In natura esistono quattro forze fondamentali, la forza elettromagnetica, la forza nucleare forte, la forza nucleare debole e la forza di gravità.
La forza di gravità è molto importante in quanto ha permesso la nascita delle strutture che compongono l’universo, dalle galassie, alle stelle, ai pianeti. Senza di essa il nostro universo non sarebbe come lo osserviamo. Nonostante la sua grande importanza, la forza di gravità rimane in gran parte sconosciuta.
Storia
Fin dall’antichità, gli studiosi hanno cercato di descrivere la natura fornendo una spiegazione del perché gli oggetti cadono. Il filosofo greco Aristotele era convinto che gli oggetti abbiano una naturale tendenza a spostarsi verso il centro dell’universo che, all’epoca, si riteneva fosse proprio il centro della Terra.
In seguito, altri studiosi giunsero a conclusioni diverse partendo dale nuove teorie che levavano il nostro pianeta dal centro del creato, facendo venire meno l’ipotesi di Aristotele.
Nicolas Copernicus capì che le orbite dei pianeti potevano essere meglio spiegate considerando il Sole posizionato al centro del sistema solare. In seguito Isaac Newton fece sue le intuizioni di Copernicus, affermando che tutti i corpi del sistema solare si attraggono tra loro esercitando una forza, la forza di gravità.
Nel suo famoso trattato del 1687 “Philosophiae naturalis principia matematica“, Newton descrisse quella che oggi viene chiamata la legge di gravitazione universale. Di solito è scritta come:
Fg = G (m 1 ∙ m 2 ) / r 2
Dove F è la forza di gravità, m1 e m2 sono le masse di due oggetti e r è la distanza tra loro. G, la costante gravitazionale, è una costante fondamentale il cui valore deve essere calcolato sperimentalmente.
La forza di gravità
Tra le quattro forze fondamentali, la gravità è la più debole. Una piccola calamita tiene ferma una graffetta vincendo l’attrazione gravitazionale di tutto il pianeta. I fisici hanno calcolato che la gravità è 10 ^ 40 (che è il numero 1 seguito da 40 zeri) volte più debole dell’elettromagnetismo.
Se possiamo osservare gli effetti gravitazionali che subiscono stelle, pianeti e galassie, non rileviamo gli stessi effetti tra gli oggetti che usiamo quotidianamente in quanto molto difficili da misurare. Nel 1798, il fisico britannico Henry Cavendish condusse uno dei primi esperimenti di alta precisione mai effettuati per cercare di determinare con precisione il valore di G, la costante gravitazionale.
Cavendish realizzò una bilancia di torsione, attaccando due piccole sfere di piombo alle estremità di una trave sospesa orizzontalmente a un filo sottile. Vicino a ciascuna delle sferette, mise una grossa sfera di piombo. Le sferette di piombo venivano attratte gravitazionalmente dalle pesanti sfere di piombo, facendo sì che il filo torcendosi gli permettesse di calcolare G.
La stima fatta da Cavendish per G risultò essere solo dell’1% più piccola rispetto al suo valore accettato oggi pari a 6,674 × 10 ^ −11 m ^ 3 / kg ^ 1 * s ^ 2. La maggior parte delle altre costanti universali sono note con una precisione molto più elevata, ma poiché G è debole, gli scienziati hanno dovuto progettare apparecchiature molto più sensibili per cercare di misurarne gli effetti.
Il geniale fisico Albert Einstein portò una nuova visione della gravità: la sua teoria della relatività generale mostrò che non è altro che la curvatura dello spaziotempo prodotta da una massa. Questo significa che gli oggetti e anche la luce devono percorrere nel loro moto, quella curvatura.
La teoria sviluppata da Einstein venne utilizzata per teorizzare l’esistenza di corpi estremamente massicci chiamati buchi neri. Questi corpi concentrano la loro massa in una piccola regione di spaziotempo chiamata singolarità da cui niente può sfuggire, nemmeno un raggio di luce. Nelle vicinanze di un buco nero, la legge di gravitazione universale di Newton non descrive più accuratamente il moto degli oggetti, per questo vengono utilizzate le equazioni del campo tensoriale di Einstein.
Oggi sappiamo che i buchi neri esistono realmente, gli astronomi hanno realizzato una immagine composita di uno di questi oggetti e riescono a osservarne gli effetti sugli oggetti che transitano nelle loro vicinanze.
L’applicazione della legge gravitazionale di Newton a oggetti estremamente leggeri, come persone, cellule e atomi, rimane una frontiera non studiata. I ricercatori presumono che anche oggetti leggeri attraggano osservando le stesse regole gravitazionali di pianeti e stelle, ma poiché la gravità è molto debole, è difficile effettuare misurazioni accurate.
Forse gli atomi si attraggono con una forza inversamente proporzionale di uno sul cubo della distanza invece che al quadrato: gli strumenti attuali non hanno modo di scoprirlo. Se solo potessimo misurare queste minuscole interazioni gravitazionali potremmo avere accesso a nuovi aspetti nascosti della realtà.
Il vero problema: la gravità è una forza o un effetto?
La gravità ci stupisce anche in altri modi. Il modello standard della fisica delle particelle, ad esempio, non ne tiene conto nelle interazioni tra particelle e forze conosciute. Il modello standard prevede l’esistenza di una particella teorica mediatrice della forza di gravità, il gravitone, ma ancora oggi questa particella non è stata rilevata tanto che alcuni ricercatori sono arrivati a sospettare il gravitone come costituente della materia oscura.
Unire la teoria della relatività con la meccanica quantistica, ad oggi, è un traguardo ancora molto lontano. Una teoria del tutto potrebbe non essere mai realizzata.
Il fatto è che non è ancora ben chiaro se la gravità sia una forza indipendente o se sia un effetto della massa, individuabile nella curvatura che questa impone al tessuto dello spazio tempo, chiramente visibile nell’effetto previsto da Einstein della lente gravitazionale.
La gravità è stata comunque utilizzata per fare scoperte importantissime. Negli anni ’60 e ’70, gli astronomi Vera Rubin e Kent Ford hanno dimostrato che le stelle ai margini delle galassie orbitano più velocemente di quanto dovrebbero. Sembra quasi che una massa invisibile le trascini per effetto di una forza gravitazionale aggiuntiva. Questa massa invisibile è stata chiamata materia oscura.
Grazie a una delle conseguenze della Relatività di Einstein oggi si possono studiare le onde gravitazionali emesse da oggetti massicci come buchi neri o stelle di neutroni. Dal 2017, il Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (LIGO) ha aperto una nuova finestra sull’universo rilevando il segnale estremamente debole di tali eventi, dando il via ad una vera e propria disciplina: l’astronomia multi-messaggero.