L’immagine sopra potrebbe trarre in inganno perché può dare l’idea della eccezionale ripresa di una nave spaziale aliena che si è abbattuta sulla Terra schiantandosi. Per decenni, tanti presunti ufologi hanno usato immagini simili a questa per illudere il proprio seguito.
In realtà a fare il botto è stata una navicella spaziale molto terrestre, una capsula che conteneva della preziosa polvere di stelle o di una stella, a essere precisi, del nostro Sole.
La capsula con la polvere solare fu sganciata dalla sonda Genesis ma si schiantò nel deserto dello Utah (Usa). Il piano prevedeva l’apertura di due paracadute, il primo per stabilizzare l’assetto della capsula e il secondo – il principale – per frenarne la velocità di rientro (40 mila km/h) a partire da 6,1 km d’altitudine. Due elicotteri, pilotati da due esperti piloti ingaggiati dalla Nasa direttamente da Hollywood, subito dopo avrebbero dovuto catturare con un gancio il prezioso carico: 10-20 microgrammi di polvere solare raccolti dal vento solare durante la missione.
La missione della sonda Genesis, facente parte del progetto Discovery, fu il primo tentativo di raccogliere un campione di vento solare e la prima missione spaziale oltre l’orbita lunare a riportare sulla Terra dei campioni. Venne lanciata l’8 agosto del 2001 e rientrò sulla Terra l’8 settembre del 2004.
La cosa stupefacente è che, quelli raccolti dalla sonda, sono i primi materiali extraterrestri – peraltro invisibili a occhio nudo – raccolti nello spazio esterno, cioè oltre la Luna. Purtroppo, come detto, un difetto al sistema di apertura dei paracadute provocò lo schianto a terra della capsula ad oltre 310 km/h, provocando seri danni anche ai contenitori dei campioni raccolti.
Grazie al tempestivo intervento dei tecnici della NASA si riuscì, però, a recuperare parte del carico, in particolare ioni dell’ossigeno e dell’azoto, utili per misurare la composizione isotopica del vento solare, che era l’obbiettivo prioritario della missione.
Secondo Bernard Marty, del Centre de Recherche Petrogaphiques et Geochimiques di Nancy – Francia, “Questa scoperta indica che gli oggetti del sistema solare sono anomali rispetto alla composizione della nebulosa inziale da cui il sistema solare è nato. Individuare la causa di questa eterogeneità avrà un forte impatto su come pensiamo si sia formato il sistema solare.“
Il rover Marziano della NASA Curiosity sembrerebbe aver trovato qualcosa di intrigante su Marte, qualcosa che l’agenzia spaziale svelerà domani, giovedì 7 giugno alle 18.00, ora italiana.
La NASA ha rilasciato pochissime anticipazioni su ciò che verrà annunciato giovedì, ma la “discussione in diretta“, secondo quanto annunciato dalla NASA, presenterà “nuovi risultati scientifici dal rover Mars Curiosity della NASA“. Il dettaglio di quanto sarà rivelato nella conferenza stampa di domani sarà pubblicato su Science subito dopo.
Nel suo comunicato stampa la NASA ha comunicato l’elenco degli scienziati che discuteranno della scoperta su Marte. La discussione scientifica di giovedì sarà moderata da Michelle Thaller, assistente alla regia della scienza per le comunicazioni nella Divisione di Scienze Planetarie dell’agenzia spaziale americana. Tra gli esperti presenti spiccano i nomi dei seguenti scienziati e ricercatori:
Paul Mahaffy, direttore della divisione esplorazione del sistema solare presso il Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, nel Maryland
Jen Eigenbrode, ricercatore presso il Goddard;
Chris Webster, ricercatore senior presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena, in California;
Ashwin Vasavada, scienziato del progetto Mars Science Laboratory della NASA presso il JPL. (Mars Science Laboratory è il nome completo della missione da 2,5 miliardi di dollari del rover Curiosity.)
Il rover Curiosity esplora Mars dall’agosto del 2012. Il rover di recente, ha ripreso a perforare la superficie marziana per esaminare il terreno appena sotto lo strato superficiale. Curiosity sta risalendo il Mount Sharp, una montagna alta circa 5 chilometri posta al centro della regione conosciuta come Gale Crater.
Io sono da sempre un sostenitore dell’ipotesi che un’universo così immenso non possa ospitare la vita unicamente sul nostro pianeta, come se fosse un fortuito incidente di percorso, io come Fox Mulder, voglio credere.
E vorrei credere alle conclusioni di un nuovo articolo che dice che i polpi sono in realtà alieni le cui uova congelate arrivarono sulla Terra trasportati da una gelida meteora. Vorrei credere che tutta la vita sulla Terra sia di origine aliena, frutto di un’inseminazione, causale o voluta, del nostro pianeta avvenuta 540 milioni di anni fa ad opera di un virus extraterrestre, anche lui trasportato da una meteora o da una cometa e che l’uomo sia il risultato finale di una serie di interventi di ingegneria genetica operati da scienziati alieni sui primati primitivi. Vorrei credere che l’universo sia una gigantesca biosfera, che dissemina gli elementi costitutivi della vita da un pianeta all’altro attraverso ciclici orgasmi cosmici.
Vorrei credere a queste cose perché sono interessanti e affascinanti ma, purtroppo, non posso.
Non posso perché, al momento, non esiste alcuna prova che suffraghi quanto sopra, ma questo non ha impedito ad un team di 33 ricercatori di vari campi di pubblicare un recente articolo in cui si ipotizzano tutte queste cose e altro ancora. Il documento, pubblicato il 13 marzo sulla rivista Progress in Biophysics and Molecular Biology , aveva una tesi semplice se non insolita: l’esplosione del Cambriano, quell’improvvisa esplosione di biodiversità durante la quale la maggior parte dei gruppi animali moderni apparve per la prima volta nei reperti fossili avvenuta circa 540 milioni di anni fa, sarebbe il risultato diretto dell’azione di un virus extraterrestre che si schiantò sulla Terra trasportato da una meteora.
Il nuovo articolo rilancia la controversa teoria sulle origini della vita nota come panspermia. Questa ipotesi, proposta per la prima volta da uno degli autori dell’articolo negli anni ’70, suggerisce che la vita biologica, così come la conosciamo, non si sia evoluta indipendentemente sulla Terra ma sia stata “inseminata” da comete e rocce cosmiche a più riprese.
Queste comete avrebbero introdotto sulla Terra forme di vita evolutesi su altri pianeti, compresi virus, microrganismi resistenti come i tardigradi o, come suggerisce l’articolo, persino uova di animali fecondate provenienti da altri mondi.
Secondo gli autori, la prova vivente dell’ipotesi della panspermia sarebbe costituita dal polpo.
Il polpo è dotato di un sistema nervoso complesso, occhi simili ad un obbiettivo fotografico e una capacità di mimetizzarsi che si è evoluta improvvisamente e senza precedenti nel loro albero genealogico, secondo gli autori dell’articolo. I geni per questi adattamenti, hanno scritto gli autori, non sembrano provenire da antenati dei polpi ed è quindi “plausibile suggerire che [questi tratti] siano stati presi a prestito da un lontano futuro. in termini di evoluzione terrestre o, più realisticamente, dallo spazio.”
Nel documento, gli autori affermano che uova di polpo fecondate precipitarono in mare trasportate da una cometa ghiacciata subito prima che avvenisse l’esplosione di biodiversità del Cambriano.
Gli stessi autori suggeriscono un’ipotesi alternativa, ossia che invece delle uova la cometa abbia trasportato un virus extraterrestre che avrebbe infettato una popolazione di calamari primitivi, facendoli evolvere rapidamente nei polpi come li conosciamo oggi.
Molto suggestivo, peccato che zoologi, biologi e paleontologi non sembrano disposti ad abbracciare questa teoria. “Non c’è dubbio che la biologia primitiva sia affascinante“, ha affermato in un’intervista Ken Stedman, virologo e professore di biologia alla Portland State University. “Ma molte delle affermazioni contenute in questo articolo sono al di là della speculazione e non tengono in conto le scoperte accertate“.
Stedman ha spiegato che il genoma del polpo è stato mappato nel 2015 e che mentre, in effetti, ci ha riservato molte sorprese, una scoperta importante fu che i geni del sistema nervoso dei polpi si erano separati da quelli del calamaro solo 135 milioni di anni fa, molto tempo dopo l’esplosione del Cambriano.
Stedman ha aggiunto che, un virus, come quelli a base di RNA noti come retrovirus, per trasformare un calamaro in un polpo, avrebbe dovuto evolversi in un mondo in cui i calamari erano già presenti.
I retrovirus moderni si sono evoluti per essere estremamente specifici per gli ospiti che infettano ma un retrovirus proveniente dello spazio non si sarebbe evoluto per essere specifico per le creature terrestri e non potrebbe essere “abbastanza specifico per qualcosa come un calamaro, a meno che non ci sia stato un pianeta incredibilmente vicino al nostro, pieno di calamari, che improvvisamente è esploso inviando nello spazio meteore piene dei retrovirus specifici per i calamari ma penso che questo tipo di assunzione sia altamente improbabile “. Ha spiegato Stedman.
Karin Mölling, virologa del Max Planck Institute for Molecular Genetics in Germania, ha fatto eco a Stedman in un commento pubblicato insieme al nuovo articolo.
Scrive la Mölling: “Da un lato si tratta di un articolo utile per speculare in modi nuovi sull’influenza che l’universo potrebbe avere sul nostro pianeta, tuttavia, le ipotesi presentate non possono essere prese sul serio perché a loro sostegno non esiste una solo prova, neanche controversa.”
Il grafene e l’oro potrebbero costituire la strada per una migliore salute aiutandoci a testare nuovi farmaci, e a somministrarli in modo più accurato e persino a monitorare i tumori.
In uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances, un gruppo di ricercatori ha dimostrato come monitorare il battito delle cellule del cuore umano usando solo luce e grafene. Oggi come oggi, tutti i potenziali farmaci vengono testati sulle cellule cardiache per assicurarsi che non abbiano effetti collaterali sul cuore. Si tratta di cellule cardiache che vengono coltivate su piastre di vetro o di plastica, sostanze che, però, non conducono l’elettricità mentre il nostro cuore lo fa, il che significa che i test non sono così realistici come dovrebbero essere.
Il grafene, tuttavia, converte la luce in elettricità e non è tossico. Nello studio indicato, i ricercatori sono riusciti a capire come controllare con precisione la quantità di elettricità che il grafene genera modulando la quantità di luce utilizzata. Coltivando cellule cardiache su piastre di grafene, diventa possibile manipolarle, come afferma il co-autore dello studio Alex Savtchenko, fisico dell’Università della California, a San Diego, stimolandole a contrarsi più velocemente o più lentamente, secondo la necessità.
Ciò significa che i ricercatori possono far sì che il grafene imiti un modello di elettricità simile a varie malattie cardiache, il che rende più facile testare farmaci per il cuore e altri nuovi farmaci. Savtchenko ipotizza anche che questo metodo possa essere utilizzato per costruire dei pacemaker più efficienti. I pacemaker controllano il battito del cuore e sono generalmente costituiti da elettrodi che possono causare cicatrici interne. Savthenko immagina di poter usare, invece di elettrodi, un piccolo pezzo di grafene di lunga durata attaccato al muscolo cardiaco. (Il grafene sarebbe controllato da una minuscola sorgente luminosa impiantata nelle vicinanze e non causerebbe cicatrici.) Successivamente, il grafene potrebbe essere usato per controllare l’elettricità nel cervello e aiutare a trattare malattie neurodegenerative come il Parkinson. “Il cuore umano è straordinariamente resistente, ma è ancora solo una pompa“, dice.
Un altro materiale con un grande potenziale in medicina è l’oro. Le nanoparticelle d’oro sono sicure per il corpo e chimicamente stabili. Queste nanoparticelle possono essere rivestite con un farmaco specifico, e sono così piccole che possono muoversi facilmente attraverso il corpo e andare direttamente dove è necessario il farmaco.
Questa sarebbe l’idea ma il problema è che, quando si inietta una nanoparticella d’oro nel corpo, questa viene immediatamente ricoperta dalle proteine del siero, che allertano il sistema immunitario che attaccherà la particella nello stesso modo in cui combatte tutti gli altri invasori del corpo. I nostri corpi cercano di alla particella di raggiungere il suo obbiettivo provocando spesso la degradazione del farmaco che poi sarà smaltito nella milza.
Enrico Ferrari, un nanotecnologo dell’Università di Lincoln, ha sviluppato un nuovo modo di produrre nanoparticelle ed i suoi risultati sono stati recentemente pubblicati su Nature Communications. Ferrari ha aggiunto alla superficie della nanoparticella d’oro uno strato di proteine che impedisce alle proteine sieriche di attaccare. Questo nuovo livello funziona come un adattatore: Un lato si lega molto bene all’oro e tiene a bada le proteine del siero mentre l’altro lato è progettato in modo da puntare direttamente ai recettori specifici della cellula bersaglio dove portare il farmaco. In teoria, questo nuovo metodo può essere utilizzato con qualsiasi tipo di farmaco e di nanoparticelle d’oro. Ferrari sta lavorando con altri scienziati per esportare questo metodo al di là del laboratorio.
Le nanoparticelle d’oro possono anche essere usate per monitorare il cancro, dice Matt Trau, chimico dell’Università del Queensland. (Trau è l’autore di uno studio diverso, anch’esso pubblicato di recente sulla rivista Nature Communications.) I tumori maligni spesso rilasciano piccole cellule che circolano attraverso il sangue. Queste cellule, chiamate cellule tumorali circolanti (CTC), sono diverse l’una dall’altra e possono creare più tumori, quindi è importante tenerle d’occhio. Ci sono alcuni indizi su dove potrebbero essere i CTC, queste cellule spesso presentano un particolare tipo di proteina come recettore, ma sono molto difficili da individuare.
Trau e il suo team hanno ingegnerizzato varie nanoparticelle d’oro in modo da poter monitorare uno dei quattro diversi tipi di CTC. “Prepari tutte le particelle, le mescoli insieme e butti le particelle nel campione di sangue“, dice. Essenzialmente, queste nanoparticelle sono addestrate per cercare e attaccarsi al tipo specifico di proteina che contraddistingue un CTC. Quando brilla una linea fluorescente sulle particelle, emettono un “codice a barre” univoco. Se la nanoparticella trova e si attacca al bersaglio della proteina, il codice a barre cambia in modo da sapere quale CTC ha trovato e quanti. Diverse particelle sono progettate per trovare diversi CTC.
Per lo studio, Trau ha testato la nuova tecnica su campioni di sangue prelevati da pazienti con melanoma prima, durante e dopo il trattamento. Le nanoparticelle hanno mostrato i diversi tipi di cellule tumorali in ogni campione, permettendo di capire come il sistema immunitario reagisce ed eventuali effetti collaterali. Ora si tratta di esaminare un maggior numero di campioni di sangue e altri tipi di CTC. “Se riuscissimo a seguire le CTC in tempo reale, potremmo modificare ad hoc il trattamento del paziente senza dover aspettare che si manifestino effetti macroscopici, Queste sono possibilità per la terapia dei tumori che non abbiamo mai avuto prima“.
Secondo quanto annunciato dall’ESA, Parmitano assumerà il comando della Stazione Spaziale Internazionale durante la seconda parte della sua seconda missione che avverrà il prossimo anno.
Parmitano, che compià 42 anni il prossimo 27 settembre, è stato selezionato tra gli astronauti dell’Esa nel 2009 ed ha compiuto la sua prima missione sulla ISS nel 2013, stabilendo una permanenza in orbita di 166 giorni. Durante la sua precedente permanenza, Parmitano ha compiuto due passeggiate spaziali. Durante la seconda, poco dopo l’inizio della sessione Parmitano ha riportato di avere dell’acqua all’interno del casco della tuta Extravehicular Mobility Unit. Dato che l’acqua continuava ad aumentare ed aderiva al volto di Parmitano causandogli difficoltà di visione e di respirazione (si stima che nel casco si fosse accumulato circa un litro e mezzo d’acqua), il direttore di volo David Korth ha ordinato ad entrambi gli astronauti di rientrare nel Joint Airlock. La successiva indagine compiuta dalla NASA ha permesso di appurare che l’allagamento del casco era dovuto ad un malfunzionamento della centrifuga che separa il flusso d’aria che circola verso il casco dall’acqua. Successivamente le tute da EVA sono state dotate di apposito boccaglio per consentire la respirazione dell’astronauta anche in caso di casco allagato.
“Sono onorato che il programma della stazione spaziale abbia scelto me per questo ruolo“, ha commentato Parmitano. “Essere il comandante delle persone più preparate e abili dentro e fuori dalla Terra può essere scoraggiante. Mi vedo come un facilitatore, il mio obiettivo sarà quello di mettere tutti nella condizione di mostrare al meglio le loro capacità“, ha aggiunto l’astronauta ,sottolineando che nel periodo in cui sarà comandante del primo avamposto umano nello spazio sarà responsabile “per la sicurezza dell’equipaggio e della stazione e per il successo generale della missione“.
Al comandante Parmitano i nostri complimenti ed il nostro orgoglio, quali italiani, per l’importante incarico per cui è stato designato.
Un team di ricercatori dell’Università di Newcastle nel Regno Unito è riuscito a produrre cornee vitali e funzionanti utilizzando una stampante 3d ed un apposito gel. Si tratta di una una combinazione di alginato e collagene che mantiene in vita le cellule staminali mentre produce un materiale abbastanza rigido da mantenere la forma e, al contempo, abbastanza morbido da essere modellato dall’ugello di una stampante 3D.
“Questo gel si basa su un precedente lavoro che aveva permesso di tenere in vita le cellule staminali per settimane a temperatura ambiente all’interno di un idrogel simile. Ora è possibile disporre di cellule staminali contenenti bio-inchiostro pronte all’uso che consentono agli utenti di iniziare a stampare i tessuti senza doversi preoccupare di far crescere le cellule separatamente.
Le cornee stampate in 3d saranno ora sottoposte ai test necessari per accertarne l’efficacia, la durata e la reale possibilità di applicarle sugli esseri umani.
Le distrofie corneali sono una delle malattie corneali più comuni, causate da infiammazione, infezioni o altre patologie oculari. La superficie della cornea è molto sensibile. Contiene molte terminazioni nervose e può soffrire anche per minuscoli frammenti di polveri o lanugini che facilmente possono evolvere in infiammazioni ed infezioni..
La cornea funge da barriera tra l’occhio e il mondo esterno, contribuendo a proteggerla da lesioni e infezioni. Il suo corretto funzionamento è fondamentale per la vista, infatti serve a concentrare la luce all’interno dell’occhio verso il vetrino che poi impressiona la retina posta nella parte posteriore interna dell’occhio.
Insomma, questo nuovo bioinchiostro potrebbe permettere di stampare una cornea umana artificiale dedicata in meno di dieci minuti, una cornea progettata sulla base della scansione dell’occhio del paziente, adatta per forma a e dimensioni all’occhio che ne ha necessità. Ci vorranno ancora, forse, alcuni anni perché sia possibile e sicuro l’innesto di queste cornee artificiali ma la strada è ormai inesorabilmente tracciata: la tecnologia ci aiuterà a risolvere il problema della carenza di donazioni.
Nasce il Gruppo di ricerca e osservazione astronomica del progetto di divulgazione scientifica COSMOBSERVER.
È stato presentato stamattina a Torino, nel corso di una conferenza stampa, il G.R.O.C.A. (di seguito GROCA).
Il GROCA – acronimo di GRUPPO di RICERCA e OSSERVAZIONE COSMOLOGICA e ASTRONOMICA – è la divisione del progetto COSMOBSERVER creato per effettuare ricerche, osservazioni e attività divulgative rivolte ai tecnici e al grande pubblico. Attiva dal 2015, questa divisione di COSMOBSERVER è stata presentata ufficialmente alla stampa, dopo un lungo periodo di strutturazione.
Un progetto fortemente voluto dal fondatore di COSMOBSERVER, Emmanuele Macaluso, e che si inserisce nella strategia che porta il progetto di divulgazione scientifica dedicato all’astronomia, astrofisica e astronautica, dal mondo virtuale a quello reale. Cosa rara e in controtendenza in questo periodo storico.
“Lanascita del GROCA rappresenta un importante tassello nella strategia di COSMOBSERVER – dichiara il divulgatore esperto di comunicazione Emmanuele Macaluso, che continua – oltre all’attività di divulgazione scientifica, che ci contraddistingue fin dalla fondazione, da oggi formalizziamo la nostra volontà di fare ricerca nell’ambito astronomico e astrofisico. Un impegno che prevede anche la creazione di partnership strategiche e sponsorship prestigiose”.
Il GROCA avrà il compito di coordinare studiosi, ricercatori, astrofili e appassionati nell’organizzazione di spedizioni che saranno svolte in alta quota, o comunque lontane dai centri abitati. Purtroppo l’Italia, e in particolar modo l’area settentrionale, rappresenta una delle zone più inquinate dal punto di vista dell’inquinamento luminoso al mondo. Questo fattore, più volte segnalato da COSMOBSERVER in articoli e attività di sensibilizzazione, obbligherà il gruppo a spostarsi verso le montagne o verso aree (anche in altri Stati) non inquinate, e che permettano una buona visione del cielo stellato.
Fanno parte del GROCA: astronomi, astrofisici, astrofili, divulgatori e appassionati del cosmo.
Gli ambiti operativi del gruppo sono: Inquinamento luminoso (ricerca, mappatura aree e campagne di divulgazione e sensibilizzazione), planetologia, osservazione e ricerca lunare, divulgazione astronomica e astrofotografia.
Di seguito il link diretto alla pagina del GROCA su COSMOBSERVER:
Dopo la brutta esperienza della Tiangong-1 la Cina sta collaborando con le Nazioni Unite per organizzare esperimenti scientifici a bordo della sua nuova stazione spaziale che verrà lanciata nel 2022.
L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari spaziali esterni (UNOOSA) e l’Agenzia spaziale cinese hanno invitato gli scienziati degli stati membri delle Nazioni Unite a condurre esperimenti sulla nuova stazione spaziale cinese, ormai prossima al lancio.
Nel 2016, le due organizzazioni hanno firmato un memorandum d’intesa per collaborare allo sviluppo delle capacità spaziali degli Stati membri delle Nazioni Unite attraverso l’opportunità di utilizzare la stazione, che la Cina si aspetta sarà operativa entro il 2022.
La presentazione dell’opportunità e le istruzioni per partecipare di questa iniziativa sono state rilasciate durante una cerimonia ospitata dall’UNOOSA e dalla Missione Permanente della Cina alle Nazioni Unite a Vienna lo scorso lunedì 28 maggio.
“promuovere la cooperazione internazionale nel volo spaziale umano e le attività connesse all’esplorazione dello spazio;
“fornire opportunità di volo sperimentale e applicazioni spaziali a bordo del CSS per gli Stati membri delle Nazioni Unite;
“promuovere le attività di creazione di capacità facendo uso delle tecnologie di volo spaziale umano , comprese le strutture e le risorse del programma di volo spaziale umano della Cina;
“promuovere una maggiore consapevolezza tra gli Stati membri delle Nazioni Unite sui vantaggi dell’utilizzo della tecnologia spaziale umana e delle sue applicazioni”.
“Questa è la diplomazia spaziale in azione“, ha detto il direttore dell’UNOOSASimonetta Di Pippo nel comunicato. “Apprezzo il partenariato e il sostegno della Cina in questa entusiasmante iniziativa e non vedo l’ora di vedere le interessanti applicazioni che gli stati membri delle Nazioni Unite porranno in essere“.
“La stazione spaziale della Cina appartiene non solo alla Cina, ma anche al mondo“, ha aggiunto l’ambasciatore Shi Zhongjun, rappresentante della Cina presso le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali a Vienna.
“Proprio come vuole il Trattato sullo Spazio Esterno del 1967, l’esplorazione e l’uso dello spazio esterno devono essere una risorsa comune per l’umanità“, ha aggiunto Shi. “Lo spazio esterno dovrebbe diventare un nuovo dominio per promuovere gli interessi comuni di tutti, piuttosto che un nuovo campo di battaglia per la competizione e lo scontro“.
Ci sono tre tipologie di esperimenti orbitali possibili durante il primo primo turno di opportunità, secondo il comunicato stampa delle Nazioni Unite. I partecipanti potranno condurre esperimenti all’interno o all’esterno della CSS utilizzando carichi utili trasportati in loco, oppure si potranno eseguire esperimenti all’interno della stazione utilizzando le strutture fornite dalla Cina.
Le organizzazioni pubbliche e private tra cui istituti, università e aziende possono richiedere l’opportunità; la scadenza è il 31 agosto 2018. Le istituzioni dei paesi in via di sviluppo sono particolarmente incoraggiate a partecipare, hanno detto funzionari delle Nazioni Unite.
Il presidente Donald Trump ha firmato un disegno di legge che assegna ai malati terminali il diritto di provare trattamenti sperimentali non approvati dal governo.
I pazienti saranno in grado di rivolgersi alla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti per l’accesso a farmaci ancora non approvati.
I gruppi di advocacy tra cui l’American Cancer Society si erano opposti al disegno di legge.
Cosa cambia con il “Right to Try act”?
La nuova legge si chiama “Right to Try act” consente ai pazienti affetti da malattie potenzialmente letali di bypassare il processo di richiesta alla FDA per “uso compassionevole” di farmaci sperimentali.
I pazienti che chiedono l’accesso a “farmaci sperimentali” ora hanno bisogno solo dell’approvazione del proprio medico e del produttore del farmaco.
Il nuovo disegno di legge protegge i medici e le aziende dai rischi legali del consentire trattamenti non approvati, a meno che non danneggino intenzionalmente un paziente.
Resta fermo, però, il principio secondo il quale che i pazienti devono aver esaurito tutte le opzioni farmacologiche approvate disponibili e non poter trarre sicuramente giovamento da eventuali protocolli di sperimentazione clinica.
A gennaio, nel discorso sullo stato dell’Unione il presidente Trump aveva invitato il Congresso a emettere il disegno di legge, affermando che “i pazienti con condizioni terminali e malattia terminale dovrebbero avere accesso immediato ai trattamenti sperimentali” e “non essere messi in condizione di andare da un paese all’altro in viaggi della speranza alla ricerca di una cura“.
“Il processo di sperimentazione clinica è cruciale per lo sviluppo di nuovi prodotti medici innovativi che possono migliorare o salvare la vita dei pazienti“, disse al Congresso.
Secondo il dott. Gottliebci deve essere un equilibrio tra il somministrare ai pazienti accesso a terapie sperimentali e test che assicurino che i nuovi prodotti siano sicuri ed efficaci.
In particolare, il passaggio attraverso la FDA consentiva all’agenzia di modificare i trattamenti sperimentali in base ai pazienti per migliorarne la sicurezza.
I gruppi di advocacy che si sono opposti al disegno di legge affermano che in realtà questa legge da ai pazienti false speranze poiché non obbliga le aziende farmaceutiche a somministrare ai pazienti terminali i trattamenti sperimentali che potrebbero richiedere.
In una lettera indirizzata allo speaker Paul Ryan e alla leader democratica Nancy Pelosi, 38 gruppi hanno affermato che rimuovere la FDA dall’equazione “probabilmente farebbe più male che bene“.
La normale procedura dell’FDA per l’approvazione dei farmaci
In primo luogo, il produttore del farmaco deve dimostrare che il farmaco è sicuro per l’uomo, poi il produttore deve dimostrare che il farmaco è un trattamento efficace per la condizione per cui viene commercializzato. È importante sottolineare che il farmaco non può avere gravi effetti collaterali.
Solo il 33% dei farmaci proposti supera questa fase.
Durante la fase successiva, che può richiedere fino a quattro anni, l’azienda deve testare il farmaco su un numero di pazienti affetti dalla patologia che il farmaco è progettato per curare.
Presentata a Roma UniCamillus (Saint Camillus International University of Health and Medical Sciences), un nuovo ateneo per la facoltà di medicina con la vocazione all’internazionalità, essendo rivolto a giovani italiani, comunitari e non comunitari che guardano alla Medicina con spirito umanitario globale.
“La salute non ha colore politico e ancora meno colore della pelle”, spiega il Rettore Profita. ” ma è un valore assoluto per il quale il Nord e il Sud del mondo devono impegnarsi senza sosta. Gli studenti dell’Università arriveranno da molti Paesi del pianeta alcuni dei quali in guerra tra loro.
Non vediamo l’ora di vederli seduti gomito a gomito intenti a studiare chimica o anatomia e scambiarsi gli appunti. Saranno gli stessi che tra pochi anni dialogheranno anche per costruire migliori relazioni tra i loro Paesi”.
UniCamillus si rivolge prevalentemente a studenti desiderosi di “fare la differenza”, interessati alla scienza ma anche al suo risvolto umanitario.
I corsi si terranno in inglese. L’ingresso è a numero programmato e la frequenza è obbligatoria.
Sono state concordate partnership di eccellenza per garantire tirocini di alto livello e altri progetti scientifici con il Policlinico Tor Vergata, la Casa di Cura Madonna della Fiducia, l’Istituto Dermopatico dell’Immacolata, l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani Irccs, il Nomentana Hospital, l’Ospedale San Carlo di Nancy, l’Ospedale San Giovanni, il Rome American Hospital e il San Raffaele Pisana Irccs, l’Ospedale Sant’Eugenio e l’Ospedale Pertini.
Per l’anno accademico 2018/2019, saranno attivi: Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico di 6 anni in Medicina e Chirurgia; e Corsi di Laurea delle Professioni sanitarie abilitanti all’esercizio della professione (3
anni) in Ostetricia, Infermieristica, Fisioterapia, Tecniche di Laboratorio Biomedico e Tecniche di Radiologia Medica per Immagini e Radioterapia
Per accedere ai corsi è richiesta agli studenti italiani e comunitari la partecipazione a una prova di ammissione con test a risposta multipla e ad un successivo colloquio orale per un certo numero di classificati.
La richiesta di partecipazione alla prova di ammissione potrà essere inviata dal 21/05/2018 al 18/09/2018, previa registrazione al sito dell’Università.
La graduatoria del concorso d’ammissione sarà pubblicata online entro il 16/10/2018. Gli studenti interessati possono consultare i Bandi 2018/2019 sul sito di UniCamillus.
Per gli studenti non comunitari è prevista una procedura diversa basata sui testi Ukcat in modo da consentire loro di fare i test in una località il più possibile vicina alla loro residenza.
Numerose borse di studio saranno riservate per gli studenti più meritevoli, in particolare per quelli provenienti da aree del mondo disagiate.