Negli ultimi 40.000 anni, noi Homo sapiens abbiamo abitato la Terra in solitudine, rappresentando l’ultima specie sopravvissuta di un gruppo vasto e diversificato. Solo 300.000 anni fa, questo gruppo includeva almeno nove specie distinte di ominini, capaci di camminare eretti e comunicare.

La solitudine dell’Homo Sapiens nell’albero evolutivo
Se ripercorriamo le tappe più remote della nostra storia evolutiva, scopriamo un panorama ben più ricco e sorprendente di quanto spesso si immagini. Emerge una pluralità di specie umane antiche, ognuna delle quali ha intrapreso un proprio, distintivo percorso evolutivo. Queste specie, pur condividendo tratti fondamentali che le classificano come ominidi e le legano a noi, presentano caratteristiche e adattamenti che le rendono nettamente diverse dagli esseri umani moderni. Nonostante la nostra tendenza a considerarci il culmine o l’unica espressione di intelligenza complessa, la realtà paleoantropologica rivela un albero genealogico molto più ramificato e diversificato.
Ironia della sorte, nonostante la nostra innata curiosità e la nostra percezione di essere al centro della vita sulla Terra, la nostra conoscenza sulla storia evolutiva specifica dell’Homo sapiens è, in proporzione, meno completa rispetto a quella che abbiamo accumulato per molte altre specie animali. Per decenni, la ricerca si è concentrata su poche linee evolutive principali, spesso con una visione lineare della progressione verso l’uomo moderno.
Con l’avanzare delle scoperte fossili e genetiche, stiamo iniziando a cogliere la vera complessità e la ricchezza di un passato in cui molteplici rami umani coesistevano, si incrociavano e, in alcuni casi, si estinguevano, lasciando l’Homo sapiens come l’unico sopravvissuto di un lignaggio straordinariamente vario. Questa consapevolezza ci spinge a un’umiltà intellettuale, riconoscendo che c’è ancora molto da scoprire sui nostri stessi antenati.
Le radici complesse della nostra storia evolutiva
Lo studio delle nostre origini evolutive ha preso il via a metà del XIX secolo e, da allora, siamo riusciti a delineare un albero genealogico approssimativo della specie umana. Tuttavia, la ricostruzione di questo albero è tutt’altro che semplice e priva di dibattiti. Attualmente, esiste poco consenso sul numero esatto di specie umane che compongono questo lignaggio, principalmente a causa delle continue nuove scoperte e dell’assenza di una definizione univoca e rigorosa di cosa costituisca una specie umana. Questo rende il nostro passato evolutivo un campo di ricerca dinamico e in costante evoluzione.
Se restringiamo la definizione di “umano” ai membri del genere Homo, si riconoscono attualmente circa 16 specie. Questa stima, tuttavia, è da considerarsi approssimativa, poiché include specie conosciute solo da pochissimi resti fossili, altre la cui classificazione rimane incerta, e alcune che potrebbero non essere valide, ma piuttosto sinonimi di specie già riconosciute.
Tra le specie di Homo più note spicca, ovviamente, l’H. sapiens. Ma il genere include anche l’H. neanderthalensis (Neanderthal), l’H. heidelbergensis, l’H. erectus e l’H. habilis. I Denisoviani sono anch’essi ben conosciuti, sebbene molti scienziati li considerino più una popolazione o un gruppo che una specie distinta. Questa classificazione potrebbe cambiare presto, poiché alcuni fossili precedentemente attribuiti ad altre specie vengono ora ricollegati ai Denisoviani.
Se, invece, si allarga ulteriormente la definizione di “umano” per includere tutti gli ominini evolutisi dopo il nostro ultimo antenato comune con gli scimpanzé e i bonobo – un evento che si stima sia avvenuto circa 6,5 milioni di anni fa – il numero delle specie umane preistoriche potrebbe salire fino a ben 30. Questo ampliamento della prospettiva rivela una diversità e una ricchezza dell’evoluzione umana ben maggiori di quanto si possa immaginare, sottolineando quanto ancora ci sia da scoprire sulla nostra complessa e ramificata storia.
Chi è stato il “primo umano”? Dipende dalla definizione
La questione di quale sia stata la prima specie umana è complessa e dipende interamente da come si definisce il termine “umano”. Se ci si attiene a una definizione più ristretta, limitata ai membri del genere Homo, allora il titolo spetta all’Homo habilis. Questi ominidi, dall’aspetto peloso e abitanti delle foreste, fecero la loro comparsa circa 2,3 milioni di anni fa e sono riconosciuti come i primi della nostra stirpe ad aver utilizzato e fabbricato in modo inequivocabile utensili di pietra. Se si decide di allargare la definizione di “umano” per includere tutti gli ominidi bipedi dopo la separazione dalla linea delle scimmie antropomorfe, il titolo di “prima specie umana” diventa una questione molto più contesa.
L’ominino Sahelanthropus tchadensis, risalente a circa 7 milioni di anni fa, potrebbe avanzare una pretesa, sebbene ci siano sospetti che possa essere un antenato dei gorilla anziché degli esseri umani.
In questo scenario, il titolo potrebbe passare a un altro ominino primitivo, Orrorin tugenensis (vissuto circa 6 milioni di anni fa), o al genere Ardipithecus. Quest’ultimo è il primo ominino a mostrare segni definitivi di uno stile di vita bipede, un tratto distintivo cruciale nella nostra evoluzione. Il genere Ardipithecus visse tra i 5,8 e i 4,3 milioni di anni fa e comprende due specie: A. kadabba e A. ramidus. Questa diversità di candidati sottolinea la complessità e la ricchezza del nostro albero genealogico evolutivo.
Questo studio è stato pubblicato su Nature.
