mercoledì, Aprile 2, 2025
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Donne e soap opera: evoluzione delle protagoniste tra stereotipi ed empowerment

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Donne e soap opera: evoluzione delle protagoniste tra stereotipi ed empowerment
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Le soap opera sono da decenni un genere televisivo popolarissimo, e le figure femminili al loro interno ne sono l’anima pulsante. Nel corso degli anni queste protagoniste sono cambiate profondamente, riflettendo mutamenti sociali e culturali. Dalle eroine romantiche intrappolate in stereotipi tradizionali alle donne determinate e indipendenti che affrontano nuove sfide, l’evoluzione delle figure femminili nelle soap è un viaggio affascinante tra emancipazione e narrazioni classiche. Di seguito analizziamo alcune soap molto amate (Un Posto al SoleBeautifulTempesta d’AmoreIl Paradiso delle SignoreLa Promessa e Tradimento) per capire come sono cambiati i ruoli delle protagoniste nel tempo, tra empowerment, vecchi schemi e orizzonti inediti.

Un Posto al Sole: realtà, nuove generazioni e impegno sociale

Fin dal suo esordio nel 1996, Un Posto al Sole ha presentato donne forti e sfaccettate, in linea con la volontà di raccontare la realtà contemporanea italiana. Se inizialmente spiccavano personaggi come Silvia (madre lavoratrice) o Marina (imprenditrice dal carattere d’acciaio), col tempo la soap ha introdotto nuove generazioni di protagoniste femminili.

Oggi giovani donne come Rossella, medico appassionato, o l’irrequieta Clara si ritagliano trame centrali. In particolare, il personaggio di Clara Curcio incarna un percorso di riscatto: figlia di un boss e segnata da relazioni difficili, cerca con determinazione di liberarsi dal suo passato oscuro​. Queste trame affrontano temi attuali – dalla violenza domestica alla realizzazione professionale – mostrando donne che non sono più solo vittime o comprimarie, ma motore degli eventi e portatrici di messaggi di empowerment.

Beautiful: dagli stereotipi classici a timidi tentativi di modernità

Nata negli anni ’80, la soap americana Beautiful (The Bold and the Beautiful) ha costruito per decenni le sue storie su amori tormentati, matrimoni e tradimenti continui. Qui le figure femminili tradizionalmente oscillano tra ruoli di angelica eroina e “dark lady” seduttrice, spesso definite quasi esclusivamente dalle loro relazioni sentimentali. La celebre Brooke Logan, per esempio, è diventata nota soprattutto per le sue numerose vicende matrimoniali e familiari, a scapito di una caratterizzazione più profonda: la sua identità viene delineata “solo ed esclusivamente nelle azioni che negli anni ha compiuto e nelle sue parentele”​.

Negli ultimi tempi la serie ha provato a introdurre elementi di rinnovamento – ad esempio mostrando personaggi femminili alla guida di aziende di moda o impegnati in ruoli di potere – ma il fulcro narrativo resta ancorato ai rapporti sentimentali e ai conflitti familiari. Nonostante qualche passo avanti (donne CEO o madri combattive come Steffy Forrester o Hope Logan), Beautiful continua a incarnare una soap “classica”, dove l’empowerment femminile è spesso secondario rispetto al melodramma e gli stereotipi originari non sono del tutto scomparsi.

Tempesta d’Amore: l’eroina romantica e la “dark lady” a confronto

La tedesca Tempesta d’Amore (Sturm der Liebe) segue un format particolare: ogni stagione ha una nuova coppia di protagonisti, generalmente con un’eroina femminile al centro e, immancabilmente, una rivale senza scrupoli. Sin dalle prime stagioni, ambientate nell’elegante hotel Fürstenhof, le protagoniste femminili – da Laura a Emma, fino alle più recenti Josie o Eleni – sono giovani donne oneste, intraprendenti, spesso impegnate a realizzarsi nel lavoro (chef, manager, etc.) mentre cercano l’amore vero.

Accanto a loro agisce la tradizionale “dark lady”, personaggio femminile antagonista, pronta a tutto pur di ostacolare la felicità altrui. Col tempo, queste “cattive” sono diventate sempre più complesse: non solo gelide sabotatrici, ma spesso donne di potere. Ad esempio, nella nuova stagione compare Sophia, un’affascinante donna d’affari descritta come “cinica, appariscente e manipolatrice”, pronta a tutto per raggiungere i suoi obiettivi​. Ciò dimostra come la soap giochi ancora sui contrasti femminili classici (ingenua vs. perfida), ma offrendo a entrambe le figure una certa forza e centralità. L’evoluzione qui sta nell’aver reso le protagoniste più attive e le antagoniste più sfaccettate: il lieto fine amoroso resta la meta, ma le donne di Tempesta d’Amore combattono in prima persona per ottenerlo, tra intrighi, lavoro e crescita personale.

Il Paradiso delle Signore: emancipazione femminile negli anni ’50

Nell’universo de Il Paradiso delle Signore, ambientato nell’Italia a cavallo tra anni ’50 e ’60, l’evoluzione delle figure femminili è il cuore stesso della narrazione. La serie, ispirata a un romanzo di Zola ma sviluppata in chiave italiana, segue le vicende delle “Veneri”, giovani commesse di un grande magazzino milanese e di altre donne legate a quel microcosmo. In un’epoca storica in cui il ruolo femminile era tradizionalmente limitato alla famiglia, queste protagoniste esplorano nuove libertà: il lavoro fuori casa, l’indipendenza economica, l’istruzione e persino la moda come affermazione di sé (l’arrivo della minigonna è salutato come “una grande evoluzione” perché rende la donna più libera e intraprendente​).

Le commesse del “Paradiso”, note come Veneri, rappresentano ragazze degli anni ’60 che sfidano le convenzioni cercando autonomia lavorativa e realizzazione personale. Le storie di Teresa, Vittoria, Stefania e delle altre mostrano percorsi di emancipazione: c’è chi sogna di diventare stilista, chi giornalista, chi lotta per poter amare al di fuori dei matrimoni combinati. Pur muovendosi in un contesto d’epoca, queste figure affrontano temi modernissimi, come il sessismo sul lavoro, il diritto di divorziare o di non sposarsi affatto. Il Paradiso delle Signore coniuga così il fascino vintage con istanze di femminismo storico, mostrando quanta strada abbiano percorso le donne – e quanto coraggio servisse, allora come oggi, per affermare la propria identità.

La Promessa: una nuova eroina tra vendetta e coraggio

Tra le soap più recenti, la spagnola La Promessa introduce un modello di protagonista femminile combattiva e fuori dagli schemi tradizionali. La vicenda, ambientata agli inizi del ’900, ruota attorno a Jana, una giovane che si infiltra come domestica in un palazzo nobiliare per scoprire la verità sulla morte della madre e salvare il fratellino.

A differenza delle ingenue fanciulle di un tempo, Jana è dotata di grande astuzia e intraprendenza: non esita a sfidare i potenti, rischiando in prima persona per vendicare i torti subìti. È “nota per la sua straordinaria determinazione nel difendere ciò che è giusto”​, una qualità che la porta ad affrontare apertamente perfidi aristocratici e a denunciare i crimini di cui viene a conoscenza. La Promessa fonde i toni del melodramma classico (amori impossibili, segreti di famiglia) con una protagonista femminile moderna nella sua mentalità: Jana non è una pedina passiva degli eventi, ma la regista del proprio destino, capace di guidare l’azione e ispirare altre figure femminili nella storia a ribellarsi alle ingiustizie. Questa soap dimostra come le nuove produzioni puntino su donne forti e coraggiose, anche in scenari storici, segno di una sensibilità cambiata nei confronti dei personaggi femminili.

Tradimento: una matriarca moderna tra carriera e crisi familiare

Infine, la recente soap turca Tradimento (Aldatmak in originale) offre un ulteriore esempio di evoluzione dei ruoli femminili. La protagonista, Güzide, è ben diversa dalle classiche giovani eroine romantiche: è una donna matura, autorevole e in carriera, giudice integerrima e pilastro della sua famiglia. Crede di avere una vita perfetta, finché la realtà non la travolge: il marito e i figli nascondono segreti e la sua fiducia viene tradita, mandando in frantumi l’illusione della “famiglia esemplare”​. Güzide incarna così la figura della matriarca moderna: indipendente e affermata professionalmente, ma costretta a rimettere in discussione tutte le sue certezze sul piano affettivo.

La forza di questo personaggio sta nella sua resilienza e dignità nell’affrontare lo scandalo e il dolore personale. In Tradimento le tematiche femminili si spingono oltre il semplice intreccio amoroso: si esplora il conflitto tra realizzazione pubblica e realizzazione privata, il sacrificio per i figli, la difficoltà di ricostruirsi una vita dopo un trauma emotivo. La protagonista non è dipinta come una vittima rassegnata: al contrario, la vediamo combattere per la verità e per mantenere unita la famiglia alle proprie condizioni. Questa evoluzione riflette un trend ormai globale nelle soap: anche in produzioni di altri paesi le donne vengono rappresentate come figure complesse, che uniscono ruoli tradizionali (madre, moglie) con quelli nuovi (professionista di successo), affrontando sfide contemporanee come il tradimento, l’indipendenza e la ridefinizione di sé.

Verso trame future tra empowerment e nuovi orizzonti

L’evoluzione delle figure femminili nelle soap opera evidenzia un percorso di crescente empowerment, pur con qualche residuo stereotipo. Se un tempo le donne in queste storie erano spesso relegate a ruoli di vittime, di maliarde o di angeli del focolare, oggi le vediamo guidare le trame con personalità più forti e sfaccettate. Le protagoniste di soap come UPASIl Paradiso delle Signore o La Promessa affrontano questioni di autonomia, giustizia e realizzazione personale, rispecchiando le battaglie della vita reale. Certo, alcuni cliché permangono – il romanticismo tormentato, la rivalità amorosa, la dicotomia santa/peccatrice – ma vengono rielaborati in chiave più moderna.

Le nuove sfide narrative puntano a raccontare donne alle prese con equilibrio tra carriera e famiglia, con discriminazioni di genere da superare, con scelte coraggiose da compiere per affermare se stesse. L’originalità e l’efficacia di queste storie stanno nel rendere il pubblico partecipe di un cambiamento: vedere sul piccolo schermo figure femminili in evoluzione contribuisce a normalizzare l’idea di donne forti, indipendenti e diversificate. In un genere spesso considerato di puro intrattenimento, le soap opera stanno dunque assumendo – lentamente ma inesorabilmente – il ruolo di specchio dei progressi sociali, celebrando l’empowerment femminile senza dimenticare la propria natura di racconti avvincenti e popolari. Le donne delle soap hanno fatto tanta strada, e le loro prossime avventure continueranno a intrecciare emozioni, amore e lotte personali, riflettendo la complessità e la forza delle donne del mondo reale.

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Nei lemuri la chiave del sonno criogenico per i viaggi nello spazio

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Nei lemuri la chiave del sonno criogenico per i viaggi nello spazio
Nei lemuri la chiave del sonno criogenico per i viaggi nello spazio
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La fantascienza si sta trasformando in realtà. Con il progetto di tornare sulla Luna in questo decennio e ulteriori ambizioni di raggiungere Marte nel prossimo, dobbiamo capire come mantenere gli astronauti in buona salute per missioni lunghe anni.

Una soluzione a lungo sostenuta dalla fantascienza è l’animazione sospesa o mettere gli esseri umani in un sonno simile all’ibernazione per la durata del viaggio.
Possiamo rivolgerci alla natura per avere una guida e una potenziale soluzione a questa sfida.

È freddo e buio là fuori

Lo spazio non perdona. Nel vuoto gelido e buio non c’è ossigeno, né gravità, né protezione contro la pioggia costante di radiazioni cosmiche. Gli esseri umani si sono evoluti per vivere in un ambiente con una costante attrazione gravitazionale e, quando stanno nello spazio, accadono cose strane e pericolose ai loro corpi.

Tuttavia, scienziati e ingegneri che lavorano con gli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale studiano continuamente alla ricerca di una soluzione a questi problemi. Ad esempio, sappiamo che il volo spaziale in bassa gravità porta alla perdita di densità muscolare e ossea, poiché le nostre ossa e muscoli non hanno bisogno di lavorare contro la forza di gravità.

Ma non sappiamo ancora come affrontare altri problemi medici legati allo spazio, comprese le alterazioni del sistema immunitario, i problemi di vista e il bombardamento delle pericolose radiazioni cosmiche. Queste sfide fisiologiche si combinano con le difficoltà tecnologiche di inviare esseri umani in queste lunghe missioni in cui devono affrontare complicazioni logistiche come l’imballaggio e l’allocazione di provviste e rifornimenti sufficienti, nonché problemi sociali legati all’isolamento estremo dello spazio profondo.

Mettere il corpo in pausa

L’animazione sospesa e la biostasi possono ricordare alcuni film di fantascienza dove si vedono esseri umani dormienti rinchiusi in capsule criogeniche. in effetti, se potessimo mettere gli esseri umani in uno stato di animazione sospesa rallentando notevolmente o addirittura interrompendo completamente l’attività metabolica, potremmo alleviare i problemi che circondano i viaggi nello spazio: tempo, problemi di salute, dimensioni del veicolo spaziale e allocazione delle scorte.

Ma come possiamo mandare esseri umani in letargo e poi riportarli indietro quando è il momento giusto, senza rischiare di rovinare muscoli e ossa, per citare solo alcune sfide? Queste sono domande che il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e altre agenzie spaziali stanno attivamente esplorando.

Gli animali che trascorrono l’inverno in stato di animazione sospesa (ibernazione) non subiscono una significativa perdita di muscoli e ossa. La loro capacità di disattivare in modo reversibile i processi biologici apparentemente necessari per la vita potrebbe essere la chiave per creare le condizioni necessarie per sviluppare metodi di ibernazione umana che possa aprire la strada alla sopravvivenza durante lunghi viaggi interstellari verso stelle lontane.

Infatti, l’uso della biostasi è già stato proposto per il trasporto di un gran numero di viaggiatori su Marte, dove i membri dell’equipaggio saranno sostenuti con liquidi a nutrizione totale appositamente formulati mentre “dormono”.

Animali modello?

Come possiamo imitare l’ibernazione negli animali inducendola negli esseri umani? Un lavoro recente ha scoperto una tale capacità negli animali che sono evolutivamente simili agli umani: i primati ibernati. La particolarità di questi primati è che possono entrare in uno stato di ibernazione quando le risorse sono scarse e le temperature diventano fredde, e lo fanno senza abbassare seriamente la loro temperatura corporea.

Una delle forze trainanti alla base di questa capacità estrema sono i microRNA, brevi frammenti di RNA che agiscono come silenziatori di geni molecolari. I microRNA possono regolare l’espressione genica senza alterare il codice genetico stesso. Studiando la strategia a microRNA utilizzata da questi animali, potremmo riuscire a sfruttare questo interruttore genetico on / off per cambiamenti rapidi e reversibili che potrebbero favorire l’ibernazione negli esseri umani.

Gli studi sui lemuri grigi (Microcebus murinus) mostrano come i microRNA controllano quali processi biologici rimangono attivi per proteggere l’animale e quali vengono disattivati ​​per risparmiare energia. È stato scoperto che alcuni di questi microRNA combattono l’atrofia muscolare durante l’ibernazione. Altri ruoli sembrano implicare la prevenzione della morte cellulare, il rallentamento o l’arresto della crescita cellulare non necessaria e il passaggio dalle riserve di carburante da zuccheri consumati rapidamente ai grassi bruciati più lentamente.

Sebbene i microRNA siano una strada promettente per la ricerca, sono solo una parte del lavoro. Si stanno studiando anche altri aspetti del modo in cui i primati vanno in letargo, come il modo in cui questi lemuri proteggono le loro cellule dallo stresscontrollano i livelli genetici globali e come immagazzinano abbastanza energia per sopravvivere al letargo; anche il modo in cui i microRNA aiutano gli animali a sopravvivere ad altri stress ambientali estremi tra cui il congelamento, la privazione di ossigeno e i climi caldi e secchi è sotto esame.

Non c’è stress più estremo del vuoto dello spazio e c’è la possibilità che queste ricerche contribuiscano ai nuovi interventi basati sull’RNA che stanno guadagnando attenzione e emergendo come valide terapie umane.
Lo spazio è alla nostra portata e studiare ciò che è già sulla Terra ci aiuterà a raggiungerlo.

La trattativa di Witkoff – diplomazia con vista matrioska

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La trattativa di Witkoff – diplomazia con vista matrioska
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L’inviato speciale di trump per il “cessate il fuoco” in Ucraina Steve Witkoff ha appena finto di “trattare” con le controparti russe.

Ecco le sue dichiarazioni:

«Allora, abbiamo deciso così: i territori vanno alla Russia, tanto l’Ucraina è un falso paese, le centrali nucleari e le terre rare vanno a Trump – sì, a Trump, non all’America – L’esercito ucraino deve essere sciolto e Zelensky se ne deve andare in esilio e verrà sostituito dal nipote di Putin dopo democraticissime elezioni. Così imparate a invadervi da soli costringendo la russia ad assecondarvi

Rubrica: Distopia politica – la verità che non vogliono farti leggere

L’Effetto Mandela e gli universi paralleli

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L'Effetto Mandela e gli universi paralleli
L'Effetto Mandela e gli universi paralleli
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Il falso ricordo (detto anche confabulazione, false memory o effetto Mandela) è un ricordo non autentico, o perché del tutto inventato, o perché derivante da altri ricordi reali, ma in parte alterati.

Un falso ricordo può crearsi anche per aggregazione: da varie memorie distinte possono essere estrapolati frammenti che nella mente umana vengono ricombinati insieme.

Tutto comincia nel 2010 quando Fiona Broome, una donna che si presenta come “consulente del paranormale” racconta di ricordare perfettamente come Nelson Mandela fosse morto in prigione negli anni Ottanta. Ricorda la notizia ai telegiornali, i funerali, il discorso della vedova, le ribellioni in alcune città del Sud Africa che diedero inizio al crollo dell’Apartheid.

C’è solo un piccolo particolare, l’ex Premio Nobel per la Pace è morto il 5 dicembre 2013.

La Broome dichiara che ha scoperto come tantissime altre persone condividevano il suo stesso ricordo. Battezza questo fenomeno come “Effetto Mandela”. La spiegazione che la Broome avanza è che questi ricordi “sbagliati” dimostrerebbero l’esistenza di universi paralleli.

Altre dimensioni dove i fatti che conosciamo nel nostro universo si realizzano con differenziazioni e sfumature sia pure limitate, tanto che questa tipologia di ricordi sbagliati non sarebbero altro che memorie di queste dimensioni parallele acquisite per sbaglio.

Altri avanzano l’ipotesi che si tratti invece di un sovrapporsi delle linee temporali, che creano ricordi che in realtà non appartengono al nostro mondo ma ad una realtà alternativa. La nostra coscienza sarebbe in grado di muoversi tra i diversi universi, sia pure in modo del tutto inconsapevole, in base a non meglio specificati effetti quantistici, tra una dimensione e l’altra e ciò che ricordiamo non sarebbe altro che una dissociazione tra ciò che realmente è accaduto e la nostra mente viaggiatrice.

Naturalmente questo insieme di spiegazioni fantasiose e del tutto indimostrabili hanno una spiegazione più credibile nei meccanismi ancora non del tutto esplorati del nostro cervello ed in particolare del funzionamento della memoria. Lasciando da parte l’Effetto Mandela ed i viaggi inter dimensionali, e rimanendo più prosaicamente nel quotidiano, limitiamoci a focalizzare alcune “incongruenze” della nostra memoria legate ad alcune celebri pellicole.

Tutti conosciamo la famosa frase pronunciata da Ingrid Bergman, nel capolavoro di Michael Curtiz, Casablanca: “Suonala ancora, Sam”. Peccato che la bellissima attrice non la pronunci mai, ma reciti in realtà: «Suona, Sam. Suona “As time goes by”».

La stessa cosa avviene in Star Wars quando Darth Vader pronuncerebbe la battuta: “Luke, io sono tuo padre” mentre in realtà dice “No, io sono tuo padre”. E per completare il trittico di queste “incongruenze mnemoniche”, nel capolavoro di Ridley Scott, Blade Runner, il replicante morente sul tetto, sferzato dalla pioggia afferma: «Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare»? Anche in questo caso la frase originale è differente: «Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginare».

In tutti questi casi si tratta di minimi scostamenti tra quello che ricordiamo e quello che effettivamente è avvenuto. L’effetto Mandela non sarebbe altro che un deficit della memoria che si tende a recuperare, inserendo nei ricordi frammenti di altri ricordi o informazioni che non sono necessariamente veri.  La memoria è un processo continuo di costruzione e rielaborazione dei ricordi che cambiano nel tempo.

I falsi ricordi si possono sviluppare in molti modi anche attraverso processi automatici che nascono da associazioni che il nostro cervello fa quasi automaticamente in base ad analogie.

Un esperimento dell’Università di Saint Louis qualche anno fa ha dimostrato che facendo leggere ad un gruppo di persone una sola volta questa lista di parole: letto, riposo, sveglio, stanco, sogno, risveglio, russare, coperta, pisolino, pace, sbadiglio chiedendogli poi di trascriverle subito dopo su un foglio ben l’85% ha inserito la parola “sonno” che nella lista però non compare.

In conclusione non c’è bisogno di ricorrere a spiegazioni di tipo fantascientifico per spiegare quello che è stato definito effetto Mandela, molto più prosaicamente si tratta di piccole disfunzioni o adattamenti semi artigianali del nostro processo cognitivo ed in particolare della memoria che si verificano in particolari situazioni.

Profumatori per il bucato: consigli per gli acquisti

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Profumatori per il bucato: consigli per gli acquisti
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Prima di mettersi alla ricerca di un profumatore per il bucato da comprare, è bene precisare che non stiamo parlando di un prodotto indispensabile per la pulizia e l’igiene dei vestiti: è, insomma, un plus, che ha il solo scopo di regalare una sensazione piacevole all’olfatto. La scelta del prodotto deve avvenire tenendo conto, ovviamente, della specifica tipologia di profumo (che può essere ambrato, fiorito, fresco, e così via) e della persistenza della fragranza sugli indumenti che sono stati lavati.

In effetti, parecchi prodotti vengono pubblicizzati attraverso l’indicazione della lunga durata; essi si basano su tecnologia di micro incapsulamento dei profumi in modo che le molecole della fragranza vengano isolate e poi si depositino sugli indumenti, rimanendo anche quando i capi sono asciutti. Ecco spiegato il meccanismo che permette alla profumazione di durare a lungo nel tempo.

Sostenibilità e inquinamento

C’è, però, una questione da valutare con la massima attenzione, soprattutto se ci si reputa persone attente alla sostenibilità. Infatti, le microcapsule di profumo messe a disposizione dalle tecnologie attuali vengono realizzate con plastiche e polimeri sintetici che sono responsabili dell’inquinamento da microplastiche. Oltre a ciò, la composizione dei profumatori per bucato si basa fondamentalmente su profumi a elevata concentrazione, ma include anche conservanti e ingredienti simili. Insomma, il profumo è molto piacevole, ma stiamo parlando di prodotti che inquinano, e non poco. Per di più, spesso sono presenti vari allergeni, come il linalool e il limonene, che comunque sono sempre indicati in etichetta.

Come ottenere un bucato profumato

Come utilizzare nel migliore dei modi un prodotto profuma bucato? Il prodotto deve essere usato seguendo le indicazioni riportate, ma è opportuno mettere in atto anche altri accorgimenti che aiutano ad avere capi profumati in maniera deliziosa. Prima di tutto, è bene ricordarsi di non lasciare mai gli indumenti bagnati all’interno della lavatrice al termine del lavaggio; occorre, invece, stenderlo il prima possibile per evitare che l’umidità dia origine a odori poco piacevoli. Il detersivo e l’ammorbidente che si usano devono avere un odore neutro, mentre il profumatore andrebbe aggiunto unicamente al momento dell’ultimo risciacquo. Chiaramente, il prodotto va dosato con attenzione.

Gli oli essenziali

Esistono anche delle soluzioni alternative rispetto all’impiego dei profumatori per il bucato: per esempio il ricorso agli oli essenziali, che andrebbero utilizzati unicamente nella fase conclusiva del risciacquo, in quanto poco solubili. Gli oli possono essere versati all’interno della vaschetta in cui si mette l’ammorbidente oppure su un fazzoletto che poi andrà collocato nel cassetto della biancheria o nell’asciugatrice. Anche nel caso in cui si opti per le essenze naturali, comunque, ci si deve ricordare della presenza potenziale di allergeni.

La differenza tra un profumatore per il bucato e un ammorbidente

In molti casi le istruzioni fornite a corredo dei profumatori per il bucato raccomandano di non mettere altri prodotti all’interno della vaschetta dell’ammorbidente. Tuttavia, è utile sapere che la funzione svolta dall’ammorbidente è differente: questo prodotto aiuta sì a profumare i panni, ma serve soprattutto ad annullare il tasso di alcalinità dell’acqua che è correlato al lavaggio effettuato con il detersivo. Come il nome del prodotto lascia intuire, inoltre, un ammorbidente è indispensabile per rendere le fibre dei tessuti più morbide e soffici al tatto, distendendole. Viceversa, i profumatori si limitano – appunto – a profumare. È proprio per questo motivo che chi utilizza già un ammorbidente profumato non ha bisogno di comprare anche un profuma bucato.

I profumatori in polvere

In commercio si possono trovare anche i profumatori in polvere: si tratta di una variante che viene privilegiata da marchi che prestano attenzione all’aspetto della sostenibilità ambientale. Capace di offrire profumazioni più delicate, la formulazione in polvere prevede molto semplicemente di versare all’interno della vaschetta del detersivo la dose segnalata in etichetta. Il potenziale difetto dei profumatori in polvere ha a che fare con la scarsa varietà dei prodotti disponibili sul mercato, vista l’offerta nel complesso piuttosto limitata.

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HART: l’IA ibrida che rivoluziona la generazione di immagini

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HART: l'IA ibrida che rivoluziona la generazione di immagini
HART: l'IA ibrida che rivoluziona la generazione di immagini
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L’avanzamento delle tecniche di intelligenza artificiale generativa sta spalancando le porte a possibilità prima inimmaginabili, soprattutto nel campo della creazione di ambienti simulati realistici.

Questi ambienti si rivelano fondamentali per l’addestramento di auto a guida autonoma, consentendo loro di affrontare situazioni impreviste e migliorare la sicurezza stradale.

Tuttavia, i modelli di intelligenza artificiale generativa attualmente in uso presentano limitazioni significative, un problema che i ricercatori del MIT e di NVIDIA hanno cercato di risolvere con lo sviluppo di HART.

HART: l'IA ibrida che rivoluziona la generazione di immagini
HART: l’IA ibrida che rivoluziona la generazione di immagini

HART: un approccio ibrido rivoluzionario

I modelli di diffusione, noti per la loro capacità di generare immagini di alta qualità, si rivelano troppo lenti e richiedono un’elevata potenza di calcolo, rendendoli inadatti a molte applicazioni pratiche. Al contrario, i modelli autoregressivi, che alimentano sistemi come ChatGPT, offrono velocità superiori ma producono immagini di qualità inferiore, spesso con errori evidenti.

Un team di ricercatori del MIT e di NVIDIA ha sviluppato una soluzione innovativa, denominata HART (Hybrid Autoregressive Transformer), che combina i vantaggi di entrambi gli approcci, poiché utilizza un modello autoregressivo per creare rapidamente un’immagine di base e un modello di diffusione più piccolo per affinare i dettagli. Questo metodo ibrido permette di generare immagini di qualità pari o superiore ai modelli di diffusione più avanzati, ma con una velocità nove volte maggiore e un minor consumo di risorse computazionali.

L’innovativo strumento apre prospettive inedite in molteplici ambiti, facilitando l’addestramento di robot per l’esecuzione di compiti complessi nel mondo reale, consentendo ai progettisti di videogiochi di creare scenari dettagliati e realistici, accelerando la generazione di simulazioni realistiche e imprevedibili per l’addestramento di auto a guida autonoma e rendendo possibile l’utilizzo di applicazioni di generazione di immagini avanzate su dispositivi mobili grazie alla sua bassa richiesta di risorse computazionali.

Come ha spiegato Haotian Tang, coautore dello studio, l’idea di HART si ispira alla pittura di un paesaggio: “Se dipingi l’intera tela in una volta sola, il risultato potrebbe non essere ottimale. Ma se crei prima una bozza generale e poi aggiungi i dettagli con pennellate più precise, il quadro finale sarà molto più realistico“.

La ricerca, che sarà presentata all’International Conference on Learning Representations, rappresenta un significativo progresso nel campo dell’IA generativa. HART dimostra che è possibile superare i limiti dei modelli attuali, aprendo la strada a nuove applicazioni in diversi settori.

Modelli di diffusione: alta qualità, bassa velocità

Modelli come Stable Diffusion e DALL-E sono rinomati per la produzione di immagini estremamente dettagliate. Il loro funzionamento si basa su un processo iterativo di “de-noising”: prevedono e rimuovono il rumore casuale dai pixel, ripetendo il processo fino a ottenere un’immagine nitida. Tuttavia, questo processo è lento e richiede elevate risorse computazionali, poiché il modello agisce su tutti i pixel a ogni passaggio, che possono essere numerosi.

I modelli autoregressivi, utilizzati comunemente per la generazione di testo, possono creare immagini prevedendo sequenze di “patch” di pixel. Questo approccio è molto più veloce della diffusione, ma la qualità delle immagini è inferiore, con errori frequenti. Ciò è dovuto alla compressione dei pixel in “token” discreti, che comporta una perdita di informazioni.

Come ha spiegato Tang, coautore dello studio, i token residui di HART: “Apprendono dettagli ad alta frequenza, come i bordi di un oggetto o i capelli, gli occhi o la bocca di una persona. Questi sono i punti in cui i token discreti possono commettere errori”. Poiché il modello di diffusione deve solo perfezionare i dettagli rimanenti, può completare il processo in otto passaggi, anziché nei 30 o più necessari per un modello di diffusione standard.

L’introduzione di HART segna un’evoluzione notevole nel campo dell’intelligenza artificiale generativa, proiettando la tecnologia verso orizzonti inesplorati. La sua architettura ibrida, che fonde l’efficienza dei modelli autoregressivi con la precisione dei modelli di diffusione, permette di sbloccare un ventaglio di applicazioni precedentemente inaccessibili. La robotica, ad esempio, potrà beneficiare di ambienti simulati più realistici e generati rapidamente, accelerando lo sviluppo di robot capaci di interagire in contesti complessi.

L’industria dei videogiochi, a sua volta, vedrà una trasformazione nella creazione di mondi virtuali, con la possibilità di generare scenari dettagliati e immersivi in tempi ridotti. L’addestramento di sistemi di guida autonoma, un settore cruciale per la sicurezza stradale, guadagnerà in efficacia grazie alla sua capacità
di produrre simulazioni di situazioni impreviste con una fedeltà senza precedenti.

Inoltre, l’accessibilità di questa tecnologia su dispositivi mobili, resa possibile dal suo ridotto impatto computazionale, estende le potenzialità dell’IA generativa a un pubblico più ampio, democratizzando la creazione di immagini di alta qualità. HART si configura, quindi, come un catalizzatore per l’innovazione, promettendo di ridefinire i confini dell’IA generativa e di aprire la strada a nuove frontiere tecnologiche.

La soluzione: token residui

Inizialmente, l’incorporazione del modello di diffusione nelle fasi iniziali del processo autoregressivo ha portato a un accumulo di errori, compromettendo la qualità delle immagini generate. Attraverso un’analisi approfondita, i ricercatori hanno compreso che l’applicazione del modello di diffusione doveva essere mirata e strategica. La svolta è arrivata con la decisione di utilizzare il modello di diffusione esclusivamente per la previsione dei “token residui”, ovvero i dettagli omessi dai token discreti generati dal modello autoregressivo. Questa strategia ha permesso di ottenere un notevole miglioramento nella qualità delle immagini.

Il risultato finale è un modello ibrido che combina un trasformatore autoregressivo con 700 milioni di parametri e un modello di diffusione leggero con 37 milioni di parametri. Questa architettura consente di generare immagini di qualità paragonabile a quelle prodotte da un modello di diffusione con 2 miliardi di parametri, ma con una velocità nove volte superiore e un consumo di risorse computazionali inferiore del 31% rispetto ai modelli all’avanguardia.

Un ulteriore vantaggio di HART è la sua compatibilità con la nuova generazione di modelli generativi linguaggio-visione unificati. Grazie all’utilizzo di un modello autoregressivo, lo stesso tipo di modello che alimenta i modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), HART può essere integrato in modo efficiente con questi sistemi. I ricercatori prevedono di espandere le sue capacità, sviluppando modelli di linguaggio-visione basati sulla sua architettura. Inoltre, grazie alla scalabilità e alla generalizzabilità del modello, intendono applicarlo a compiti di generazione video e previsione audio.

La ricerca è stata finanziata, in parte, dal MIT-IBM Watson AI Lab, dal MIT e Amazon Science Hub, dal MIT AI Hardware Program e dalla US National Science Foundation. L’infrastruttura GPU per l’addestramento del modello è stata fornita da NVIDIA.

La ricerca è stata pubblicata su Arxiv.

Scoperto il segreto della medusa immortale. Potrebbero schiudersi ora le porte dell’immortalità umana?

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Scoperto il segreto della medusa immortale. Potrebbero schiudersi ora le porte dell'immortalità umana?
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La medusa immortale è una creatura marina antichissima che ha raggiunto l’immortalità,  qualcosa cui gli esseri umani ambiscono da sempre. Molte leggende e favole particolari sono state raccontate sulla ricerca degli elisir di lunga vita.

Gli alchimisti medievali lavorarono instancabilmente per trovare la formula per la pietra filosofale che si riteneva conferisse poteri ringiovanenti. Un’altra storia ben nota parla dei viaggi di Juan Ponce de León, che, mentre conquistava il Nuovo Mondo, cercava la misteriosa fonte della giovinezza.

Ma fino ad oggi nessuno è riuscito a scoprire le chiavi della vita eterna. C’è, tuttavia, un’eccezione: una creatura di dimensioni non superiori a quattro millimetri chiamata Turritopsis dohrnii, nota anche come “la medusa immortale”.

Immortalità biologica, alla portata di una medusa

A differenza della stragrande maggioranza degli organismi viventi, Turritopsis dohrnii è capace di ringiovanimento e immortalità biologica. Questo sfida la nostra percezione dell’invecchiamento e ci spinge a domandarci come ci riesca.

Cominciamo con la comprensione del generico ciclo di vita di una “medusa mortale” . Si riproduce sessualmente: lo sperma del maschio feconda gli ovuli della femmina e si forma lo zigote. Lo zigote cresce come una larva e va alla deriva finché non si attacca al fondo marino. Una volta insediato, si trasforma in un polipo e, quando è pronto, si riproduce asessualmente. Per fare ciò, rilascia minuscole meduse dal proprio corpo, che poi crescono fino allo stadio adulto e si riproducono, prima di morire.

Anche la medusa immortale, Turritopsis dohrnii, segue questo ciclo, ma dopo essersi riprodotta non sempre muore: può scegliere un percorso alternativo e invertire il proprio ciclo vitale. Lungo il percorso, il suo corpo di medusa si restringe fino a formare qualcosa di simile a una sfera, chiamata “cysto”. Questo va alla deriva fino ad attaccarsi al fondo, quindi genera un nuovo polipo, che a sua volta dà origine a nuove meduse, entrando così nuovamente nel ciclo.

Questo processo può avvenire all’infinito e consente alla medusa di sfuggire alla morte.

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Ciclo vitale di Turritopsis dohrnii con il percorso alternativo di ringiovanimento.

Decifrare il genoma della medusa immortale

Le chiavi dell’immortalità di Turritopsis dohrnii sono scritte nel suo DNA, ma scoprirle non è stato un compito facile.

Un team di ricerca guidato da Carlos López Otín dell’Università di Oviedo ha contribuito a decifrare il genoma di questa medusa immortale. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista PNAS . Questo è stato fatto leggendo lettera per lettera e scrivendo gene per gene tutto il suo DNA come se fosse un enorme libro di istruzioni.

Questo enorme libro contiene tutte le informazioni necessarie alle cellule per svolgere le loro funzioni vitali. Di conseguenza, sono stati definiti diversi indizi genomici che contribuiscono a comprendere la straordinaria longevità della medusa immortale.

Utilizzando vari strumenti di bioinformatica e genomica comparativa (il confronto del libro genetico tra specie), è stato scoperto che Turritopsis dohrnii possiede una serie di variazioni genetiche che contribuiscono alla sua plasticità biologica e longevità.

I geni trovati sono associati a diverse chiavi dell’invecchiamento come la riparazione e la replicazione del DNA, il rinnovamento della popolazione di cellule staminali, la comunicazione cellula-cellula e la riduzione dell’ambiente cellulare ossidativo che danneggia le cellule, così come il mantenimento dei telomeri (parte terminale dei cromosomi).

Tutti questi processi sono associati alla longevità e all’invecchiamento sano anche negli esseri umani.

Inoltre, studiando in dettaglio ogni fase del loro ringiovanimento, è stata identificata una serie di cambiamenti nell’espressione genica necessari alle cellule per trasformarsi, attraverso un processo noto come dedifferenziazione. Ciò consente alla Turritopsis dohrnii di reimpostare efficacemente il proprio orologio biologico.

Tutti questi meccanismi agiscono sinergicamente nel loro insieme, orchestrando così il processo per garantire il ringiovanimento riuscito della medusa immortale.

Il vero segreto dell’immortalità

Purtroppo, per quanto ne sappiamo oggi, non sarebbe possibile per un corpo umano replicare ciò che fa la medusa e avrebbe anche poco senso, infatti iol ringiovanimento per questa particolare medusa corrisponde ad una regressione ed al riavvio del proprio ciclo vitale. Un vero e proprio reset, insomma.

Forse l’unica cosa da capire è accettare l’idea che non c’è vita senza morte. Che ogni sistema, come l’umanità o il nostro stesso corpo, ha bisogno della morte di alcune sue parti per rimanere in equilibrio e sopravvivere.

Dalle affascinanti gesta di Turritopsis dohrnii abbiamo appreso le chiavi ed i limiti della plasticità cellulare, e da questa conoscenza speriamo di trovare risposte migliori alle numerose malattie legate all’invecchiamento che ci affliggono oggi per poter raggiungere una maggiore e più sana longevità.

Tuttavia, il sogno dell’immortalità biologica per gli esseri umani è destinato a rimanere proprio questo: un sogno. Gli esseri umani, però, hanno almeno scoperto come essere immortali in un altro modo, dando il loro contributo alla storia attraverso l’arte e la conoscenza.

Sciame di Dyson: catturare l’energia stellare a che prezzo?

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L’idea di uno sciame di Dyson, una megastruttura orbitante progettata per catturare l’energia di una stella, ha affascinato l’immaginazione di scienziati e appassionati di fantascienza per decenni.

Tuttavia, un recente studio scientifico ha sollevato una preoccupazione cruciale: la costruzione di un tale sistema potrebbe avere conseguenze devastanti per i pianeti all’interno di esso, inclusa la Terra.

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Il concetto di sciame di Dyson

Proposto per la prima volta dal fisico Freeman Dyson nel 1960, il concetto di uno sciame di Dyson prevede la costruzione di una vasta rete di collettori solari orbitanti attorno a una stella. Questa megastruttura consentirebbe a una civiltà avanzata di sfruttare l’enorme quantità di energia emessa dalla stella, raggiungendo potenzialmente lo status di civiltà di tipo II sulla scala di Kardashev.

Le simulazioni climatiche planetarie condotte in un recente studio rivelano scenari profondamente preoccupanti riguardo all’impatto di uno sciame di Dyson sul nostro pianeta. In particolare, i modelli mostrano che la costruzione di una tale megastruttura, concepita per catturare l’energia solare su scala massiccia, provocherebbe un aumento vertiginoso della temperatura terrestre. Questo incremento, stimato in circa 140 gradi Kelvin, si tradurrebbe in un riscaldamento equivalente di 140 gradi centigradi, una variazione climatica di proporzioni catastrofiche.

Le conseguenze di un tale aumento di temperatura sarebbero devastanti. Gli oceani, che svolgono un ruolo cruciale nella regolazione del clima terrestre, raggiungerebbero il punto di ebollizione. Questo fenomeno estremo renderebbe il nostro pianeta completamente inabitabile, annientando ogni forma di vita conosciuta. L’ecosistema terrestre, frutto di miliardi di anni di evoluzione, verrebbe irrimediabilmente distrutto.

Oltre all’aumento della temperatura e all’ebollizione degli oceani, lo studio evidenzia un’altra conseguenza critica: l’alterazione dell’equilibrio energetico del sistema solare. La cattura massiccia dell’energia solare da parte dello sciame di Dyson modificherebbe drasticamente i flussi energetici che regolano le dinamiche planetarie. Le ripercussioni di questo cambiamento sarebbero difficili da prevedere, ma è ragionevole supporre che influenzerebbero in modo significativo il clima e le condizioni ambientali di tutti i pianeti del sistema solare.

Le simulazioni climatiche suggeriscono che la costruzione di uno sciame di Dyson, pur rappresentando un’impresa tecnologica straordinaria, comporterebbe rischi inaccettabili per la sopravvivenza della vita sulla Terra. L’aumento estremo della temperatura, l’ebollizione degli oceani e l’alterazione dell’equilibrio energetico del sistema solare rappresentano minacce esistenziali che non possono essere ignorate.

L’indagine scientifica ha posto in risalto l’imperativo di valutare con la massima attenzione le conseguenze planetarie che la realizzazione di megastrutture di portata interstellare comporterebbe. Sebbene lo sciame di Dyson permanga nell’ambito delle speculazioni teoriche, la ricerca ha sottolineato l’urgenza di approfondire la nostra comprensione delle intricate interazioni che regolano i sistemi planetari. Le implicazioni di questo studio trascendono la mera teoria, invitandoci a una riflessione profonda su come le nostre azioni, anche quelle che appaiono distanti e futuristiche, possano esercitare un impatto significativo e duraturo sul nostro pianeta.

Un aumento di temperatura devastante

Il fisico Ian Marius Peters dell’Helmholtz Institute Erlangen-Nürnberg ha condotto uno studio approfondito per modellare le conseguenze ambientali di uno sciame di Dyson, una megastruttura teorica progettata per raccogliere l’energia solare. I risultati, presentati nel suo nuovo studio, rivelano che la raccolta e la ridistribuzione dell’energia solare su tale scala comporterebbero gravi rischi per la Terra.

La simulazione di Peters mostra che uno sciame completo, posizionato nelle vicinanze dell’orbita terrestre, altererebbe drasticamente l’equilibrio della radiazione solare. Ciò comporterebbe un aumento della temperatura media globale della Terra di 140 Kelvin, pari a 140 gradi centigradi. Un tale aumento provocherebbe la vaporizzazione degli oceani, il collasso delle dinamiche atmosferiche e la trasformazione della Terra in un pianeta inabitabile.

Le simulazioni condotte da Ian Marius Peters suggeriscono che la Terra non sarebbe in grado di coesistere con uno sciame di Dyson pienamente operativo, anche con una raccolta energetica perfettamente efficiente. La sopravvivenza del nostro pianeta dipenderebbe in modo critico da un design estremamente accurato della struttura e dal suo posizionamento a una distanza considerevole. In caso contrario, le conseguenze sarebbero catastrofiche per la Terra.

Questa ricerca ha evidenziato la necessità di una cautela estrema nel perseguire progetti di ingegneria su scala planetaria. La ricerca di soluzioni energetiche sostenibili deve andare di pari passo con la tutela dell’ambiente. L’ambizione di dominare l’energia delle stelle non deve offuscare la consapevolezza dei limiti e delle fragilità del nostro pianeta.

Le sfide materiali: un’impresa titanica

Peters ha esplorato scenari alternativi per la costruzione di uno sciame di Dyson, tra cui uno sciame parziale posizionato a circa 2,13 UA dal Sole, appena oltre l’orbita di Marte. Questa configurazione consentirebbe alla struttura di raccogliere 15,6 yottawatt, ovvero circa il 4% della produzione totale del Sole, aumentando al contempo la temperatura della Terra di meno di 3 K, un impatto paragonabile al riscaldamento globale odierno.

Anche questo scenario di compromesso richiederebbe l’utilizzo di 1,3 × 10²³ chilogrammi di silicio, una quantità che supera il silicio crostale totale disponibile sulla Terra. La raccolta di una tale quantità di materiale implicherebbe probabilmente l’estrazione mineraria su scala industriale di Mercurio o di asteroidi, un’impresa che eclissa qualsiasi sforzo umano attuale.

Lo studio ha messo in luce una verità cruciale e spesso trascurata: la scala tecnologica ha conseguenze ecologiche. Il sogno degli sciami di Dyson non si basa solo sulla capacità ingegneristica, ma anche sulla comprensione dei sistemi planetari. La cattura dell’energia di una stella altera i flussi energetici nello Spazio, con potenziali ripercussioni sui mondi abitabili.

La modellazione di Peters ha rivelato un dilemma fondamentale: l’aumento della potenza comporta un aumento del calore. A meno che questo calore non venga gestito meticolosamente, i mondi capaci di sostenere la vita, come la Terra, potrebbero pagarne il prezzo.

Lo studio è stato pubblicato su Solar Energy Materials and Solar Cells.

Hubble Tension: quando gli scienziati litigano più dei fan di Star Wars

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Hubble Tension: quando gli scienziati litigano più dei fan di Star Wars
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Nella comunità scientifica c’è una nuova costante: la rissa cosmica tra chi misura la costante di Hubble, ovvero il tasso di l’espansione dell’universo a partire dalla radiazione cosmica e chi invece lo fa osservando le supernove. Entrambi convinti di avere ragione. Entrambi con dati solidi. Entrambi con l’espressione tipica di chi non dorme da tre conferenze.

Gli uni dicono: “L’universo si espande a 67 chilometri al secondo per megaparsec.”
Gli altri rispondono: “No, è 73. E smettetela di tirare fuori il telescopio ogni volta che vi contraddicono!

Nel frattempo, il telescopio James Webb si limita a inviare foto sempre più dettagliate di galassie antichissime, mentre ride sotto i pannelli solari. Alcuni dicono che ride in redshift.

Un cosmologo intervistato ha dichiarato: “La situazione è sotto controllo. Appena risolviamo la Hubble Tension, ci dedichiamo al problema della materia oscura. Entro il prossimo Big Crunch, promesso.

Cronache dalla Realtà Parallela: quando anche l’universo non collabora coi piani degli scienziati.

Informatica Quantistica: il futuro è entangled con l’ansia

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Informatica Quantistica: il futuro è entangled con l’ansia
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I qubit avrebbero dovuto rivoluzionare tutto: medicina, crittografia, logistica, scelta della pizza. E invece, a quanto pare, non riescono nemmeno a tenere un pensiero stabile senza collassare più in fretta di uno studente all’esame di fisica quantistica.

Con tassi di errore che manco il televoto di Sanremo, e finanziatori che cominciano a ricordarsi improvvisamente che il classico PC funziona benissimo, i computer quantistici sembrano vivere in una sovrapposizione tra “miracolo tecnologico” e “fregatura a superconduttanza”.

Un ricercatore, che ha preferito restare anonimo (per non essere osservato e collassare), ha dichiarato: “Stiamo calcolando tutto contemporaneamente e niente con precisione. È la nuova era dell’incertezza. Non Heisenberg, ma proprio boh!

Nel frattempo, Schrödinger ha aggiornato la sua famosa scatola: ora il gatto è anche un bug.