martedì, Aprile 29, 2025
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Dopo l’ultima puntata del Trono di Spade, migliaia di genitori potrebbero avere sensi di colpa per il nome scelto per le figlie

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Attenzione: spoiler della quinta puntata dell’ottava stagione del Trono di Spade, “The Bells”.

Come reagisci quando scopri che hai chiamato tua figlia come una “maniaca genocida?”

Questa è la domanda che si devono essere posti migliaia di genitori in tutto il mondo dopo avere visto il quinto episodio dell’ultima stagione del “Trono di Spade“, con la storia che ha preso una svolta inaspettatamente crudele, nell’arco narrativo di uno dei personaggi principali dello show.

Nel mondo della serie fantasy ideata da George RR Martin, Daenerys Targaryen è una principessa esiliata che reclama un trono usurpato. Sul suo percorso per riconquistare il trono appartenuto al padre, darà libertà agli schiavi, punirà i loro padroni e partorirà (per modo di dire) tre draghi.

Questa fantastica eroina ha ispirato legioni di ammiratori nel mondo reale, che l’hanno trasformata in un simbolo di emancipazione femminile. Questo almeno fino all’episodio di domenica scorsa, che l’ha vista incenerire migliaia di innocenti in un impeto di rabbia, diventando il tipo di tiranno che in precedenza si era promessa di rovesciare. Ciò potrebbe risultare problematico per le migliaia di genitori che, in tutto il mondo, hanno dato ai loro bambini il nome di questo personaggio.

Per capirci, I dati della “Social Security Administration”, l’anagrafe statunitense, mostrano che, da quando la versione HBO di “Game of Thrones” è stata trasmessa nel 2011, almeno 3.500 ragazze americane sono state chiamate Daenerys o Khaleesi (uno dei titoli reali del personaggio). Inclusi in questo numero, sono presenti una quantità di errori ortografici comuni, come “Kaleesi” e “Danerys”, ad esempio. Ma dal momento che il database non include nomi che appaiono meno di cinque volte in un dato anno, il numero effettivo di bambine chiamate come il personaggio, è quasi certamente più alto. Khaleesi da solo era il 549° nome più popolare per ragazze nel 2018, secondo la “Social Security Administration”, classificandosi al di sopra di classici come Priscilla (575°), Anne (599°) e Rosie (619°).

E questo solo per gli Stati Uniti.

Ora molti di quei genitori potrebbero avere dei ripensamenti, accorgendosi di avere scelto per le loro bambine il nome di un personaggio di fantasia che resterà famoso per la folle crudeltà. Ad un certo punto del recente episodio, Daenerys incenerisce una contadina e la sua giovane figlia. Forse questo colpo di testa della “showrunner”, tradirà i genitori che sostenevano il personaggio e lo credevano simbolo dell’emancipazione femminile.

Il mese scorso, la madre di un bambina di 1 anno chiamata “Khaleesi”, disse al New York Times che in un decennio circa il nome sarebbe divenato comune e che la gente lo avrebbe riconosciuto con il significato di “forza”,”una donna che conosce il suo potere, e sa cosa vuole“.

Quest’anno, la più “vecchiaKhaleesi americana compie 8 anni, probabilmente è abbastanza grande da poter assistere allo spettacolo con i propri genitori e si troverà a chiedersi perché la donna che ha ispirato il suo nome, abbia appena dato fuoco a un’intera città. Non resta che sperare che nell’ultimo episodio il personaggio possa in qualche modo redimersi.

Alla fine, i genitori delle Khaleesis odierne potrebbero non essere particolarmente preoccupati per il destino delle loro figlie: i bambini hanno la tendenza a crescere nella loro identità in modi inaspettati, indipendentemente da chi è ispirato il proprio nome. E i nomi ispirati alle finzioni assumono una via del tutto inaspettata da ciò che intendevano i creatori originariamente, entrando nella coscienza tradizionale, di cui esempi sono la “Miranda” o la “Jessica” di Shakespeare per citarne alcuni .

Fonte: The Washington Post.

Lo Space Skylab, il laboratorio del cielo

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di Oliver Melis

Il laboratorio orbitante Skylab della NASA fu la prima e unica stazione spaziale interamente realizzata dagli USA. Il lancio, avvenne il 14 maggio 1973 come risposta al lancio, avvenuto due anni prima, effettuato dai sovietici della stazione abitata denominata Salyut 1.

Il progetto Skylab fu importante per la NASA che aveva bisogno di fare esperienza con gli aspetti ingegneristici, scientifici, fisiologici, psicologici e operativi della permanenza di lunga durata nello spazio, questo in prospettiva di affrontare missioni con equipaggio a bordo su distanze ben più lunghe della distanza Terra-Luna percorsa dalle missioni Apollo.

Gli astronauti nelle tre missioni effettuate in orbita trascorsero a bordo dello Skylab complessivamente 171 giorni fra il 1973 e il 1974 eseguendo dieci passeggiate spaziali, scattando 127.000 foto del Sole e 46.000 della Terra ed effettuando esperimenti scientifici in diversi campi della scienza,quali la medicina, la fisica solare, l’astronomia, l’osservazione della Terra.

La stazione spaziale

Lo Skylab era composto da parti studiate per missioni spaziali precedenti; infatti, la parte centrale era costituita dal corpo del terzo stadio di un razzo Saturno V, lo stesso elemento utilizzato per compiere le missioni lunari del programma Apollo. La sezione del terzo stadio del poderoso Saturn V era attrezzata per ospitare un equipaggio e diversi strumenti scientifici, fra di essi un telescopio per l’osservazione del Sole. Disponeva inoltre di pannelli solari per la produzione di energia elettrica e portelli di attracco per i moduli che avrebbero portato a bordo l’equipaggio e i rifornimenti.

Gli astronauti raggiungevano lo Skylab a bordo di una capsula Apollo lanciata con un razzo Saturno IB. La stazione, lanciata con un Saturn V veniva posta a una quota di circa 440 Km, durante il primo lancio però, lo Skylab subi un incidente: una parte dello scudo termico si distaccò urtando l’alloggiamento di uno dei due pannelli solari che rimase gravemente danneggiato e non poté essere dispiegato una volta in orbita.

Le missioni con equipaggio

Durante la missione dello Skylab 2, la prima missione umana lanciata il 25 maggio 1973, gli astronauti Pete Conrad, Paul Weitz e Joe Kerwin salvarono la stazione lavorando per ripristinarne l’abitabilità e l’operatività. Gli astronauti riuscirono a installare una protezione termica sostitutiva, sbloccarono il pannello solare rimasto danneggiato e lavorarono a vari esperimenti per ben 28 giorni.

Skylab 3 venne lanciato il 28 luglio 1973 con a bordo gli astronauti Alan Bean, Jack Lousma, e Owen Garriot che lavorarono sullo Skylab per 59 giorni. Non mancarono certamente dei problemi, un’avaria ad alcuni motori di manovra del modulo di servizio della capsula Apollo, che rischiò di richiedere l’invio di una missione di soccorso, l’equipaggio però proseguì la riparazione del laboratorio e il programma di esperimenti scientifici, fra cui alcuni progettati da studenti di scuole americane.

La terza e ultima missione abitata, Skylab 4, fu lanciata il 16 novembre 1973 con a bordo Gerald Carr, Bill Pogue ed Ed Gibson. Il programma fu lungo ben 84 giorni e molto intenso tanto da portare al primo sciopero “spaziale”, gli astronauti dopo crescenti tensioni con il controllo della missione, scioperarono per un giorno rifiutandosi di svolgere i compiti prestabiliti. Il programma di attività venne rivisto e alleggerito e l’equipaggio riuscì ad aumentare la propria produttività.

La fine dello Skylab

La prima fase di utilizzo del laboratorio orbitante Skylab terminò nel 1974 ma la NASA pensò di utilizzarlo ancora facendolo attraccare e portare in un’orbita più stabile da un futuro Space Shuttle, lo spazioplano riutilizzabile allora in fase di sviluppo.
L’intensa attività solare della seconda metà degli anni ‘80 aumentò però in modo imprevedibile l’attrito atmosferico, che fece abbassare progressivamente la quota dello Skylab fino al rientro distruttivo. L’11 luglio 1979, nel corso di una manovra parzialmente controllata, pianificata dal controllo della missione, lo Skylab si disintegrò nell’atmosfera al largo delle coste occidentali dell’Australia, due anni prima che iniziassero i voli dello Shuttle.

Ambiente: per la prima volta nella storia umana la CO2 atmosferica ha superato 415 ppm

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Un’altra allarmante pietra miliare dell’effetto dannoso che l’umanità costituisce per l’ambiente è stata ora ufficialmente raggiunta. Si tratta dell’attraversamento di una barriera che porta sempre più verso un futuro caldo e inquinato come questo pianeta non ha visto da milioni di anni.

Questo fine settimana, i sensori delle Hawaii hanno registrato la concentrazione atmosferica terrestre di anidride carbonica (CO2) a 415 parti per milione (ppm) per la prima volta da prima che gli uomini comparissero sulla Terra. Sabato scorso, la concentrazione di CO2 registrata all’Osservatorio di Mauna Loa alle Hawaii da parte dei ricercatori della Scripps Institution of Oceanography ha superato quota 415,26 ppm, l’ultima di una serie disastrosa di soglie climatiche violate da una società umana che rifiuta di rinunciare alle comodità offerte dai combustibili fossili.

Questa è la prima volta nella storia umana che l’atmosfera del nostro pianeta ha superato le 415 ppm di CO2“, ha twittato il meteorologo Eric Holthaus. “Non solo nella storia documentata, non solo dall’invenzione dell’agricoltura 10.000 anni fa, ma prima che gli esseri umani moderni esistessero, milioni di anni fa, il pianeta non aveva mai attraversato una situazione come questa“.

Solo pochi anni fa l’inquinamento da carbonio nell’atmosfera era salito oltre i 400 ppm, e non ci è voluto molto per raggiungere le 410 ppm (nel 2017). In effetti, con questa ondata record di avvelenamento da carbonio atmosferico nei cieli che intrappola il calore della Terra, gli scienziati sapevano che raggiungere le 415 ppm nel 2019 era quasi inevitabile.

Questo mese aveva già visto una serie di record incrementali di carbonio, inclusa una lettura errata pubblicata sul sito Web di Scripps che registra i dati ppm, The Keeling Curve, che suggeriva che la soglia di 415 fosse stata effettivamente violata il 3 maggio. I dati falsati sono stati successivamente rivisti, ma non prima che una alcuni siti riportassero la realizzazione.

Questa volta, sfortunatamente, sembra che non ci siano dubbi.

017 carbone ppm 415 co2 2(The Keeling Curve)

Il tasso di crescita medio rimane nella fascia alta“, ha dichiarato il direttore del programma Scripps CO2, Ralph Keeling. “L’aumento rispetto allo scorso anno sarà probabilmente di circa tre parti per milione mentre la media recente è stata di 2,5 ppm. Probabilmente questo è dovuto all’azione di El Niño“.

Purtroppo, il vero problema è l’uso ininterrotto di combustibili fossili.

Nel 1910, la CO2 atmosferica era attestata a 300 ppm, già superiore a quella riscontrabile negli ultimi 800.000 anni, ma da allora ha subito un aumento di oltre 100 ppm nel corso del secolo successivo, quando i livelli di inquinamento sono saliti alle stelle. Ovviamente, superare le 400 ppm è stato un enorme momento simbolico, almeno numericamente, ma il simbolismo non finisce qui.

Se l’inquinamento dai carbonio continuasse ad incrementarsi, sempre più calore sarà intrappolato sulla Terra, il che renderà in futuro, il riscaldamento globale simile a qualcosa visto solo centinaia di milioni di anni fa, in un remoto passato. L’ultima volta che la Terra ha vissuto tali concentrazioni di CO2 e quindi queste temperature, al polo sud c’erano gli alberi.

L’allarmante aumento delle concentrazioni di CO2 sè un grosso problema e non sappiamo nemmeno con esattezza quanto potranno diventare brutte le cose se non smetteremo di aggiungere anidride carbonica in atmosfera ad un ritmo così accelerato. Negli scenari peggiori, tra alcuni secoli potremmo avere una Terra distrutta e inabitabile, simile a un pianeta alieno tossico: stiamo parlando di nuvole permanenti in cielo e oceani infernali che ribolliscono fino a evaporare.

Continuiamo a bruciare combustibili fossili“, ha detto Keeling l’anno scorso, “e l’anidride carbonica atmosferica continua ad aumentare, è una faccenda molto semplice.” Gli anni che stiamo vivendo in questo momento sono la nostra ultima opportunità per invertire la tendenza e riavviare il pianeta verso la normalità e un ambiente tollerabile per noi e le altre specie animali.

C’è ancora speranza, ma possiamo rimettere le cose a posto solo se ci concentreremo collettivamente sul cambiamento del nostro modo di vivere, da lcome otteniamo le nostre energie fino a come risparmieremo le risorse.

Rinvenuta vicino Londra una spettacolare tomba di un principe Anglosassone

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Nel 2003 un gruppo di operai intenti ad allargare una strada nella cittadina di Prittlewell (a circa 40 miglia da Londra) si sono imbattuti in una tomba sotterranea. Da allora gli archeologi hanno lavorato per riportare alla luce la tomba ed i notevoli reperti in essa contenuti. Tra di essi, una lira, monete d’oro, una fibbia dorata e oggetti di lusso come coppe ricavate da corna e ciotole.

Sfortunatamente, il corpo dell’occupante si era da tempo dissolto a causa del tipo di terreno particolarmente acido di questa parte del Regno Unito; dell’uomo, sono stati ritrovati solo pochi frammenti di smalto dei denti. La mancanza di resti umani ha reso quasi impossibile per i ricercatori identificare chi fosse il proprietario della tomba, ma l’analisi degli altri manufatti ha portato gli archeologi a ritenere che l’antico occupante della tomba sia stato un principe anglo-sassone cristiano.

Ora, dopo oltre 15 anni di lavori di scavo e restauro, gli archeologi del Museo Archeologico di Londra (MOLA) hanno scoperto che questa tomba potrebbe essere il sito della prima sepoltura reale cristiana in Gran Bretagna.

I ricercatori hanno utilizzato la datazione al radiocarbonio sui reperti ritrovati per determinare l’età della tomba. “Stabilire la probabile datazione ci aiuta a comprendere chi potesse essere l’uomo sepolto in questa tomba”, ha detto a Business Insider Sophie Jackson, direttore della ricerca del MOLA. “Inizialmente, pensavamo che potesse essere il re Saebert… Ma sappiamo che è morto nel 616 e che probabilmente quest’uomo è stato seppellito tra il 580 e il 590“.

Si ritiene che il re Saebert sia stato il primo re sassone di questa parte dell’Europa a convertirsi al cristianesimo. Gli archeologi del MOLA ora pensano che la tomba potrebbe essere appartenuta al fratello minore di Saebert, SeaxaJackson ha dichiarato nel comunicato stampa che la scoperta potrebbe essere vista come un “equivalente inglese alla tomba di Tutankhamon“, poiché lo splendore di questa tomba del principe anglosassone rivaleggia con quello del sovrano egiziano. “Questa è una delle più significative scoperte sugli anglosassoni che questo paese abbia mai visto“, ha detto Jackson.

I reperti trovati nella tomba:

1.  La camera funeraria è stata costruita in legno, anche se il legno si è decomposto da lungo tempo. Rimangono solo le macchie e le impressioni della struttura nel terreno.

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Secondo i ricercatori del MOLA, la camera misurava circa 4,5 metri quadrati ed era sepolta a circa 1,5 metri di profondità.

2.  Uno dei più importanti manufatti scoperti nella tomba è una lira, sfortunatamente a pezzi. Questa è la prima volta che la forma completa di una lira anglo-sassone è stata trovata e registrata.

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La lira, una vecchia arpa inglese, era lo strumento a corde più importante nel mondo antico. Questa particolare lira era fatta di legno d’acero, con picchetti intagliati dalla cenere. Lo strumento era decorato con due granati che molto probabilmente venivano dall’India o dallo Sri Lanka.

Secondo Jackson, la lira era un importante strumento altomedievale che ha svolto un ruolo centrale nella narrazione orale; racconti eroici sarebbero raccontati durante le feste, accompagnati dalla musica della lira.

Potrebbe essere stato un oggetto prezioso – quest’uomo avrebbe potuto essere il custode delle storie in questa comunità, e la lira faceva parte dell’offerta di ospitalità di cui sarebbe stato responsabile“, ha detto.

3.  Una fibbia triangolare in oro ha dato agli archeologi un indizio sull’identità dell’antico occupante della tomba: la fibbia, insieme alle armi trovate nel sito, suggeriscono che abbiamo a che fare con la tomba di un uomo e non di una donna. Si crede che la fibbia della cintura d’oro sia stata fatta appositamente per la sepoltura principesca di Prittlewell nel periodo tra la morte e il funerale

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4.  I ricercatori hanno anche scavato due croci in lamina d’oro, il che suggerisce che l’uomo sepolto nel sito era un cristiano.

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5.  “La scoperta fornisce anche una visione più precisa su quando fu adottato il cristianesimo all’interno delle famiglie di élite“, ha detto Jackson.

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6.  Dalla posizione dei frammenti del dente dello scheletro, gli archeologi hanno dedotto che le due croci d’oro erano probabilmente poste sugli occhi ad un’estremità della bara.

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Sulla base di dove sono state trovate le croci dorate e fibbia della cintura all’interno della tomba, gli scienziati stimano che il principe fosse alto intorno al metro e sessanta. Quell’altezza indica che era un adulto o un adolescente.

7.  I ricercatori pensano che il principe potrebbe essere stato sepolto con una moneta d’oro in ogni mano, con una mano sul petto e l’altra distesa al suo fianco.

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Le monete, che sono state scoperte vicino ai frammenti dei denti, hanno aiutato gli archeologi a stimare una data più precisa della sepoltura.

8.  La tomba conteneva anche una scatola di legno dipinta vecchia di 1400 anni – l’unico esempio superstite di antiche opere in legno dipinto anglosassone.

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8.  Un flacone in lega di rame trovato nella stanza sepolcrale.

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I vasi come questo venivano spesso acquistati da pellegrini cristiani e fa pensare che il proprietario del flacone doveva avere viaggiato.

L’analisi di oggetti come questo “ha rivelato dove sono stati fatti e questo a sua volta ci ha aiutato a saperne di più sui commerci e gli scambi di doni tra le diverse famiglie d’elite e i regni nel sud dell’Inghilterra”, ha detto Jackson a Business Insider.

10.  La bottiglia è stata probabilmente prodotta in Siria.

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11.  Gli archeologi hanno anche dissotterrato parecchi bicchieri.

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12.  Questa coppa di legno ha fornito agli archeologi il materiale fondamentale per il test del radiocarbonio e poter individuare la datazione della sepoltura.

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13.  Gli archeologi hanno anche scoperto i resti di due corna provenienti dallo stesso animale e usate come bicchieri. I corni per bere erano oggetti di lusso – un segno dello status nobiliare dell’uomo.

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14.  Analizzando il materiale organico prelevato dai corni, gli scienziati sono stati in grado di determinare quando l’animale le cui corna erano state utilizzate è morto.

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15.  Anche i bordi decorativi in ​​oro su un’altra serie di recipienti per bere erano un segno della ricchezza del principe.

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16.  I ricercatori hanno anche trovato parte di una bottiglia in legno inanellata d’oro.

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17.  una ciotola di rame scoperta nella tomba.

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18.  La ciotola è stata trovata appesa in quella che probabilmente era la sua posizione originale sul muro della tomba.

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19.  Nella camera sepolcrale sono stati trovati anche due rari bicchieri di vetro blu.

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I due bicchieri sono stati rinvenuti intatti all’interno della camera di sepoltura.

20.  È stato anche scavato anche un bicchiere di vetro verde decorato.

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21.  Infine, gli archeologi hanno trovato anche degli uncini di ferro che probabilmente erano infissi nelle pareti della camera.

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Alcuni di questi artefatti saranno esposti permanentemente nel Southend Central Museum, vicino a Prittlewell.

Fonte: Business Insider

Ecco perché non dovrebbero essere autorizzati allevamenti intensivi di polpi a scopo alimentare

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Non si può negare che l’allevamento del bestiame sia stato un fatto positivo per l’umanità nel corso dei millenni e, tutto sommato, animali come le pecore e le mucche si sono ben adattati alla vita d’allevamento. Purtroppo, però, c’è un animale che gli umani amano mangiare, ma che sembra proprio non sia il caso di inserire in allevamenti intensivi.

Alcuni ricercatori sostengono in un nuovo studio che i polpi non dovrebbero mai essere allevati​, non solo per la loro intelligenza ma anche a causa dell’impatto ambientale che questa attività potrebbe provocare. La domanda globale di polpi per uso alimentare è in aumento e lo scorso anno i prezzi sul mercato di questi animali sono cresciuti a causa della scarsità del prodotto. I prezzi dovrebbero rimanere alti almeno per il resto del 2019. La quantità dei polpi pescati in natura è variabile, il che a sua volta contribuisce a un approvvigionamento inaffidabile e, per questa ragione si sta tentando di allevare i polpi.

In diversi paesi del mondo, sono in corso sforzi per avviare l’allevamento dei polpi e si stanno tentando anche studi per effettuare modifiche genetiche per accelerare l’acquacoltura di questi cefalopodi. Una squadra di scienziati ambientali, filosofi e psichiatri in una recente edizione di “Issues in Science and Technology”, scrive che“Questo,naturalmente potrebbe causare impatti ambientali importanti, tra i quali inquinamento da azoto e fosforo da rifiuti animali, l’incrocio e la diffusione di malattie e la perdita di habitat naturale, per citarne alcuni”. Ma la più grande preoccupazione per l’ambiente deriva dalla tipologia di dieta dei polpi. Come la maggior parte delle creature acquatiche, i polpi sono carnivori e hanno bisogno di proteine ​​e olio di pesce nella loro dieta, inoltre le larve di polpo mangiano solo cibo vivo, che deve venire da qualche parte.

I polpi hanno bisogno di molto cibo, almeno tre volte il peso dell’animale nel corso della sua vita, e assicurare che i loro bisogni alimentari siano soddisfatti negli allevamenti genererebbe ulteriore pressione su queste attività di pesca già in declino. Questo probabilmente ridurrebbe la sicurezza alimentare globale per gli esseri umani.

Ma, anche se questo problema potesse essere risolto, mantenere i polpi negli allevamenti sarebbe crudele. Se sei mai stato in un acquario marino, probabilmente lo sai. I polpi sono ben noti per la loro intelligenza e capacità di risoluzione dei problemi. Negli acquari dei polpi vengono spesso tenuti giocattoli per evitare che i cefalopodi si annoino. Possono aprire barattoli, riconoscere singoli umani, ricordare i test che hanno già soatenuto, persino sfuggire da un acquario quando ne hanno abbastanza.

Hanno anche mostrato comportamenti preoccupanti, se tenuti in cattività, con forme di cannibalismo ed autolesionismo, che potrebbero essere il risultato di una malattia infettiva. In un ambiente senza stimoli questi animali diventano frustrati e annoiati.

“Oltre alla loro salute e sicurezza biologica di base, è probabile che i polpi necessitino di alti livelli di stimolazione cognitiva, oltre alle opportunità di esplorare, manipolare e controllare il loro ambiente”hanno scritto gli scienziati. “I sistemi di allevamento intensivo sono inevitabilmente inadeguati e privi di questo tipo di habitat naturale.”

Al momento, ci sono alcune grandi sfide da superare, ad esempio: se si riuscisse ad avviare un allevamento di polpi, come si potrebbero tenere in vita i giovani animali fino all’età adulta? I progressi tecnologici potrebbero provocare qualche miglioramento, visto che la ricerca sta crescendo in tutto il mondo. La sperimentazione sull’allevamento dei polpi in Messico ha già registrato una svolta nell’ultimo decennio. Una società di prodotti ittici giapponesi ha segnalato con successo la schiusa di uova nel 2017.

Con così tanti problemi già evidenti, gli scienziati sperano che i tentativi di allevare i polpi, debbano essere stroncati sul nascere. “La nostra speranza e che la società riconosca i gravi problemi ambientali e di benessere associati a tali progetti e che l’allevamento di polpi sarà scoraggiato o impedito“, hanno scritto.

“Sarebbe opportuno per i governi, per le società private e per le istituzioni accademiche smettere di investire nell’allevamento dei polpi e concentrare invece i loro sforzi per raggiungere un futuro veramente sostenibile e compassionevole per la produzione di cibo”.

Lo studio è stato pubblicato su Issues in Science and Technology 35 .

Scoperto il nuovo ciclo dell’acqua su Marte, è il colpevole della perdita di umidità del pianeta

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Circa ogni due anni terrestri, quando è estate nell’emisfero meridionale di Marte, si apre una finestra: solo in questa stagione il vapore acqueo riesce a salire dagli strati bassi a quelli alti dell’atmosfera marziana. Da Lì, i venti portano lo portano fino al polo nord. Una parte di questo vapore acqueo viene disperso nello spazio, il resto si raffredda e precipita sulla superficie delle zone intorno ai poli.

I ricercatori dell’Istituto di fisica e tecnologia di Mosca e dell’Istituto Max Planck per la ricerca sul sistema solare (MPS) in Germania, hanno descritto questo insolito ciclo marziano dell’acqua nell’ultimo numero di Geophysical Research Letters. Le loro simulazioni al computer mostrano come il vapore acqueo supera la barriera di aria fredda nell’atmosfera media di Marte e raggiunge gli strati più elevati dell’atmosfera. Questo potrebbe spiegare perché Marte, a differenza della Terra, ha perso la maggior parte della sua acqua.

Miliardi di anni fa, Marte era un pianeta ricco di acqua con fiumi e persino un oceano. Da allora, il Pianeta Rosso è cambiato radicalmente. Oggi esistono solo piccole quantità di acqua ghiacciata nel terreno; nell’atmosfera, di vapore acqueo se ne trovano solo tracce. Tutto sommato, il pianeta potrebbe aver perso almeno l’80% della sua acqua originale. Nell’atmosfera superiore di Marte, la radiazione ultravioletta proveniente dal sole separa le molecole d’acqua in idrogeno (H) e radicali ossidrili (OH). Da lì, L’idrogeno si disperde irrimediabilmente nello spazio. Le misurazioni di sonde spaziali e telescopi spaziali, ad esempio Maeven, mostrano che ancora oggi l’acqua di Marte si disperde in questo modo. Ma come è possibile? Lo strato di atmosfera mediana di Marte, come la tropopausa terrestre, dovrebbe in realtà fermare la salita del gas. Dopo tutto, questa regione è solitamente così fredda che il vapore acqueo dovrebbe trasformarsi in ghiaccio. In che modo, quindi, il vapore acqueo di Marte raggiunge gli strati superiori dell’aria?

Nelle loro simulazioni, i ricercatori russi e tedeschi hanno individuato un meccanismo precedentemente sconosciuto che sembra agire come una pompa. Il loro modello descrive in modo completo i flussi nell’intero inviluppo di gas che circonda Marte dalla superficie fino a un’altitudine di 160 chilometri. I calcoli mostrano che l’atmosfera media, normalmente ghiacciata, diventa permeabile al vapore acqueo due volte al giorno, ma solo in un determinato luogo e in un certo periodo dell’anno.

** Scoperto il nuovo ciclo dell'acqua su Marte
Distribuzione verticale del vapore acqueo su Marte nel corso di un anno marziano, qui mostrato alle 3 del mattino ora locale. Solo quando è estate nell’emisfero australe il vapore acqueo può raggiungere strati atmosferici più elevati. Credito: GPL, Shaposhnikov et al .: Pompa stagionale “Acqua” nell’atmosfera di Marte: trasporto verticale verso la termosfera

L’orbita di Marte gioca un ruolo decisivo in questo. Il suo percorso attorno al sole, che dura circa due anni terrestri, è molto più ellittico di quello del nostro pianeta. Nel punto più vicino al sole (che coincide grosso modo con l’estate dell’emisfero australe), Marte si trova circa 42 milioni di chilometri più vicino al sole che nel punto più lontano. L’estate nell’emisfero australe è quindi sensibilmente più calda dell’estate nell’emisfero settentrionale.

Quando è estate nell’emisfero australe, in determinate ore del giorno, il vapore acqueo può salire localmente con masse d’aria più calde e raggiungere l’atmosfera superiore“, afferma Paul Hartogh dell’MPS, riassumendo i risultati del nuovo studio. Negli strati atmosferici superiori, i flussi d’aria trasportano il gas lungo le longitudini verso il polo nord, dove si raffredda e affonda nuovamente. Tuttavia, parte del vapore acqueo sfugge a questo ciclo: sotto l’influenza della radiazione solare, le molecole d’acqua si scompongono e l’idrogeno sfugge nello spazio.

Un’altra peculiarità marziana potrebbe confermare questo insolito ciclo idrologico: le enormi tempeste di polvere che attraversano l’intero pianeta e affliggono ripetutamente Marte a intervalli di diversi anni. Le ultime tempeste del genere si sono verificate nel 2007 e nel 2018 e sono state ampiamente documentate dalle sonde spaziali in orbita attorno a Marte. “La quantità di polvere che vortica nell’atmosfera durante queste tempeste facilita il trasporto del vapore acqueo in strati di aria alta“, afferma Alexander Medvedev dell’MPS.

** Scoperto il nuovo ciclo dell'acqua su Marte
Di tanto in tanto, tempeste di polvere marziana coprono l’intero pianeta, come nel giugno 2018. L’immagine è stata presa dal rover Curiosity della NASA. Tempeste di questo tipo possono facilitare il trasporto di acqua nell’atmosfera superiore di Marte. Credito: NASA

I ricercatori hanno calcolato che durante la tempesta di sabbia del 2007, una quantità due volte superiore al normale di vapore acqueo abbia raggiunto l’atmosfera superiore, come durante un’estate senza tempesta nell’emisfero meridionale. Poiché le particelle di polvere assorbono la luce solare e quindi si riscaldano, le temperature nell’intera atmosfera aumentano fino a 30 gradi. “Il nostro modello mostra con una precisione senza precedenti come la polvere nell’atmosfera influisce sui processi microfisici coinvolti nella trasformazione del ghiaccio in vapore acqueo“, spiega Dmitry Shaposhnikov dell’Istituto di Fisica e Tecnologia di Mosca, primo autore del nuovo studio.

Apparentemente, l’atmosfera marziana è più permeabile al vapore acqueo rispetto a quella della Terra“, conclude Hartogh. “Il ciclo stagionale dell’acqua appena individuato contribuisce in modo massiccio alla continua perdita di acqua di Marte” .

Maggiori informazioni: Dmitry S. Shaposhnikov et al. Acqua stagionale “Pompa” nell’atmosfera di Marte: Trasporto verticale verso la termosfera, Geophysical Research Letters (2019). DOI: 10.1029 / 2019GL082839

Un uomo ha subito un ictus dopo avere scrocchiato il collo dolorante

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In pratica, ha detto McCollom, Hader si era procurato da solo una dissecazione (un aneurisma) alla sua arteria vertebrale, una delle principali arterie del collo che sale nel cervello. Una grumo di sangue che occlude la circolazione o la dissecazione dell’arteria vertebrale che provoca un versamento, tipicamente provoca un ictus; tipicamente accade a persone tra i 20 e i 30 anni e non dipende dallo stato di salute, ha detto a “The Post” Kazuma Nakagawa, neurologo esperto di ictus.

È raro che il collo scrocchi e causi un versamento, ha detto Nakagawa, direttore medico del Comprehensive Stroke Center presso il Queen’s Medical Center di Honolulu. “È bene essere consapevoli del fatto che il dolore al collo improvviso può potenzialmente essere il punto di partenza di un ictus“, ha detto Nakagawa.

Tutto era cominciato mentre Hader, come ha poi raccontato, stava lavorando da casa sua a Guthrie, nell’Okla, quando sentì il familiare dolore al collo e cercò di alleviarlo. “Allungavo il collo cercando di farlo scrocchiare il più possibile nella speranza di avere sollievo. Avevo appena finito quando il lato sinistro del mio corpo è diventato insensibile.” Data la sua esperienza come ex ufficiale di polizia, Hader ha riferito di avere subito controllato per vedere se la sua faccia era cadente, uno dei segni rivelatori di un ictus. I muscoli della sua faccia sembravano funzionare bene, quindi concluse che doveva aver appena pizzicato un nervo e andò a prendere degli impacchi di ghiaccio. Fu allora che Hader capì che qualcosa che non andava. “Mentre andavo in cucina, mi accorsi che potevo camminare solo con un angolo di 45 gradi“, ha detto. “Non potevo camminare dritto. Stavo quasi camminando tutto sulla sinistra. “

Nel giro di pochi minuti convinse suo suocero a portarlo in ospedale e intanto le sue condizioni peggiorarono drasticamente. all’arrivo al pronto soccorso, circa mezz’ora dopo, Hader non riusciva a camminare affatto e aveva bisogno di una sedia a rotelle.

Dopo che una TAC ha determinato che non c’era emorragia nel cervello, ha detto Hader, un medico gli confermò che aveva un ictus ed aveva bisogno di ricevere un farmaco noto come attivatore del plasminogeno tissutale, che scioglie i coaguli di sangue. “Ricordo di essermi seduto lì e sentire il medico gridare che avevano 12 minuti per somministrare il plasminogeno tissutale, ero incredulo, continuavo a ripetermi che non stava succedendo a me.”

Anche sua moglie, Rebecca, ha dichiarato al “The Post” che non poteva credere che suo marito avesse avuto un ictus. Ha detto che gli diceva sempre di non scrocchiare il collo. “Ho pensato che dovesse essere qualcos’altro“, ha detto. “È troppo giovane. Era troppo strano, per tutto il tragitto fino all’ospedale, stavo quasi pensando che fosse un infarto.”

Hader è stato trasportato al Mercy Hospital dove è rimasto nel reparto di terapia intensiva per diversi giorni prima di essere inviato in un centro di riabilitazione. “Ero terrorizzata“, ha detto Rebecca Hader. “Lui dice che non si è mai preoccupato. Io ho avuto timore che stesse per morire “.

Nakagawa ha detto che la situazione di Hader avrebbe potuto essere molto peggiore. “Il tipo di ictus che Header ha sperimentato può essere mortale“, ha dichiarato il medico. Le arterie vertebrali nel collo si uniscono nel cervello per diventare l’arteria basilare, che serve a fornire sangue al tronco cerebrale, “il tronco cerebrale è il cuore e l’anima del cervello“, ha dichiarato. “Senza di esso, il nostro cervello non funziona.”

Se una goccia grumo di sangue nell’arteria vertebrale colpisce l’arteria basilare, l’ictus può essere fatale, causare un coma o lasciare una persona in uno stato vegetativo permanente. Nel 2016, la modella di 34 anni Katie May è morta per un ictus dopo essere andata dal chiropratico per un nervo schiacciato al collo, ha riferito CBS News. Un’autopsia ha scoperto che l’arteria vertebrale della May subì una dissecazione a causa di una “manipolazione del collo“, secondo HuffPost.

Hader ha raccontato di aver scoperto quanto terribile sarebbe potuta essere la sua situazione, dopo aver visitato uno specialista vascolare poche settimane fa. “Ha messo le sue dita molto vicine e ha detto, ‘Eri vicino a un coma tanto così'”.

Nakagawa ha detto di aver incontrato alcuni casi, ma di avere notato che si tratta di un evento raro. Gli esperti della comunità degli studiosi dell’ictus non sanno ancora perché le arterie di alcune persone si lacerano mentre altre no, ma hanno la sensazione che possa avere qualcosa a che fare con l’integrità delle pareti dei vasi sanguigni che differisce da persona a persona.

Secondo Nakagawa, “il 99,9 per cento delle volte ti fai scrocchiare il collo non succede nulla, ma quello 0,1 può essere mortale“.

Un bioreattore ad alghe produrrà ossigeno e cibo sulla Stazione Spaziale Internazionale

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L’aria sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) potrebbe presto diventare molto più pura, così come l’alimentazione degli astronauti potrebbe arricchirsi di alimenti freschi.

Gli astronauti di stanza sulla ISS stanno per testare un nuovo dispositivo chiamato “Photobioreactor“,  che utilizza alghe per convertire l’anidride carbonica in ossigeno respirabile e produrre cibo commestibile. A differenza di Matt Damon, i veri astronauti non possono sopravvivere mangiando solo patate, quindi si stanno testando alcuni sistemi in grado di reintegrare sulla Stazione Spaziale elementi essenziali come aria e cibo che saranno necessari per le lunghe missioni nello spazio profondo programmate per il futuro.

Il bioreattore è stato portato sulla Stazione Spaziale Internazionale lunedì scorso dalla missione di rifornimento della capsula Dragon di SpaceX e presto sarà utilizzato in concerto con un altro sistema di supporto vitale a circuito chiuso che converte il biossido di carbonio in metano e acqua utilizzabili. L’anidride carbonica rimanente verrà consumata dalle alghe.

Se tutto andrà bene, gli astronauti delle future missioni lunari e oltre, avranno a bordo della propria navicella più di una valida fonte di ossigeno, inoltre le alghe, ricche di proteine, ​​potrebbero un giorno costituire fino al 30 percento della dieta di un astronauta.

Con questa dimostrazione della fattibilità e funzionalità di un approccio ibrido siamo in prima linea nel testare i sistemi di supporto vitale del futuro“, ha detto in un comunicato stampa Oliver Angerer, lo scienziato tedesco che guida il progetto. “Naturalmente, l’uso di questi sistemi è interessante soprattutto per le future basi lunari e planetarie o per missioni nello spazio molto lunghe che si svolgeranno oltre l’orbita lunare. Ovviamente, p necessario gettare oggi le basi per queste tecnologie che, altrimenti,non saranno disponibili quando saranno necessarie.

Le diverse strategie adottate da Jeff Bezos ed Elon Musk per arrivare sulla Luna

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Oggi pomeriggio, Jeff Bezos farà un annuncio riguardante la sua compagnia spaziale, Blue Origin. L’immagine sull’invito inviato ai membri della stampa, una visione della Terra vista dalla Luna, suggerisce che il fondatore di Amazon svelerà i piani di Blue Origin per inviare missioni robotiche e umane alla superficie lunare, possibilmente con un contratto NASA in mano.

Se è così, non sarà solo. L’appaltatore aerospaziale Lockheed Martin ha già svelato i suoi piani lunari in collaborazione con la NASA. E SpaceX di Elon Musk ha un piano per una missione di sorvolo lunare, mentre l’amministratore della NASA Jim Bridenstein ha spiegato a un comitato del Senato, lo scorso marzo che l’agenzia è aperta all’utilizzo di razzi pesanti privati per le future missioni con equipaggio verso la Luna. Il Falcon Heavy di SpaceX potrebbe essere, la momento, il più adatto a questo scopo.

Gli ultimi anni hanno visto crescere l’interesse verso il ritorno sulla Luna. L’amministrazione Trump ha ordinato alla NASA riportare gli umani sulla Luna entro il 2024 e l’agenzia spaziale ha annunciato da tempo i piani per realizzare un “Lunar Gateway“, una stazione spaziale in orbita attorno alla Luna sviluppata in collaborazione con diverse agenzie spaziali. Quella stazione spaziale porta con sé l’opportunità per le compagnie commerciali di sviluppare capacità lunari per fornire supporto alle missioni sul Gateway.

Lockheed Martin ha una lunga storia con la NASA e l’esplorazione lunare visto che era uno degli appaltatori delle missioni Apollo. Ma i miliardari Musk, che gestisce Tesla oltre a SpaceX, e Bezos rappresentano la fiorente industria spaziale commerciale, e le strade che i due imprenditori hanno intrapreso per arrivare a questo punto non potrebbero essere più diverse.

Ciò che le due società hanno in comune è che entrambe sono la realizzazione delle visioni dei loro fondatori. Jeff Bezos ha fondato Blue Origin nel 2000, subito dopo l’IPO che quotò in borsa Amazon. Due anni dopo, fresco della vendita di PayPal, Musk fondò SpaceX con i suoi capitali personali.

SpaceX, nel frattempo, è stata tutt’altro che tranquilla. La compagnia iniziò a farsi notare nel dicembre 2003, quando portò il suo primo razzo, il Falcon One, dal quartier generale della società a Hawthorne, in California, a Washington, DC per presentarlo al National Mall ad un gruppo di membri del Congresso, della NASA e a funzionari dell’aeronautica militare. Musk promuove regolarmente la compagnia e i suoi piani per il futuro, i suoi occhi sembrano saldamente puntati sulla sua visione personale secondo cui SpaceX deve rappresentare l’avanguardia degli esseri umani nel fondare una civiltà multiplanetaria.

Musk si è nche dimostrato più aggressivo nell’ottenere finanziamenti di venture capital e contratti governativi per sostenere la sua compagnia. Sebbene mantenga ancora la maggioranza nell’azienda (Forbes stima che la sua partecipazione nella società sia superiore al 50%), SpaceX ha raccolto oltre 2,5 miliardi di dollari in finanziamenti e sovvenzioni, con una valutazione attuale stimata in oltre 31,5 miliardi di dollari, secondo Pitchbook. Recenti registrazioni della SEC dimostrerebbero che la compagnia di Musk sta tentando di raccogliere altri 500 milioni di dollari di capitale entro quest’anno.

SpaceX è libero di provare nuove cose, di innovare rapidamente, di andare oltre“, ha detto Chad Anderson, fondatore di Space Angels, un’azienda VC specializzata nel settore spaziale. “Testano un bel po ‘e abbiamo visto alcuni fallimenti. Abbiamo visto esplosioni di razzi, hanno persino messo insieme una successione di razzi esplosi mentre tentavano di farli atterrare. Lo considerano un punto d’orgoglio per cui sono disposti a provare cose nuove e sono riusciti a catturare l’attenzione del pubblico proprio per questo loro modo di fare“.

Al contrario, Blue Origin raramente fa annunci importanti sui piani futuri, a meno che non sia inevitabile a causa di contratti pubblici o altri motivi, preferendo invece concentrare i comunicati su ciò che è stato già realizzato. “Bezos proclama con orgoglio i successi conseguiti ogni volta che fa un grande annuncio, gli piace parlare delle cose che ha fatto“, ha detto Anderson. Una rara eccezione per questo è stato il suo piano per la LunaIl suo lander lunare robotizzato, Blue Moon, è stato annunciato per la prima volta nel 2017 e la scorsa estate la compagnia ha rivelato di avere un piano quinquennale per raggiungere la Luna.

SpaceX ha adottato una visione di alto profilo della sua strategia di innovazione iterativa rischiosa, mentre lo sviluppo di Blue Origin è quasi l’esatto opposto. Il motto dell’azienda è Gradatim Ferociter, una frase latina che significa “passo dopo passo, ferocemente”.

Nonostante la fiducia di Bezos in un approccio allo sviluppo più lento e perfezionista, è innegabile che SpaceX abbia visto più successo, almeno finora. Sebbene Blue Origin abbia realizzato finora 11 lanci riusciti, non ha ancora inviato nessun veicolo spaziale in orbita, ma ha mantenuto i suoi lanci nell’area suborbitale, come la navicella Mercury cui il suo attuale sistema è ispirato.

SpaceX, nel frattempo, ha avuto più di 70 lanci orbitali commerciali di successo, che includono non solo la messa in orbita dei satelliti, ma anche 15 consegne di merci di successo alla Stazione Spaziale Internazionale. È stata la prima azienda a consegnare merci alla stazione, e l’azienda ha anche visto due lanci di successo del suo razzo Falcon Heavy, attualmente il più potente lanciatore sul mercato.

Questo record non è stato esente da fallimenti che sono costati alcune perdite alla compagnia. Alcuni lanci sono falliti e hanno portato alla perdita dei payload dei clienti, e più recentemente, durante un test statico, la capsula Dragon 2 che porterà gli astronauti alla Stazione Spaziale Internazionale è andata distrutta e, probabilmente, ha provocato un ritardo nel programma che finirà per slittare al 2020.

In questa corsa miliardaria alla Luna, Bezos e Musk si sono identificati rispettivamente come Tartaruga e Lepre ma probabilmente non scopriremo quale approccio si sarà rivelato vincente almeno fino alla metà del 2020.

Intanto aspettiamo di scoprire cosa annuncerà oggi Bezos.

Cristalli stellari

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di Oliver Melis

“Lucy in the sky with diamonds”, famosa canzone dei Beatles fece nascere parecchie controversie a causa del suo titolo, che venne interpretato come un’allusione all’LSD.

Secondo questa teoria, l’acronimo del titolo della canzone si riferirebbe alla sopracitata droga (le iniziali dei sostantivi presenti nel titolo sono infatti L, S, D). Lennon, invece, raccontò che l’ispirazione per il titolo gli venne da un disegno di suo figlio Julian. Nel disegno infatti, si vede una compagna di classe di Julian che vola in un cielo pieno di diamanti.

Questa canzone venne citata anche in un racconto di fantascienza scritto da Arthur C. Clarke che la prese in prestito per spiegare come il nucleo di Giove si trasformò in un gigantesco diamante quando, a causa del monolito TM1 implose diventando una stella.

Oggi uno studio afferma che le nane bianche si solidificano in cristalli, e ne dobbiamo la scoperta agli astronomi dell’Università di Warwick e al satellite Gaia dell’ESA. Insomma, I nostri cieli sono pieni di corpi celesti cristallizzati.

Le osservazioni hanno rivelato che i resti di stelle simili al nostro Sole, chiamate nane bianche, hanno un nucleo di ossigeno e carbonio solido a causa di una transizione di fase durante il loro ciclo vitale simile all’acqua che si trasforma in ghiaccio a temperature più alte. Ciò potrebbe rendere tali astri più vecchi di miliardi di anni, rispetto a quanto si pensasse in precedenza.

La scoperta fatta dal gruppo guidato dal dott. Pier-Emmanuel Tremblay del Dipartimento di fisica dell’Università di Warwick, è stata pubblicata su Nature e si basa in gran parte su osservazioni fatte con il satellite Gaia dell’Agenzia spaziale europea.

Le stelle nane bianche, che sono ciò che resta delle giganti rosse dopo che queste enormi stelle sono morte perdendo i loro strati esterni, si raffreddano costantemente liberando il calore accumulato nel corso di miliardi di anni. Questi astri sono tra i più antichi oggetti stellari dell’universo. Sono utili agli astronomi poiché il loro ciclo vitale può essere utilizzato come orologio cosmico per stimare l’età dei gruppi di stelle vicine con un alto grado di precisione.

Gli astronomi hanno effettuato lo studio selezionando 15.000 nane bianche entro un raggio di circa 300 anni luce dalla Terra e grazie alle osservazioni fatte dal satellite Gaia, analizzando i dati sulle luminosità e sul colore delle stelle hanno identificato un eccesso nel numero di stelle a specifici colori e luminosità che non corrispondono a nessuna singola massa o età.

Se confrontato con i modelli evolutivi di stelle, l’accumulo coincide in gran parte con la fase del loro sviluppo in cui si prevede che il calore latente venga rilasciato in grandi quantità, con un conseguente rallentamento del loro processo di raffreddamento. Si stima che in alcuni casi queste stelle abbiano rallentato il loro invecchiamento di ben 2 miliardi di anni, ovvero il 15% dell’età della nostra galassia.

Il dott. Tremblay ha dichiarato: “Questa è la prima prova diretta che le nane bianche cristallizzano, effettuando una transizione da liquido a solido: La cristallizzazione è stata teorizzata cinquant’anni e postulava che dovremmo osservare un accumulo nel numero di nane bianche a determinate luminosità e colore dovuti a cristallizzazione e solo ora grazie all’utilizzo del satellite Gaia e al conseguente studio questa fase di transizione è stata osservata.”

Tutte le nane bianche cristallizzeranno ad un certo punto della loro evoluzione, anche se nane bianche più massicce attraverseranno il processo prima, e questo significa che miliardi di nane bianche nella nostra galassia hanno già completato il processo e sono essenzialmente sfere di cristallo nel cielo. Anche il nostro Sole diventerà una nana bianca che si trasformerà in un cristallo in circa 10 miliardi di anni.

La cristallizzazione è il processo nel quale un materiale passa allo stato solido, con i suoi atomi disposti a formare una struttura ordinata.

Sotto le estreme pressioni all’interno dei nuclei delle nane bianche, gli atomi sono impacchettati così strettamente che i loro elettroni funzionano come un gas conduttore governato dalla fisica quantistica mentre i nuclei caricati positivamente mutano in una forma fluida. Quando il nucleo si raffredda a circa 10 milioni di gradi, viene rilasciata energia sufficiente affinché il fluido inizi a solidificarsi, formando un nucleo metallico al suo centro con un mantello in carbonio.

Il dott. Tremblay aggiunge: “Non solo abbiamo prove del rilascio di calore dopo la solidificazione, ma è necessario un considerevole rilascio di energia per spiegare le osservazioni. Crediamo che ciò sia dovuto prima alla cristallizzazione dell’ossigeno e poi all’affondamento, un processo simile a sedimentazione su un letto del fiume sulla Terra. Questo spingerà il carbonio verso l’alto, e quella separazione libererà l’energia gravitazionale.”

Abbiamo fatto un grande passo avanti nell’ottenere età precisi per queste nane bianche più fredde e quindi più vecchie stelle della Via Lattea.” Conclude Tremblay, “gran parte del merito di questa scoperta è dovuta alle osservazioni di Gaia. Grazie alle misurazioni precise di cui è capace, abbiamo capito l’interno delle nane bianche in un modo che non ci saremmo mai aspettati.