lunedì, Novembre 18, 2024
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Trovato un fossile di uccello di 110 milioni di anni con dentro l’uovo

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Scoperto il più vecchio fossile di uccello, straordinariamente ben conservato, addirittura con un uovo all’interno.

La scoperta, effettuata in un deposito di sedimenti risalenti a 110 milioni di anni fa è stata effettuata nel nord-ovest della Cina. L’uccello appartiene ad una nuova specie chiamata Avimaia schweitzerae e il fossile è stato descritto come “incredibilmente ben conservato“. La nuova specie appartiene al gruppo noto come Enantiornithes, che erano abbastanza comuni nel periodo Cretaceo, durante il quale vivevano al fianco dei dinosauri.

Secondo i ricercatori, potrebbe essere stato proprio l’uovo la causa della morte dell’esemplare.

Il guscio d’uovo è costituito da due strati invece di uno come nelle normali uova degli uccelli sani, fatto che indica che l’uovo è stato trattenuto troppo a lungo all’interno dell’addome“, ha detto la dottoressa Alida Bailleul, commentando la scoperta.

Questa condizione si verifica spesso negli uccelli vivi a causa dello stress“, ha continuato. “Inoltre, il guscio d’uovo conservato nell’Avimaia era estremamente sottile – più sottile di un foglio di carta – e non mostrava le proporzioni corrette delle uova sane: queste anomalie suggeriscono che l’uovo conservato potrebbe essere stato la causa della morte di questo uccello madre. ”

Bailleul ha aggiunto che questo tipo di anormalità è stato visto in altre parti del regno animale, compresi i dinosauri sauropodi, “così come in molte tartarughe fossili e viventi“.

Dal momento che il fossile è stato schiacciato in piano, è stato solo dopo che i ricercatori hanno estratto un piccolo frammento e analizzato che hanno capito che il tessuto insolito era un uovo. Il campione contiene non solo il guscio d’uovo stesso, ma anche la membrana e la cuticola, che sono in gran parte costituite da proteine ​​e altri materiali organici.

L'esemplare, che rappresenta una nuova specie chiamata Avimaia schweitzerae, fu scoperto in depositi di 110 milioni di anni fa nella Cina nord-occidentale. Appartiene ad un gruppo chiamato Enantiornithes - "uccelli opposti" - che erano comuni in tutto il mondo durante il periodo Cretaceo e vivevano accanto ai dinosauri. (Credito: SWNS)

L’esemplare, che rappresenta una nuova specie chiamata Avimaia schweitzerae, è stato scoperto in depositi di sedimenti di 110 milioni di anni fa nella Cina nord-occidentale. Appartiene ad un gruppo chiamato Enantiornithes – “uccelli opposti” – che erano comuni in tutto il mondo durante il periodo Cretaceo e vivevano accanto ai dinosauri. (Credito: SWNS)

Il SEM rivela che la cuticola è composta da nanostrutture simili a quelle che si trovano nelle uova di neornitina adattate agli ambienti a rischio di infezione, che sono ipotizzate per rappresentare la condizione aviaria ancestrale“, recita l’abstract dello studio.

La dottoressa Jingmai O’Connor, una co-autrice dello studio, ha affermato che la morfologia sembrerebbe quella degli uccelli che seppelliscono le loro uova, ma questa scoperta “supporta anche l’ipotesi che una cuticola con sferule protettive rappresenta la condizione ancestrale per le uova di aviaria“.

L’Avimaia è l’unico fossile mesozoico in cui ulteriori prove morfologiche dell’attività riproduttiva – vale a dire l’uovo – supportano l’identificazione dell’osso midollare“, ha continuato O’Connor. “Questo nuovo esemplare è senza dubbio uno degli uccelli fossili del cretaceo più interessanti mai scoperti, fornendo più informazioni riproduttive di qualsiasi altro uccello fossile del Mesozoico.”

Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications.

Boeing, altra tegola: rinviato di alcuni mesi il primo lancio di prova della Starliner

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Piove sul bagnato per Boeing Co: mentre la divisione aeroplani commerciali di Boeing è sotto indagine per i due incidenti accaduti agli aerei 737 MAX in cinque mesi, qualche imprevisto ha colpito anche il programma Starliner, la capsula spaziale per il trasporto di equipaggio alla ISS il cui sviluppo è stato finanziato dalla NASA.

Alcune fonti di settore riferiscono che il primo volo senza equipaggio verso la Stazione Spaziale Internazionale della Starliner sarà rinviato di almeno tre mesi mentre il primo test con equipaggio, inizialmente previsto per agosto, potrebbe slittare almeno a novembre 2019.

Il primo volo di prova dello Starliner è tuttora schedulato per il mese di aprile ma, come riporta l’agenzia Reuters, secondo due persone con conoscenza diretta della questione, sarebbe stato spostato al prossimo mese di agosto. Il nuovo programma prevederebbe che la missione con equipaggio di Boeing, inizialmente prevista per agosto, verrà posticipata fino a novembre.

Il portavoce della Boeing ha rifiutato di commentare e lo stesso ha fatto un portavoce della NASA che ha però precisato che un nuovo aggiornamento del programma di lancio di Boeing sarà pubblicato dalla NASA la prossima settimana.

Come è noto, all’inizio di questo mese la capsula Dragon 2 senza equipaggio di SpaceX ha completato una missione di andata e ritorno di sei giorni alla Stazione spaziale internazionale. Un nuovo volo di prova, stavolta con equipaggio, è previsto per il prossimo luglio.

Per anni, gli Stati Uniti hanno fatto affidamento sulla Russia per trasportare i propri astronauti alla stazione spaziale. Il tempo ora stringe perché non ci sono posti disponibili per equipaggi statunitensi sulla capsula spaziale russa dopo il 2019, dati i tempi di produzione e altri fattori. La NASA qualche tempo fa ha fatto sapere che c’è la possibilità di pagare altri due posti per i propri astronauti per il trasporto fino alla Stazione spaziale per l’autunno del 2019 e la primavera del 2020 per garantirsi la possibilità di accesso alla Stazione in caso di imprevisti nel programma di equipaggio commerciale che stanno portando avanti SpaceX e Boeing.

All’origine di questo ulteriore rinvio sarebbero non solo alcuni problemi tecnici con tempi incerti di risoluzione ma anche il fatto che il lancio previsto per aprile della Starliner occupava lo stesso pad di lancio previsto per la missione che la United Launch Alliance lancerà in giugno per conto del Dipartimento della Difesa, quindi Boeing avrebbe dovuto liberare la piattaforma di lancio entro la prima settimana di maggio, certezza che Boeing non è stata in grado di dare.

Le sfere di fuoco di Naga

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di Oliver Melis

Per alcuni, le sfere di fuoco Naga, in Thailandia, sono una specie di miracolo, per altri sono solo burle ordite o fenomeni naturali che per anni gli scienziati non hanno saputo risolvere. L’evento si verifica per alcuni giorni nei mesi di ottobre e maggio. Per i locali, il fenomeno è noto come bung fai paya nak (palle di fuoco Naga).

C’è chi crede ancora che le palle di fuoco che salgono dalla superficie del fiume Mekong siano il respiro del temibile Naga, un serpente fluviale di tradizioni buddiste che vaga per il fiume in questa parte della provincia di Nong Khai. Una specie di “mostro di Loch Ness” in salsa Thai e, se lo chiedete, i locali saranno felici di descrivere le loro fugaci visioni della creatura durante l’infanzia o di mostrarvi foto ambigue di oggetti simili a tronchi.

Il racconto folkloristico del mostro, del quale non mancano resoconti scritti, risale a centinaia di anni fa. Mana Kanoksin è un medico locale e un cosmologo autodidatta. Ha dedicato 11 anni allo studio del fenomeno delle sfere di fuoco ed è giunto alla conclusione che esse sono gas metano che risale dal fondo del fiume. Attribuisce la cadenza dell’evento alla posizione della Terra rispetto al sole. Durante la luna piena della Quaresima Buddista, quando la Terra sta passando più vicino al sole, la maggiore concentrazione di radiazioni UV provocherebbe il rilascio di queste bolle di gas metano che, in qualche modo, prenderebbero fuoco.

Ovviamente, non stiamo parlando di una teoria scientifica ufficiale, tanto meno accettata, ma è una delle poche esistenti che tenta di spiegare un fenomeno davvero insolito. Alla teoria di Mana Kanoksin si contrappone, però, la teoria di Montre Boonsaneur, professore di tecnologia geologica all’Università di Khon Kaen. Boonsaneur è stato responsabile di un’indagine subacquea nelle fasi di ricerca prima della costruzione del Thai-Lao Friendship Bridge ed è convinto che le acque aspre e il letto roccioso pietroso non siano le condizioni ideali perché il metano venga rilasciato e raggiunga la superficie.

Queste sfere di fuoco di solito sono piccole ma, a volte, possono raggiungere anche la dimensione di un pallone da basket. Le sfere di fuoco possono essere osservate in diversi mesi dell’anno, ma sono molto più frequenti nel periodo che va dalla fine di Ottobre all’inizio di Novembre quando è appena terminata la stagione delle piogge ed il Mekong è rigonfio di acqua limacciosa. Allora centinaia di migliaia di persone si riversano sulle rive del fiume Mekong per lo spettacolo. Il fulcro principale dell’attività è intorno alla città di Phon Phisa  e i luoghi di osservazione preferiti includono il villaggio di Pha Tang a Sangkhom, il tempio Hin Mak Peng a Si Chiangmai, il distretto di Pak Khat o il distretto di Wattha Rattana.

Le palle di fuoco appaiono tra le decine e le migliaia per notte lungo una sezione di 100 km del fiume Mekong. Queste sfere luminose salgono dall’acqua al cielo, salendo a poche centinaia di metri prima di spegnersi ed evaporare nella notte.

Una pioggia di stelle cadenti al contrario.

Una teoria scientifica suggerisce che nel greto del fiume fermentino i resti in decomposizione di vegetali ed animali creando bolle di gas che risalgono in superficie e prendono fuoco. A favore di questa ipotesi depone il fatto che il fenomeno si verifica ogni anno principalmente nello stesso periodo, ma la gente del posto crede che le sfere di fuoco siano generate dal respiro di Naga, un gigantesco serpente mitologico che infesterebbe il fiume, e forse ci sperano i tanti turisti che vanno a visitare quei luoghi.

Fonti:.hostelbookers.com; http://phobosproject.blogspot.com

Un esperimento ha dimostrato che il cervello umano, sia pure a livello inconscio, può rilevare l’orientamento del campo magnetico terrestre

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Gli esseri umani sono in grado di percepire un campo magnetico? I biologi sanno che molti altri animali lo fanno e pensano che sia un senso utile soprattutto agli animali migratori. Gli scienziati hanno cercato di capire se anche gli esseri umani appartengono alla lista delle specie magneticamente sensibili. Per decenni, c’è stato un susseguirsi di relazioni positive e insuccessi seguiti da polemiche apparentemente infinite.

I risultati contrastanti ottenuti sugli esseri umani potrebbero dipendere dal fatto che praticamente tutti gli studi precedenti si basavano sulle decisioni comportamentali dei partecipanti. Se gli esseri umani possiedono un senso magnetico, l’esperienza quotidiana suggerisce che sia molto debole o profondamente subconscio.

Queste deboli impressioni potrebbero facilmente essere interpretate in modo errato – o semplicemente mancare – quando si tenta di prendere decisioni.

Quindi il nostro gruppo di ricerca, tra cui un biologo geofisico, un neuroscienziato cognitivo e un neuroingegnere, ha scelto un altro approccio. Ciò che abbiamo trovato fornisce probabilmente la prima prova neuroscientifica concreta che gli esseri umani hanno una sensibilità geomagnetica.

Come funziona un senso geomagnetico biologico?

La vita sulla Terra è esposta al sempre presente campo geomagnetico del pianeta. (Nasky / Shutterstock)

(Nasky / Shutterstock)

La Terra è circondata da un campo magnetico, generato dal movimento del nucleo liquido del pianeta. È per questo che una bussola magnetica punta a nord. Sulla superficie terrestre, questo campo magnetico è abbastanza debole, circa 100 volte più debole di quello di un magnete del frigorifero.

Negli ultimi 50 anni circa, gli scienziati hanno dimostrato che centinaia di organismi in quasi tutti i rami dei regni batterico, protistico e animale hanno la capacità di rilevare e rispondere a questo campo geomagnetico.

In alcuni animali – come le api da miele – le risposte comportamentali geomagnetiche sono forti quanto le risposte alla luce, all’odore o al tatto. I biologi hanno identificato forti risposte anche nei vertebrati, ad esempio tra i pesci, gli anfibi, i rettili, numerosi uccelli e una varietà diversificata di mammiferi tra cui balene, roditori, pipistrelli, mucche e cani, questi ultimi possono essere addestrati a trovare una barra magnetica nascosta.

In tutti questi casi, gli animali usano il campo geomagnetico come componenti delle loro abilità di homing e navigazione, insieme ad altri segnali come la vista, l’olfatto e l’udito.

Gli scettici hanno respinto le prime notizie di queste risposte, in gran parte perché non sembrava esserci un meccanismo biofisico che potesse tradurre il debole campo geomagnetico della Terra in forti segnali neurali. Questa visione è stata radicalmente cambiata dalla scoperta che le cellule viventi hanno la capacità di costruire nanocristalli della magnetite minerale ferromagnetica,fondamentalmente, piccoli magneti di ferro.

I cristalli biogenici di magnetite sono stati osservati per la prima volta nei denti di un gruppo di molluschi, successivamente nei batteri e poi in una varietà di altri organismi che vanno dai protisti fino ad animali come insetti, pesci e mammiferi, compresi i tessuti del cervello umano.

Tuttavia, gli scienziati non hanno mai considerato gli esseri umani come organismi magneticamente sensibili.

Manipolazione del campo magnetico

I partecipanti allo studio erano seduti nella camera sperimentale rivolta a nord, mentre il campo rivolto verso il basso ruotava in senso orario (freccia blu) da nord-ovest a nord-est o in senso antiorario (freccia rossa) da nord-est a nord-ovest. (Magnetic Field Laboratory, Caltech)

(Magnetic Field Laboratory, Caltech)

Sopra: i  partecipanti allo studio erano seduti nella camera sperimentale rivolta a nord, mentre il campo rivolto verso il basso ruotava in senso orario (freccia blu) da nord-ovest a nord-est o in senso antiorario (freccia rossa) da nord-est a nord-ovest.

Nel nostro nuovo studio, abbiamo chiesto a 34 partecipanti di sedersi nella nostra camera di test mentre registravamo l’attività elettrica nel cervello con l’elettroencefalogramma (EEG). La nostra gabbia di Faraday modificata includeva un insieme di bobine a 3 assi che ci permettevano di creare campi magnetici controllati di alta uniformità tramite la corrente elettrica che percorreva i suoi fili.

Dato che viviamo nell’emisfero nord, il campo magnetico ambientale nel nostro laboratorio scende verso il basso a nord di circa 60 gradi rispetto all’orizzontale.

Nella vita normale, quando qualcuno ruota la testa – ad esempio, annuendo su e giù o girando la testa da sinistra a destra – la direzione del campo geomagnetico (che rimane costante nello spazio) si sposta rispetto al cranio. Ciò non sorprende il cervello del soggetto, in quanto ha diretto i muscoli a muovere la testa in modo appropriato.

Nella nostra camera sperimentale, possiamo spostare il campo magnetico in silenzio rispetto al cervello, ma senza che il cervello abbia iniziato alcun segnale per muovere la testa. Questo è paragonabile alle situazioni in cui la testa o il tronco sono ruotati passivamente da qualcun altro o quando sei un passeggero in un veicolo che ruota.

In questi casi, tuttavia, il corpo registrerà ancora segnali vestibolari sulla sua posizione nello spazio, insieme ai cambiamenti del campo magnetico. Al contrario, la nostra stimolazione sperimentale consisteva solo in uno spostamento del campo magnetico. Quando abbiamo spostato il campo magnetico nella camera, i nostri partecipanti non hanno provato nulla che fosse evidente.

I dati EEG, d’altra parte, hanno rivelato che alcune rotazioni del campo magnetico potrebbero innescare risposte cerebrali forti e riproducibili. Un modello EEG noto dalla ricerca esistente, chiamato alfa-ERD (desincronizzazione legata agli eventi), si manifesta tipicamente quando una persona rileva improvvisamente ed elabora uno stimolo sensoriale.

I cervelli dei soggetti impegnati nell’esperimento erano “preoccupati” per l’inaspettato cambiamento nella direzione del campo magnetico, e questo ha innescato la riduzione delle onde alfaIl fatto che abbiamo visto tali schemi alfa-ERD in risposta a semplici rotazioni magnetiche è una prova evidente per l’individuazione di una sensibilità magnetica umana.

Il cervello dei nostri partecipanti ha risposto solo quando la componente verticale del campo puntava verso il basso a circa 60 gradi (mentre ruotava orizzontalmente), come avviene naturalmente qui a Pasadena, in California. Non rispondevano alle direzioni innaturali del campo magnetico – come quando puntava verso l’alto.

Suggeriamo che la risposta sia sintonizzata su stimoli naturali, riflettendo un meccanismo biologico che è stato modellato dalla selezione naturale.

Altri ricercatori hanno dimostrato che il cervello degli animali filtra i segnali magnetici, rispondendo solo a quelli che sono rilevanti dal punto di vista ambientale. Ha senso rifiutare qualsiasi segnale magnetico che sia troppo lontano dai valori naturali perché molto probabilmente è causato da un’anomalia magnetica – un fulmine, o un deposito di calce nel terreno, per esempio.

Un primo rapporto sugli uccelli ha mostrato che i pettirossi smettono di usare il campo geomagnetico se la sua forza è maggiore di circa il 25 per cento rispetto a quello a cui sono abituati. È possibile che questa tendenza sia il motivo per cui precedenti ricerche hanno avuto difficoltà a identificare questo senso magnetico – se avessero alzato la forza del campo magnetico per “aiutare” i soggetti a rilevarla, avrebbero invece garantito che il cervello dei soggetti l’ignorasse.

Inoltre, la nostra serie di esperimenti mostra che il meccanismo del recettore – il magnetometro biologico negli esseri umani – non è un’induzione elettrica, e può distinguere nord da sud. Quest’ultima caratteristica esclude completamente il cosiddetto meccanismo della “bussola quantistica” o “criptocromo” che è molto popolare in questi giorni nella letteratura animale sulla magnetoricezione.

I nostri risultati sono coerenti solo con le cellule magnetocettori funzionali basate sull’ipotesi del magnetite biologico. Si noti che un sistema basato sulla magnetite può anche spiegare tutti gli effetti comportamentali negli uccelli che hanno promosso l’aumento dell’ipotesi della bussola quantistica.

I cervelli registrano spostamenti magnetici, nel subconscio

I nostri partecipanti erano tutti inconsapevoli degli spostamenti del campo magnetico e delle loro risposte cerebrali. A loro sembrava che nulla fosse accaduto durante l’intero esperimento: erano solo rimasti seduti al buio e in silenzio per un’ora.

Il loro cervello, però, ha rivelato una vasta gamma di reazioni. Alcuni cervelli quasi non reagivano, mentre altri avevano onde alfa che si riducevano a metà delle loro dimensioni normali dopo uno spostamento del campo magnetico.

Resta da vedere cosa queste reazioni nascoste potrebbero significare per le capacità comportamentali umane. Le risposte cerebrali deboli e forti riflettono qualche tipo di differenze individuali nella capacità di orientamento? Possono quelli con risposte cerebrali più deboli beneficiare di un qualche tipo di allenamento? Possono quelli che hanno risposte cerebrali forti essere addestrati a sentire realmente il campo magnetico?

Una risposta umana al campo magnetico della Terra potrebbe sembrare sorprendente. Ma date le prove di cui disponiamo circa la sensibilità magnetica presente nei nostri antenati animali, potrebbe essere più sorprendente se gli umani avessero completamente perso ogni residuo di questa sensibilità.

Finora, abbiamo trovato prove che le persone hanno sensori magnetici che inviano segnali al cervello, un’abilità sensoriale precedentemente sconosciuta nella mente umana subconscia. Resta da scoprire la piena estensione della nostra eredità magnetica.

Shinsuke Shimojo , Gertrude Baltimore Professore di Psicologia Sperimentale, California Institute of Technology ; Daw-An Wu , California Institute of Technology e Joseph Kirschvink , Nico e Marilyn Van Wingen Professore di Geobiologia, California Institute of Technology .

Questo articolo è ripubblicato da The Conversation sotto una licenza Creative Commons. Leggi l’articolo originale .

Una scoperta inaspettata appena effettuata su Bennu potrebbe mettere in discussione quanto crediamo di sapere sugli asteroidi

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Una scoperta shock arriva da Bennu. La navicella spaziale della NASA OSIRIS REx che sta studiando l’asteroide ha rilevato che dalla superficie dello stesso partono improvvisamente pennacchi di polvere che resta in orbita intorno all’asteroide circondandolo di una foschia polverosa; si tratta di un fenomeno mai osservato prima in un asteroide.

Nei mesi in cui OSIRIS-REx ha studiato Bennu, questo insolito ejecta si è verificato non meno di 11 volte. Si tratta di un fenomeno assolutamente sconosciuto agli astronomi che rimette in discussione la nostra conoscenza degli asteroidi.

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La scoperta di questi pennacchi emessi da Bennu è una delle più grandi sorprese della mia carriera scientifica“, ha detto il principale ricercatore della missione, Dante Lauretta dell’Università dell’Arizona. OSIRIS-REx ha raggiunto Bennu, intorno al quale sta ora orbitando, lo scorso dicembre e da allora lo sta studiando. La missione della sonda è studiare l’asteroide per capire meglio il sistema solare primitivo, poiché si pensa che Bennu si sia formato contemporaneamente alla nascita del Sistema Solare. La missione comprende anche la discesa della sonda sull’asteroide per prelevarne n campione che poi sarà inviato sulla Terra.

Finora, i pennacchi non sono stati inclusi ufficialmente tra i risultati già pubblicati su Bennu, che sono dettagliati in una serie di documenti pubblicati su Nature Astronomy .

Il primo pennacchio è stato osservato il 6 gennaio scorso, e il team ha quindi tenuto sotto stretta osservazione la roccia spaziale per ulteriori individuare attività. Nei due mesi successivi, i pennacchi sono stati osservati diverse volte e gli strumenti della sonda hanno potuto tenere traccia delle particelle di polvere che vi erano contenute.

Parte della polvere si è sparsa nello spazio; altre particelle sono entrate in orbita intorno a Bennu, mentre la maggior parte è ricaduta sulla superficie dell’asteroide. Almeno quattro blocchi, tuttavia, sono rimasti nell’orbita di Bennu, destinati forse a diventare mini satelliti dell’asteroide oppure a ricadere con il tempo sulla sua superficie-

I pennacchi non rappresentano un rischio per OSIRIS-REx ma, al momento, si può ben dire che questo è tutto ciò che sappiamo su di loro (a parte l’indicazione che forse gli asteroidi sono molto più attivi di quanto pensassimo). Il team di OSIRIS-REx sta cercando di scoprire di più sulla loro origine e quale fenomeno li innesca.

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NASA / Goddard / University of Arizona )

Abbiamo avuto sonde attorno ad altri asteroidi e mai nulla di simile è stato riportato“, ha dichiarato al sito New Scientist l’astronomo planetario Andrew Rivkin della Johns Hopkins University nel Maryland . “La domanda che dobbiamo porci è: perché questo asteroide è diverso?

Abbiamo già visto pennacchi in precedenza, ma l’attività registrata su Bennu potrebbe non avere somiglianze con i pennacchi che la sonda ESA Rosetta ha osservato sulla cometa 67P. Anche quelli erano pennacchi di polvere ma gli astronomi ritengono che fossero causati da elementi ghiacciati volatili in fase di sublimazione nelle cavità sotto la superficie della cometa, causando il collasso delle cavità e la fuoriuscita della polvere verso l’esterno.

Inoltre, per quanto ne sappiamo, gli asteroidi non contengono ghiaccio; questa infatti, è una delle grandi differenze tra comete e asteroidi. Non è impossibile che Bennu contenga del ghiaccio sotto la sua superficie, però la sua posizione orbitale dovrebbe essere troppo calda perché vi si possa essere formato del ghiaccio. L’unica ragione possibile che giustificherebbe la presenza di ghiaccio sarebbe una sua formazione in qualche punto lontano del Sistema Solare da cui, successivamente, per qualche ragione l’asteroide si è spostato avvicinandosi al Sole nella sua posizione attuale.

Tra le altre scoperte, gli scienziati del Southwest Research Institute hanno trovato sulla sua superficie minerali simili a quelli dei meteoriti chiamati condriti carbonacei, che sono noti per essere ricchi di sostanze volatili e che mostrano prove di interazioni con acqua o ghiaccio.

Ciò potrebbe significare che nel disco planetario che c’era durante il periodo di formazione del Sistema Solare il ghiaccio era abbondante.

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NASA / Goddard / University of Arizona )

Il campione che OSIRIS-REx raccoglierà potrebbe rivelarci qualcosa in più, L’unico problema è che la discesa sulla superficie dell’asteroide sarà più complicata del previsto in quanto la superficie di Bennu è ricoperta da grandi macigni, che potrebbero rappresentare un ostacolo per la raccolta dei campioni.

Il team scientifico ha quindi dovuto ricalcolare i parametri del sito di raccolta dei campioni e adeguare il loro approccio. Per esempio, potrebbe essere necessario far scendere OSIRIS-REx su un’area più piccola del previsto, con la conseguenza di dover calcolare con molta più accuratezza la procedura di discesa.

I primi tre mesi di osservazione ravvicinata di Bennu da parte di Osiris-REx  ci hanno fatto ricordare cosa è la ricerca: sorprese, rapidità di pensiero e flessibilità“, ha chiosatolo scienziato planetario della NASA Lori Glaze.

I risultati delle osservazioni effettuate sull’asteroide Bennu sono stati dettagliati in un numero speciale di Nature Astronomy.

Elon Musk ha scritto su Twitter che il primo saltello di prova dell’hopper avverrà nei prossimi giorni

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Il fondatore e CEO di SpaceX, Elon Musk, ha scritto in una serie di tweet pubblicati domenica scorsa che i primi brevissimi voli di prova del gigantesco razzo della compagnia chiamato Starship avverranno “speriamo” questa settimana.

Il primo hop salirà, ma solo a malapena”, ha scritto Musk su Twitter.

A quanto risulta, in effetti,nei giorni scorsi, i residenti vicino allo stabilimento SpaceX di Brownsville, in Texas, hanno ricevuto avvisi da parte di funzionari locali che recitavano che “SpaceX prevede di condurre test nella settimana del 18 marzo”, durante i quali “SpaceX stabilirà un perimetro di sicurezza in coordinamento con le forze dell’ordine locali”. In una dichiarazione rilasciata al Brownsville Herald, il portavoce di SpaceX, James Gleeson, ha detto: “SpaceX proverà i nuovi sistemi di terra ed eseguirà un breve test di accensione statica nei giorni a venire.”

Sebbene il prototipo sia progettato per eseguire voli sub-orbitali, alimentato dal nuovo motore di SpaceX, Raptor, i test iniziali saranno effettuati con il veicolo ancorato al suolo e nulla sarà visibile”, ha detto Gleeson.

SpaceX è nelle prime fasi di sviluppo del razzo Starship. Musk ha detto che i primi voli saranno “veramente brevi”  e serviranno a testare il nuovo motore Raptor della compagnia. La Starship, con un enorme lanciatore pesante riutilizzabile chiamato “Super Heavy”, sarà costruita per trasportare fino a 100 persone sulla luna, su Marte e altro ancora. Progettato per essere un sistema di lancio completamente riutilizzabile, la versione “hopper” della Starship è la chiave per testare il design e la meccanica di un razzo che sbloccherà la visione di Musk di rendere il volo spaziale più simile al viaggio aereo.

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Ci sono “sempre molte questioni che integrano motore e stage”, ha avvertito Musk su Twitter. Il “primo hopper si solleverà, ma solo a malapena”.

Musk ha anche detto che SpaceXha deciso di non costruire un nuovo nosecone per l’Hopper”.

Musk ha anche rivelato che SpaceX sta “lavorando sull’approvazione normativa” per testare e far volare Starship da strutture in Texas e in Florida. Mentre il prototipo è in costruzione in Texas, Musk ha detto che SpaceX sta per “costruire Starship & Super Heavy simultaneamente in entrambe le location”.

Musk ha anche mostrato alcuni filmati di SpaceX che mostrano i test delle piastrelle esagonali dello scudo termico della Starship. Queste piastrelle contribuiranno a mantenere il razzo fresco durante il rientro nell’atmosfera.

Un bolide è esploso con una potenza di 10 bombe atomiche sopra il mare di Bering lo scorso dicembre

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Il 18 dicembre 2018, si è verificata nell’atmosfera un’enorme esplosione della potenza equivalente di 173 chilotoni di tritolo. Stiamo parlando di un’esplosione di oltre dieci volte più potente di quella che provocò la bomba atomica da 15 chilotoni sganciata su Hiroshima al termine della seconda guerra mondiale. Per quanto ne sappiamo, è stata la terza più grande esplosione di una meteora in oltre 100 anni, meno forte solo dell’esplosione di Chelyabinsk del 2013 ( 440 kilotoni ) e l’evento di Tunguska nel 1908 (almeno 3 megatoni )

L’esplosione è avvenuta ad alta quota sopra il Mare di Bering, vicino, ma non abbastanza vicino, alla  penisola russa della Kamchatka.

Una meteora che esplode in una palla di fuoco a mezz’aria è anche conosciuta come bolide.

Secondo il meteorologo Peter Brown della Western University in Canada, l’evento è stato rilevato da almeno 16 stazioni di monitoraggio a infrasuoni in tutto il mondo, una rete globale progettata per monitorare le esplosioni nucleari atmosferiche (ma che può anche rilevare eventi come terremoti, eruzioni vulcaniche e, sì, bolidi).

Quando vedi queste onde infrarosse, sai immediatamente che c’è stato un impatto o un grande rilascio di energia“, ha detto l’astronomo Alan Fitzsimmons della Queen’s University di Belfast alla rivista scientifica online New Scientist.

Gli scienziati della NASA hanno ricevuto informazioni sull’esplosione dai satelliti militari statunitensi, che hanno rilevato la luce visibile e infrarossa dal bolide.

Inoltre, la sua scia è stata catturata in modo fortuito dalla telecamera dal satellite meteorologico giapponese Himawari-8 mentre la meteora stava cadendo.

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Simon Proud@simon_sat

The meteor is really clear here – bright orange fireball against the blue + white background!

Background: https://www.bbc.co.uk/news/science-environment-47607696 

Dai dati militari, gli scienziati della NASA sono stati in grado di calcolare che la meteora aveva attraversato l’atmosfera ad una velocità di circa 115.200 chilometri all’ora, con un angolo di 7 gradi, ed è esplosa a un’altitudine di 25,6 chilometri. Sulla base dei dati, Brown è stato in grado di dedurre che la meteora aveva un diametro di circa 10 metri, con una massa di circa 1.400 tonnellate.

Questo è molto al di sotto del limite inferiore di 140 metri per gli asteroidi vicini alla Terra (NEO) potenzialmente pericolosi che la NASA spera di rilevare – ma anche al di sotto dei 20 metri della meteora di Chelyabinsk.

Quest’ultima, quando esplose alla quota di 23,3 km sopra la Russia nel 2013, provocò danneggiamenti di edifici per un raggio di diverse centinaia di chilometri e circa 1.200 feriti, per fortuna senza provocare morti.

L’evento Tunguska del 1908 spianò una regione della foresta siberiana di circa 2.000 chilometri quadrati.

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Giorgio Savini@UCLOAstroSphinx

Hi, fantastic post on the meteor.
I quickly checked MODIS-Terra…. they seem to have had a pass roughly at the right time (incredible coincidence!). I cropped the 250m res below or check the link.https://lance.modaps.eosdis.nasa.gov/cgi-bin/imagery/single.cgi?image=crefl1_143.A2018352235000-2018352235500.250m.jpg 

Quindi, anche se questi eventi accadono solo una manciata di volte al secolo (ed è solo una coincidenza che i più grandi siano capitati sulla Russia, che, peraltro, ha una enorme estensione di terre emerse), potrebbero essere incredibilmente distruttivi qualora si verificassero nei pressi del suolo.

Siamo fortunati che la superficie del nostro pianeta sia per lo più costituita da fondali marini dove molte meteore precipitano senza fare danni. Ad esempio, un bolide con la potenza di 12 kilotoni di TNT esplose senza fare danni al largo delle coste del Brasile nel 2016. In effetti, la NASA ha registrato 774 palle di fuoco atmosferiche dal 1988 al momento in cui è stato scritto questo articolo, la maggior parte delle quali si sono verificate sull’oceano.

Si stima che milioni di meteore entrino nell’atmosfera terrestre ogni giorno. La stragrande maggioranza è costituita da granelli di polvere che bruciano all’entrata nell’atmosfera, ma alcuni sono abbastanza grandi da esplodere: più grande è la meteora, più grande è il boom.

Quelli che sono abbastanza grandi da causare un evento rilevabile da satelliti e stazioni a infrasuoni sono relativamente rari.

Il bolide del Mare di Bering è esploso nei pressi di una rotta aerea commerciale tra Nord America e Asia, quindi la NASA si sta rivolgendo alle compagnie aeree competenti per qualsiasi avvistamento dell’evento.

InSight sta rilevando microsismi su Marte. Cosa significa e cosa ci si aspetta

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Dopo mesi di delicate manovre, il lander InSight della NASA ha finito di posizionare il suo sismometro iper-sensibile sulla superficie di Marte. A poche settimane dal suo posizionamento, il lander ha già sentito qualcosa: i lievi tremori che scuotono continuamente il nostro vicino rosso.

Insomma, per la prima volta sono stati rilevati dei microsismi su un altro pianeta.

Sulla Terra, i microsismi sono onnipresenti, causati in gran parte dallo sciabordio dell’oceano, da tempeste e maree. Marte, nonostante i sogni degli scrittori di fantascienza, non ha attualmente oceani, ragione per cui si sospetta che queste vibrazioni sono probabilmente causate dalle onde di pressione a bassa frequenza generate dai venti atmosferici che fanno vibrare la superficie, inducendo onde superficiali di lungo periodo che si propagano nella superficie, chiamate onde di Rayleigh, ha detto Lognonné, un sismologo planetario dell’Università di Parigi Diderot, che dirige la squadra che gestisce lo strumento, in un intervento tenuto alla conferenza annuale delle scienze lunari e planetarie.

Anche se InSight non ha ancora rilevato un terremoto, i microsismi rilevati danno la conferma che il sismometro del lander funziona come sperato. Negli ultimi decenni, i sismologi hanno iniziato a vedere i microsismi sulla Terra non solo come una seccatura, ma come uno strumento prezioso per comprendere le caratteristiche del sottosuolo. Questo rumore sarà altrettanto prezioso su Marte, ha spiegato Lognonné, permettendo ai sismologi della squadra di sondare la rigida crosta superficiale nelle immediate vicinanze attorno al lander.

Ma il sismometro ha avuto poco tempo per ascoltare finora. Mentre il cratere pieno di sabbia in cui è sbarcato InSight, soprannominato “Homestead Hollow“, aveva poco in termini di grandi rocce per complicarne la collocazione, il dispiegamento ha richiesto un mese in più del previsto, grazie a due compiti delicati. In primo luogo, gli scienziati hanno dovuto modificare attentamente il cavo elettrico che collega il sismometro al lander, al fine di ridurre il rumore proveniente dal lander. Poi, hanno dovuto posizionare uno scudo per proteggere lo strumento dal vento e dal calore.

Da allora, InSight ha dedicato molto del suo tempo alla risoluzione dei problemi del suo secondo strumento, una sonda dotata di sensori di calore progettata per perforare la superficie per poi posizionarsi alla profondità di 5 metri. Il braccio robotico ha posizionato lo strumento a metà febbraio, ma, poco dopo vere iniziato lo scavo la sonda si è bloccata a 30 centimetri di profondità a causa di un ostacolo, probabilmente un grosso masso sepolto. Al momento, la perforatrice di InSight è in pausa mentre gli ingegneri della NASA valutano le opzioni disponibili. “Questa situazione si protrarrà per diverse settimane,” ha dichiarato Bruce Banerdt, ricercatore principale di InSight e geofisico presso il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA a Pasadena, in California.

In ogni caso, i microsismi sono interessanti ma tutti coloro che lavorano su InSight stanno aspettando l’evento principale: il primo terremoto. Al momento non se ne sono ancora rilevati ma il team che gestisce la missione si aspetta di rilevarne, in media, uno al mese. Il fatto che non se ne siano ancora verificati probabilmente significa che i terremoti probabilmente arriveranno in gruppi, non perfettamente distanziati. Banerdt, che ha preparato questa missione per decenni, può permettersi di avere ancora un po’ di pazienza.

L’attesa non è ancora finita.” Ha concluso lo scienziato

Fonte: sciencemag

I misteriosi segnali LDE

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di Oliver Melis

LDE è l’acronimo di Long Delayed Echoes che tradotto in italiano suona come: Echi di Lunga Durata, sono echi radio che ritornano al mittente con un ritardo di almeno 2,7 secondi dopo l’invio di una trasmissione radio.

Sulla loro origine vi sono diverse ipotesi scientifiche.

A notare il fenomeno fu nel 1927 l’ingegnere civile Jørgen Hals nella sua casa vicino ad Oslo, in Norvegia. Hals registrò un secondo eco radio che arrivava con notevole ritardo dopo che si era concluso l’eco radio primario della trasmissione. L’inspiegabile fenomeno lo portò a consultare il fisico norvegese Carl Stormer. Hals spiegò che oltre alla eco principale, ne registrava una seconda più debole, dopo circa tre secondi. La potenza del segnale era compresa tra 1/10 e 1/20 del senale principale. La sorgente era sconosciuta.
La spiegazione però non venne trovata nemmeno con l’aiuto di un’altro fisico, Balthasar van der Pol che aiutò Hals e Stormer ad indagare sull’origine degli echi, ma la natura sporadica dei segnali e la variazione della durata dei ritardi, non permisero di trovare una spiegazione soddisfacente.

Gli echi misteriosi si sono ripetuti da allora fino ai nostri giorni, Aleksandr Grigor’evich Shlionskiy elenca 15 possibili spiegazioni naturali, suddivise in due gruppi:
Le ipotesi che spiegano gli echi come riflessi delle onde che avvengono nello spazio esterno e quelle
Le ipotesi che spiegano gli come riflessi che si verificano invece nella magnetosfera terrestre.

1 – Riflessione dalla Luna (e dai pianeti).

2 – Riflessione di segnali con ritardo di 4-8 secondi dalle superfici solide di grandi meteoriti e le nubi di ionizzazione circostanti che circolano attorno alla Terra oltre l’orbita lunare.

3 – Riflessione da gruppi di nubi di gas ionizzato nelle regioni di Lagrange-Trojan. ( Terra-sole L1 , ritardo di circa 10 sec o Luna-terra L4 o L5 , ritardo di circa 2,5 sec)

4 – Riflessione da una superficie toroidale formata da flussi di particelle cariche emesse dal sole. Questa è l’ipotesi originale di Størmer del 1928. L’esistenza di tali regioni toroidali con particelle intrappolate nel campo magnetico terrestre è stata successivamente confermata ( la cintura di radiazioni di Van Allen ), ma la distanza è di soli 4-5 raggi di terra, cioè solo circa 0,2 secondi di tempo di andata e ritorno.

1 – Ritardo del segnale nelle regioni di riflessione della ionosfera (l’ipotesi di van der Pol, 1928)
2 – Canalizzazione del segnale lungo lunghe traiettorie curvilinee in prossimità di formazioni ionizzate con forme oblunghe. che si verificano al di là della terra e ruotano con essa (ipotesi di Pedersen, 1929).
3 – La somiglianza tra echi e fischi fu presto notata e fu proposto che lo stesso meccanismo potesse essere responsabile (Eckersley, 1928)
4 – Risonatori formati dalle cosiddette “bolle”, allungati lungo il campo magnetico, con una densità elettronica notevolmente ridotta e formati a 300-500 km e fino a diverse migliaia di km, che si muovono con una velocità fino a centinaia di m / S.
5 – Conversione delle onde in onde longitudinali di plasma e ritorno in prossimità di ionizzazione e disomogeneità del campo magnetico.
6 – Risuonatori ionosferici formati ad esempio da vuoti nella stratificazione F-regione, più probabile a basse e alte latitudini.
7 – Trasferimento risonante di una parte dell’energia del flusso di elettroni, viaggiando nella regione riflettente, un’onda dovuta all’interazione plasma-raggio e di conseguenza una certa compensazione dell’attenuazione (amplificazione analogico-maser). Più probabile nella regione aurorale dove i flussi di elettroni sono più forti.
8 – Memoria al plasma: l’equivalente ionosferico dell’effetto spin echo nella risonanza magnetica nucleare.
9 – Interazione non lineare. Segnali a due frequenze di lavoro, dove la differenza è vicina alla frequenza del plasma, interagendo non lineare con il mezzo.
10 – Soluzioni simil-soliton con effetti di compensazione nei media non lineari e debolmente dispersivi che portano alla comparsa di segnali di lunga durata e di conservazione della forma. L’effetto è possibile in condotti o risonatori.
11 – Moltiplica propagazione dei segnali intorno al mondo con messa a fuoco sui punti antipodali (l’ipotesi di Appleton, 1928).

R. J. Vidmar e F. W. Crawford estrapolano invece le cinque (tra queste) che potrebbero essere le ipotesi più probabili, Sverre Holm, professore di Elaborazione del Segnale presso il Centre for Imaging  dell’Università di Oslo, le dettaglia come segue.

Prima spiegazione: i segnali radio possono oltrepassare la ionosfera per poi essere canalizzati nella magnetosfera ad una distanza di diversi raggi terrestri verso l’emisfero opposto dove saranno riflessi sopra la ionosfera. Il tempo di andata e ritorno varia con la latitudine geomagnetica del trasmettitore ed è tipicamente nell’intervallo di 140-300 ms. Più a nord si trova la stazione e più grande è il ritardo. Tuttavia a causa del breve ritardo osservato, questo fenomeno non può essere considerato un vero e proprio LDE.

Seconda spiegazione, che attualmente è considerata la più probabile: i segnali radio rimangono intrappolati tra due strati ionizzati dell’atmosfera e da li continuano ad essere riflessi sino a quando, trovando un vuoto nello strato inferiore, non riescono a sfuggire verso la bassa atmosfera.

Terza spiegazione: i segnali radio interagiscono con onde di plasma provenienti dal Sole nella parte alta della ionosfera.

Quarta spiegazione: la riflessione è generata da nubi di plasma solare al di fuori dell’atmosfera.

Quinta spiegazione: due differenti segnali si possono combinare per generare un segnale di frequenza diversa che se interagisce con il plasma solare genera un eco di tipo LDE.

Nessuna di queste ipotesi però spiega il fenomeno in modo soddisfacente. Solo il primo meccanismo è ben definito, e nessuno degli altri quattro è abbastanza consolidato da meritare il termine “teoria“. I fenomeni sono spesso fugaci e soprattutto non ripetibili, inoltre non è ancora del tutto chiaro come la magnetosfera interagisca con il vento solare.

Vi sono anche delle ipotesi alternative, alcuni infatti credono che gli LDE siano generati dalle aurore boreali dopo le tempeste solari, altri ancora che essi siano delle doppie riflessioni Terra-Luna-Terra (in inglese EME): il segnale viene riflesso dalla Luna, il segnale riflesso viene riflesso a sua volta dalla Terra, torna verso la Luna ed infine viene riflesso nuovamente verso la Terra.

Nel 1973 l’astronomo Ducan Lunan propose che gli echi radiofonici osservati da Stormer e Van der Pol nel 1928 avrebbero potuto essere le trasmissioni di una sonda Bracewell, un artefatto costruito da una civiltà extraterrestre che cerca di comunicare con noi facendo rimbalzare indietro i nostri segnali.

Infine, secondo il Dr. Volker Grassmann questi echi potrebbero essere semplicemente dei falsi, una burla, dal momento che generare arbitrariamente segnali di questo tipo non è complicato per un radioamatore esperto.

Fonte: /heim.ifi.uio.no; http://phobosproject.blogspot.com

Presentato un cortometraggio sul flyby di Ultima Thule, con la colonna sonora di Brian May

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Una traccia eterea del chitarrista dei Queen, Brian May, accompagna l’impressionante visione del time-lapse del fly by della sonda della NASA New Horizons di Ultima Thule, l’oggetto del sistema solare più lontano che una sonda spaziale umana abbia mai visto da vicino.

Il capo ricercatore del team di New Horizons, Alan Stern, ha presentato il video il 15 marzo scorso per dare il via ad una conferenza stampa e una serie di presentazioni sull’oggetto 2014 MU69, soprannominato Ultima Thule, alla 50a Conferenza Lunar e Planetary Science in Texas.

Il time-lapse, creato dal ricercatore del progetto di New Horizons John Spencer, ricercatore presso il Southwest Research Institute di Boulder, mostra l’oggetto che appare contro lo sfondo stellare della costellazione del Sagittario e cresce di dimensioni fino al sorvolo ravvicinato avvenuto il giorno di capodanno del 2019, poi mostrando la sagoma della sonda mentre vola oltre, verso i limiti del sistema solare.

May ha un dottorato di ricerca in astrofisica, e si unì al team di New Horizons – “scientificamente, non musicalmente“, ha affermato Stern – nel 2015, svolgendo la funzione di esperto di immagine stereo del team .

Questa estate, l’ho sfidato a scrivere qualcosa intorno al sorvolo e all’esplorazione che stiamo facendo, e lui mi ha rifiutato categoricamente e ha detto: ‘No, non posso scrivere testi perché nulla fa rima con Ultima Thule‘”, ha detto Stern. . “Ma poi ci ha pensato meglio e alla fine ha creato questo inno chiamato “Nuovi orizzonti”.

 

La scorsa settimana, ha mixato alcuni estratti di quell’inno e il video che John Spencer e il suo team hanno messo insieme, ed è stato rilasciato simultaneamente oggi dalla NASA e da Queen – la loro macchina di pubbliche relazioni“, ha aggiunto Stern. “Ne siamo abbastanza orgogliosi, pensiamo che sia un altro primato per New Horizons.”

Ed ecco il video del cortometraggio presentato per l’occasione:

Il post originale di presentazione di Brian May: https://www.instagram.com/p/BvKMNR5BQkZ/?utm_source=ig_embed