I vari tipi di vegetazione presenti sulla Terra e la loro distribuzione hanno una “firma” spettrale specifica: studiandone il cambiamento nel tempo e confrontando i dati ottenuti con quelli che potremo idividuare dai pianeti extrasolari potremmo estrapolare informazioni sulle caratteristiche e sull’età della vita presente su eventuali esopianeti abitabili.
L’idea di osservare la terra da una sonda spaziale fu di Carl Sagan, co-fondatore del SETI, che propose di rivolgere gli strumenti della sonda Galileo in viaggio verso Giove, nella direzione del nostro pianeta per capire come la luce veniva riflessa da un mondo indiscutibilmente ricco di vita, era il 1989. Le indagini della sonda furono in grado di scoprire una “firma” chiaramente distinguibile nello spettro di emissione della Terra tra il rosso e l’infrarosso, questa emissione era dovuta alla presenza di un’abbondante vegetazione.
La clorofilla presente nei vegetali è il pigmento responsabile della fotosintesi e ci appare dil colore verde perché assorbe la luce visibile negli intervalli di frequenza tra il blu e il ross. La luce riflessa nello spazio dal nostro pianeta mostra però un picco ai limiti della capacità visiva umana tra il rosso e l’infrarosso e questa luce può essere studiata per capire se in un pianeta esiste la vita, almeno a livello vegetale.
Un gruppo di ricercatori della Cornell University ha studiato come la variabilità della copertura vegetale e i cambiamenti geologici attraversati dalla Terra constatando che l’impronta luminosa del nostro piaeta è cambiata nel corso del tempo: un modello del genere può essere utilizzato per calcolare l’età degli esopianeti. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Astrobiology.
La firma di riflettività della Terra cresce insieme alla copertura vegetale sulla superficie ma anche con l’età della stessa, infatti negli ultimi 500 milioni di anni la vita terrestre si è evoluta ed è cambiata anche in modo drastico con estinzioni di massa importanti, e il nostro pianeta è passato dall’essere – diverse volte – ricoperto dai ghiacci, alla diffusione di foreste sulla sua superficie.
Sulla superficie terrestre, le prime forme di vita vegetale che hanno attecchito sono state muschi e licheni, dotati di una segnatura spettralemolto debole, difficile da individuare da lontano. Con il passare del tempo e con la diffusione delle piante e degli alberi come noi oggi li conosciamo, l’intensità di questa segnatura è cresciuta, anche grazie al riscaldamento del pianeta e si manterrà finché le foreste non ridurranno drasticamente la loro presenza.
Grazie a queste ricerche, osservando i cambiamenti nelle piante terrestri e le trasformazioni geologiche come la copertura di ghiaccio durante le ere glaciali e i periodi interglaciali, si sta cercando di capire come esse abbiano influenzato la visibilità della segnatura spettrale del pianeta nel nostro passato geologico.
I risultati indicano che gli esopianeti di tipo terrestre più vecchi e più caldi dovrebbero essere un buon target per la ricerca di questa “firma”.
Ora sarà, però, necessario, swviluppare tecnologia adeguate, in grado di captare la debole segnatura spettrale dell’eventuale vegetazione di mondi lontani anche decine di anni luce, perché il lavoro fatto dalla Galileo era comunque svolto da distanze interplanetarie.
Una nuova sfida ci attende, aspettiamo fiduciosi.