Come il cervello “sceglie” di imparare

Per conoscere il mondo, un animale deve fare qualcosa di più che prestare attenzione a ciò che lo circonda. Ha anche bisogno di imparare quali aspetti, suoni e sensazioni nel suo ambiente sono più importanti e monitorare come l’importanza di questi dettagli cambia nel tempo.

Tuttavia, in che modo gli umani e altri animali seguano questi dettagli è rimasto un mistero.

Ora, i biologi della Stanford University, come riportato sul numero di Science del 26 ottobre, pensano di aver capito come gli animali riescono a dare un ordine di priorità ai dati ambientali.

Una parte del cervello chiamata talamo paraventricolare, o PVT, opera come una sorta di gatekeeper, assicurandosi che il cervello identifichi e rintracci i dettagli più salienti di una data situazione. Anche se la ricerca, finanziata in parte dalla Wu Tsai Neuroscience Institute’s Neurochoice Initiative, è limitata ai topi, in futuro i risultati potrebbero aiutare i ricercatori a capire meglio come gli umani imparano dall’ambiente. E potrebbero addirittura aiutare a curare la tossicodipendenza, come ha sostenuto l’autore dello studio, Xiaoke Chen, assistente alla cattedra di biologia.

I risultati ottenuti sono sorprendenti“, ha spiegato Chen, “perché pochi avevano sospettato che il talamo potesse agire in modo così sofisticato. Abbiamo dimostrato che le cellule del talamo svolgono un ruolo molto importante nel tenere traccia del significato comportamentale degli stimoli, come nessuno aveva mai fatto prima“, ha concluso Chen, che è anche membro dello Stanford Bio-X e del Wu Tsai Neurosciences Institute.

Decidere cosa imparare

Nella sua forma più elementare, l’apprendimento si ricollega al “feedback“. Ad esempio, se hai mal di testa e prendi un farmaco, ti aspetti che il farmaco faccia andare via il mal di testa. Se hai ragione, prenderai quel farmaco la prossima volta che avrai mal di testa. Se ti sbagli, proverai qualcos’altro. Psicologi e neuroscienziati hanno studiato questo aspetto dell’apprendimento in modo esteso e lo hanno persino tracciato in specifiche parti del cervello che elaborano il feedback e guidano l’apprendimento.

Tuttavia, la struttura dell’apprendimento è ancora incompleta, ha spiegato Chen. Anche in esperimenti di laboratorio relativamente semplici, per non parlare della vita nel mondo reale, gli esseri umani e gli altri animali hanno bisogno di capire da cosa imparare – in sostanza, qual’è il feedback e cosa invece scartare. Nonostante la necessità di capire come nasce l’apprendimento, secondo lo scienziato cinese finora psicologi e neuroscienziati non hanno prestato la dovuta attenzione a questo processo.

Per raggiungere il loro scopo, Chen e i suoi colleghi hanno insegnato ai topi ad associare odori particolari ad eventi positivi e negativi. Un odore specifico segnalava ai topi che stava arrivando dell’acqua da bere, mentre un altro segnalava l’arrivo di soffio d’aria sui musi. In seguito, i ricercatori hanno sostituito il soffio d’aria con una leggera scossa elettrica, qualcosa che presumibilmente avrebbe suscitato maggiore attenzione.

Il team ha scoperto che i neuroni nel PVT si adattavano a questo cambiamento. Durante la fase del soffio d’aria, due terzi dei neuroni PVT rispondevano ad entrambi gli odori, mentre un ulteriore 30 percento veniva attivato solo dall’odore associato al sorso d’acqua. In altre parole, durante questa fase il PVT ha risposto sia ad esiti positivi che negativi, con grande preponderanza degli esiti positivi.

Durante la fase di stimolazione elettrica, invece, l’equilibrio si è spostato. Quasi tutti i neuroni del PVT hanno risposto alla stimolazione, mentre circa tre quarti di essi hanno risposto a esiti positivi e negativi. Il cambiamento si è verificato dopo che i topi avevano bevuto. In pratica, quando i topi non sentivano lo stimolo della sete il PVT era meno reattivo all’acqua e più reattivo ai soffi d’aria, il che dovrebbe significare che il PVT diventa reattivo ai risultati negativi e meno a quelli positivi. Presi insieme, secondo l’interpretazione degli scienziati, i risultati hanno dimostrato che il PVT tiene traccia di ciò che è più importante in un dato momento – l’esito positivo quando supera il negativo e viceversa.

Un nuovo punto di osservazione

“I risultati ottenuti sembrano indicare diverse conclusioni,” è stato il commento di Chen. “Forse la più importante è che ora gli altri ricercatori hanno un nuovo posto in cui guardare – il PVT – qualora intendano studiare come l’attenzione a dettagli diversi influenzi il “come” e il “cosa” imparano gli animali.

Anche i neuroscienziati hanno ora nuove modalità per controllare l’apprendimento. In ulteriori esperimenti con topi geneticamente modificati in modo che il team potesse tracciare l’attività del PVT, i ricercatori hanno scoperto che potevano inibire o migliorare l’apprendimento – ad esempio, potevano insegnare più velocemente ai topi che un dato odore non avrebbe più segnalato l’arrivo dell’acqua, contrariamente a quanto insegnato fino a quel momento, oppure che un altro odore si trasformava da segnalatore di acqua a segnalatore di stimolo elettrico. Questi risultati potrebbero indicare nuovi modi per modulare l’apprendimento – nei topi, per il momento – stimolando o sopprimendo a comando l’attività del PVT.

Nel lungo termine, queste ricerche potrebbero portare a nuovi sistemi per supportare la cura dalla tossicodipendenza, aiutando i tossicodipendenti a disimparare l’associazione tra l’assunzione di un farmaco, il piacere e la successiva dipendenza.

FONTE: https://news.stanford.edu/2018/10/25/brain-decides-learn/

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