mercoledì, Gennaio 15, 2025
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La città aliena sulla luna di Urano Titania: la nuova bufala di Scott Waring (video)

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Scott Waring, popolare ricercatore indipendente residente a Taiwan, noto negli ambienti ufologici per il suo impegno nella ricerca di prove della presenza di vita extraterrestre intelligente sugli altri corpi celesti del nostro sistema solare, ha annunciato di avere fatto una scoperta sorprendente e potenzialmente sensazionale.

Waring avrebbe individuato addirittura una città protetta da una cupola ma non su Marte, come siamo abituati ad aspettarci da chi diffonde questi annunci, bensì nel posto che meno ci si potrebbe aspettare: uno degli oggetti più esterni del sistema solare, la luna di Urano chiamata Titania. La clamorosa scoperta sarebbe stata fatta dal cacciatore di alieni esaminando le immagini della Luna di Urano pubblicate sul proprio sito web da Steve Alberts, uno scienziato non meglio definito che lavorerebbe per il governo degli Stati Uniti.

Titania è, per dimensioni, l’ottava luna più grande del sistema solare, è costituita da ghiaccio e roccia in misura all’incirca uguale ed è probabilmente differenziata in un nucleo di roccia e un mantello di ghiaccio. Uno strato di acqua liquida potrebbe essere presente al confine tra nucleo e mantello. La superficie di Titania (piuttosto scura e leggermente rossa) sembra essere stata modellata sia da impatti che da processi endogeni. È coperta da numerosi crateri da impatto che raggiungono i 326 km di diametro, ma in misura minore rispetto alla superficie della luna più esterna di Urano, Oberon. Titania probabilmente ha subito un precoce evento di ripavimentazione endogena che ha modificato la sua vecchia superficie molto craterizzata. La superficie di Titania è attraversata da un sistema di enormi canyon e scarpate, come risultato dell’espansione del suo interno durante le ultime fasi della sua evoluzione. Come tutte le lune maggiori di Urano, Titania si è probabilmente formata da un disco di accrescimento che circondava il pianeta poco dopo la sua formazione.

La spettroscopia agli infrarossi condotta dal 2001 al 2005 ha rivelato la presenza di ghiaccio d’acqua e di anidride carbonica ghiacciata sulla superficie di Titania, il che indica che la luna potrebbe possedere una tenue atmosfera di anidride carbonica con una pressione superficiale di circa un decitrilionesimo di bar. Misurazioni della pressione superficiale durante l’occultazione di una stella da parte di Titania hanno stabilito un limite superiore di 10-20 nbar.

Secondo Scott, su una delle fotografie di Titania prelevate dal sito di Alberts, avrebbe individuato una struttura che, lì per lì, gli aveva ricordato un UFO ma che, esaminando meglio la simmetria della sua struttura, si è rivelata per essere una gigantesca cupola. Immediatamente Waring ha pubblicato un filmato su you tube in cui si è subito sbilanciato ad affermare di avere individuato su Titania una città aliena o, almeno, una base di dischi volanti.

cupola su Titania

Giova, probabilmente, ricordare che Scott Waring è noto negli ambienti ufologici per essere uno dei più convinti assertori del fatto che la NASA mente al mondo nascondendo la verità sulle civiltà extraterrestri che abitano i corpi celesti del nostro sistema planetario. Secondo Waring questa struttura a cupola da lui scoperta su una delle lune di Urano è solo l’ennesima prova dell’esistenza di civiltà aliene che scorazzano nel sistema solare.

La Nasa, dal canto suo, ha liquidato le affermazioni di Waring assicurando che la Terra è l’unico oggetto astronomico abitato nel sistema solare e che varie anomalie come questa nascono dall’immaginazione di ufologi, teorici della cospirazione, archeologi virtuali e altri ostinati ricercatori di presunte verità sugli alieni che, quando non sono preda della pareidolia, sono quasi sempre in malafede, a caccia di fama e pubblicità.

Insomma, tanto clamore per nulla. La solita bufala.

Fonte: http://micetimes.asia

Lasciate stare le nostre ragazze, la politica non strumentalizzi gli atleti

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di Massimo Zito

Impazza sui social l’immagine delle quattro atlete azzurre, italiane per scelta e sentimento anche se non per nascita, che hanno trionfato nella staffetta 4×400 ai giochi del Mediterraneo. Il grande impatto mediatico che stanno conoscendo le nostre brave e belle atlete è completamemte meritato e legittimo se non fosse che la politica ha subito strumentalizzato il fatto per i propri fini: esponenti della maggioranza e dell’opposizione, intellettuali impegnati o pseudotali aderenti ad una parte o all’altra si sono subito appropriati dell’immagine delle ragazze trionfanti che portano in alto il tricolore per arruolarle a sostegno delle proprie tesi.

Tutti questi personaggi dimenticano che Maria Benedicta Chigbolu, Ayomide Folorunso, Raphaela Lukudo e la campionessa europea Libania Grenot, sono solo una parte di un movimento più vasto, quello della nostra atletica leggere, che dopo anni di umiliazioni sta finalmente rialzando la testa facendoci sperare in un ritorno ai fasti dell’epoca in cui Pietro Mennea e Sara Simeoni erano i simboli di un movimento di tutto rispetto ad ogni livello.

Si, perchè ai giochi del mediterraneo sono molti i nostri ragazzi andati a medaglie, spesso proprio sul gradino più alto del podio, come le ragazze della 4×400. Così ha fatto la staffetta 4×100 uomini guidata dal giovane Tortu, capace, pochi giorni fa, di superare Pietro Mennea dal ruolo di italiano più veloce di sempre, e la 4×400 maschile composta da Davide Re, Giuseppe Leonardi, Michele Tricca e Matteo Galvan. Stesso splendido risultato per Lorenzo Perini nei 110 ad ostacoli mentre arrivano prima e seconda altre due azzurre d’importazione, Yadisleidy Pedroso e Ayomide Folorunso. E, ancora, Sara Dossena ha vinto la mezza maratona mentre la staffetta 4×100 femminile conquista l’argento, così come Roberto Bertolini nel giavellotto.

Insomma, un trionfo di tutto il movimento dell’atletica italiana che pure sta passando sotto silenzio a causa delle intemerate di intellettuali e politici che hanno provato a strumentalizzare le 4 ragazze della 4×400 non per il loro merito sportivo ma per il colore della loro pelle, rischiando di danneggiare il lavoro di tutti i nostri atleti che potrebbero restare vittime degli haters di professione, delle fake news e dell’intolleranza. Bene hanno fatto le nostre ragazze a prendere le distanze da tanto clamore: “Noi non facciamo politica, pensiamo solo ad allenarci in vista dei campionati europei di agosto, siamo orgogliose di essere italiane e di portare in alto il nome della nazione che amiamo“, ha saggiamente risposto la veterana Libiana Grenot, cubana di nascita ma italiana per matrimonio, ad un giornalista che cercava di farla schierare da una parte o dall’altra.

Già, perchè lo sport è, da sempre, trasversale e non guarda al colore della pelle, all’ideologia politica, al credo religioso o ad interessi diversi dai risultati che si possono raccogliere con il sudore ed il sacrificio in allenamento.

Insomma, giù le mani dalle ragazze dell’atletica, lo sport è rivalità nella fratellanza ed è un’oasi di integrazione che va al di là delle meschinità della politica. Atlete ed atleti di colore non sono una novità per l’Italia, tutti ricordiamo quanto ci esaltammo per i goals di Balotelli ai campionati europei di calcio di qualche anno fa e, ancora prima, esultammo per i salti di Fiona May, campionessa di salto in lungo cubana che sposò il nostro astista Gianni Iapichino acquisendo la cittadinanza italiana e che ci rappresentò alle olimpiadi e ai campionati mondiali.

Lo sport l’esempio lo ha sempre dato e chi lo scopre ora è solo un ipocrita.

Saviano, Salvini, Franceschini e Meloni, odiatori da tastiera e propagandisti ideologici, lasciate stare le nostre ragazze.

I “misteriosi” razzi del XVII secolo

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di Oliver Melis

I cacciatori di misteri, particolarmente coloro che studiano il fenomeno UFO, da alcuni anni hanno preso l’abitudine di cercare conferme delle loro convinzioni nelle cronache del passato, per dimostrare che gli avvistamenti di oggetti volanti sono riportati da sempre. Ed ecco che scoprono preziose opere d’arte sacra che riportano immagini simili, a loro dire, ai moderni UFO. Ma non sono solo i dischi volanti ad essere oggetto dell’interesse di questi “studiosi” ma ogni oggetto insolito riportato su testi, codici e dipinti.

È capitato, ad esempio, con “La tebaide” di Paolo Uccello in cui un cappello da cardinale viene descritto da alcuni come un UFO e con i geroglifici egizi e svariati manufatti lasciatici dalle civiltà che si sono succedute in epoche diverse in molte parti del mondo.

Il metodo utilizzato dai “cacciatori di UFO” è molto semplice: si consulta un libro con riproduzioni d’arte possibilmente anteriori al XVII secolo e si cercano nei dipinti particolari che possono apparire bizzarri per l’epoca. Forme discoidali, sfere, oggetti lenticolari, tutto ciò che apparentemente può essere scambiato per un disco volante o “UFO” se volete. Tutto quegli oggetti strani che vengono trovati saranno poi classificati come alieni, non identificabili come opere create dall’ingegno umano.

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Nell’immagine sopra vediamo qualcosa di diverso, un oggetto a forma di fuso che si innalza nel cielo,questo oggetto, che ricorda evidentemente un razzo, per molti cacciatori di UFO sembra essere fuori contesto per l’epoca, ma se facciamo una verifica scopriamo che non è cosi.

Questa immagine è tratta dallo stesso volume dedicato agli “arazzi del re” intitolato Les Tapisseries du Roy di Johann Ulrich Kraus, pubblicato nel 1665 e ristampato diverse volte negli anni successivi.

Nell’immagine il nostro fuso è attorniato da cannoni, pistole, fucili, barili di polvere da sparo, ma soprattutto riportiamo la sua descrizione:

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Ma cos’è un “fusée volante“? semplicemente un razzo. Il termine si usa in egual modo per i razzi incendiari usati in guerra che per quelli pirotecnici. A prima vista l’oggetto appare effettivamente fuori contesto, un OOParts, un oggetto fuori dal tempo, ma approfondendo l’argomento si arriva facilmente a scoprire che nella seconda metà del XVII secolo gli uomini progettavano e realizzavano macchine simili.

Infatti è ampiamente documentato l’uso di razzi in Cina già nel 1232, mentre in Europa Conrad Haas, un ingegnere militare austriaco, descrisse e disegnò razzi multistadio a ogiva in un suo trattato scritto tra il 1529 e il 1569.

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Il lavoro di Conrad Haas però rimase semisconosciuto a tanti e solo nel 1591 Johann Schmidlap, un costruttore di fuochi pirotecnici, sperimentò i primi razzi multistadio che potevano essere lanciati a grandi altezze.

Altri razzi compaiono nel cinquecentesco trattato di Dell’Aqua

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E nel 1650 fu Kazimierz Siemienowicz a trattare di razzi multistadio ad ogiva o con alettoni nel trattato sulle armi Artis Magnae Artilleriae:

Non è quindi il caso di parlare di mistero, OOPart o di dischi volanti o UFO. È ben documentato il fatto che nella seconda metà del XVII secolo gli ingegneri conoscevano e costruivano razzi a scopi bellici e non può, quindi, stupire di trovarne una raffigurazione in un arazzo dedicato al tema delle armi e della guerra.

Scoperti due esopianeti con inclinazione assiale stabile come per la Terra: potrebbero ospitare la vita?

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Stiamo ancora cercando di capire con precisione quali sono le caratteristiche che rendono un pianeta adatto alla vita e, siccome l’unico caso che conosciamo è il nostro pianeta, non possiamo che rifarci ad esso per capirlo. In un nuovo studio, i ricercatori hanno esaminato due esopianeti simili alla Terra posti nella zona abitabile attorno alle loro stelle, e hanno scoperto che è probabile che abbiano un’inclinazione assiale molto stabile. È probabile che, proprio come succede alaa Terra, questa caratteristica garantisca un clima relativamente stabile.

In questi giorni si è molto parlato, a volte un po’ a sproposito, di questo studio Pubblicato sull’Astronomical Journal, una ricerca che ha rivelato che Kepler186f, un pianeta posto a 500 anni luce di distanza da noi, presenta alcune interessanti caratteristiche: si trova alla giusta distanza dalla sua stella, è roccioso ed è circa il 10 percento più grande del nostro pianeta. Allo stesso modo, Kepler-62f, una super-Terra situata a 1.200 anni luce di distanza, potrebbe essere un candidato adatto per ospitare la vita. È importante sottolineare che lo studio mostra che le inclinazioni assiali di questi due pianeti dovrebbero essere stabili da milioni di anni, quindi non dovrebbe verificarsi nessuna drammatica variazione climatica nelle diverse regioni di questi pianeti.

Il nostro studio è tra i primi a studiare la possibile stabilità climatica degli esopianeti e contribuisce alla crescente comprensione di questi mondi potenzialmente abitabili“, ha sostenuto il Professor Gongjie Li, della Georgia Tech, co-autore dello studio in questa dichiarazione.

L’asse terrestre subisce solo lievi oscillazioni nel corso di migliaia di anni e questo permette al nostro pianeta di avere stagioni regolari e un clima relativamente stabile. L’inclinazione assiale di Marte, per esempio, ha pesanti fluttuazioni, oscillando anche di 60 gradi. Questo effetto è dovuto all’influenza reciproca che hanno il Sole ed i pianeti tra loro, effetto che, nel nostro caso, viene mitigato dalla presenza della Luna che, con le sue dimensioni e la sua vicinanza, permette una certa stabilità dell’inclinazione dell’asse terrestre.

Sembra che entrambi gli esopianeti esaminati non sibiscano una forte influenza dagli altri pianeti dei loro sistemi ma non sappiamo se posseggono lune. I nostri calcoli dimostrano che anche se non avessero satelliti, l’inclinazione dell’asse di rotazione di Kepler-186f e 62f dovrebbe essere rimasta costante da decine di milioni di anni“.

Marte si trova nella zona abitabile del Sistema Solare e tuttavia non appare favorevole alla vita. È un deserto gelido, con un’atmosfera sottilissima che è stata erosa nel corso di miliardi di anni dal vento solare. Le oscillazioni dell’asse del Pianeta Rosso potrebbero aver giocato un ruolo importante nel trasformare Marte in quello che è oggi.

La discussione sull’abitabilità planetaria è complessa. Abbiamo appena iniziato a capire quali caratteristiche e marcatori dovremmo cercare per individuare la presenza della vita sugli esopianeti ma questo nuovo studio offre nuovi spunti di riflessione.

Credo che non sappiamo ancora abbastanza su come la vita è nata sulla Terra per poter escludere la possibilità della sua presenza su pianeti con stagioni irregolari“, ha, però, dichiarato Yutong Shan, del Centro di astrofisica di Harvard-Smithsonian, principale autore dello studio. “Sulla Terra, la vita presenta una notevole varietà e ha mostrato un’incredibile capacità di recupero in ambienti straordinariamente ostili riprendendosi diverse volte da eventi di estinzione globale,  tuttavia,” sottolinea, “un pianeta climaticamente stabile potrebbe essere un posto più comodo per iniziare.”

Lo scorpione venusiano: Lo scienziato russo e la vita aliena su Venere

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di Oliver Melis 

Lo scienziato russo Leonid Ksanfomaliti rese pubblica nel 2012, dopo avere esaminato alcune vecchie foto trasmesse nel 1982 dalla sonda societica Venera, la sua convinzione di avervi individuato la presenza di forme di vita e di voler effettuare nuove e più approfondite ricerche.

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L’immagine analizzata dallo scienziato Russo

Ksanfomaliti, concentrò la sua attenzione su una foto del 1982, affermando di aver scoperto vari oggetti che compaiono e scompaiono in una serie di immagini consecutive, dove si vedrebbero, a suo dire “un disco e uno scorpione”. Il disco dal diametro di circa 30 cm e assomiglia a una grande conchiglia.

Alcuni di questi oggetti sarebbero presenti nel primo scatto per poi sparire negli scatti successivi. Secondo lo scienziato, questo sarebbe causato dalle forti interferenze prodotte dalla sonda in fase di atterraggio.

Potrebbero esistere delle forme di vita su Venere? Non possiamo certamente escluderlo, come non possiamo escludere che ci siano microbi o batteri su Marte o su alcune lune di Giove e Saturno. Troppo spesso troviamo, però, foto e filmati che alcuni utilizzano per fare dichiarazioni ad effetto. Gli appassionati di fantascienza ricorderanno che, fino agli anni ’70, Venere, al pari di Marte, era una pianeta dove si pensava potessero essere presenti  forme di vita complesse perché molto simile alla Terra per dimensioni e massa e inoltre nascosto da una spessa coltre di nubi di colore leggermente giallastro. Famosi sono i cicli di racconti avventurosi scritti da Edgar Rice Burroughs, l’inventore di “Tarzan delle scimmie“, intitolati rispettivamente  “John Carter di Marte” e “Carson di Venere” e sono moltissimi i romanzi ed i racconti che numerosi autori ambientarono sui nostri vicini planetari.

Oggi sappiamo che Venere in superficie ha una temperatura di oltre 450 gradi centigradi e una pressione che è pari a circa 90 atmosfere.  Fin dagli anni ’60, una serie di sonde russe, le Venera, raggiunsero il secondo pianeta del sistema solare, apparentemente vero e proprio gemello della Terra, analizzandone l’atmosfera e infine atterrandoci. Nel 1981 le sonde gemelle Venera 13 e Venera 14 inviarono le prime immagini a colori del suolo di Venere, fornendoci anche i dati essenziali del suo clima al suolo. Fu allora che crollò il mito della sci-fi secondo cui Venere era un pianeta ricoperto da profondi oceani e vaste foreste tropicali, per lasciare il posto alla realtà che lo mostra come un vero e proprio inferno, dove perfino le sonde più evolute e resistenti inviate da USA e URSS non riuscirono a resistere che poche decine di minuti per poi cedere alle terribile condizioni climatiche e alle temperature.

Che peso hanno in definitiva le prove fotografiche trovate da Ksanfomaliti? I due oggetti, dalla forma regolare sembrerebbero spostarsi tra una foto e l’altra, uno di forma circolare e il secondo, paragonato a uno scorpione , ma meno visibile in realtà, non hanno nulla a che vedere con delle forme di vita e il fatto che si spostino ha una semplice spiegazione. Su Venere c’è vento e l’atmosfera più densa della nostra è in grado di spostare piccoli oggetti, magari staccatisi proprio dal corpo principale della sonda Venera (le sonde ad atterrare furono due, Venera 13 e Venera 14).

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L’oggetto in primo piano, quello vagamente circolare in realtà non è altro che un tappo di protezione delle telecamere che erano due e quindi non è l’oggetto a spostarsi ma è la ripresa ad essere stata effettuata da due telecamere diverse e quindi da angolazioni differenti.

Non resta che lo scorpione ma qui le cose si fanno più complicate perché di questo presunto essere vivente non c’è traccia nelle immagini originali, ma compare solo nelle successive elaborazioni digitali.

Insomma, nessuna prova e ciò che sappiamo delle condizioni superficiali ed atmosferiche di Venere non autorizza a supporre che possa esservi nessuna forma di vita così come la conosciamo nella nostra esperienza anche se, ad onor della verità, alcuni ricercatori hanno recentemente ipotizzato che, se vi fosse vita su Venere, probabilmente si tratterebbe di forme aeree che trascorrerebbero la loro esistenza negli stati superiori dell’atmosfera, relativamente più freschi e di composizione più tollerabile.

ESA e NASA hanno in corso alcuni progetti per approfondire le nostre conoscenze di Venere, tra non molti anni ne sapremo di più.

Un teschio fossile su Marte: prova di un’antica forma di vita o ennesimo episodio di pareidolia?

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di Oliver Melis

Periodicamente, qualche appassionato cacciatore di misteri alieni scopre qualcosa tra le immagini di Marte, riprese dai vari rover che ne calcano la superficie e dalle sonde che ne percorrono l’orbita. Alcuni giorni fa il mondo ufologico ha esultato di fronte alle fotografie pubblicate da Joe Withe un ufologo di 45 anni che passa gran parte del suo tempo libero a studiare le foto di Marte. Le nuove immagini selezionate hanno acceso il genuino entusiasmo dei suoi fans e di tanti appassionati della ricerca di vita aliena.

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Prima di esaminare le nuove immagini deiffuse da Withe torniamo un attimo indietro nel tempo: siamo sopra la regione marziana detta Cydonia Mensae, situata alle coordinate 33° Nord e 13° Ovest. Si tratta di un’area della superficie di Marte ben nota agli appassionati. Qui, il 25 luglio del 1976, nel corso della 35ª orbita, la sonda Viking 1 scattò una fotografia, diventata famosa alle cronache come Volto su Marte, ritenuta all’epoca da alcuni ricercatori come una struttura artificiale.

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Questa ipotesi fu successivamente smentita dalle fotograie ad alta risoluzione riprese dalle sonde che seguirono alle missioni Viking che dimostrano che la “faccia” in realtà è semplicemente una comune formazione rocciosa e che l’illusione ottica che si trattasse di un enorme viso femminile con un copricapo scolpito su un’alta collina era dovuto all’effetto combinato del gioco di luci ed ombre, favorito dalla bassa risoluzione delle telecamere del Viking.

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Ma torniamo al nostro Joe White, il ricercatore indipendente che afferma di aver individuato, in una delle foto inviate a terra dal rover Curiosity, i resti di un antico abitante di Marte.

L’immagine in questione sembrerebbe ritrarre, incastonato nelle rocce, un teschio dalle fattezze apparentemente umane che, a detta di White, misurerebbe circa 60 cm portando ad ipotizzare che l’altezza complessiva del suo proprietario superasse i 4.50 metri.

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Le immagini come si può intuire hanno rapidamente fatto il giro della rete e sono diventate virali nei gruppi dedicati allo studio degli alieni sui social e sono tanti coloro che hanno dato credito senza riserve alla teoria di Withe.

L’immagine peròcome al solito, può essere spiegata nel modo più semplice dalla pareidolia perché è noto che l’occhio umano tende a farci vedere delle forme familiari in forme del tutto casuali. Ad esempio, quanti di noi si sono soffermati ad osservare una formazione nuvolosa vedendo il contorno di un volto, un animale o un oggetto noto? Lo stesso discorso vale se si osserva una macchia di inchiostro o di umidità o la corteccia di un albero. Si tratta di pareidolia, la tendenza a osservare forme e oggetti riconoscibili nelle strutture prive di forma che ci circondano.

I cacciatori di alieni, quando non sono in malafede,  spesso presentano foto di rocce o ombre dalla forma particolare o semplici giochi di luce dichiarandole come la prova evidente di manufatti o resti di antiche civiltà extraterrestri ormai scomparse.

SpaceX recapita alla ISS Cimon, l’AI fluttuante che fungerà da assistente per gli astronauti

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La capsula Dragon di SpaceX lanciata ieri verso la Stazione Spaziale Internazionale, alla quale attraccherà giornata di domani, consegnerà all’equipaggio, oltre a quasi 2,7 tonnellate tra rifornimenti e attrezzature, anche uno speciale dispositivo: un robot volante dotato di Intelligenza Artificiale. Soprannominato Cimon (Crew Interactive Mobile Companion), il dispositivo sperimentale è “un assistente basato sull’AI destinato ad aiutare gli astronauti“.

Cimon, che somiglia ad uno schermo tv incastonato in una chassis rotondo, si interfaccera con gli astronauti attraverso un viso stilizzato, simile a quello di un cartone animato, pesa 5 kg ma nelle condizioni di microgravità dela Stazione Spaziale Internazionale è in grado di fluttuare e spostarsi grazie all’azione di 14 eliche interne.

Cimon è parte di un esperimento atto a comprendere se e in che modo astronti ed AI possono collaborare. A tal fine, Cimon è dotato di microfoni e telecamere che lo aiuteranno a riconoscere Alexander Gerst, l’astronauta tedesco con cui lavorerà. 

Cimon, che parla inglese, è stato sviluppato da Airbus e IBM per l’agenzia spaziale nazionale tedesca, la DLR e sarà in grado di dare istruzioni agli astronauti per aiutarli a condurre esperimenti scientifici attraverso risposte verbali.

L’uso dell’intelligenza artificiale nell’assistere il volo spaziale è ovviamente un buon uso della tecnologia“, ha affermato l’esperto di intelligenza artificiale Noel Sharkey dell’Università di Sheffield, sottolineando, però, che il piccolo robot, durante questa fase sperimentale, dovrà dimostrate di essere utile, altrimenti, nessuna agenzia spaziale vorrà sprecare spazio e peso prezioso per un costoso gadget privo di utilità pratica.”

La missione di Cimon è programmata per terminare il 13 dicembre, giorno in cui verrà rispedito a Terra per analizzare gli esiti dell’esperimento e procedere ad eventuali implementazioni o nuovi sviluppi.

Asteroidi vs Terra

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di Oliver Melis

Meteoriti ed asteroidi, nel caso colpissero la Terra, potrebbero causare danni molto gravi. Almeno tre dei 5 eventi di estinzione globale che hanno colpito il nostro pianeta nel corso della sua storia furono provocati dall’impatto di grandi oggetti spaziali con il nostro pianeta. In tempi moderni, nel 2013, un grossa meteora sfrecciò nei cieli della città russa di Cheljabinsk ed esplose in aria, generando un’onda d’urto che arrecò seri danni a più di 3.000 edifici e causato ferite più o meno gravi a quasi 2.000 persone.

Questo pericolo, non poi così remoto, ha acceso l’interesse dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), un pericolo che la NASA ha messo già da tempo tra le sue priorità avviando il monitoraggio dei NEO (Near-Earth Objects).

L’aumentata capacità di scoprire e catalogare asteroidi sempre più piccoli grazie ai nuovi strumenti a disposizione, consente di calcolare l’orbita in tempo reale di un numero sempre maggiore di oggetti.

Si calcola che i NEO con dimensioni superiori al centinaio di metri siano più di 150.000, ma, a tutt’oggi, conosciamo le orbite solamente di circa 10.000 di questi oggetti, un numero relativamente esiguo quindi.

Di recente, L’ESA, ha inaugurato presso l’ESRIN (European Space Research Institute) di Frascati un centro di monitoraggio dei NEO, il cui compito sarà quello di mantenere continuamente aggiornato il database dei dati orbitali e delle caratteristiche fisiche di tutti gli oggetti di questo tipo. L’Agenzia Spaziale Europea sta pianificando una missione spaziale che ha come obiettivo il tentativo di far cambiare rotta ad un asteroide potenzialmente pericoloso per il nostro pianeta.

Si tratta del progetto AIDA (Asteroid Impact and Deflection Mission), una missione che ha lo scopo di avvicinare un asteroide di tipo NEO, Didymos, un oggetto binario formato da un corpo principale di circa 800 metri di diametro ed un altro di circa 150 metri. La sonda dovrebbe intercettare l’asteroide nel 2022, quando si troverà ad una distanza di 11 milioni di km dalla Terra.

L’obiettivo di AIDA sarà quello di studiare il comportamento di questo piccolo corpo planetario una volta colpito dalla sonda che sarà costituita da due navicelle spaziali, la prima verrà fatta impattare ad una velocità di oltre 6 km/s contro il più piccolo dei due asteroidi, mentre la seconda registrerà tutti i dati. Contemporaneamente, a Terra i ricercatori dell’Asteroid Impact Monitoring (AIM) dell’ESA osserveranno la traiettoria dell’asteroide prima, durante e dopo per capire l’efficacia potenziale di un impatto per deviarlo.

La NASA, dal canto suo, ha allo studio diverse opzioni per fermare eventuali corpi asteroidali in rotta di collisione con la Terra. Il rapporto redatto sull’argomento parla di trattori spaziali, impatti cinetici e, in ultimo, anche l’utilizzo di armi nucleari.

Al momento e forse anche per il prossimo secolo non dovremmo correre rischi di grandi impatti ma, secondo la NASA, è meglio iniziare a sviluppare dei sistemi atti alla difesa da un potenziale oggetto di dimensioni tali da provocare danni seri o da poter indurre un evento da estinzione globale.

Un primo punto su cui entrambe le agenzie spaziali si sono concentrate, è quello di migliorare la capacità di rilevazione di questi oggetti e di poterne tracciare e predirre il percorso nel sistema solare per avere un tempo sufficiente di preavviso per organizzare un’eventuale difesa. Per raggiungere questo obbiettivo è essenziale migliorare i modelli di previsione delle orbite dei NEO.

Una volta che un potenziale oggetto venisse scoperto per tempo la NASA propone tre diverse soluzioni: la prima è quella di costruire una nave spaziale con una massa sufficiente da attrarre l’oggetto per deviarne l’orbita, come prospettato nella serie televisiva “Salvation“.

Una seconda soluzione sarebbe quella di lanciare una sonda spaziale contro l’oggetto in rotta di collisione per modificarne la traiettoria o per disintegrarlo in frammenti più piccoli che potrebbero essere facilmente distrutti dallo scudo atmosferico della Terra.

Una terza soluzione sarebbe l’utilizzo di un ordigno nucleare che farebbe a pezzi l’asteroide deviandone la rotta come nel film “Armageddon“.

Apollo 16 ed alieni

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di Oliver Melis

Le tipologie di bufale sulla Luna sono molteplici e spesso i complottari si dividono addirittura in partiti contrapposti. Si va dai sostenitori della tesi che l‘allunaggio delle varie missioni Apollo sia stato in realtà un fake per gettare fumo degli occhi della gente e mera propaganda, fino a coloro che sostengono che lo sbarco ci sarebbe, si, stato ma che la NASA, sulla Luna, avrebbe incontrato gli alieni, a volte semplici astronavi, altre volte addirittura intere basi spaziali. Addirittura c’è chi sostiene che gli USA non sono più andati sulla Luna a causa dell’intimazione degli alieni di non uscire più dall’orbita terrestre.

apollo 16

Titola così un noto sito scandalistico, il Daily Star a proposito della missione spaziale Apollo 16.

Il sito avrebbe recuperato un video ed estrapolando delle immagini dove si vede l”ufficiale comandante John Young ripreso dal compagno di missione Charles Duke Jr mentre è intento nelle operazioni di raccolta dei campioni lunari. Secondo quanto riportato sul sito si vedrebbe una struttura aliena a forma di cupola che sarebbe una nave spaziale aliena, o una base lunare aliena, con i suoi occupanti. Nell’immagine sottostante, pubblicata dal giornale, si vede la presunta cupola cerchiata rosso, a mala pena visibile nella foto volutamente sfocata.

base aliena sulla Luna

I teorici della cospirazione, come al solito, affermano di avere delle prove, ma il sospetto che si tratti della solita bufala acchiappa click, viste le tante cospirazioni presenti sul sito, è forte.

Nel sito della NASA è possibile reperire l’immagine originale dove si vedono solo rocce, apparecchiature portate dagli astronauti, strumenti, antenne eccetera. Sicuramente non ci sono piccoli alieni, cupole o astronavi che spiano gli astronauti terrestri. Ci sarebbe anche da capire come mai, se la NASA fosse parte di un complotto, lascerebbe in giro prove che smentiscono le sue stesse informazioni. Insomma, anche se qui prove non ce ne sono.

Il comandante John Watts Young, un uomo che non possiamo definire soltanto astronauta, è morto il 5 gennaio 2018. Dal marzo del ’65 al dicembre dell’83, andò per ben sei volte nello spazio, fu il primo uomo a raggiungere questo traguardo. La sua carriera è costellata di missioni da pioniere: dai test in aviazione al primo volo con equipaggio della capsula Gemini, dalla missione apripista all’Apollo 11, al primo volo dello Space Shuttle.

La poliomielite torna a colpire in Papua-Nuova Guinea

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Un focolaio di polio è stato ufficialmente confermato in Papua-Nuova Guinea. Si tratta di una novità particolarmente brutta perchè questa grande isola è stata dichiarata libera dalla polio ormai da 18 anni.

Secondo le autorità sanitarie, il primo caso del virus è stato diagnosticato nello scorso aprile in un giovane ragazzo della provincia di Morobe e, da allora, sono stati segnalati diversi altri casi. Il fatto è particolarmente preoccupante perchè nell’area della provincia di Morobe la copertura vaccinale per questa malattia risulta piuttosto bassa e, stando ai dati diffusi dalle autorità sanitarie locali, meno di due terzi dei bambini ricevono tutte e tre le dosi.

Il paese non ha una grande infrastruttura sanitaria e soffre di seri problemi alle strutture deputate all’igiene, cosa che offre a questo virus, comunemente trasmesso attraverso la via oro-fecale, la possibilità di diffondersi facilmente. In ogni caso, secondo un funzionario dell’OMS,  è improbabile che un’eventuale epidemia si diffonda ad altri paesi a causa sia dell’isolamento della nazione sia dell’elevato livello di immunizzazione vaccinale riscontrato in altre parti del mondo.

La polio, che infetta solo gli esseri umani, si sta avvicinando all’eradicazione in natura. Nel 1988, venivano contati 350.000 casi in tutto il mondo in 125 paesi diversi. Nel 2017, i casi segnalati erano ridotti a soli 22, grazie alla spinta mondiale guidata da governi, organizzazioni sanitarie, UNICEF e partner privati, tra cui la Fondazione Bill & Melinda Gates, per eliminare la malattia attraverso una campagna globale di vaccinazioni.

La vaccinazione antipolio si può assumere per via orale (OPV), o per via endovenosa (IPV).

La poliomielite provoca una serie di effetti negativi sulla salute e, cosa peggiore, in un caso su 200, è la causa di una forma di paralisi irreversibile. Tra le persone colpite in questo modo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che il 5-10% muoia per compromissione dei muscoli respiratori.

Al momento non esiste ancora una cura in grado di combattere questa malattia, l’unica soluzione è la prevenzione attraverso il vaccino. I più vulnerabili alle infezioni sono i bambini sotto i 5 anni.

Quest’anno, finora, sonostati registrati solo 15 casi di poliomielite. Come spiega il sito della BBC, l’eradicazione definitiva di questa insidiosa malattia è ormai vicino ma si registrano ancora casi Afghanistan, Nigeria e Pakistan.

“La mancata eliminazione della polio da queste ultime roccaforti rimanenti potrebbe portare a 200.000 nuovi casi ogni anno, entro 10 anni, in tutto il mondo”, spiega l’Oms.