Il distanziamento sociale degli animali

Diverse specie animali, cosiddette sociali per le forti interazioni tra gli individui di un gruppo, adottano per difendersi dalle malattie infettive il distanziamento sociale

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Come abbiamo dolorosamente appreso negli ultimi mesi, una delle misure preventive per evitare di essere contagiati dal virus SARS-Cov-2 (oltre ad indossare la mascherina e lavarsi frequentemente le mani) è il mantenimento di un rigoroso distanziamento sociale.
Quello che forse non tutti sanno è che molti animali adottano il distanziamento sociale per difendersi dalle epidemie. E’ il caso soprattutto degli “animali sociali”, ovvero quelli che vivono in gruppo per catturare più efficacemente prede, tenersi al caldo o difendersi con maggiore successo dai predatori.
Proprio questa socialità li espone però al contagio di malattie infettive, anche letali. Accade per esempio con le aragoste che di solito condividono le tane con una o più compagne. Gli individui sani sono in grado di riconoscere un esemplare infetto dall’odore dell’urina ed in questo caso preferiscono allontanarsi in mare aperto, anche se questo comportamento significa abbandonare una tana in grado di proteggerla dai predatori.
Il distanziamento sociale come metodo per la protezione da patogeni pericolosi non è patrimonio esclusivo delle aragosta ma riguarda anche scimmie, pesci, insetti e uccelli. Gli individui che praticano il distanziamento durante un’epidemia hanno maggiore possibilità di sopravvivere e quindi aumenta, per selezione naturale, le probabilità che anche i suoi discendenti attuino questo comportamento prudenziale.
Naturalmente il distanziamento sociale ha anche un rovescio della medaglia, fa perdere i numerosi vantaggi derivanti dalla vita sociale di questi animali. La capacità delle aragoste di isolarsi evitando le compagne infette permette loro di sopravvivere al virus Panuluris Argus I, che ha una letalità del 50% degli esemplari contagiati. Le aragoste sono un bersaglio facile per questo virus, visto che una tana può ospitare fino a 20 individui.
Il comportamento prudenziale, attuato attraverso il distanziamento sociale da questo crostaceo è stato dimostrato incontrovertibilmente anche da esperimenti di laboratorio, in uno studio pubblicato nel 2006 su Nature. Come dicevamo però le aragoste non sono gli unici animali ad aver scoperto che i vantaggi del distanziamento sociale superano i suoi costi.
Gli esempi più eclatanti provengono dagli insetti sociali. In uno studio pubblicato su Science nel 2018 i ricercatori dell’Università di Bristol hanno tracciato con mini-etichette i membri di una colonia di formiche nere durante un epidemia di un fungo letale, che si trasmette per contatto fisico attraverso spore.
I ricercatori hanno infettato le formiche foraggiatrici ovvero quelle che procurano il cibo per la colonia all’esterno, simulando così il naturale contagio con le spore infette. Quindi hanno raffrontato il comportamento di due colonie, una dove le formiche foraggiatrici erano davvero infette ed una dove erano state irrorate da una soluzione sterile innocua.
Nel giro di 24 ore le foraggiatrici infette si sono auto isolate rimanendo lontane dalla colonia più a lungo di quelle del gruppo di controllo. Inoltre nella colonia interessata dalle spore infette tutte le formiche hanno drasticamente ridotto le interazioni sociali. Il distanziamento sociale è stato così efficace che nella colonia infetta tutte le regine e gran parte delle nutrici sono sopravvissute all’epidemia. Le formiche nere avevano brillantemente protetto i membri più preziosi per la sopravvivenza della colonia.
Alcuni uccelli utilizzano una strategia diversa di distanziamento sociale. E’ il caso dei ciuffolotti, un uccello passeriforme della famiglia dei Fringillidi, che basano il distanziamento sulla forza della risposta immunitaria e sulla resistenza alle infezioni di ciascun individuo. I ricercatori hanno messo tre gabbie adiacenti tra loro. In quella centrale era collocato un ciuffolotto sano ed alle altre due estremità di questo trenino di gabbie erano posti un altro individuo sano ed uno malato.
Ebbene i ricercatori hanno notato come l’uccellino centrale tendeva ad evitare l’uccello malato distanziandosi il più possibile ma in misura variabile a seconda della forza del proprio sistema immunitario. In altre parole i ciuffolotti che avevano nel sangue un più alto numero di anticorpi mantenevano meno il distanziamento sociale con l’individuo malato.
Una tendenza simile è stata riscontrata nei Poecilia reticulata, conosciuto dai più come guppy o pesce milione. A volte però il distanziamento sociale strategico attuato dagli animali come difesa dalle malattie infettive porta a conservare certi legami sociali anche quando aumenta il rischio di ammalarsi.
E’ il caso dei mandrilli, primati sociali dal muso coloratissimo. Questi animali vivono nelle foreste dell’Africa equatoriale in gruppi che variano da qualche decina a qualche centinaio di individui. I mandrilli spesso si spulciano reciprocamente (grooming) attività che migliora l’igiene e rafforza i legami sociali. Una ricerca pubblicata nel 2017 su Science Advances ha dimostrato come generalmente l’attività di grooming viene evitata quando i mandrilli, attraverso l’olfatto, percepiscono che un individuo del gruppo è infetto.
Capita però, a volte, che i mandrilli non pratichino il distanziamento sociale. Secondo uno studio di follow up sulla ricerca del 2017 è stato notato come gli individui continuino a spulciare i parenti stretti mentre si distanziavano da altri membri del gruppo infettati.
E’ probabile che vantaggi evolutivi collegati a questa scelta “rischiosa” compensino il rischio di un potenziale contagio. Nel caso delle manguste striate che vivono in gruppi di una quarantina di esemplari nell’Africa sub sahariana, addirittura il distanziamento sociale viene evitato anche nel corso di epidemie gravi che minano l’intero clan.
Kathleen Alexander della Virginia Tech University ha seguito per vari mesi sei gruppi affetti da un’epidemia di tubercolosi che uccide le manguste in pochi mesi. Ebbene sia l’attività di grooming che il dormire ammassati gli uni con gli altri, caratteristica di questi animali, non è mai cessato nonostante l’altissimo pericolo. La ricercatrice ritiene che distanziarsi dai membri del gruppo malati sia insostenibile per questi animali, probabilmente per la stretta collaborazione degli individui nella caccia e nella difesa che fa la differenza tra la sopravvivenza e la morte delle manguste striate.
In conclusione la natura ci dimostra come i “costi”, anche gravi, del distanziamento sociale a breve termine sono ampiamente contro bilanciati dalla sopravvivenza a lungo termine. Insomma, basta imitare la natura.
Fonte: Le Scienze, ottobre 2020, edizione cartacea

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