Nel settembre dello scorso anno, dopo anni di attenta pianificazione e sviluppo, nell’ambito del programma DART, la NASA ha fatto schiantare una piccola sonda contro una roccia alla deriva attraverso il Sistema Solare.
Il motivo alla base di questo esercizio era testare la nostra capacità di mandare un asteroide fuori rotta, nell’interesse della sicurezza della Terra e, a quanto pare, il test ha funzionato, fin troppo. Le misurazioni sono arrivate e il percorso della roccia è cambiato molto più del previsto.
Una serie di cinque articoli che descrivono questa deviazione del percorso e i meccanismi alla base di essa sono stati pubblicati su Nature.
In questo momento, il pianeta sotto i nostri piedi sembra navigare serenamente attraverso lo spazio vuoto. Ma capita che ci siano un sacco di grandi rocce alla deriva nello spazio e se una di queste dovesse colpirci potremmo avere grossi problemi, basta chiedere ai dinosauri.
Un modo in cui potremmo deviare eventuali grandi asteroidi destinati ad impattare il nostro pianeta e inviargli contro un oggetto di una certa massa a grande velocità. Il trasferimento di quantità di moto dal veicolo spaziale all’asteroide potrebbe alterare la sua traiettoria quel tanto che basta da fargli mancare la Terra.
Il Double Asteroid Redirection Test (DART) è stato un tentativo di capire se questo fosse fattibile. L’obiettivo è stato scelto con cura: Dimorphos, una piccola luna in orbita attorno a un asteroide più grande chiamato Didymos. Sapevamo già che, poiché il periodo orbitale dei due oggetti è stato ben caratterizzato, qualsiasi cambiamento nella traiettoria di Dimorphos sarebbe stato rilevabile, così come un cambiamento nel suo periodo orbitale.
Con circa 160 metri di diametro, Dimorphos orbita attorno al fratello maggiore Didymos, largo 780 metri circa, una volta ogni 11,9 ore. L’impatto del DART avrebbe dovuto alterare questo periodo orbitale di circa 7 minuti.
Come descritto in un documento guidato dall’astronomo Cristina Thomas della Northern Arizona University, il cambiamento nel periodo orbitale è stato molto più drammatico: Dimorphos ora orbita attorno a Didymos 33 minuti più velocemente rispetto a prima dell’impatto. Due misurazioni separate dell’orbita utilizzando metodi diversi hanno trovato lo stesso risultato.
Quel cambiamento più grande del previsto nel periodo orbitale del sistema binario di asteroidi non può essere spiegato dal solo trasferimento di quantità di moto dal veicolo spaziale DART.
Un documento redatto dall’astronomo Jian-Yang Li del Planetary Science Institute fa uno studio dettagliato dell’ejecta, il materiale che è stato espulso dall’asteroide a seguito dell’impatto esplosivo. A cambiare l’orbita non è stato solo un effetto diretto dell’impatto di DART: per quasi due settimane dopo l’impatto, Dimorphos ha continuato ad emettere getti di polvere.
Un terzo documento, guidato dall’astronomo Ariel Graykowski del SETI Institute negli Stati Uniti, ha studiato la luce riflessa da Dimorphos prima, durante e dopo l’impatto. Poco più di tre settimane dopo la collisione, la luminosità di Dimorphos è tornata ai normali livelli precedenti all’impatto. Il livello di luminosità in quel periodo ha suggerito che l’asteroide abbia perso dallo 0,3 allo 0,5 percento della sua massa totale.
Secondo un altro documento pubblicato dall’astronomo Andrew Cheng del laboratorio di fisica applicata della Johns Hopkins University, quel materiale espulso è stato responsabile della maggior parte del cambiamento nell’orbita dell’asteroide binario. Il materiale in fuga ha trasferito più slancio a Dimorphos di quanto ne sia stato trasferito dalla navicella DART durante il momento dell’impatto.
“L’impatto di DART“, scrivono i ricercatori, “dimostra che il trasferimento di quantità di moto a un asteroide bersaglio può superare significativamente la quantità di moto incidente dell’impattore cinetico, convalidando l’efficacia dell’impatto cinetico per prevenire futuri attacchi di asteroidi sulla Terra“.
Infine, un team guidato dallo scienziato planetario Terik Daly del laboratorio di fisica applicata della Johns Hopkins University ha ricostruito l’evento dell’impatto dai dati raccolti, inclusa la sequenza temporale che ha portato all’impatto, una caratterizzazione dettagliata del sito dell’impatto e la dimensione e la forma di Dimorphos.
I risultati sono promettenti. L’umanità può deviare con successo un asteroide dal suo percorso con una conoscenza limitata della sua composizione e delle condizioni della superficie, senza condurre prima una costosa e lunga missione di ricognizione.
Una missione di deviazione di un asteroide, idealmente, dovrebbe essere condotta decenni prima dell’impatto previsto. Fortunatamente, il tempo è una risorsa di cui disponiamo in abbondanza in questo momento: nessun asteroide di cui siamo a conoscenza minaccerà la Terra per almeno 100 anni. Questo permetterà di effettuare una serie di missioni di ricognizione su eventuali minacce periferiche, il che aumenterà le possibilità di successo se qualcosa dovesse cambiare nel lontano futuro.
Alla luce di ciò, le informazioni che abbiamo ottenuto da DART sono inestimabili. Contribuiranno alla modellazione e alla pianificazione delle future missioni di deviazione di asteroidi, se ne avremo bisogno, per prevedere meglio gli esiti di impatti astronavi sulle rocce spaziali.
“L’impatto riuscito della navicella DART con Dimorphos e il conseguente cambiamento nell’orbita di Dimorphos“, scrivono Daly e il suo team, “dimostra che la tecnologia dell’impattatore cinetico è una tecnica praticabile per difendere la Terra, se necessario“.
I documenti di ricerca sono stati pubblicati su Nature. Possono essere trovati qui, qui, qui, qui e qui.