Buchi neri: nuove scoperte sfidano le teorie esistenti

Un team internazionale di astronomi ha scoperto un metodo completamente nuovo per studiare il comportamento dei buchi neri attivi

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Buchi neri: nuove scoperte sfidano le teorie esistenti
Buchi neri: nuove scoperte sfidano le teorie esistenti

Un team internazionale di astronomi composto da ricercatori del Cardiff Hub for Astrophysical Research and Technology (CHART) e da partner internazionali provenienti da tutta Europa, Canada e Giappone, ha scoperto un metodo completamente nuovo per studiare il comportamento dei buchi neri attivi.

I ricercatori hanno osservato un campione di buchi neri attivi, situati nei centri di 136 galassie, e hanno trovato uno schema coerente nella loro emissione di microonde e luce a raggi X, indipendentemente dai loro diversi tassi di consumo dei materiali galattici circostanti, come nubi di gas, polvere e plasma.

Ripensare al comportamento dei buchi neri

Attualmente considerati intrinsecamente diversi a seconda dei loro “appetiti”, i buchi neri attivi sono caratterizzati dalla disposizione dei loro nuclei e dal modo in cui attirano la materia galattica.

Il team ha affermato che il processo non è qualcosa di previsto dalla nostra attuale comprensione di come si nutrono i buchi neri.

Tuttavia, gli scienziati hanno scoperto che questi buchi neri potrebbero avere più somiglianze di quanto si pensasse in precedenza. I loro risultati, pubblicati sulla rivista Monthly Notice of the Royal Astronomical Society: Letters, potrebbero offrire nuove informazioni su come si evolvono le galassie.

Osservazioni sorprendenti e nuove prospettive

L’autrice principale dello studio, la dott.ssa Ilaria Ruffa, ricercatrice post-dottorato presso la Scuola di Fisica e Astronomia dell’Università di Cardiff, ha dichiarato: “Il bagliore a microonde e a raggi X che rileviamo dalle regioni attorno a questi buchi neri sembra essere direttamente correlato alla loro massa e proviene da flussi di plasma che cadono disordinatamente in essi. Questo è il caso di entrambi i sistemi che hanno appetiti enormi in grado di mangiare quasi un’intera stella come il nostro Sole ogni anno, e di quelli con appetiti minori che mangiano la stessa quantità di materiale in 10 milioni di anni”.



“Ciò che abbiamo scoperto è stato sorprendente poiché in precedenza avevamo pensato che tali flussi dovessero verificarsi solo nei sistemi che mangiano a ritmi bassi, mentre in quelli con grandi appetiti, il buco nero dovrebbe essere alimentato attraverso un flusso di materia più ordinato e costante”.

Il team ha effettuato la scoperta mentre studiava il legame tra il gas freddo attorno ai buchi neri attivi e come questi vengono alimentati nel campione WISDOM di 35 galassie vicine catturate dai telescopi ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) in Cile.

Ruffa ha aggiunto: “Il nostro studio suggerisce che la luce a microonde che rileviamo potrebbe effettivamente provenire da questi flussi di plasma in tutti i tipi di buchi neri attivi, cambiando la nostra visione su come questi sistemi consumano materia e crescono fino a diventare i mostri cosmici che vediamo oggi”.

Implicazioni per la stima delle masse dei buchi neri

Le correlazioni osservate dal team forniscono anche un nuovo metodo per stimare le masse dei buchi neri, qualcosa che gli astronomi ritengono fondamentale per comprendere il loro impatto sull’evoluzione delle galassie nell’Universo.

Il coautore dello studio, il dottor Timothy Davis, della Scuola di Fisica e Astronomia dell’Università di Cardiff, ha spiegato: “anche se pensiamo sempre ai buchi neri come a bestie supermassicce che consumano tutto ciò che li circonda, in realtà sono molto piccoli e leggeri nel contesto di un’intera galassia. Eppure esercitano una misteriosa influenza non gravitazionale su materiali distanti decine di migliaia di anni luce da loro. Questo è qualcosa su cui ci siamo interrogati come astronomi per molti anni”.

“Misurare le masse dei buchi neri e come queste si confrontano con le proprietà delle galassie che le ospitano è il modo migliore per iniziare a capire perché questo mistero persiste. Il nostro nuovo metodo apre una nuova finestra su questo problema e la prossima generazione di strumenti ci consentirà di esplorarlo in profondità nel tempo cosmico”, ha concluso.

Il team prevede di testare ulteriormente i propri risultati come parte di una nuova “Osservazione multi-lunghezza d’onda dell’oscurità nucleare. Object Emission Regions” (WONDER), un progetto guidato dal Dott. Ruffa.

Fonte: Royal Astronomical Society: Letter

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