Colonizzare Marte? Chi di noi non ci ha pensato? E quanti pensano di poterne un giorno fare parte? Ma come faremo a colonizzare Marte e rendere vivibile il pianeta?
È una caratteristica comune tra i franchise di fantascienza: l’idea che un giorno colonizzeremo Marte che diventerà un avamposto della civiltà umana. È anche normale speculare sul fatto che col tempo i coloni svilupperanno una propria cultura e nuove tradizioni e diventeranno persino un’entità politica separata. Per la prima volta nella storia, esisterà un popolo noto come “marziani“.
Insomma, ci vogliamo andare e prima o poi lo faremo ma la realtà della colonizzazione del Pianeta Rosso sarà estremamente impegnativa, senza contare che gli effetti a lungo termine della vita su un altro pianeta non sono ben compresi. E con gli attuali progetti che mirano ad inviare astronauti negli anni ’30 ad esplorare la superficie di Marte e poi a stabilirvi una presenza umana permanente, c’è una crescente urgenza di saperne di più.
Quali sono i probabili effetti del trascorrere molto tempo sulla superficie marziana? Cosa sperimenteranno gli astronauti dopo aver trascorso alcuni mesi su Marte? E, forse ancora più importante, che cosa sperimenteranno i potenziali coloni e quan
In poche parole, c’è un modo per rendere vivibile il pianeta rosso? O quello di creare i primi veri “marziani”è solo un sogno? La risposta breve è che non sappiamo per certo se si può fare. La risposta lunga è che potrebbe essere possibile, ma che presenta alcune incognite piuttosto serie e probabilmente richiederà molte generazioni.
Piani attuali per visitare Marte:
Al momento, la NASA ha in programma di inviare missioni con equipaggio per esplorare la superficie di Marte negli anni ’30. Questo piano è stato delineato nel NASA Authorization Act del 2010 e nella National Space Policy statunitense che è stata rilasciata nello stesso anno. Tra le altre cose, la legge ha obbligato la NASA a compiere i seguenti passi:
“Nello sviluppo di tecnologie e capacità … l’amministratore può effettuare investimenti in tecnologie spaziali quali propulsione avanzata, depositi di propellenti, utilizzo in situ delle risorse e carichi utili robotici o capacità che consentano missioni umane oltre l’orbita terrestre finalizzate ad arrivare su Marte”;
Intrinseci a questo piano sono gli studi in corso sugli effetti a lungo termine della microgravità sul corpo umano poiché gli astronauti trascorreranno alcuni mesi in viaggio tra la Terra e Marte. Sarà necessario anche creare infrastrutture e diversi sistemi chiave, come lo sviluppo di un lanciatore in grado di inviare equipaggi e rifornimenti oltre la bassa orbita terrestre (LEO) e un veicolo spaziale in grado di portarli su Marte.
Ma, rispetto ai primi anni del 2000, ora non è solo la NASA ad essere impegnata nella corsa verso Marte: sono diversi gli scienziati e gli imprenditori che sperano di vedere realizzata una colonia su Marte nel corso della loro vita. Tra questi il compianto Stephen Hawking, Elon Musk, Buzz Aldrin, Jeff Bezos, Robert Zubrin, Bas Landorp e molti altri…
Attualmente, il piano più dettagliato e di alto profilo è quello offerto dal fondatore di SpaceX, Elon Musk. che per anni ha affermato la sua convinzione che sia necessario portare gli uomini su Marte e che ha illustrato il suo progetto durante il 67 ° Meeting Annuale del Congresso Internazionale Astronautico in cui ha presentato una panoramica sul suo progetto per la creazione di una colonia umana su Marte.
La presentazione è stata sintetizzata in un saggio intitolato “Making Humans a multi-Planetary Species“, che è stato pubblicato nel numero di giugno 2017 della rivista New Space di Scott Hubbard (redattore capo di New Space ). Gli obiettivi dettagliati includevano lo sviluppo del sistema di lancio di Starship / Super-Heavy(precedentemente noto come BFR) e l’inizio delle missioni con equipaggio su Marte negli anni ’20.
“Gli obiettivi per la prima missione automatica, che avverrà nel 2022, saranno la conferma della posizione delle risorse idriche, l’identificazione dei pericoli e la messa in opera delle infrastrutture iniziali per l’alimentazione energetica, l’estrazione mineraria ed il supporto vitale. Una seconda missione, con carico e equipaggio, è prevista per il 2024, con l’obbiettivo primario di costruire un deposito di propellenti e preparare i futuri voli con equipaggio. Le navi di queste missioni iniziali serviranno anche come rifugi abitabili e costituiranno il nucleo della prima base su Marte, da cui si potrà iniziare a costruire una città fiorente e infine una civiltà autosufficiente su Marte.”
Nel settembre del 2018, Musk fornì uno sguardo alcuni aggiornamenti su come sarebbe stata la sua base (chiamata Base Alpha di Marte) e indicò che sperava di realizzarla entro il 2028. Di recente, Musk ha stimato il costo di un biglietto di sola andata verso Marte tra i 100.000 ed i 500.000 dollari, una valutazione ottimistica, per usare un eufemismo ma forse accessibile per qualcuno pronto a lasciare tutto ciò che ha sulla Terra per diventare un colono marziano.
A prescindere da quanto siano realistiche queste scadenze e valutazioni, è chiaro che stabilire una presenza umana su Marte comporta alcune sfide e rischi seri. È anche chiaro che le strategie necessarie per affrontarli dovranno coinvolgere alcune tecnologie altamente avanzate ma anche un pensiero molto creativo.
Cosa abbiamo imparato su Marte:
Marte ha attratto gli esseri umani da molto prima dell’era moderna. Tuttavia, è stato con la nascita dell’astronomia moderna e dell’esplorazione spaziale che è diventato il fulcro di una ricerca approfondita. Un tempo, molti scienziati hanno speculato sulla possibilità della presenza di vita su Marte e persino una civiltà.
La speculazione sulla presenza di una possibile civiltà marziana è attribuita all’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli, che studiò Marte quando era all’opposizione perielica (il punto più vicino alla Terra) nel settembre del 1877.
Osservando la superficie per creare la prima mappa dettagliata di Marte, notò la presenza di quelli che ha chiamato “canali“. Queste caratteristiche furono osservate da altri astronomi usando i telescopi perfezionati della fine del XIX secolo.
A questo punto, gli astronomi hanno iniziato a notare cambiamenti stagionali, come la diminuzione delle calotte polari e la formazione di aree scure durante l’estate marziana. Combinati con i “canali” osservati (che in seguito si rivelarono un’illusione ottica), gli scienziati iniziarono a chiedersi se Marte potesse supportare la vita come la Terra. Perfino all’inizio degli anni ’60, furono pubblicati articoli sulle possibili forme di vita su Marte e sull’esistenza di un ecosistema marziano (completo di oceani e vegetazione). Queste nozioni vennero però distrutte dall’esplorazione robotica di Marte iniziata alla fine degli anni ’60.
I sovietici raggiunsero Marte prima della NASA con la sonda Mars 1, ma fu la missione Mariner 4 (che sorvolò di Marte il 14 luglio 1965) che fornì le prime fotografie ravvicinate della superficie, oltre che dati più precisi sulla sua atmosfera e sull’ambiente magnetico. Le immagini mostravano numerosi crateri da impatto, gli altri strumenti scientifici della sonda rivelarono una pressione atmosferica superficiale di circa l’1% di quella terrestre e temperature prossime ai -100° C. Inoltre, non furono rilevati campi magnetici globali in grado di proteggere il pianeta dalle radiazioni cosmiche.
Ma fu il programma Viking che nel 1975 avviò le missioni di veicoli spaziali e lander su Marte, che convinse la comunità scientifica che non era probabile che ci fosse vita sulla superficie marziana. Tuttavia, i lander rivelarono prove della presenza di acqua liquida nel passato e di precipitazioni sul pianeta.
Ulteriori prove furono raccolte da altre missioni robotiche – come i rover Opportunity e Curiosity , e gli orbiters Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) e Mars Atmosphere and Volatile Evolution (MAVEN) – che hanno indicato che queste condizioni esistevano circa 3,8 miliardi di anni fa, in un momento in cui Marte aveva un’atmosfera più densa e temperature superficiali medie più calde.
La presenza di condizioni più calde e più umide su Marte in passato, ha portato a ipotizzare che Marte potrebbe aver sostenuto una volta le forme di vita di base (molto probabilmente microbi unicellulari). Diverse missioni attuali e future (come i rover della NASA e dell’ESA che saranno inviati nel 2020) continueranno a cercare prove della vita passata (e forse anche presente).
Tuttavia, circa 4,2 miliardi di anni fa, Marte “perse la sua magnetosfera a causa del raffreddamento e della solidificazione del suo nucleo“. La convezione nel nucleo cessò di conseguenza, dove il nucleo esterno ruota nella direzione opposta della rotazione del pianeta e crea un effetto dinamo (che si crede sia quello che alimenta il campo magnetico terrestre).
Come conseguenza della perdita del campo magnetico, l’atmosfera di Marte iniziò lentamente a essere spazzata via nel corso dei successivi 500 milioni di anni. Ciò ha portato la superficie a diventare il paesaggioarido e ghiacciato che conosciamo oggi, ma ha anche permesso la conservazione del paesaggio antico con tutte le prove dell’antica presenza di fiumi e laghi.
Condizioni su Marte oggi
Marte ha alcune cose in comune con la Terra che lo rendono attraente per quanto riguarda l’esplorazione e la colonizzazione. Il tempo ha un funzionamento molto simile su Marte rispetto alla Terra, con sorprendenti somiglianze tra i cambiamenti stagionali e la lunghezza di un singolo giorno. Un giorno marziano dura di 24 ore e 39 minuti, il che significa che le piante e gli animali – per non parlare dei coloni umani – sarebbero in grado di avere un ciclo diurno (ciclo giorno / notte) quasi identico. Marte ha anche un’inclinazione assiale molto simile a quella terrestre, – 25,19° contro 23,5°, il che significa che ha gli stessi modelli stagionali di base del nostro pianeta.
Fondamentalmente, quando un emisfero è puntato verso il Sole, sperimenta l’estate mentre l’altro sperimenta l’inverno – completo di temperature più calde e giorni più lunghi. L’unica differenza è, con un anno che dura complessivamente circa 687 giorni (668,6 Giorni marziani), che le stagioni durano circa il doppio.
C’è anche un’abbondante presenza di acqua ghiacciata su Marte, che è in gran parte concentrata nelle calotte polari. Studi effettuati su meteoriti marziani, sulla sua atmosfera e le condizioni della superficie hanno suggerito che significative quantità di acqua possono anche essere intrapplata sotto la superficie. Quest’acqua potrebbe essere facilmente estratta e purificata per il consumo umano.
Inoltre, Marte è più vicino alla Terra degli altri pianeti del sistema solare, con l’eccezione di Venere (che è troppo calda e acida per essere colonizzata) In effetti, ogni 26 mesi, la Terra e Marte sono all’opposizione – il punto in cui si trovano alla minima distanza – il che permetterebbe di avere “finestre di lancio” biennali per inviare coloni e rifornimenti.
Sfortunatamente, è qui che finiscono le somiglianze. Marte è un ambiente freddo, arido, irradiato e inospitale per la vita così come la conosciamo. In termini di sola temperatura, la sua temperatura superficiale media nel corso di un anno è di -63° C, rispetto ai 14° C relativamente miti della Terra.
L’atmosfera è sottile e irrespirabile. Misurata sulla superficie, la pressione atmosferica su Marte è in media di circa 0,636 kPa, che corrisponde approssimativamente allo 0,6% di quella della Terra a livello del mare. E considerando che l’atmosfera terrestre è composta per il 78% di azoto e per il 21% di ossigeno, l’atmosfera di Marte è una miscela tossica composta per il 96% di anidride carbonica e un po’ di vapore acqueo.
C’è anche la piccola questione di tutte le radiazioni a cui i coloni saranno esposti. Sulla Terra, gli esseri umani nelle nazioni sviluppate sono esposti a una media di 0,62 rads (6,2 mSv) all’anno. Poiché Marte ha un’atmosfera molto sottile e nessuna magnetosfera protettiva, la sua superficie riceve circa 24,45 rads (244,5 mSV) all’anno, di più quando si verifica un evento solare.
La NASA ha stabilito un limite massimo di 500 mSV all’anno per gli astronauti e gli studi hanno dimostrato che il corpo umano può sopportare una dose fino a 200 rads (2000 mSv) all’anno senza danni permanenti. Tuttavia, un’esposizione prolungata ai livelli rilevati su Marte aumenterebbe notevolmente il rischio di malattie acute da radiazioni, cancro, danni genetici e persino la morte.
C’è da considerare anche la questione della gravità marziana, che è all’incirca il 38% di quella terrestre (3,72 m/s 2 o 0,379 g ). Gli scienziati non sanno ancora quali effetti l’esposizione a lungo termine a questo livello di gravità avrebbe sul corpo umano ma sono stati condotti diversi studi sugli effetti a lungo termine della microgravità – ed i risultati non sono incoraggianti, anche se la gravità marziana sarebbe molto più avvertibile della microgravità in bassa orbita terrestre, per cui per avere dati attendibili dovremo necessariamente avere esseri umani su Marte, nell’attesa saranno interessanti anche i dati che si registreranno sugli astronauti che andranno sulla Luna.
Come ci adatteremo a Marte?
Tra tutti questi rischi per la salute umana, la vita su Marte non sembra esattamente invitante, vero? Eppure, sono molti i potenziali volontari disposte a fare il viaggio e diventare la prima generazione di “marziani“. Parte del fascino è la sfida che si presenta su un nuovo pianeta, in particolare il duro lavoro richiesto per renderlo vivibile.
In effetti, sul breve termine, sembrano esserci molte possibilità per far funzionare la vita su Marte. Chiunque scelga di viverci sarà costretto ad appoggiarsi notevolmente alla tecnologia e dovrà essere il più autosufficiente possibile. Ciò significa che i materiali da costruzione, il cibo, l’acqua, l’aria e tutte le necessità della vita dovranno essere prodotti localmente o ciò che è noto come utilizzo delle risorse in situ (ISRU).
Questo è particolarmente vero quando si tratta della creazione di habitat. Negli ultimi anni, la NASA ha sponsorizzato un concorso di design destinato a stimolare idee innovative su come utilizzare le risorse locali per costruire insediamenti su Marte. Il 3D-Printed Habitat Challenge, che è ospitato dal programma Centennial Challenges della NASA.
Per la sfida, iniziata nel 2015, a più team è stato affidato il compito di utilizzare i recenti progressi nella stampa 3D, la robotica, il software di modellazione e lo sviluppo dei materiali per progettare e costruire strutture su larga scala utilizzando materiali riciclabili e / o materiali reperibili su Marte. Le proposte andavano dalle strutture stampate con la regolite e il ghiaccio, che offrirebbero una protezione naturale contro gli elementi e le radiazioni.
Altre proposte prevedono l’utilizzo tubi di lava stabili, gallerie che scorrono sotto la superficie e che sarebbero schermate naturalmente. Fondamentalmente, se la superficie è esposta a livelli pericolosi di radiazioni, allora gli habitat dovrebbero essere costruiti sottoterra. Gli sforzi per sviluppare questa idea includono Hawai’i Space Exploration Analog and Simulation finanziato dalla NASA (Hi-SEAS).
Nell’ambito di un esercizio che si svolge dal 2013 sulla montagna hawaiana di Mauna Loa, Hi-SEAS è dedicato all’addestramento di equipaggi per missioni di lunga durata su Marte. Negli ultimi anni, gli sforzi di formazione hanno incluso l’esplorazione dei sistemi di grotte locali, che sono i resti di tubi di lava estinti.
L’Agenzia spaziale europea (ESA) ha anche creato il programma Planetario ANALOGO geologico e astrobiologico per gli astronauti (PANGEA) per insegnare agli astronauti nozioni sulla geologia e l’esplorazione delle grotte. Alcuni anni fa, la campagna Pangea-X ha creato la più grande mappa 3D di un sistema di grotte (La Cueva de Los Verdes in Spagna) per testare la tecnologia di mappatura che potrebbe essere utilizzata su Marte.
Alcuni suggerimenti più radicali per mitigare le radiazioni implicano la creazione di un campo magnetico per Marte. Un buon esempio è un piano per una base modulare che sarebbe protetta da un toro elettromagnetico in grado di generare un campo magnetico artificiale intorno alla base.
Un altro progetto proviene da uno studio del 2008 condotto da ricercatori dell’Istituto nazionale per la scienza della fusione (NIFS) in Giappone. Basandosi su misurazioni continue che indicano un calo del 10% nel campo magnetico terrestre negli ultimi 150 anni, hanno sostenuto come una serie di anelli superconduttori che circondano il pianeta possano compensare le perdite future. Con alcune modifiche, un tale sistema potrebbe essere adattato per Marte.
Altre soluzioni ambiziose includono una proposta fatta dal Dr. Jim Green (Direttore della NASA’s Planetary Science Division) per posizionare uno scudo magnetico artificiale al Mars L1 Lagrange Point, che è stato presentato al Planetary Science Vision 2050 Workshop nel 2017.
Suggerimenti ancora più ambiziosi includono la riattivazione del nucleo esterno di Marte, che potrebbe essere fatto in due modi: il primo sarebbe quello di far detonare una serie di testate termonucleari vicino al nucleo del pianeta, mentre il secondo coinvolgerebbe una corrente elettrica attraverso il pianeta, producendo una resistenza al centro che lo riscalderebbe.
Come adatteremo Marte a noi ?
A lungo termine, c’è la possibilità di alterare l’ambiente marziano per soddisfare i bisogni umani. Questo processo è noto come “terraformazione“, in cui le modifiche all’atmosfera e alla superficie del pianeta si traducono in un ambiente più “simile alla Terra“. Questo presenta alcune grandi sfide; ma di nuovo, affrontarle non è al di fuori del regno delle possibilità.
Per terraformare Marte, bisogna fare tre cose: riscaldare la superficie, addensare l’atmosfera e creare una biosfera simile a quella della Terra. Fortunatamente, questi tre compiti sono tutti interconnessi. Ispessendo l’atmosfera, il pianeta sarebbe riscaldato e la quantità di radiazione ridotta. Introducendo piante e vegetazione terrestre, l’atmosfera si potrebbe trasformare in qualcosa di respirabile.
Il primo passo sarebbe quello di innescare un effetto serra su Marte, che potrebbe essere fatto in molti modi. Ad esempio, potrebbero essere introdotti nell’atmosfera marziana ammoniaca, metano o clorofluorocarburi (CFC) . Poiché tutti e tre sono potenti gas serra, la loro introduzione addenserebbe l’atmosfera e aumenterebbe le temperature globali.
C’è anche la possibilità di sciogliere le calotte polari, che rilascerebbero una quantità significativa di vapore acqueo e di anidride carbonica (dal ghiaccio secco al polo sud) per ottenere lo stesso effetto. Molte di queste idee sono state proposte dalla NASA in uno studio del 1976 intitolato “Sull’abitabilità di Marte: un approccio all’ecosintesi planetaria“.
C’è anche la possibilità di usare specchi orbitali per scaldare direttamente la superficie marziana – un’idea proposta dal fondatore della Mars Society Dr. Robert M. Zubrin e da Christopher P. McKay del NASA Ames Research Center. Posizionati vicino ai poli, questi specchi sarebbero in grado di sublimare il ghiaccio liberando vapore acqueo e CO2 per contribuire al riscaldamento globale.
Una volta che l’atmosfera si è addensata e la superficie si è riscaldata, l’acqua liquida sarà nuovamente in grado di scorrere sulla la superficie. Ciò porterebbe anche a precipitazioni, che consentirebbero l’introduzione di organismi, piante e vegetazione per la fotosintesi. Nel corso del tempo, questi sarebbero in grado di convertire l’atmosfera ricca di CO2 in una ricca di ossigeno.
Tuttavia, ci sono dei limiti a quanto possiamo modificare Marte in base alle nostre esigenze. Con solo il 38% della gravità della Terra, Marte sarebbe in grado di mantenere un’atmosfera di circa 38,44 kPa (o il 38% dell’atmosfera terrestre). Ciò non sarebbe sufficiente per consentire agli esseri umani di respirare comodamente, quindi per vivere in superficie i coloni avrebbero comunque bisogno di portare con sé bombole di ossigeno (anche se le tute non sarebbero più necessarie).
E senza una magnetosfera o un campo magnetico artificiale, l’atmosfera sarebbe lentamente strappata via nel tempo e l’esposizione alle radiazioni sarebbe ancora un problema. E, naturalmente, gli effetti della gravità marziana sarebbero ancora un problema e non c’è un modo prevedibile per mitigarlo.
Che dire dell'”Aresforming”?
Tutto ciò solleva un punto importante: perché impegnarsi nel lungo e costoso processo di modifica di Marte? Perché non alterare gli organismi terrestri per renderli più compatibili con le condizioni marziane? Inevitabilmente, la vita cambierà una volta introdotta su Marte, quindi perché non aiutarla?
Considerando che alterare l’ambiente marziano per soddisfare i nostri bisogni è noto come “terraformazione“, l’alterazione della vita per adattarla alle condizioni su Marte viene spesso indicata come “aresforming” (dal dio greco Ares) o più semplicemente come “marsiforming“. La chiave per questo è individuare quali forme di vita terrestri possono sopravvivere alle condizioni difficili su Marte e intervenire geneticamente renderci più simili a loro.
Queste forme di vita dovrebbero essere, probabilmente, licheni e metanogeni, due tipi di organismi terrestri che sono in grado di sopportare condizioni all’interno di certi ambienti di nicchia su Marte. Con alcune modifiche genetiche, le specie di queste piante potrebbero sopravvivere all’aperto. Lo stesso vale per i cianobatteri, organismi fotosintetici che potrebbero convertire la CO2 atmosferica in ossigeno.
Le piante potrebbero anche essere modificate in modo da poter resistere ai perclorati (che sono comuni nel suolo marziano) e rimuoverli, in modo che le future generazioni di piante sarebbero in grado di prosperare. Ma la sfida più grande sarebbe quella di trovare modifiche genetiche che permettano all’uomo e agli animali di prosperare nella gravità marziana.
Ad esempio, potrebbero esserci modifiche genetiche per consentire agli esseri umani di crescere e rimanere in salute nella gravità marziana, o di essere in grado di sopportare i livelli più alti di radiazioni marziane.
Conclusione
Al momento, non possiamo ancora sapere quali saranno gli effetti a lungo termine della vita su Marte sulle forme di vita terrestri. Gli astronauti che conducono missioni di lunga durata dovranno certamente fare i conti con le solite conseguenze del viaggio spaziale: atrofia muscolare, perdita di densità ossea, un’alta dose di radiazioni e settimane o mesi di duri esercizi per riadattarsi alla vita sulla Terra.
Ma per i coloni le conseguenze saranno molto più ampie e nebulose. Gli animali e gli esseri umani saranno in grado di portare a termine una gestazione in 0,38 g, o ci saranno delle complicazioni? I bambini marziani soffriranno di mutazioni o cambiamenti a livello genetico? Alcune modifiche genetiche permetteranno loro di vivere una vita piena e sana o richiederanno un intervento medico regolare?
Per questo motivo, sono ancora necessarie ricerche approfondite e sono state affrontate le opzioni di trattamento/modificazione genetica. Alla fine, tuttavia, è chiaro che sarà necessaria qualche forma di adattamento prima che gli esseri umani e le forme di vita terrestri possano colonizzare completamente Marte. Ciò potrebbe comportare la modifica dell’ambiente marziano per adattarla a noi stessi, ma anche a noi stessi per soddisfare Marte.
Alla fine, potremo fare molto ma sarà, come sempre, la natura ad avere l’ultima parola.
Fonti:
- Wikipedia – Colonizzazione di Marte
- Wikipedia – Terraforming di Marte
- NASA – Il corpo umano nello spazio
- NASA – Twins Study / The Research
- James Lovelock – The Greening of Mars
- NASA – Come proteggere gli astronauti dalle radiazioni spaziali su Marte
- National Space Society – The Case for Colonizing Mars (Robert Zubrin)
- Rivista sulla sicurezza spaziale: come vivrà su Marte il nostro corpo umano?
- NASA – Sull’abitabilità di Marte: un approccio all’ecosintesi planetaria