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Buchi neri: individuata la “regione di immersione” che conferma le teorie di Einstein

Un team internazionale guidato da ricercatori del Dipartimento di Fisica di Oxford ha dimostrato che Einstein aveva ragione con una previsione chiave sui buchi neri, fornendo la prima prova osservativa che una "regione di immersione" attorno ai buchi neri non solo esiste, ma ma esercita alcune delle forze gravitazionali più potenti mai identificate nella galassia

Un team internazionale guidato da ricercatori del Dipartimento di Fisica di Oxford ha dimostrato che Einstein aveva ragione con una previsione chiave sui buchi neri. Utilizzando i dati dei raggi X per testare una previsione chiave della teoria della gravità di Einstein, il loro studio ha fornito la prima prova osservativa che una “regione di immersione” attorno ai buchi neri non solo esiste, ma ma esercita alcune delle forze gravitazionali più potenti mai identificate nella galassia.

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La”regione di immersione” dei buchi neri

La nuova scoperta fa parte di un’ampia indagine sui misteri ancora aperti legati ai buchi neri condotta dagli astrofisici del Dipartimento di Fisica di Oxford. Lo studio, si è concentrato sui buchi neri più piccoli relativamente vicini alla Terra, utilizzando dati a raggi X raccolti dai telescopi spaziali NuSTAR e NICER della NASA.

Entro la fine del 2024, un secondo team di Oxford ha come obiettivo quello di avvicinarsi alle riprese dei primi video di buchi neri più grandi e distanti.

Buchi neri: l'IA rivela come crescono

A differenza della teoria della gravità di Newton, la teoria di Einstein ha sostenuto che sufficientemente vicino a un buco nero è impossibile per le particelle seguire in sicurezza orbite circolari, invece precipitano rapidamente verso di esso a una velocità prossima a quella della luce, dando origine alla regione di immersione.

Gli scienziati hanno osservato per la prima volta questa regione in modo approfondito, utilizzando i dati dei raggi X per ottenere una migliore comprensione della forza generata dai buchi neri.

Lo studio

Questo è il primo sguardo su come il plasma, staccatosi dal bordo esterno di una stella, subisce la sua caduta finale nel centro di un buco nero, un processo che avviene in un sistema distante circa 10.000 anni luce,” ha dichiarato il Professor Andrew Mummery dell’Università di Oxford, che ha capitanato lo studio.

Quello che è veramente interessante è che ci sono molti buchi neri nella galassia, e ora disponiamo di una nuova e potente tecnica per usarli per studiare i campi gravitazionali più forti conosciuti“.

La teoria di Einstein ha previsto che questa immersione finale sarebbe avvenuta, ma questa è la prima volta che è stato possibile dimostrarlo. Questo rappresenta un nuovo sviluppo nello studio dei buchi neri, che permetterà di indagare su quest’ultima area attorno a loro.

Buchi neri

Solo allora sarà possibile comprendere appieno la forza gravitazionale. La regione di immersione del plasma avviene proprio al limite di un buco nero e mostra che la materia risponde alla gravità nella sua forma più forte possibile.

Gli astrofisici da tempo cercano di capire cosa succede in prossimità della superficie dei buchi neri e lo fanno studiando i dischi di materia che orbitano attorno ad essi. Esiste una regione finale dello spazio-tempo, nota come regione di immersione, dove è impossibile fermare la discesa finale nel buco nero e il fluido circostante è effettivamente condannato.

Da molti decenni è in corso un dibattito tra gli astrofisici sulla possibilità di rilevare la cosiddetta regione di immersione. Il team di Oxford ha trascorso gli ultimi due anni a sviluppare modelli per questo fenomeno e, nel nuovo studio, dimostra il suo primo rilevamento confermato ottenuto utilizzando telescopi a raggi X e dati provenienti dalla stazione spaziale internazionale.

Conclusioni

Mentre questo studio si concentra sui piccoli buchi neri più vicini alla Terra, un secondo gruppo di studio del Dipartimento di Fisica di Oxford fa parte di un’iniziativa europea per costruire un nuovo telescopio, l’Africa Millimeter Telescope, che migliorerebbe enormemente la nostra capacità di realizzare immagini dirette di buchi neri più vicini alla Terra.

Sono già stati garantiti finanziamenti per oltre 10 milioni di euro, parte dei quali sosterranno diversi primi dottorati di ricerca in astrofisica per l’Università della Namibia, lavorando a stretto contatto con il Dipartimento di Fisica di Oxford.

Buchi neri: nuove scoperte sfidano le teorie esistenti

Si prevede che il nuovo telescopio consentirà l’osservazione e la ripresa, per la prima volta, di grandi buchi neri al centro della nostra galassia, così come ben oltre.

Lo studio è stato pubblicato sul Monthly Notice della Royal Astronomical Society.

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