Costruzioni lunari a base di urina

Trasportare i materiali da costruzione sulla Luna è costoso e ha una certa complessità logistica, per questo motivo le agenzie spaziali stanno studiando la possibilità di utilizzare materiali e sostanze già presenti sulla sua superficie

0
1097
Indice

Sono passati decenni dall’ultima volta che un equipaggio umano ha messo piede sulla luna, tuttavia la NASA sta pianificando da tempo una nuova serie di missioni per riportarvi gli astronauti e impiantare una base permanente. Per fare ciò, sarà necessario fare qualcosa di più per proteggerli dalle insidie dell’ostile ambiente lunare rispetto a quanto fatto per gli uomini delle missioni Apollo, che utilizzavano un piccolo lander per un periodo limitato di tempo.
Trasportare i materiali da costruzione sulla Luna è costoso e ha una certa complessità logistica, per questo motivo le agenzie spaziali stanno studiando la possibilità di utilizzare materiali e sostanze già presenti sulla sua superficie e sono arrivati alla conclusione che una di queste queste sostanze potrebbero produrla gli stessi austronauti: “l’urina” o, meglio, una sua componente, “l’urea”.
Secondo un nuovo studio, l’urea prodotta dagli astronauti potrebbe essere utilizzata per plastificare il calcestruzzo utilizzato per costruire strutture sulla Luna, rendendole meno fragili e più flessibili, consentendo di realizzare edifici molto più resistenti.
Per rendere il calcestruzzo che verrà utilizzato sulla Luna geopolimero, cioè simile al cemento, l’idea è quella di utilizzare ciò che è lì: la regolite (materiale presente sulla superficie della Luna) e l’acqua ottenuta dal ghiaccio presente in alcune aree“, ha spiegato Ramón Pamies scienziato dei materiali del Politecnico di Cartagena in Spagna.
Inoltre, con questo studio abbiamo visto che potrebbe essere utilizzato anche un prodotto di scarto, come l’urina del personale che occupa le basi lunari. I due componenti principali di questo fluido corporeo sono l’acqua e l’urea, una molecola che consente ai legami idrogeno da rompersi e, quindi, riduce le viscosità di molte miscele acquose“.
Gli scienziati hanno già condotto esperimenti per determinare quali materiali potrebbero essere utilizzati per costruire una base lunare. L’ambiente lunare è estremamente severo e ci sono dei fattori che devono essere considerati. Gli sbalzi termici, ad esempio, sono importanti in quanto sul suolo lunare la temperatura varia dai -130 gradi centigradi durante la notte fino a raggiungere i 120 gradi centigradi di giorno, per questo occorre sviluppare materiali capaci di resistere a questi estremi isolando allo stesso tempo le strutture.
Ma il problema della temperatura non è il solo, la Luna non ha né atmosfera, né un campo magnetico apprezzabile e la sua superficie è bombardata costantemente da radiazioni ionizzanti e da pericolosissime micrometeoriti che non incontrano nessun mezzo in cui bruciare e disperdere la propria energia. Le strutture realizzate sulla Luna devono essere quindi resistenti ai loro effetti deleteri.
Quindi, poiché le proprietà dell’urea sono ben conosciute e questa sostanza può essere prodotta dagli esseri umani, il team che ha condotto lo studio ha deciso di provare a costruire alcune piccole strutture in simil regolite lunare e urea. Usando una stampante 3D, hanno costruito cilindri della miscela per determinare quanto bene l’urea funziona come sostanza plastificante.
Le miscele contenenti la sostanza plastificante a base di urea o naftalene si sono comportate abbastanza bene con i materiali di stampa 3D: erano abbastanza “morbide” da costituire una struttura senza alcuna deformazione evidente (sebbene il campione di naftalene si fosse leggermente spezzato nel processo di stampaggio), ma erano in grado di sopportare carichi pesanti senza subire deformazioni poco dopo essere state stampate. Il policarbossilato e le miscele di controllo, d’altra parte, erano troppo rigide per essere facilmente modellate dopo la fusione e sviluppavano fratture da stress significative, anche se mantenevano la loro forma se caricate con un peso ridotto.
Il team ha testato la resistenza a compressione dei campioni realizzati dopo una serie di cicli di congelamento-scongelamento e ha scoperto che la miscela contenente urea ha mostrato un “leggero aumento continuo della resistenza a compressione”. Sembra che ci sia molto potenziale nella pipì degli astronauti, sarà necessario effettuare altri test, ma è probabile che si possa utilizzare la stessa urina senza doverla sottoporre a lavorazione chimica per estrarne l’urea.
Non abbiamo ancora studiato il modo in cui l’urea verrà estratta dall’urina, poiché stiamo valutando se questo sarebbe davvero necessario, perché forse i suoi altri componenti potrebbero essere usati per realizzare il calcestruzzo geopolimero“, ha spiegato la scienziata dei materiali Anna-Lena Kjøniksen del Østfold University College in Norvegia.
L’acqua nelle urine potrebbe essere utilizzata per la miscela, insieme a quella ottenibile sulla Luna, o una combinazione di entrambe“.
A proposito, c’è già un intero serbatoio di pipi sulla luna, lasciato indietro dagli astronauti delle missioni Apollo. Buzz Aldrin fu il secondo uomo a posare il suo stivale sul suolo lunare ma fu il primo a fare la pipi. Curiosa anche un’altra casualità, la mamma di Aldrin si chiamava Marion Moon.
La ricerca è stata pubblicata nel Journal of Cleaner Production.
Fonte: https://www.sciencealert.com/future-moon-bases-could-be-made-out-of-astronaut-wee