Il quinto sapore

Scoperto nel 1908 il quinto sapore dei cibi ha faticato ad imporsi in occidente soprattutto per ragioni culturali. Scopriamo insieme l'umami

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Tutti noi sappiamo che i sapori fondamentali di un cibo o di una bevanda sono dolce, salato, aspro e amaro. Forse non tutti sanno che ne esiste un quinto: l’umami. Per capire cosa è e quando è stato scoperto occorre risalire ai primi anni del Ventesimo secolo.

E’ il 1908 ed un chimico giapponese Kikunae Ikeda sta cercando di capire quale fosse il sapore fondamentale di una tipica zuppa giapponese di alghe e pesce, il dashi, poiché appariva diverso dai quattro sapori conosciuti.

Ikeda scoprì che questo nuovo sapore era dovuto al glutammato, ovvero un sale dell’acido glutammico (un amminoacido) a cui affibbiò il nome di umami che in italiano può essere tradotto come sapidità.

Il glutammato nella sua forma di acido glutammico è uno degli amminoacidi più abbondanti in natura e lo si può trovare libero in molti alimenti quali latte, pomodori, funghi e in alcune alghe utilizzate dalla cucina giapponese. Il nostro corpo può produrlo autonomamente ovvero senza bisogno di ingerirlo da un cibo ma è fondamentale nel metabolismo delle nostre cellule.

Rappresenta l’11-22 per cento degli amminoacidi nelle proteine animali e fino al 40 per cento in quelle vegetali. Un anno dopo la scoperta di Ikeda, nel 1909, veniva messo in commercio il primo barattolino di glutammato di sodio con il nome di ajinomoto, che significa «all’origine del gusto».



Per molti anni il glutammato fu prodotto dalla decomposizione del glutine ma nel 1963 un industria giapponese iniziò a prepararlo interamente per sintesi chimica arrivando a produrne fino a 1000 tonnellate al mese. Questo metodo fu soppiantato qualche anno dopo da quello ancora attualmente utilizzato che vede prodotto il glutammato dalla fermentazione batterica (un pò come si fa con lo yogurt).

Al mondo si producono circa 2 milioni di tonnellate di glutammato di cui la metà in Cina. Con il tempo sono state scoperte altre sostanze che hanno la caratteristica del sapore umami, oltre al glutammato, in particolare il 5’-guanosin monofosfato (GMP) e il 5’-inosin monofosfato (IMP). Se leggete l’etichetta di un dado per brodo queste sostanze sono certamente presenti.

Il sapore umami ha faticato a manifestarsi in Occidente in quanto spesso è stimolato dal sapore salato e dalla presenza di grassi animali. In natura il pomodoro presenta la più alta concentrazione di acido glutammico libero che aumenta significativamente in base alla maturazione ed alla cottura.

Il pomodoro contiene un altro stimolatore dell’umami, il 5’-adenosin monofosfato (AMP). Queste due molecole, sono il motivo per cui spesso il pomodoro è cotto insieme alla carne o al pesce: intensifica il sapore degli ingredienti a cui è associato. La nostra cucina però utilizza abbondantemente un altro prodotto che contiene il record mondiale di presenza di contenuto di glutammato: il parmigiano. Un etto di questo prelibato formaggio italiano ne contiene ben 1,2 grammi. Questo è una delle ragioni della grande sapidità di questa eccellenza italiana.

Anche i cibi stagionati sono ricchi di glutammato perché man mano che il tempo passa e le proteine si degradano si libera acido glutammico. Il glutammato soprattutto in occidente a volte è ingiustamente “colpevolizzato” invece può svolgere una funzione importante per le persone che per ragioni di salute devono ridurre l’assunzione di cloruro di sodio (il sale). Una dose di glutammato infatti riduce l’esigenza di apporto di sale senza per questo diminuire la sapidità ed il gusto salato della preparazione.

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