a questo punto gli opliti e gli arcieri greci decimarono le forze avversarie.
Presto l’angusto campo di battaglia fu talmente ingombro di triremi che i marinai di Serse non poterono mettere in atto le loro manovre e far pesare la superiorità numerica, così la maggior parte delle loro navi fu speronata e affondata oppure abbordata dalla fanteria pesante greca.
Lo scontro volse presto in favore dei greci e il  braccio di mare in breve tempo fu invaso dai rottami ;  i soldati di Serse, che cercavano scampo aggrappandosi ad esso  vennero in gran parte trucidati dagli ateniesi, ansiosi di vendicare la distruzione della loro città; in ogni caso i soldati persiani sarebbero stati destinati ad annegare sotto il peso delle armature.
Verso sera Serse, che si era fatto erigere sulla terraferma un trono per seguire lo scontro , prese atto della disfatta della sua flotta.

Le conseguenze della battaglia

La disfatta dei Persiani rappresentò la salvezza della Grecia perché Serse, dopo avere riunito la flotta superstite, decise di proseguire la guerra sul fronte terrestre, non avendo più alcuna fiducia negli ammiragli.
Serse ritornò a Babilonia e lasciò il comando al generale Mardonio, che dispose il suo esercito in Tessaglia, per passare l’inverno, che stava arrivando
La battaglia di Salamina non causò la fine della guerra ma fu decisiva per indirizzarne le sorti, dal momento che la distruzione della componente fenicia delle flotta persiana la indebolì enormemente.
Mardonio fu sconfitto nella battaglia di Platea nel 479 A.C. . Sul fronte navale l’anno seguente alla battaglia di Salamina a Micale,  i Greci dettero il colpo di grazia ai resti della flotta persiana nelle acque di uno dei promontori dell’Asia Minore.



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