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I pianeti di Proxima Centauri

Uno, due, forse tre sono i pianeti che compongono al momento il sistema della stella più vicina al nostro Sole. Raggiungere Proxima Centauri per guardarli da vicino è ancora una missione impossibile...

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Nel nome di Proxima Centauri è presente una delle caratteristiche più significative di questa nana rossa di classe spettrale M5. Il suo nome deriva dal latino proxima (prossima, la più vicina), con i suoi 4,2 anni luce di distanza, infatti, è la stella più vicina al nostro Sole. Perlomeno lo sarà per altri 33 000 anni, dopo i quali la stella più vicina diventerà Ross 248, un’altra nana rossa.

Proxima è stata scoperta nel 1915 dall’astronomo sudafricano di origine scozzese Robert Innes. Nel 1951  Harlow Shapley annunciò che Proxima Centauri era in realtà una stella a brillamento: uno studio comparato delle lastre fotografiche antecedenti aveva infatti mostrato che la stella si mostrava più luminosa in circa l’8% delle immagini, diventando così la stella a brillamento più attiva conosciuta. Pur possedendo una luminosità molto bassa la “nostra vicina di casa” è soggetta a frequenti ed intensi brillamenti causati dalla sua attività magnetica.

Questi fenomeni non sono un buon viatico per la possibile presenza di vita sui pianeti che nel corso degli anni gli astronomi hanno individuato. Sono passati circa 4 anni da quando un team di astronomi ha scoperto Proxima b, un pianeta roccioso che orbita nella fascia abitabile della stella. La scoperta di Proxima b è stata confermata attraverso uno studio indipendente usando i dati raccolti dallo strumento ESPRESSO montato sul Very Large Telescope in Cile.

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Proxima b era stata scoperta osservando lo spostamento Doppler delle righe spettrali della luce della stella Proxima Centauri. ESPRESSO è uno spettrografo più potente di HARPS che era stato utilizzato dal primo gruppo di astronomi per la sua scoperta.

Con il nuovo studio risulta che la massa di Proxima b è circa 1,17 volte quella terrestre e riceve più o meno la stessa intensità luminosa che la Terra riceve dal nostro Sole. A rendere complicata la possibile esistenza di forme di vita anche elementari è che il pianeta ruota intorno ad una stella molto piccola e più debole del Sole, con un’orbita strettissima, in appena 11 giorni.

Il pianeta è esposto a frequenti brillamenti ed ad un’intesa irradiazione di raggi X. Non conosciamo l’eventuale presenza di una sua atmosfera e pertanto la sua abitabilità è al momento priva di consistenza scientifica. ESPRESSO ha suggerito però la possibile presenza di un altro pianeta nel sistema di Proxima Centauri. Avrebbe una massa pari ad un terzo di quella terrestre ed un orbita ancora più stretta intorno alla nana rossa, completata in soli 5 giorni.

Se la presenza di questo pianetino sarà confermata il sistema di Proxima Centauri conterà al momento 3 pianeti, poiché nel 2019 un gruppo di astrofisici dell’INAF di Torino usando le osservazioni di HARPS ha trovato un possibile nuovo candidato con una massa 6 volte quella terrestre ed un periodo orbitale di circa 5 anni.

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Il presunto Proxima c sarebbe stato addirittura osservato direttamente eventualità estremamente rara, ma che in questa specifica fattispecie, sarebbe stata possibile dalla vicinanza del sistema stellare di Proxima e dalla grande distanza orbitale del pianeta. Questa osservazione diretta è stata rivendicata dall’INAF di Padova e avrebbe già ricevuto alcune conferme attraverso l’analisi di vecchi dati raccolti da Hubble secondo un report dell’Università del Texas.

Allo stato attuale il sistema stellare di Proxima Centauri sarebbe composto sicuramente da Proxima b e con buone probabilità anche da c e d. La presenza di questi pianeti intorno alla stella più vicina al sistema solare rafforza Proxima come la metà più “abbordabile” di una prima missione interstellare.

Purtroppo con l’attuale tecnologia un viaggio verso Proxima impiegherebbe circa 110.000 anni per giungere a destinazione, un po’ meglio andrebbe per una piccola sonda che sfruttasse la fionda gravitazionale. Un ipotetico motore a ioni, in grado di raggiungere il 30% della velocità della luce riuscirebbe a portare una sonda nel sistema di Proxima in “soli” 20 anni. I dati raccolti da questa sonda, indispensabili per studiare da vicino le caratteristiche ad esempio di Proxima b, impiegherebbero 4 anni per tornare sulla terra.

Insomma è evidente che siamo ancora lontani dalla prima missione interstellare diretta verso la nostra “vicina di casa”: Proxima Centauri.

fonti: Le Scienze, luglio  2020, edizione cartacea Wikipedia

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