I muri sono davvero l’ultima spiaggia? Come gestiremo le inondazioni?

Il fenomeno dell’innalzamento del livello del mare è, senza dubbio, dovuto al cambiamento climatico perché, a causa dell’aumento delle temperature, le acque dei mari si espandono e i ghiacciai, sciogliendosi, mandano in circolo ulteriore acqua

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Quando abbiamo di fronte a noi un problema tanto grande e complesso da non poterlo osservare nella sua interezza, il primo step verso la sua risoluzione è ridimensionarlo: vederlo a tutto tondo ci permette di prendere reale coscienza sulla sua natura, e di averne una diversa, maggiore consapevolezza.

In particolare, il cambiamento climatico è senz’altro una delle problematiche più ingenti ed imponenti del nostro tempo, poiché i suoi effetti catastrofici sono sotto gli occhi di tutti ogni singolo giorno.

Esso non risparmia nessuno, si manifesta in diverse forme ma con la stessa irruenza in ogni parte della Terra ed è, forse, proprio a causa della sua vastità che spesso non ce ne rendiamo pienamente conto.

E’ di questo che si occupano gli scienziati: per poter studiare un grande fenomeno lo ricreano in scala, utilizzando modelli che permettono di avere una migliore visione d’insieme e di simulare le eventualità più disparate cambiando le variabili.

Ma, a questo punto, come si fa a mettere a punto soluzioni efficaci?

Entrano così in gioco politici e grandi manager, detentori di una grande fetta di responsabilità in tal senso.

A loro viene spesso proposta un’analisi di costi e benefici, decisamente più efficace di quanto non lo siano testimonianze, tangibili conseguenze di ecosistemi distrutti e spot di sensibilizzazione, riassumibile in una manciata di parole: spendi oggi per risparmiare/guadagnare domani.

Un nuovo studio degli scienziati della Commissione Europea ne è un esempio.

Pubblicato su Nature Communications, affronta il tema dell’innalzamento del livello del mare, destinato ad aumentare di circa un metro entro la fine del secolo, e valuta le possibili soluzioni per proteggere le comunità costiere.

Il fenomeno dell’innalzamento del livello del mare è, senza dubbio, dovuto al cambiamento climatico perché, a causa dell’aumento delle temperature, le acque dei mari si espandono e i ghiacciai, sciogliendosi, mandano in circolo ulteriore acqua.

Se le calotte dell’Antartide e della Groenlandia dovessero sciogliersi, gli effetti sarebbero immediatamente visibili ed estremamente costosi da gestire.

Per questo, gli scienziati della Commissione Europea affermano che progettare nuove difese costiere intorno al 70% delle coste europee permetterebbe di risparmiare molto nel lungo termine.

Ma murarci nelle città è davvero l’unica soluzione possibile? E se un giorno queste precauzioni non dovessero più essere sufficienti?

La risposta è no, non è l’unica soluzione, esistono infatti molteplici modi per difenderci: ad esempio la creazione di dune e paludi come barriere naturali, l’allontanamento delle comunità dalle zone costiere o la rimozione dei muri di cemento, che sembrano non risolvere il problema dell’erosione, ma solo spostarlo in zone non protette.

Queste soluzioni sarebbero ideali anche per i benefici che porterebbero agli umani e alla fauna selvatica, ma è evidentemente impensabile adattarle a tutte le realtà.

Un altro dei fenomeni studiati è quello delle esondazioni dei fiumi, che causano ogni anno innumerevoli danni a città e persone.

Tra i metodi più convenienti per tentare di ridurre i rischi ci sono le previsioni, effettuate con modelli climatici e fluviali, che permetterebbero di prevedere in anticipo le inondazioni e quindi avviare azioni tempestive per evitare i danni o ridurli al minimo.

Ad oggi questo metodo non è ancora così preciso, ma gli scienziati sono al lavoro e sostengono che con un uso combinato di previsioni, soluzioni naturali e, in parte, anche metodi più invasivi, riusciremo a tenere questi fenomeni sotto controllo.

Ciò che è certo è che, a questo punto, è assolutamente necessario prendere una posizione, e di conseguenza fare una scelta: possiamo trattare i sintomi, accettando le conseguenze nefaste del cambiamento climatico, tentando di tappare i buchi costruendo muri altissimi e sborsando miliardi per le operazioni post-calamità naturali. A questo proposito, lo studio dimostra che, in tal caso, necessiteremmo di una portata enorme di muri e barriere per proteggere l’Europa, con costi proibitivi.

Oppure possiamo avere un approccio più graduale: essere consapevoli del fatto che avremo comunque bisogno di soluzioni concrete –preferibilmente naturali- e di previsioni più precise, ma cominciare nel frattempo a tagliare le emissioni, mitigando quanto possibile gli effetti più catastrofici.