I Dogu

Queste curiose statuette rinvenute in gran numero in giappone sono state sfruttate dallo scrittore svizzero von Daniken, vinicitore del premio Ignobel per la letteratura, per sostenere l'ipotesi degli antichi astronauti

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di Oliver Melis

I Dogu sono statuette di animali o umanoidi realizzate durante il tardo periodo Jomon (14,000-400 aC) nel Giappone preistorico. Negli anni sessanta autori, come i russi Alexander Kazantsev e Vjaceslav Zajtsev resero celebri tali statuette affermando che raffigurassero antichi astronauti.

I viaggi spaziali dell’antichità appartengono a un ricco filone, la fantaarcheologia che, prendendo spunto da oggetti antichi ipotizza la presenza aliena sulla Terra migliaia di anni fa o la presenza di civiltà pre umane molto evolute tecnologicamente, in grado di costruire macchine capaci di spostarsi nello spazio.

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La teoria degli antichi astronauti è sostenuta principalmente dallo scrittore svizzero Erich von Däniken, autore di decine di libri che hanno rivisitato il passato della Terra e l’archeologia in chiave spaziale. Von Daniken ha ricevuto anche il premio IgNobel per la letteratura e i sinceri apprezzamenti degli scienziati svizzeri, che hanno definito il suo parco “pseudoscientifico” «una Černobyl culturale». 

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Secondo von Däniken il passato della Terra sarebbe costellato di tracce di antiche civiltà che avrebbero realizzato piste di atterraggio per i loro mezzi volanti. Nel libro Gli extraterrestri torneranno, von Däniken suggerisce che i disegni di Nazca «potrebbero anche essere stati costruiti secondo le istruzioni ricevute da un velivolo» e, naturalmente, la possibilità non ci mette molto a trasformarsi in certezza: «vista dall’alto, l’impressione precisa che mi ha fatto la piana di Nazca, lunga sessanta chilometri, è stata quella di un aeroporto». Ma non si può fare un’affermazione del genere sganciando quanto osservato dal contesto.

Torniamo alle statuette citate in apertura, le statuette Dogu: esse sono figure umanoidi o animali di piccole dimensioni realizzate in terracotta, risalenti a un periodo compreso tra i 10 mila e i 400 anni prima di Cristo. Ne sono state recuperate circa 20 mila, quasi tutte danneggiate, con dimensioni che vanno da pochi centimetri fino a raggiungere il mezzo metro. Si parte dalle più antiche, che sono anche le più piccole e realizzate in modo semplice per arrivare al 4 mila AC dove cominciano ad essere realizzate con gli arti superiori e inferiori. I volti compaiono intorno al 3000 aC. Le figure sono molto diverse, presentano corna, code e altre caratteristiche differenti tra di loro.

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Fin dagli anni 60 dello scorso secolo, si riteneva che le statuette raffigurassero la grande Madre, divinità legata alla fertilitàche si ritrova in moltissime civiltà antiche, oggi, invece, prevale l’idea che potessero essere dei giocattoli.

Certamente non rappresentano astronauti.

Chi ritiene che queste figure siano comparabili ad astronauti odierni fa un errore, descrive immagini reali ma appartenenti a una cultura estranea e distante millenni da quella attuale, senza conoscere il contesto religioso, quello artistico e storico delle culture che hanno prodotto quei manufatti. In pratica, è come se i fanta-archeologi osservassero delle macchie e ci vedessero qualcosa di conosciuto, una sorta di pareidolia che vede strutture note in forme che nulla hanno a che fare con quello che si immagina.

Come abbiamo visto, le statuette Dogu sono state prodotte in migliaia di anni, evolvendosi da forme più semplici a forme più complesse e non sono raffigurazioni di astronauti, come in genere la fanta archeologia vuole che si creda mostrando uno solo o pochi elementi decontestualizzandoli e reinterpretandoli in chiave moderna.

Quello che un fanta-archeologo interpreta in chiave moderna, ad esempio una statuetta con tuta spaziale, può essere interpretato come un corpo tatuato o dipinto o abbellito con delle vesti sacre. Sicuramente, è meno logico pensare che migliaia di anni fa esistessero umani o extraterrestri con equipaggiamenti spaziali simili a quelli prodotti attualmente.

Argomenti molto complessi come l’evoluzione artistica e culturale delle civiltà che si sno succedute nell’arco dei millenni non possono essere affrontti con superficliatà e faciloneria.

Tantomeno con malafede.