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Il campo magnetico di Marte

Lungo la sua orbita attorno al Sole la Terra si scontra con il flusso di particelle cariche proveniente dalla nostra stella, che bombarderebbe pesantemente la nostra atmosfera se non avessimo la protezione del campo magnetico che avvolge il nostro pianeta

Il campo magnetico globale di un pianeta si sviluppa grazie al flusso di metallo liquido all’interno del suo nucleo che produce una corrente elettrica come una gigantesca dinamo.

Questa corrente induce un campo magnetico che orienta gli aghi delle bussole verso il polo nord. Sembra che anche Marte abbia avuto un campo magnetico di questo tipo ma la sua dinamo si è spenta tanto tempo fa.

Il nucleo di Marte è composto principalmente da ferro con il 14-17% di solfuro ferroso e si estende per un raggio di circa 1480 km. Probabilmente il nucleo non è liquido, ma allo stato viscoso; di conseguenza Marte non presenta un campo magnetico apprezzabile né attività geologica di rilievo.

Questo, unito alla rarefazione dell’atmosfera, comporta l’assenza di protezione dell’atmosfera dalle particelle cosmiche ad alta energia; tuttavia la grande distanza dal Sole rende meno violente le conseguenze della sua attività.

Anche se Marte non dispone di un campo magnetico intrinseco, è possibile provare che parti della sua crosta siano state magnetiche e che si sia avuta una polarità alternata attorno ai suoi poli.

Una teoria, pubblicata nel 1999 e rivisitata nel 2005 assieme alle ricerche del Mars Global Surveyor, deduce dal paleomagnetismo marziano che fino a circa 4 miliardi di anni fa esistevano movimenti tettonici sul pianeta rosso e la loro fine è la causa di una magnetosfera quasi del tutto inesistente.

Tuttavia secondo quanto scoperto dai ricercatori dell’UBC, Marte possedeva un campo magnetico globale molto prima e ha continuato a mantenerlo molto più tardi di quanto gli scienziati abbiano sostenuto in precedenza.

Anna Mittelholz, planetologa post dottorato nel dipartimento UBC di scienze della terra, dell’oceano e dell’atmosfera e primo autore dello studio spiega che “abbiamo scoperto che la dinamo marziana ha funzionato tra i 4,5 miliardi e i 3,7 miliardi di anni fa. Il tempismo della dinamo è una grande parte dell’evoluzione di un pianeta e ciò che troviamo è molto diverso da quello che abbiamo pensato finora. La dinamo ci dice qualcosa sulla storia termica del pianeta, sulla sua evoluzione e su come è arrivato dove si trova oggi, ed è unica per ciascuno dei pianeti rocciosi: Terra, Marte, Venere e Mercurio”.

La storia del campo magnetico di un pianeta è scritta nelle rocce magnetizzate presenti sulla sua superficie e nel sottosuolo. Queste rocce funzionano come un registratore, in particolare le rocce vulcaniche. Inizialmente queste rocce si presentano sotto forma di lava, durante la fase di raffreddamento, solidificandosi in presenza di un campo magnetico, i minerali che contengono tendono ad allinearsi con il campo magnetico stesso. La datazione di queste rocce ci dice se all’epoca del raffreddamento era attivo un campo magnetico globale.

Il magnetismo riscontrato in alcune rocce presenti sulla superficie di Marte indica che la dinamo marziana era attiva tra 4,3 e 4,2 miliardi di anni fa e l’assenza di magnetismo nei tre grandi bacini che si sono formati circa 3,9 miliardi di anni fa ha portato la maggior parte degli scienziati a ritenere che il campo magnetico fosse inattivo già da in quel lontano periodo.

I ricercatori dell’UBC, attraverso l’analisi di nuovi dati satellitari, hanno trovato chiare evidenze di un campo magnetico proveniente dal flusso di lava di Lucus Planum che si è formato meno di 3,7 miliardi di anni fa, molto più tardi rispetto ai bacini di cui sopra. Sono stati, inoltre, rilevati campi magnetici a bassa intensità sopra il bacino Boreale che si trova nell’emisfero settentrionale marziano, formatosi 4,5 miliardi di anni fa, ritenuto una delle caratteristiche più antiche presenti sul pianeta rosso.

“Abbiamo queste due osservazioni che indicano una dinamo nelle prime fasi della storia di Marte e una dinamo che era presente mezzo miliardo di anni dopo l’epoca in cui molti ritenevano che si fosse già spenta”, ha detto Catherine Johnson, una professoressa del dipartimento di scienze della terra, dell’oceano e dell’atmosfera e scienziato senior presso il Planetary Science Institute di Tucson, in Arizona, che ha contribuito allo studio.

Secondo i ricercatori, l’assenza del campo magnetico nei bacini potrebbe essere spiegata in due modi: la dinamo potrebbe essersi fermata prima che si formassero i bacini per ripartire in seguito, prima che si formasse Lucus Planum, oppure gli impatti che hanno creato i bacini hanno semplicemente spostato la porzione di crosta contenente i minerali che possono indicare la presenza di un forte magnetismo

Per lo studio i ricercatori hanno attinto ai dati dal satellite MAVEN, (Mars Atmosphere e Volatile Evolution). Precedenti dati sul magnetismo di Marte erano stati raccolti dal satellite Mars Global Surveyor in orbita attorno al pianeta tra il 1999 e il 2006, a 400 chilometri sopra la superficie.

MAVEN, lanciato nel 2013, opera a circa 135 chilometri dalla superficie e rileva segnali più deboli che MGS non è stato in grado di raccogliere. Il MAVEN orbitando più vicino al suolo, con le sue capacità può raccogliere segnali più deboli e aiutare così i ricercatori a distinguere se il magnetismo proviene da quelle o da rocce più vecchie sepolte più i profondità nella crosta del pianeta rosso.

Queste analisi in futuro saranno implementate da satelliti, droni o palloni sonda, che forniranno dati ancora più dettagliati.

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