sabato, Novembre 16, 2024
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Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?

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L’assassinio di Desirèe non è solo il risultato dell’autodistruttività della giovane ma anche dell’ignavia delle autorità, che da anni tollerano l’esistenza di zone franche dove la legge e le regole della convivenza civile non esistono più.

Sui social, i moderni termometri dell’opinione pubblica, sta montando un’ondata di legittima indignazione contro gli autori del bestiale omicidio commesso nei giorni scorsi contro la giovane Desirèe, una ragazza vittima di svariati disagi, con una famiglia sfasciata, un padre condannato dalla giustizia penale nel 2012 per essere stato uno dei capi dello spaccio di droga a Cisterna di Latina, separato e colpito dal divieto di avvicinarsi all’ex moglie, una madre incapace, insieme ai nonni di gestire questa figlia insoddisfatta e infelice, al punto di interessare lo stesso padre spingendolo ad intervenire. Intervento che l’uomo non si è fatto pregare di effettuare, tanto che è intervenuto direttamente presso gli spacciatori locali e la stessa figlia che, colpita da uno schiaffo, lo denuncia per aggressione, spingendo un giudice ad imporre all’uomo gli arresti domiciliari.

Anche dai domiciliari l’uomo interviene, facendo spargere la voce che c’è l’assoluto divieto di cedere dosi di droga alla ragazza, cosa che, probabilmente, spinge la giovane, forse imbeccata da un’amica, a cercare a Roma, nel famigerato capannone di San Lorenzo, la droga che agognava.

E qui si compie la tragedia.

La ragazza frequenta per quasi due settimane il capannone dove trova pusher disposti a cederle le dosi, forse anche in cambio di prestazioni sessuali, stando a quanto dicono giornali e pensano gli inquirenti.

Fino alla tragica notte tra giovedì e venerdì: Desirèe avvisa la nonna che dormirà da un’amica, in realtà entra ed esce dallo stabile occupato da pusher, tossicodipendenti ed irregolari diverse volte durante la giornata, finchè entra un’ultima volta, sembra insieme ad un’amica o una conoscente, e non esce più. La drogano pesantemente, la stuprano ripetutamente e, alla fine, la lasciano morire per un collasso dovuto ad overdose di droga e tranquillanti. L’amica non dice nulla, forse patteggia il silenzio in cambio di qualche dose, la ragazza è abbandonata, nuda, su una brandina lurida, qualcuno la copre fino alla testa con una coperta, l’amica si impietosisce e la riveste ma per Desirèe è troppo tardi.

Una chiamata anonima provoca l’intervento sul posto di un’ambulanza ma i paramedici non riescono ad accedere allo stabile e chiedono l’intervento dei vigili del fuoco ed è solo dopo l’arrivo di questi che si riesce ad entrare nel capannone del degrado e del disagio e si rinviene il corpo ormai senza vita della ragazza.

Ora sono stati identificati i responsabili, due senegalesi ed un nigeriano irregolari e con precedenti, sono stati arrestati e si sta dando la caccia ad un quarto uomo. Secondo fonti di stampa sarebbero almeno altre 6 o 7 le persone che verranno iscritte nel registro degli indagati, con vari gradi di reponsabilità e favoreggiamento.

Fin qui la cronaca.

Ora, quando è troppo tardi, il comune di Roma intende costituirsi parte civile. Ma quale parte civile? Sono anni che la situazione di questo ed altri capannoni abbandonati viene tollerata in nome di uno strano senso dell’accoglienza, secondo il quale è giusto tollerare zone ed aree dove la legge non esiste, dove irregolari e sbandati vivono oltre i limiti accettabili in una società civile, dove i pushers trovano terreno fertile e spacciano incontrastati, certi che nessuno li disturberà.

Ma quale parte civile? Cosa vuole togliere a quelle bestie, ridotte ad uno stato di subumanità anche dall’ignavia di questa e delle precedenti amministrazioni comunali, tolleranti fino al masochismo e non solo a San Lorenzo, sono molteplici le aree di disagio a Roma, perfino interi quartieri, come a San Basilio, dove si tollera praticamente di tutto, dove la gente per bene ha paura ad uscire di casa anche solo per portare a passeggio il proprio cane e dove le forze dell’ordine latitano, e non per loro responsabilità.

E c’è chi fa la marce, partecipa alle fiaccolate, sempre troppo tardi. Andiamo a commemorare una giovane che avrà anche avuto le sue colpe, che “se l’è andata a cercare” come scrivono alcuni sui social ma che, probabilmente, pur nel suo impeto autodistruttivo, non avrebbe mai pensato di finire in quel modo la sua vita.

E ora inizia il balletto ipocrita della politica: la sindaca vuole costituirsi parte civile, la stessa sindaca che nulla ha fatto in oltre due anni per risolvere questa e altre situazioni ben note, e le opposizioni si stracciano le vesti, quelle stesse opposizioni che hanno lasciato per anni crescere e peggiorare queste situazioni mentre governavano la città. Gli italiani hanno la memoria corta ma sarà difficile per tutti non ricordare che fino a due anni fa Roma è stata governata sia dal centro destra che dal centro sinistra, le cui giunte per anni hanno chiuso gli occhi mentre San Lorenzo diventava il regno degli spacciatori e i vecchi capannoni abbandonati diventavano territori senza legge, regno di quelle bestie che oggi hanno ucciso Desirèe dopo averla ripetutamente stuprata mentre era incosciente per l’enorme quantità di droghe e tranquillanti che le avevano somministrato.

La sindaca e il ministro dell’interno, al di là dei proclami ipocriti, si muovano ed in fretta, provvedano a sgombrare questo e gli altri capannoni abbandonati; si provveda al rimpatrio di chi è stato colpito da provvedimenti di espulsione o che non è in possesso dei requisiti per il permesso di soggiorno, si reprima con forza il fenomeno dello spaccio di droga, si sistemino negli appositi centri di accoglienza coloro che hanno i requisiti. Insomma, non bastano più i proclami del senno di poi, fatti giusto per calmare l’opinionie pubblica nell’attesa che le acque si calmino per poi non cambiare nulla.

Anche perchè, al di là del tifo da stadio dei sostenitori delle opposte fazioni politiche, c’è una forte parte di opinone pubblica esasperata e sui social comincia a serpreggiare la tentazione di farsi giustizia da soli, un caso in cui si sa che, poi, ci vanno di mezzo tutti, colpevoli ed innocenti, soprattutto finisce per uscirne sconfitta la giustizia e con lei la legge e l’ordine sociale.

Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?

La vita extraterrestre potrebbe essere viola

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La vita aliena potrebbe essere viola.

Questa è la conclusione di un nuovo documento di ricerca che suggerisce che la prima vita sulla Terra avrebbe potuto avere una tonalità color lavanda. Nell’International Journal of Astrobiology, il microbiologo Shiladitya DasSarma della University of Maryland School of Medicine e ricercatore Edward Schwieterman dell’University of California, a Riverside, sostengono che prima che le piante verdi iniziassero ad utilizzare la luce solare per ottenere energia, minuscoli organismi viola utilizzavano un modo diverso per ottenere lo stesso risultato.

Secodo DasSarma, qualche forma di vita aliena potrebbe prosperare allo stesso modo,

Gli astronomi hanno scoperto recentemente migliaia di nuovi pianeti extrasolari e stanno sviluppando la capacità di vedere le biosignature superficiali” nella luce riflessa da questi pianeti. Conosciamo già modi per rilevare la vita vegetale come la conosciamo dallo spazio, ma gli scienziati potrebbero aver bisogno di iniziare a cercare biosignature per il viola.

L’idea che sulla Terra primordiale prosperassero microorganismi viola non è nuova, DasSarma e i suoi colleghi avevano già avanzato questa teoria nel 2007.

L’idea nasce dal fatto che le piante e le alghe fotosintetiche usano la clorofilla per assorbire energia dal sole, ma non assorbono la luce verde. È strano, perché la luce verde è ricca di energia. Forse, hanno pensato DasSarma e i suoi colleghi, qualcos’altro stava già usando quella parte dello spettro quando si è evoluto il sistema di fotosintesi basato sulla clorofilla.

Quel “qualcos’altro” sarebbe un semplice organismo che catturava l’energia solare utilizzando una classe di molecole chiamate retinoidiI pigmenti retinici assorbono meglio la luce verde. Non sono così efficienti come le clorofille nel catturare l’energia solare, ma sono più semplici. Questo secondo quanto riportato dagli autori nella uova ricerca pubblicata l’11 ottobre.

La raccolta di luce retinica è ancora oggi diffusa tra i batteri e gli organismi unicellulari chiamati Archaea. Questi organismi viola sono stati scoperti dappertutto, dagli oceani all’Antartico. I pigmenti retinici si trovano anche nel sistema visivo di animali più complessi. L’aspetto dei pigmenti retinici studiati in molti organismi viventi suggerisce che si siano evoluti precocemente, in antenati comuni a molti rami dell’albero della vita. Ci sono anche alcune prove che i moderni organismi che amano il sale, pigmentati di viola, chiamati alofili, potrebbero essere collegati ad alcune delle prime forme di vita sulla Terra, che prosperavano intorno alle bocche di metano nell’oceano, ha spiegato Schwieterman.

Indipendentemente dal fatto che la vita precose sulla Terra fosse viola, è chiaro che il color lavanda sembra prevalere in alcuni microorganismi, sostengono Schwieterman e DasSarma nel loro nuovo articolo. Ciò significa che eventuale vita aliena potrebbe avere usato la stessa strategia e magari con maggior successo. E se alcune forme di vita aliena stessero usando i pigmenti retinici per catturare l’energia, gli astrobiologi li potrebbero individuare solo se cercassero le loro particolari signature.

La clorofilla, afferma Schwieterman, assorbe principalmente la luce rossa e blu. Ma lo spettro riflesso da un pianeta ricoperto di piante mostra ciò che gli astrobiologi chiamano un “bordo rosso della vegetazione“. Questo “bordo rosso” è un improvviso cambiamento nel riflesso della luce nella parte vicino all’infrarosso dello spettro, dove le piante smettono improvvisamente di assorbire le lunghezze d’onda rosse e iniziano a rifletterle.

I microorganismi fotosintetici basati sui retinoidi, d’altra parte, hanno un “bordo verde”. Assorbono la luce fino alla porzione verde dello spettro, e quindi iniziano a riflettere via via lunghezze d’onda più lunghe.

Gli astrobiologi sono stati a lungo intrigati dalla possibilità di individuare vita extraterrestre sugli esopianeti rilevando il “bordo rosso” , ma potrebbero dover prendere in considerazione anche la ricerca del “bordo verde”.

Se questi organismi fossero presenti in densità sufficienti su un pianeta extrasolare, quelle proprietà di riflessione sarebbero impresse sullo spettro luminoso riflesso di quel pianeta“.

Fonte: Live Science

“Astounding”, un libro sui grandi della fantascienza

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È usicto l’ultimo libro di Nevala-Lee “Astounding”, che racconta la vita di quattro titani di fantascienza: Isaac Asimov, Robert Heinlein, L. Ron Hubbard e il direttore della rivista Astounding Science Fiction, John Campbell.

Di seguito puoi leggere un estratto dal prologo del libro.

La mia sensazione è che per quanto riguarda la creatività, è necessario l’isolamento. . . . Tuttavia, un incontro con queste persone può essere desiderabile per ragioni diverse dall’atto stesso della creazione. . . . Se un singolo individuo presente. . . ha una personalità decisamente più autorevole, può ben prendere il controllo della conferenza e ridurre il resto a poco più dell’obbedienza passiva. . . . Il numero ottimale del gruppo probabilmente non sarebbe molto alto. Il numero ideale non dovrebbe essere maggiore di cinque.

ISAAC ASIMOV, “SULLA CREATIVITÀ”

Il 13 giugno 1963, la New York University accolse un centinaio di scienziati alla Conferenza sull’educazione alla creatività nelle scienze. Il raduno, che durò tre giorni, fu ideato dal consigliere scientifico del presidente John F. Kennedy, che aveva promesso due anni prima di inviare un uomo sulla Luna. L’America guardava con ansia mista e anticipazione verso il futuro, che sembrava inseparabile dal suo destino di nazione. Come disse l’organizzatore dell’evento nelle sue osservazioni introduttive, la sfida di domani è chiara: “Il mondo sarà più complesso di quanto lo sia oggi [e] cambierà più rapidamente di adesso“.

Uno dei partecipanti era Isaac Asimov, professore associato di biochimica alla Boston University. All’età di quarantatrè anni, Asimov non era ancora la celebrità che divene più tardi, no aveva ancora nemmeno le sue famose basette, ma era già il più famoso autore di fantascienza vivente. Era venerato nel genere per la trilogia della Fondazione e le storie raccolte sotto il titolo I, Robot, ma era più noto per le sue opere di saggistica. Dopo il lancio dello Sputnik nel 1957, Asimov era stato risvegliato all’importanza di educare la prossima generazione di scienziati, e attraverso trenta libri e numerosi articoli, si era reinventato come miglior divulgatore del mondo.

Il giorno prima della conferenza, Asimov aveva preso un autobus da Boston a New York. Era un viaggio di oltre quattro ore, ma aveva paura di volare, e accolse con piacere l’opportunità di uscire di casa, stava attraversando un periodo difficile nel suo matrimonio. La mattina della sua partenza, i giornali portavano le fotografie della morte del monaco vietnamita Thích Qua’ng Đúc, che si era dato fuoco a Saigon, e riferivano di George Wallace, che aveva bloccato una porta all’Università dell’Alabama per protestare contro la mancata iscrizione di due studenti neri. Poco dopo la mezzanotte del 12 giugno, l’attivista per i diritti civili Medgar Evers era stato colpito da colpi di arma da fuoco nel Mississippi, anche se il suo omicidio non sarebbe stato riportato dai media fino al tardo pomeriggio.

Asimov seguì le notizie da vicino, ma al suo arrivo a New York, era più preoccupato per la perdita di duecento dollari che aveva con sé come riserva di contanti: “Mi sono caduti da qualche parte”. Questo fatto lo distrasse per tutta la conferenza, e in seguito non ricordò quasi nulla. L’unica cosa che ricordò chiaramente fu una discussione sul problema di base degli scienziati che si erano riuniti lì, che si esplicava nel come identificare i bambini che avevano il potenziale per influenzare il futuro.

Era una questione di evidente significato, e aveva una particolare risonanza per Asimov. Aveva sempre pensato a sé stesso come un bambino prodigio, aveva sentimenti contrastanti sull’entrare nella mezza età, sottolineando che “non c’è possibilità di fingere di essere giovani a quarant’anni” e la sua vita era stata trasformata radicalmente da un mentore che aveva incontrato al momento giusto. Alla conferenza, propose quello che riteneva essere un test pratico per riconoscere i giovani creativi, ma nessun lo prese sul serio.

Due giorni dopo essere tornato a casa a West Newton, nel Massachusetts, Asimov fu invitato a scrivere un articolo per il Bulletin of the Atomic Scientists, una rivista nota per il suo Doomsday Clock, una rappresentazione visiva del rischio di guerra nucleare che attualmente si attesta a sette minuti prima di mezzanotte. Asimov, che era profondamente preoccupato per la bomba, decise di tornare all’idea che aveva meditato a New York. Andò al lavoro, scrivendo ell’attico che era il suo ufficio, che era diventato un rifugio dalla sua infelice vita personale, nella quale sua moglie parlava apertamente di divorzio, ed era preoccupato per il loro figlio David, che sembrava non avere nulla in comune con il suo famoso padre.

Asimov iniziò il suo saggio, “La spada di Achille“, con un episodio della guerra di Troia. I greci volevano disperatamente reclutare il guerriero Achille, ma sua madre, Teti, temeva che sarebbe morto a Troia. Per proteggere suo figlio, lo mandò sull’isola di Sciro, dove si vestì da donna e si nascose tra le signore della corte. L’intelligente Odisseo arrivò sotto le sembianze di un mercante, stendendo abiti e gioielli per le fanciulle da ammirare. Tra gli altri beni, nascose una spada. Achille, dimentico di essere nascosto dietro le fattezze di ua dona, la afferrò e la brandì, rivelado sè stesso e, dopo essere stato identificato, fu persuaso ad andare in guerra.

Le guerre sono diverse in questi giorni“, scrisse Asimov. “Sia nelle guerre contro i nemici umani che nelle guerre contro le forze della natura, i guerrieri cruciali ora sono i nostri scienziati creativi.” Era una visione tecnologica della supremazia americana che Asimov aveva riportato dalla seconda guerra mondiale, e stava per essere testata in Vietnam. In quel momento, tuttavia, notava solo che, mentre era necessario fornire agli studenti dotati i modi per sviluppare la propria creatività, era troppo poco pratico e costoso offrire le stesse risorse a tutti.

Ciò di cui abbiamo bisogno è una semplice prova, qualcosa di semplice come la spada di Achille“, scrisse Asimov. “Ci serve un test che serva, rapidamente e senza ambiguità, per selezionare il potenziale creativo dei giovani.” Poi delineò quello che, secondo lui, poteva essere un metodo utile per selezionare gli innovatori di domani. Era elegante e diretto, e negli eventi della sua straordinaria vita, Asimov aveva assistito in prima persona al suo potere: “Vorrei suggerire un test simile alla spada di Achille: semplicmente, un giovane con ottime potenzialità deve avere un forte interesse per la buona fantascienza“.

Da ASTOUNDING di Alec Nevala-Lee, pubblicato da Dey Street Books. Copyright © 2018 di Alec Nevala-Lee. Ristampato per gentile concessione di HarperCollins Publishers. È possibile acquistare “Astounding” su Amazon.com .

Una cover di Astounding Stories degli anni '30.
Alec Nevala-Lee è nato a Castro Valley, in California, e si è laureato all’università di Harvard con una laurea in classici. È autore di tre romanzi, tra cui “The Icon Thief”, e le sue storie sono state pubblicate su Analog Science Fiction e Fact, Lightspeed Magazine e The Year’s Best Science Fiction. La sua saggistica è apparsa su Los Angeles Times, The Daily Beast, Salon, Longreads, The Rumpus e il San Francisco Bay Guardian. Vive con sua moglie e sua figlia a Oak Park, nell’Illinois. 

Luce stellare e nascita della vita

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di Oliver Melis

Nuove scoperte indicano che la luce ultravioletta emessa dalle stelle potrebbe aver creato le molecole base che formano gli amminoacidi, molecole note come “mattoni” della vita.

Per anni, le teorie prevalenti su come la vita ebbe origine sulla Terra (e, forse, in altri remoti pianeti dell’universo) si basavano interamente su eventi naturali, come un fulmine o eruzioni vulcanica che contribuirono a sintetizzare i primi amminoacidi sul pianeta.

Origine della vita

La scintilla dell’origine della vita può essere scoccata in un piccolo stagno caldo, ricco di sostanze come ammoniaca, sali fosforici, irradiato da una fonte di luce, calore, elettricità, ecc., fattori che hanno contribuito alla formazione di un composto proteico chimicamente pronto a subire cambiamenti ancora più complessi.

Le nuove scoperte che utilizzano i dati dell’Herschel Space Observatory dell’Agenzia spaziale europea indicano ora che gli elementi costitutivi fondamentali della vita, le molecole stesse che hanno costruito gli amminoacidi non proverrebbero solo da eventi turbolenti o violenti, ma dalla costante irradiazione luce ultravioletta emessa dalle stelle: È noto da tempo che la Nebulosa di Orione è costituita da una grande quantità di gas idrogeno e polvere interstellare. Quando la luce ultravioletta proveniente da grandi stelle riscalda le molecole di idrogeno circostanti, crea condizioni ottimali per la formazione di idrocarburi. Quando l’idrogeno interstellare si scalda, gli ioni carbonio originariamente formatisi nelle stelle iniziano a reagire con l’idrogeno molecolare, creando CH+. Alla fine il CH+ cattura un elettrone per formare la molecola CH neutra.

Questo è l’inizio dell’intera chimica del carbonio“, ha dichiarato John Pearson, ricercatore presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA, a Pasadena, in California, e coautore dello studio. “Se vuoi formare qualcosa di più complicato, passa attraverso quel percorso.”

La Nebulosa di Orione è la regione più vicina alla Terra che forma stelle massicce, questo la rende (relativamente parlando) una regione ben studiata e conosciuta: secondo gli astronomi, la Nebulosa di Orione è un’enorme nube di gas e polvere, una delle tante nella nostra galassia, la Via Lattea. Essa è posta a circa 1.300 anni luce dalla Terra.

Questa grande nebulosa sta dando alla luce oggi forse un migliaio di stelle. Un ammasso stellare aperto, le cui stelle sono nate contemporaneamente da una porzione della nebulosa e sono ancora legate dalla gravità, che può essere visto all’interno della nebulosa. La nebulosa viene chiamato Orion Nebula Star Cluster.

Nel 2012, un team internazionale di astronomi ha suggerito che questo ammasso nella Nebulosa di Orione potrebbe avere un buco nero nel suo cuore.

Uno studio ha confermato ciò che si temeva: le feci umane contengono microplastiche

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Il mare è pesantemente inquinato dalla plastica che, ridotta in microscopici frammenti, è addirittura entrata a far parte della catena alimentare perchè molte creature marine, inconsapevolmente o no, ne ingoiano piccole quantità. Poi, si sa, pesce grande mangia pesce piccolo e, alla fine, i nostri rifiuti di plastica arrivano sulle nostre tavole apparecchiate, sotto forma di pesci, frutti di mare e altri alimenti.

Di recente, un certo numero di studi hanno confermato, se ce ne fosse stato bisogno, questo fatto incontrovertibile. È il caso di uno studio sulle feci umane che ha confermato anche che il nostro organismo non è capace di deteriorare la plastica che ingoiamo nutrendoci che, inevitabilmente, scartiamo.

Stiamo cominciando ad eliminare frammenti di microplastica con le nostre feci.

Gli archeologi sanno benissimo che è possibile imparare moltissime cose su come vive una comunità studiandone il letame. Ad esempio, pochi giorni fa un gruppo di archeologi della Oxford University ha monitorato il passaggio da una dieta a base di pesce ad una a base di carne bovina studiando i parassiti rintracciati in latrine vecchie di 700 anni a Lubecca, in Germania.

Se gli archeologi di un lontano futuro decidessero di intraprendere un simile esame sul letame delle nostre città contemporanee, probabilmente non saranno colpiti dai parassiti rintracciabili nelle nostre feci a causa di cibo mal cotto ma troveranno piccoli pezzi di plastica. La nostra scienza è più avanzata di quella dell’Europa medievale, tuttavia, e quindi non c’è bisogno di aspettare così a lungo: i ricercatori della facoltà di Medicina di Vienna lo hanno già fatto.

I ricercatori hanno convinto otto persone sparse su tutto il pianeta a tenere un diario esatto di tutto ciò che hanno mangiato per una settimana. Hanno quindi raccolto le loro feci e le hanno esaminate per verificare la presenza di di 10 diversi tipi di plastica.

Sono stati trovati nove di questi materiali plastici, con una concentrazione media di 20 particelle per 10 grammi di feci. Le materie plastiche rilevate hanno una dimensione compresa tra 50 e 500 micrometri e sono state individuate nei rifiuti di tutti i partecipanti allo studio, anche se due di loro non hanno mangiato pesce durante il periodo in esame.

Le particelle di plastica più comuni trovate erano polipropilene, utilizzato per la stampa e per pannolini di plastica, e polietilene tereftalato, comunemente utilizzato per le bottiglie di bibite.

Il ricercatore capo Dr Philipp Schwabl ha presentato i risultati alla conferenza di gastroenterologia UEG Week . “Questo è il primo studio di questo tipo e conferma quello che abbiamo a lungo sospettato, ovvero che le materie plastiche hanno ormai raggiunto l’intestino umano“, ha detto Shwabl in un comunicato . “Di particolare interesse è ciò che questo significa per noi, e in particolare i pazienti con malattie gastrointestinali.”

Secondo Schwabl ora siamo davanti ad una prospettiva davvero preoccupante poichè è possibile che “le particelle di microplastiche più piccole siano in grado di entrare nel flusso sanguigno, nel sistema linfatico e possano persino raggiungere il fegato. Ora che abbiamo le prime prove che vi sono microplastiche all’interno degli esseri umani, abbiamo bisogno di ulteriori ricerche per capire cosa questo significhi per la salute umana“.

Questo possiamo indovinarlo anche da soli: niente di buono.

Scoperto sul fondo del mar Nero il relitto, perfettamente conservato, di una nave greca di 2400 anni fa

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I resti di un naufragio di 2.400 anni fa – i più antichi mai ritrovati intatti – sono stati rinvenuti sul fondo del Mar Nero dopo tre anni di mappatura del fondo marino.

Un’antica nave mercantile greca di 23 metri è stata scoperta completa di alberi, timoni e panche per remare. Incredibilmente, gli occhi moderni hanno visto questo tipo di nave solo in un’illustrazione sul “Siren Vase“, un vaso splendidamente decorato che raffigura la nave di Ulisse, che è attualmente al British Museum.

Una nave dal mondo classico, praticamente intatta, che giace sotto più di 2 chilometri di acqua, è qualcosa che non avrei mai creduto possibile”, ha commentato il professor John Adams, direttore dell ‘Università di Southampton e fondatore del Centro di Archeologia marittima, oltre che direttore del progetto di mappatura del fondale del mar Nero “Questa scoperta rivoluzionerà la nostra comprensione su come venivano costruite le navi e come si navigava nel mondo antico“.

Il progetto di archeologia marina del Mar Nero (Mappatura del Mar Nero) ha permesso di individuare la nave già nel 2017 a una profondità di circa 2 chilometri. Una recente datazione al radiocarbonio ha confermato che la nave risale al 400 aC circa. Il bastimento è potuto rimanere in condizioni così buone per tutti questi anni grazie alle acque anossiche e super-salate del Mar Nero, che sono prive di ossigeno disciolto, consentendo alla materia organica di rimanere preservata per secoli.

Il Mar Nero è stato a lungo un’importante rotta commerciale tra Europa e Asia, il che significa che è stato un centro di attività per innumerevoli culture e civiltà, tra cui Greci, Persiani, Sciti, Romani, Goti, Unni, Crociati e Ottomani, per citare solo alcune.

Il Mar Nero è stato mappato per oltre 2.000 chilometri quadrati utilizzando una tecnologia precedentemente utilizzata solo dalle compagnie energetiche. Nel corso di tre anni di lavoro, il team ha scoperto oltre 60 relitti di navi, che vanno dal navi del periodo classico a una flotta di incursori dei cosacchi del XVII secolo.

Il Dr Dragomir Garbov, un archeologo marino che ha lavorato al progetto, ha spiegato che molti dei relitti “appaiono letteralmente come se fossero affondati ieri“.

Il progetto di mappatura è il soggetto di un documentario di due ore, proiettato in anteprima al British Museum, che verrà poi distribuito alle reti televisive di tutto il mondo.

Bufale: l’UFO del Barone Rosso

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di Oliver Melis

Il Barone Rosso, il famoso asso dell’aviazione tedesca della prima guerra modiale, per un attimo ha smesso di riposare in pace.

Il motivo? Oltre ad aver combattuto e abbattuto gli aerei nemici, secondo alcune fonti avrebbe abbattuto anche un disco volante, proprio uno di quelli che, dagli anni 40 inoltrati in poi, abbiamo imparato a conoscere come UFO, oggetti volanti non identificati, che nonostante il significato dell’acronimo in tanti risveglia l’idea che omini verdi (o grigi che dir si voglia…) si celino all’interno di questi misteriosi ordigni intenti ad osservarci, rapirci e studiarci da decenni, se non da secoli.

A riferirlo sarebbe il sito Blasting News, che colloca il combattimento nei cieli del Belgio, in un giorno imprecisato della primavera 1917.

Il fatto sarebbe stato raccontato da un compagno d’armi del Barone Rosso, Peter Waitzrick, che avrebbe assistito di persona alla battaglia e al successivo “crash” del velivolo alieno in un bosco, con tanto di fuga da parte dei misteriosi occupanti.

La storia, sembra uscita da un racconto di fantascienza o da un film, dove un tecnologico e avanzato ordigno alieno viene abbattuto da una macchina terrestre molto più primitiva ma, pilotata da un carismatico e coraggioso pilota terrestre.
La storia, nota dal 1999, comparve per la prima volta sul Weekly World News, un giornale satirico che era solerte nel pubblicare notizie inventate di sana pianta, con contenuti umoristici (come la storia del “ragazzo-pipistrello“, risultato di un esperimento di ibridazione e poi fuggito dal laboratorio in cui era prigioniero).

La clamorosa rivelazione fatta da Weekly World News venne attribuita un Peter Waitzrick ormai ultracentenario, avrebbe avuto 105 anni, che si sarebbe ricordato dell’episodio dopo ben 80 anni. Una fake news, come si dice oggi, ma vista la provenienza, un giornale satirico, spesso ci chiediamo come mai talune notizie vengano prese sul serio se non con intenti ingaevoli.

La rinovata attenzione a questa “notizia” è dovuta al fatto che l’UFO del Barone Rosso ha ottenuto nuovo risalto mediatico, in occasione della pubblicazione “UFOs of the First World War“, dell’ufologo Nigel Watson.

Esistono altre leggende misteriose tramandate fino a noi dalla prima guerra mondiale, una riguarda gli “angeli di Mons“, un gruppo di arcieri fantasma che avrebbero protetto i soldati britannici nel corso della battaglia di Mons, il 22-23 agosto 1914.

angeli Mons
(c) Atkinson Art Gallery Collection; Supplied by The Public Catalogue Foundation

La leggenda degli angeli di Mons nacque grazie a un racconto di Arthur Machen, pubblicato in forma di reportage sul periodico Evening News. Nella storia si riportavano alcune testimonianze secondo le quali i soldati inglesi sarebbero stati protetti nella loro ritirata da una “gran schiera di ombre trasparenti”, identificate come gli spettri degli arcieri che non avevano avuto sepoltura dopo la battaglia di Azincourt del 1415. La storia venne pubblicata più volte arrivando ad attirare l’attenzione di alcuni lettori che dichiararono di aver visto qualcosa di simile a Mons, questo nonostante le smentite di Machen che dichiarò di aver inventato lui la storia che non aveva nulla di vero.

Torniamo, concludendo, ai fatti del Barone Rosso e scopriamo che nella primavera del 1917 lo squadrone dei celebri Fokker di cui faceva parte non aveva ancora iniziato a prestare servizio.

Storie di fantasia, racconti immaginari che oggi più che mai non vengono presi per quello che sono, nonostante noi siamo costantemente informati in tempo reale da notizie che giungono da ogni parte del mondo.

Forse proprio questo bombardamento di informazioni, a molti non lascia il tempo di capire e filtrare le notizie e questo a discapito della verità e a favore di chi in un modo o nell’altro vive grazie alle bufale.

Fonte: Queryonline

Oktoberfest 2018: i tendoni della festa della birra

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Nel periodo che va dal 22 Settembre al 7 Ottobre, si è tenuto, come al solito, il festival della birra più grande al mondo che ha ospitato milioni di persone tra amanti della birra e turisti provenienti da tutto il mondo.

Vestiti in dirndl e lederhosen moltissimi visitatori si sono dati appuntamento per festeggiare l’Oktoberfest di Monaco di Baviera, concedendosi in abbondanza cibi bavaresi e fiumi di birra come se non ci fosse un domani.

Un nostro lettore ci ha gentilmente inviato una interessante guida sui vari tendoni presenti nell’area del festival che, se non potrà più esservi utile per l’edizione appena finita, vi darà un’idea dell’ambiente e, forse, spunto per visitare la più grannde festa della birra del mondo: l’Oktoberfest.

Marstall: il tendone della birra equestre per gli amanti del lusso

Il Marstall, è il più giovane tendone dell’Oktoberfest: inaugurato solo nel 2014, questa location è dedicata alle celebrazioni di classe.

Caratterizzato da un’atmosfera glamour e sofisticata (ballare sulle panche ad esempio non è permesso), in questo tendone vengono serviti eccellenti piatti della tradizione curati dallo chef Hubert Kayr che prepara anche piatti vegetariani, vegani e senza glutine, una rarità da trovare nelle altre tende.

Nel pieno rispetto della tradizione però, la birra Franziskaner viene rigorosamente servita nei tipici boccali da un litro.

Armbrustschutzen-Festhalle: la tenda dei balestrieri

Tradizionalmente conosciuta come il tendone dei balestrieri, tra la gente del posto è frequentata soprattutto dagli anziani.

Durante il giorno il clima qui è più tranquillo e contenuto, dal tardo pomeriggio in poi la tenda si anima grazie alla musica e ai litri di birra Paulaner, divenendo più affollata e allegra.

L’animazione in questa tenda dalle varie band che suonano e cantano i più grandi successi dell’Oktoberfest.

Ultima chicca: in questo tendone si tengono anche i campionati annuali di balestra tedesca. Che aspetti a provare?

Hofbrau-Festzelt: il tendone più frequentato dai turisti

La tenda Hofbrau è la più grande dell’Oktoberfest: con i suoi 10.000 posti a sedere, è solitamente la preferita dai turisti, soprattutto americani e inglesi.

Qui l’atmosfera è allietata dai grandi successi musicali della tradizione bavarese e le decorazioni originali con ghirlande di luppolo che pendono dalle pareti e dal soffitto, rendono il tutto più piacevole e accogliente.

Hacker-Festzelt: il famoso cielo della Baviera

Soprannominata “Himmel der Bayern”, in italiano “cielo della Baviera”, la tenda Hacker è stata progettata dallo scenografo premio Oscar Rolf Zehetbauer.

Tenda generalmente preferita dai giovani monacensi, qui si vive l’autentica esperienza dell’Oktoberfest di Monaco di Baviera.

Le pareti sono dipinte con murales che descrivono motivi storici e paesaggi tipici bavaresi mentre parte del tetto viene aperto trasformando il tendone nelle belle giornate in una birreria all’aperto.

Schottenhamel: la tenda per i forti bevitori e chi ama le feste rumorose

In questa tenda avviene la cerimonia d’apertura dell’Oktoberfest; ogni anno alle ore 12.00 in punto durante il primo giorno del festival della birra, il sindaco di Monaco di Baviera stappa la prima botte di birra esclamando “O’zapft is”!

Lo Schottenhamel è ufficialmente la tenda più antica del festival, il posto giusto per festeggiare in allegria; rumorosa e indimenticabile, è molto frequentata da giovani e studenti.

Winzerer Fähndl: il tendone giusto per socializzare

Questa tenda è conosciuta come la più accogliente tra le tende della birra, facilmente riconoscibile grazie all’enorme statua con il boccale di birra Paluaner che ruota su se stesso.

In questo tendone oltre alla gente del luogo avrete modo di incontrare le celebrità oltre ad unirvi ai visitatori di tutte generazioni per bere e cantare all’unisono.

Se il tempo lo permette, la birreria all’aperto situata a sud della tenda è perfetta per godersi il sole autunnale.

Schutzen-Festzelt: il rifugio della birra

Caratterizzata da un’ atmosfera festosa ma educata, questa tenda offre un po’ di rifugio dai bagordi dei festeggiamenti selvaggi e dal cibo spazzatura.

Durante il giorno, è frequentata dalle famiglie con bambini e anziani del luogo che vengono qui per il pranzo.

La specialità servita in questa tenda è il maialino da latte accompagnato da salsa di birra.

Se si ha intenzione di passare la serata qui, è consigliabile mettersi in fila presto per assicurarsi un tavolo.

Kafer’s Wiesn-Schanke: lo stand delle celebrità

A questa tenda è molto difficile accedere se non si è una celebrità o un conoscente della stessa.

Sarà più facile trovar posto nella birreria all’aperto che offre altri 1.900 posti.

Qui potrete gustare specialità gourmet e lasciarvi trasportare dalla musica insieme agli abitanti di Monaco.

Tra le celebrità che avrete la fortuna di incontrare in questa tenda ci saranno certamente la squadra del Bayern Monaco, Boris Becker e altre celebrità internazionali.

Weinzelt: la tenda per chi non ama la birra

Se appartenete a quel gruppo di persone che non ama in particolar modo la birra, non preoccupatevi, qui siete nel posto giusto.

Il Kuffler’s Weinzelt è l’eccezione alla regola. E’ una delle tende più piccole ma molto curata nei particolari dove poter sorseggiare pregiati vini e champagne bavaresi.

A differenza della maggior parte dei tendoni, il Weinzelt rimane aperto fino all’una di notte, e molti partecipanti al festival passano di qui per un bicchiere di buon vino quando le altre tende sono ormai chiuse.

Lowenbrau-Festhalle: la mecca della festa

Se vi piace ballare e bere la notte questa è la vostra tenda.

Una statua di un leone posizionata all’ingresso della tenda, ruggisce ogni dieci minuti circa.

Questa tenda è la meta preferita dai turisti di tutto il mondo e specialmente dalla squadra di calcio TSV 1860 di Monaco.

L’organizzazione di questa tenda funziona sempre alla perfezione, grazie al suo storico proprietario Ludwig Hagn.

Pschorr-Braurosl: la tenda per gli amanti della musica

Il nome deriva dalla prima figlia del proprietario della birreria Pschorr, la cui bellezza attirava la folla verso questa tenda.

Oggi la gente del posto visita regolarmente questa tenda per l’atmosfera easy che trasmette.

Qui è la musica a far da padrona: un gruppo musicale di yodeler coinvolge sempre gli ospiti a cantare i successi della tradizione bavarese.

La prima domenica del festival, la comunità gay prende il posto per celebrare il “Gay Sunday”.

Augustiner-Festhalle: la tenda della birra per le famiglie

Punto di riferimento per i monacensi, la tenda Augustiner mette d’accordo la maggior parte dei locali per il fatto che lo staff di questa tenda è considerato più amichevole, ma soprattutto che la birra migliore viene servita proprio qui.

Questa considerazione sarà dovuta probabilmente al fatto che la birra Augustiner viene spillata direttamente dalle botti.

L’atmosfera di questa tenda è caratteristica e legata molto alla tradizione, così come il cibo che viene servito.

La famiglia Vollmer utilizza prodotti e carni assolutamente locali per i loro piatti.

Ochsenbraterei: il paradiso per chi ama la carne

Il tema di questa tenda è decisamente la carne.

Lo si evince immediatamente, dall’enorme bue infilzato, montato sulla tenda all’esterno.

Questa tradizione risale al 1881, quando un bue veniva cotto nella sua interezza su di una griglia appositamente progettata e costruita.

Per i vegetariani e vegani nel menu saranno presenti piatti appositamente preparati per l’occasione.

Grazie all’atmosfera particolarmente rilassata durante la settimana, molte famiglie scelgono questa tenda, anche se negli ultimi anni è diventata meta anche per i più giovani.

Fischer-Vroni: l’oasi per la pausa pranzo

Un alternativa eccellente ai piatti a base di pollo, maiale e salsicce.

Il Fischer Vroni accontenterà i palati che preferiscono il pesce con altre specialità tradizionali bavaresi: il pesce cotto su un bastone è l’esempio principale di questa tenda.

Qui l’atmosfera è piuttosto rilassata fino all’arrivo del secondo lunedì del festival della birra, quando la comunità LGBTQ occupa la tenda in occasione dell’evento “Rosa Wiesn”.

Speriamo che adesso abbiate le idee più chiare su quale tendone scegliere l’ano prossimo e, se vorrete informarvi ulteriormente sull’Oktoberfest di Monaco di Baviera, magari in previsione di farvi una puntata l’anno prossimo, vi consigliamo questo sito dedicato a Monaco e alla Baviera, un’ottima risorsa in italiano sulla festa della birra più grande del mondo.

La NASA ha perso moltissimi cimeli dell’esplorazione spaziale

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Per colpa di una gestione impropria, la NASA ha perso una vasta gamma di cimeli spaziali storici negli ultimi decenni, come, ad esempio, un contenitore pieno di terreno lunare, alcuni sistemi di controllo di volo e persino un razzo lunare di prova. 

Questo è quanto emerge da un nuovo rapporto pubblicato dall’Ufficio dell’Ispettore Generale della NASA, che ha analizzato come l’agenzia spaziale sovrintende ai suoi beni storici. Negli ultimi tempi, le procedure di conservazione della NASA sono migliorate ma alcuni pezzi unici risalenti a voli spaziali leggendari sono stati mal riposti o presi da ex dipendenti.

La NASA ha principalmente due tipi di proprietà storiche da considerare: proprietà reali come edifici e siti di test, alcuni dei quali sono ancora utilizzati per supportare le missioni attuali; e oggetti personali come tute spaziali e altri strumenti, molti dei quali non sono più necessari ma hanno una ricca storia. L’ispettore generale della NASA ha notato che gran parte delle attuali proprietà dell’agenzia spaziale hanno più di 40 anni e necessitano di riparazioni. Inoltre, la NASA continua a mantenere attivi una serie di servizi ormai inutili, una decisione che ha portato a costosi costi di manutenzione.

Alla luce di tutto ciò, l’OIG ha deciso di guardare ancora oltre al sistema della NASA per supervisionare sia la proprietà storica che l’hardware. E il rapporto dipinge un quadro un po’ imbarazzante della gestione della NASA di questi pezzi importanti, specialmente per quanto riguarda i numerosi cimeli storici che non sono più in uso. La NASA ha avuto difficoltà a recuperare proprietà storiche, molte delle quali sono state perse o rubate nel corso degli anni, e l’agenzia spaziale non è stata abbastanza energica nel rivendicare la proprietà su cose che le appartenevano, sostiene il rapporto.

Un esempio che l’OIG menziona è la perdita di un prototipo di rover lunare. Nel 2014, uno storico notò quello che sembrava un vecchio rover lunare nel cortile di un vicino. Ha segnalato la cosa alla NASA e l’ufficio dell’ispettore generale ha contattato l’individuo che aveva esposto il rover. Il proprietario disse che era interessato a restituirlo alla NASA, ma dopo quattro mesi di inattività da parte dell’agenzia spaziale, l’individuo vendette il rover ad un deposito di rottami. Il nuovo proprietario non restituì il rover alla NASA, ma lo vendette all’asta.

Altre storie degne di nota sono menzionate nel rapporto, che riporta altri episodi in cui la NASA è stata avvisata di oggetti di sua proprietà messi all’asta. Una vecchia sacca lunare, piena di terreno lunare raccolta dalle missioni Apollo, che è stata sequestrata dall’FBI e venduta all’asta. La NASA ha cercato di recuperarlo ma un giudice ha deciso che l’agenzia doveva restituirlo alla persona che l’aveva acquistata all’asta. Inoltre, un ex impiegato si portò a casa tre joystick usati nella missione Apollo 11, la prima missione con equipaggio a scendere sulla Luna, dopo che gli fu detto di buttarli. In seguito vendette i joystick all’asta, cosa che attirò l’attenzione della NASA. L’agenzia spaziale ha tentato le vie legali per tornarne in possesso ma, dopo tre anni, finì per rinunciare.

L’OIG della NASA si occupa anche di come l’agenzia spaziale presta parti dei relitti delle navette spaziali Columbia e Challenger, i due veicoli esplosi durante il volo. La NASA, a volte, finanzia ricerche su questi detriti ma non richiede sempre la firma di accordi formali da parte delle istituzioni che prendono in prestito questi artefatti. Nulla è andato perso, ma l’OIG è preoccupato che la mancanza di accordi formali possa causare malintesi tra la NASA e coloro che prendono in prestito la proprietà dell’agenzia.

Per essere onesti, in precedenza la situazione era ancora peggiore, alla NASA. Secondo l’OIG, durante i primi programmi di volo spaziale umano, come Apollo e Gemini, la NASA avrebbe distribuito gratuitamente i cimeli agli astronauti come regali. Le procedure sono ovviamente cambiate drasticamente da allora, e l’OIG rileva che la NASA sta migliorando anche in altre aree. Ma ci sono molte aree che necessitano di maggior trasparenza. L’OIG ha fornito alla NASA un elenco di raccomandazioni su come l’agenzia spaziale deve meglio definire e gestire tutte le sue proprietà storiche.

La NASA ha concordato con la maggior parte delle raccomandazioni, che si spera possano impedire che altri elementi storici scompaiano nell’ignoto.

È ufficiale: nessuna eruzione in corso su Marte, stiamo assistendo ad un fenomeno tipico di questo periodo dell’anno

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Da un po’ di tempo si rincorrono su vari siti e sui social network voci circa un’eruzione che sarebbe in corso su Marte.

Più precisamente, sarebbe l’Arsia mons ad emettere un lungo pennacchio di fumo, visibile addirittura con buoni telescopi amatoriali dalla Terra ma ben ripreso soprattutto dalla Mars Webcam dell’ESA. Dopo parecchi giorni di attesa, finalmente alcuni scienziati della NASA e dell’ESA si sono espressi sul pennacchio che effettivamente risulta presente: a quanto pare, e lo scriviamo con dispiacere, non è in corso nessuna eruzione su Marte e l’Arsia mons rimane freddo come sempre, avendo avuto la sua ultima eruzione più di 50 milioni di anni fa.

Il fatto

La Mars webcam dell’Agenzia Spaziale Europea riprende il pianeta rosso dalla sonda Mars Express, e le immagini che trasmette vengono pubblicate regolarmente su Flickr. Intorno al 20 settembre scorso, sono state pubblicate alcune belle immagini che mostravano quello che sembrava proprio un lungo pennacchio di fumo emesso dal grande vulcano chiamato Arsia Mons.

Tanto è bastato perchè alcuni appassionati che consultano regolarmente il repository delle immagini della Mars webcam pensassero che fosse in corso un’eruzione del monte Arsia. Alcuni siti, tra i quali il nostro, pubblicarono subito articoli in cui si prendeva in considerazione tale ipotesi. Per quanto ci riguarda ritenemmo di dare voce anche ad alcuni esperti che indicarono subito nell’insolito fenomeno una nuvola di origine orografica, già apparsa altre volte in quell’area e ripresa anche dal MRO della NASA e dalla sonda indiana in orbita intorno a Marte già dal 2015.

Già allora, il sito italiano di debunking ufooffinterest.org evidenziò su Twitter alcuni esempi precedenti di nuvole lunghe e sottili apparse nei pressi dell’Arsia Mons.

Finalmente, dopo oltre un mese dalla prima segnalazione, la scienziata planetologa Tanya Harrison, membro del team che gestisce il rover Opportunity della NASA, specializzata in geologia e meteorologia marziana, è intervenuta su Twitter gettando, è il caso di dirlo, acqua sul fuoco dell’eruzione su Marte.

8fZaGtDi normal

Jorge Hernández@jorgeherber

Hi, this is under investigation. I can say that it is not an eruption of the vulcano.

ZvF0rN7p normal

Dr. Tanya Harrison

@tanyaofmars

It’s not a plume of smoke, but rather water ice clouds condensing out over the summit of the Arsia Mons volcano. We see them quite often over this particular volcano. Here’s another view of them from earlier this month from NASA’s Mars Reconnaissance Orbiter. pic.twitter.com/aRAMrkkROc

View image on Twitter

Non è un pennacchio di fumo, ma piuttosto nuvole di ghiaccio d’acqua che si condensano sulla cima del vulcano Arsia Mons. Li vediamo spesso su questo particolare vulcano“, spiega la Harrison.

Visto che alcuni commentavano la sua spiegazione accusando la NASA di nascondere le prove di un’eruzione vulcanica, la Harrison ha condiviso anche un’immagine trasmessa dal Mars Reconnaissance Orbiter che mostra evidenti formazioni nuvolose sopra Arsia Mons all’inizio di ottobre.

Vediamo queste nuvole uscire sulla vetta di Arsia per settimane alla volta durante questo periodo dell’anno, ogni anno“, ha scritto ancora la Harrison, spiegando che è l’altezza del vulcano, in combinazione con l’aumento del vapore acqueo nell’atmosfera dovuto all’inizio dell’estate marziana che provoca lo scioglimento del ghiaccio invernale, a favorire la formazione delle nuvole.

Milioni di anni fa, Marte aveva una forte attività vulcanica e ne vediamo bene i segni sulla superficie del pianeta ma, le ricerche svolte finora, hanno dimostrato che l’Arsia Mons non è più attivo da oltre 50 milioni di anni, all’incirca quando i dinosauri si stavano estinguendo sulla Terra, milione d’anni più o meno.

Quindi, niente eruzione. Per il momento Marte resta un pianeta geologicamente morto, almeno fino a quando, il prossimo 26 novembre, scenderà sul pianeta la missione InSight, inviata lassù proprio per verificare la situazione geologica del pianeta rosso e la composizione del suo sottosuolo.

Del resto, visti i precedenti in cui ogni minima scoperta ha provocato una conferenza stampa in mondovisione con annunci strombazzati con il massimo clamore possibile, c’è da scommettere che, se fossero state testimoni di un’eruzione vulcanica sul pianeta rosso, sia la NASA che l’ESA avrebbero fatto a gara per rivelare la notizia per prime, dandogli enorme risalto e provocando il massimo clamore.