di Oliver Melis
Controllare il clima o, per meglio dire, il meteo è ormai per molti “complottisti” un modo per dominare il mondo, grazie al quale è possibile impoverire un territorio causando carestie, desertificazione e morte. Per tanti adepti del complotto delle scie chimiche il controllo dell’atmosfera terrestre permetterebbe il dominio del pianeta e delle sue ricchezze riducendo la popolazione mondiale a mezzo miliardo di individui guidati da una dittatura elitaria con a capo misteriosi esseri, forse di origine aliena. Questi incubi però restano tali se si analizzano i tentativi di controllo del clima tentati ormai da oltre settanta anni.
Il cloud seeding è quella pratica che prevede di seminare le nubi con delle particelle che hanno lo scopo di fare da nuclei di aggregazione per le gocce o i cristalli di ghiaccio. In definitiva, per indurre piogge e nevicate a comando. Quando se ne parla si finisce sempre per incontrare laureati all’università della strada che gridano al complotto tirando in ballo i più disparati complotti che sopra abbiamo citato.
Dopo decenni di tentativi a partire dagli anni 40, abbiamo accumulato poche evidenze scientifiche sulla reale efficacia della tecnica, figuriamoci se, visti i risultati, possiamo comandare il meteo. Un conto è misurare gli effetti su piccola scala, in laboratorio, e un altro è misurarlo al di fuori delle condizioni controllate. In passato avevamo strumenti inadeguati alla misura precisa delle dimensioni delle gocce all’interno di un complesso nuvoloso cosi da capire le sostanze disseminate potessero realmente funzionare, senza considerare che in natura le nubi presentano tutte diverse condizioni di temperatura e umidità e la direzione e l’intensità del vento e la pressione cambiano in continuazione .
Oggi però esistono strumenti più evoluti e precisi e un gruppo di scienziati statunitensi è riuscito a condurre un esperimento sopra alle montagne dell’Idaho e a descriverne la catena di eventi su una rivista scientifica, Proceedings of the National Academy of Sciences, dalla formazione del ghiaccio alla crescita dei cristalli, fino alla loro precipitazione a terra.
IL GRUPPO ha aspettato che sulle montagne sudoccidentali dell’Idaho si accumulassero nubi di temperature comprese tra 0 °C e -15 °C, abbastanza fredde da formare ghiaccio e quando si è presentata l’occasione, un aereo appositamente attrezzato ha effettuato una serie di virate a zig-zag all’interno di una nuvola rimanendo posizionato tra due radar di terra, capaci di rilevare le dimensioni delle goccioline d’acqua e il numero di quante si sono trasformate in cristalli di ghiaccio.
L’aereo, durante le manovre a zig zag, ha disseminato ioduro d’argento (un composto usato per questo tipo di esperimenti) prima da taniche e poi attraverso le ali, per fornire un nucleo di condensazione attorno al quale potessero accumularsi gocce, fino a formare cristalli abbastanza grossi e pesanti da cadere al suolo. Un secondo velivolo ha volato nell’area per raccogliere dati.
In un paio d’ore si sono formati dei fiocchi di neve lungo il tratto percorso dal velivolo che rilasciava lo ioduro d’argento, i fiocchi sono passati dalle dimensioni di pochi micrometri a ben 8 millimetri di diametro iniziando a precipitare.
Gli studi sono all’inizio e comunque, nonostante i tanti laureati all’università della strada gridino al complotto, cercare di controllare a comando il clima, modificarlo a piacimento e utilizzarlo magari come arma è un procedimento ancora al di fuori della portata della tecnologia umana e forse non lo si potrà controllare mai, con buona pace dei tanti sostenitori delle più assurde e insensate teorie.
Fonte: Focus.it