In ricordo della tragedia di Hiroshima e Nagasaki

Oggi ricordiamo il 74° anniversario dello scoppio del primo ordigno atomico sulla città di Hiroshima.

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Oggi ricordiamo il 74° anniversario dello scoppio del primo ordigno atomico sulla città di Hiroshima.

Nel ricordare il tragico avvenimento il sindaco della città giapponese ha rinnovato le richieste di eliminazione di tutte le armi atomiche. “Oggi in tutto il mondo vediamo un nazionalismo egocentrico in ascesa, tensioni accentuate dall’esclusività internazionale e dalla rivalità, con il disarmo nucleare a un punto morto“, ha affermato Matsui nella sua dichiarazione di pace. Ha esortato le giovani generazioni a non dimenticare mai i bombardamenti atomici e la guerra derubricandoli a semplici eventi descritti nei libri di storia, ma a pensarli come propri, mentre ha invitato i leader mondiali a venire a visitare le città bombardate dalle armi nucleari per capire cosa è successo.

Matsui ha anche chiesto al governo giapponese di rappresentare le volontà dei sopravvissuti ai bombardamenti atomici e di firmare un trattato di divieto delle armi nucleari delle Nazioni Unite.

Era il 6 agosto del 1945 quando, alle 8:16 di quel lunedì, «Little Boy» la bomba che l’aereo bombardiere Enola Gay sganciò su Hiroshima, uccise 80 mila esseri umani, e tanti ne morirono negli anni successivi.

Un nomignolo apparentemente canzonatorio per un’ordigno che con quasi 65 chilogrammi di uranio arricchito all’80 per cento, aveva un’attività fissile della massa critica che durava 1,35 millisecondi, e nell’esplosione liberò un’energia compresa tra i 12,5 e i 20 chilotoni. Ma questi sono freddi dettagli, misure e numeri ai quali siamo poco abituati e che non danno il giusto risalto alla carneficina che l’arma provocò.



Fu un caso, uno scherzo del destino a portare l’Enola Gay con il suo carico di morte su Hiroshima, le condizioni meteo avverse fecero mutare l’obiettivo designato che inizialmente era la città di Kokura. Cosi la rotta cambiò e la bomba prese un’altra via.

Gli americani sganciarono un secondo ordigno atomico dopo tre giorni su Nagasaki. L’ordigno conteneva 6 chili e mezzo di plutonio 239, secondo le stime morirono quasi 40 mila esseri umani, per il Giappone fu la resa incondizionata.

A Los Alamos costruirono “solo” tre ordigni atomici, il primo dei quali era stato fatto detonare come test nel deserto di Alamagordo, nel Nuovo Messico. Dietro i calcoli e la realizzazione di quelle bombe c’era uno scienziato, e senza il suo genio quelle bombe non ci sarebbero mai state. Ma lui il test di Alamogordo non lo guardò nemmeno, si limitò a far cadere alcuni pezzettini di carta per calcolare la potenza della bomba misurandone lo spostamento dalla verticale, forse non trovò il coraggio.

Quel lunedì mattina del 6 agosto lo scienziato senza il quale la bomba atomica non si sarebbe mai potuta realizzare, uscì dalla sua casa di Los Alamos per raggiungere i laboratori, come sempre.

Quello scienziato si chiamava Enrico Fermi, genio della Fisica e premio Nobel grazie alla ricerca sui neutroni lenti nel laboratorio di Via Panisperna.

Doveva fare un lavoro e lo aveva fatto.

Fonti: corriere.it; time.com; wikipedia

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