domenica, Aprile 20, 2025
Migliori casinò non AAMS in Italia
Home Blog Pagina 1284

Il problema dei commercio di farmaci scaduti o contraffatti in Africa

0

Secondo un ente di beneficenza del Regno Unito, la diffusione di medicinali contraffatti in Africa sta diventando una vera e propria emergenza di salute pubblica che, ormai, non può più essere ignorata.
La Fondazione Brazzaville afferma che Congo, Nigeria, Senegal, Togo, Uganda, Ghana e Gambia, stanno cercando un modo per ridurre ed eliminare il traffico di medicinali contraffatti.

Quanti farmaci contraffatti ci sono nel mondo?

A livello globale, il commercio di prodotti farmaceutici contraffatti vale fino a 200 miliardi di dollari annui. Secondo le stime del settore, l’Africa è tra i paesi più colpiti da questo fenomeno.
L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) afferma che il 42% di tutti i medicinali contraffatti, segnalati tra il 2013 e il 2017, proviene dall’Africa. L’Europa e l’America (Nord e Sud) rappresentano ciascuna il 21%.
Ma quanto sono affidabili queste cifre?
L’OMS si basa sui dati forniti dai regolatori nazionali o regionali che notificano i sequestri dei farmaci contraffatti. Pertanto, i dati per il 2013-2017 sono validi solo per i paesi interessati da questi sequestri.

Confisca di medicinali falsi 2013-17

L’OMS ha notato che con l’aumento del numero di autorità più qualificate, le segnalazioni di sequestri di farmaci sono visibilmente aumentate.
Bright Simons, che ha creato un sistema per verificare i farmaci in Ghana, afferma che non è comunque possibile avere una stima precisa, poiché si tratta di un commercio clandestino.
Negli ultimi anni, ci sono stati diversi sequestri che ci possono fornire un’indicazione sulla grandezza del problema in Africa occidentale.
Nel 2018 in costa d’Avorio, Guinea-Bissau, Liberia e Sierra Leone sono state  sequestrate 19 tonnellate di medicinali contraffatti. Nel 2019 sono stati intercettati dei trafficanti in Costa d’Avorio, mentre tentavano di portare 12 tonnellate di prodotti farmaceutici contraffatti dal Ghana. Un’operazione guidata dall’Interpol in sette paesi dell’Africa occidentale, nel 2017, ha sequestrato oltre 420 tonnellate di prodotti farmaceutici illeciti. Tra il 2015 e il 2018 in Mali, sono stati sequestrati quasi 20 tonnellate di medicinali contraffatti.
L’OMS stima che un prodotto farmaceutico su 10, nei paesi a basso e medio reddito, come quelli presenti per la maggior parte nel territorio africano, sia scadente o contraffatto.
Quali sono i danni di questi medicinali contraffati?
L’analisi condotta per l’OMS dalla London School of Hygiene and Tropical Medicine, stima che i farmaci antimalarici scaduti potrebbero causare, nell’Africa sub-sahariana, 116.000 morti all’anno.
A sostegno di questi dati, nel 2015, uno studio pubblicato sull’American Society of Tropical Medicine and Hygiene ha stimato che, nell’Africa sub-sahariana, oltre 122.000 bambini di età inferiore ai cinque anni muoiono ogni anno a causa di farmaci antimalarici scadenti.

Perché è difficile contrastare la diffusione delle medicine contraffatte?

A volte i farmaci contraffatti, possono essere difficilmente distinguibili dai prodotti originali poiché si potrebbero trovare in una buona confezione, se non migliore rispetto a quella dei farmaci veri e propri.
A rendere le cose ancora più complicate, si aggiungono altri fattori. Per esempio, vi è una mancanza di regolamenti legata alle vendite che, spesso e volentieri, sono effettuate online, oppure in luoghi nascosti.
C’è anche il problema dei costi dei farmaci nei paesi più poveri. Difatti l’OMS afferma che, se un farmaco originale e di buona qualità, fornito da case farmaceutiche autorizzate, è troppo costoso, le persone preferiscono comprarne uno più economico, ottenuto però da un fornitore sprovvisto di licenza.

 Può la tecnologia aiutare a eliminare il problema dei farmaci contraffatti?

La riduzione dei prezzi dei farmaci autorizzati non garantisce una soluzione. Anche i medicinali a basso costo possono creare dei guadagni per i criminali, purché si abbia un elevato numero delle vendite.
Per ovviare a questo problema, si stanno studiando alcune soluzioni tecnologiche, ancora in fase di sperimentazione, tra cui app per aiutare gli utenti a verificare i medicinali, utilizzando codici a barre e altri mezzi di identificazione stampati sulla confezione.

Riuscito il Launch Escape Test per la Dragon Crew di SpaceX – video

0

È iniziato verso le 16.15 il test di aborto missione della capsula di SpaceX Dragon 2, o Dragon Crew.
Dopo il rinvio di ieri a causa delle condizioni climatiche, anche oggi l’effettuazione del test è stata a lungo fortemente in dubbio e solo a poco tempo dalla chiusura della finestra di lancio il vento e le onde al largo della Florida, nell’area di oceano Atlantico dove sarebbe avvenuto di splash down, si sono calmati abbastanza da permettere l’effettuazione del test.
lancio
Intorno alle 16.15 il lancio è stato effettuato con successo. Il booster riutilizzabile Falcon 9 Mark V, reduce già da quattro missioni di successo, ha acceso i suoi motori Merlin portando in meno di due minuti la capsula Dragon oltre le nuvole.
Distacco
Intorno ai 120 secondi dopo il lancio i motori del Falcon 9 si sono spenti, simulando un’avaria, e un attimo dopo la capsula Dragon si è staccata dal missile accendendo i suoi potenti razzi SperDraco con i quali si è portata a distanza di sicurezza dal razzo ormai morto che nel frattempo esplodeva in una nuvola di fumo.
Ancora qualche secondo di ascesa per l’inerzia e la capsula ha iniziato la sua discesa.
paracadute
A questo punto dalla telecamera di bordo della Dragon abbiamo assistito all’apertura dei paracadute che hanno portato la capsula a posarsi dolcemente sulle acque dell’Atlantico.
splashdown
Interessante la vista in soggettiva di tutta la discesa. Appena la capsula ha toccato l’acqua è iniziata l’operazione di recupero della capsula stessa e dei due manichini pieni di sensori che erano a bordo, dai quali si ricaveranno molti interessanti dati sulle forze cui saranno sottoposti gli astronauti.
Tutta la registrazione del test è disponibile ed è possibile vederla qui sotto.

Ora SpaceX e NASA studieranno con molta attenzione i dati della telemetria e le registrazioni dell’intero test. Se non verranno riscontrate anomalie probabilmente nel mese di marzo la Dragon 2 effettuerà il test finale portando due astronauti alla Stazione Spaziale Internazionale.

Svelato il segreto della longevità?

0

Loma Linda, California, è una cittadina che sorge tra le vette delle montagne nel mezzo della San Bernardino Valley. E’ conosciuta come un centro di salute e benessere, con oltre 900 medici presso il campus della Loma Linda University e Medical Center.
Questa città di 21.000 abitanti è una delle cinque zone blu del mondo (come lo sono Ikaria in Grecia, la Sardegna in Italia, Okinawa in Giappone e Nicoya in Costa Rica). Le zone blu, sono regioni del mondo in cui la speranza di vita è notevolmente più alta rispetto alla media mondiale. Infatti, le persone in questa comunità tendono a vivere in media da 8 a 10 anni in più.
Gli esperti affermano che Loma Linda ha una delle più alte concentrazioni al mondo di avventisti del settimo giorno (movimento religioso cristiano). La religione, infatti, impone uno stile di vita sano e una vita di servizio alla chiesa e alla comunità che contribuisce alla loro longevità.

“Non mi sono mai stressato”

Per quanto mi riguarda, lo stress è una cosa costruita” ha dichiarato il dr. Ellsworth Wareham, esponente degli avventisti e cardiochirurgo di professione. Egli afferma di non essersi mai stressato in tutta la sua vita e di avere una sua filosofia, “fai il meglio che puoi e non ti curare di tutto il resto”.
Wareham raccontava che fino ai 95 anni di età ha assistito negli interventi chirurgici, aggiungendo anche che sarebbe stato in grado di operare fino all’età di 100 anni.
Una volta ha detto che “potrei fare un intervento a cuore aperto in questo momento. Le mie mani sono ferme e ho una vista eccellente. La mia pressione sanguigna è di 117. Non ho notato alcun deterioramento delle mie capacità mentali con l’età. Se mi dessero qualcosa da memorizzare, la memorizzerei con la stessa velocità di quando avevo 20 anni”.

 Il ruolo del vegetarianismo

Il dr. Wareham è deceduto l’anno scorso, all’età di 104 anni. Come il 10% della comunità avventista, Wareham era vegano. Un altro 30% è costituito da vegetariani “lacto ovo”, ovvero coloro che mangiano latticini e uova, mentre un altro 8% mangia pesce ma non altra carne. Il vegetarianismo è così diffuso che non è possibile acquistare carne nelle mense dell’università e del centro medico.
Anche coloro che non sono vegetariani, non sono dei grandissimi consumatori di carne“, spiega il dott. Michael Orlich, principale ricercatore dell’Adventist Health Study-2. Con i suoi studi, egli si occupa di esaminare il legame tra fattori di stile di vita sani e malattie in 96.000 avventisti negli Stati Uniti Stati e Canada.
Secondo le statistiche sulla carne venduta del Department of Agriculture degli Stati Uniti, l’anno scorso gli americani avrebbero dovuto consumare 222 chili di carne rossa e pollame a testa. In confronto, coloro tra gli avventisti che mangiano carne, ne consumano meno di 46 chili all’anno.
A cosa porta lo stile di vita vegetariano? Sicuramente una peso più basso per ciascun individuo. Secondo i dati dello studio, i vegetariani hanno un indice di massa corporea media (BMI) di 23, ben al di sotto del valore soglia salutare di 25. Coloro che mangiano carne, invece, non importava quanto poco ne mangiassero,  hanno un BMI medio di 29.

 Fattori di uno stile di vita sano

Vi sono però degli altri fattori che contribuiscono alla longevità. Per esempio, secondo gli studi condotti, solo l’1% della comunità avventista fuma. C’è un bassissimo consumo di alcol e giornalmente vengono svolti svariati esercizi all’aria aperta, volontariato e molto altro ancora.
La religione gioca un ruolo molto importante nella vita degli avventisti i quali hanno un “appuntamento settimanale con Dio“, in cui devono andare in chiesa, non lavorare e dedicare la giornata al riposo e al ringiovanimento.
Un sottogruppo di ricerche sulla comunità, chiamato “religione biopsicosociale e studio sulla salute”, ha esaminato 20.000 avventisti scoprendo che è stata la loro connessione con la chiesa a dare il via alle loro sane abitudini ma anche al loro benessere emotivo.
Kelly Morton, collaboratrice dello studio e professoressa di medicina e psicologia alla Loma Linda University, ha dichiarato che coloro che sono impegnati religiosamente, seguono una dieta più sana, fanno più esercizio fisico e hanno più benessere emotivo e meno depressione. “Così facendo, riescono a vivere più a lungo”.
La Morton è andata a fondo nella questione analizzando le caratteristiche di resilienza dei membri più anziani della comunità, quelli con più di 100 anni. Ancora una volta, emerge che l’impegno religioso è un fattore importante nella loro longevità.
Mettendo insieme tutti questi fattori, si ottiene sicuramente un corpo più sano e con meno probabilità di soccombere a malattie legate all’obesità, come diabete, ipertensione, cancro e malattie cardiache. La ricerca sugli avventisti del settimo giorno, iniziata negli anni ’50, ha costantemente dimostrato queste teorie.
Inoltre, secondo Orlich: “nel nostro studio sulla salute della comunità avventista, i vegetariani tendono ad avere una pressione sanguigna più bassa, un colesterolo LDL (colesterolo cattivo) più basso, una minore prevalenza della sindrome metabolica e meno diabete. I vegani invece hanno un rischio inferiore di cancro alla prostata“.
L’Adventist Health Study-2, iniziato negli anni ’90, si è basato su un’analisi dettagliata della longevità e dei fattori dati dallo stile di vita religioso. Lo studio ha collegato l’aumento di una maggiore durata di vita a cinque semplici abitudini: non fumare, mantenere un peso ideale inferiore a 25 BMI, seguire una dieta a base vegetale, mangiare noci regolarmente e condurre una regolare attività fisica.

E’ troppo tardi?

Pochi di noi praticano queste sane abitudini di vita e tanto meno le praticano tutte in una volta. La buona notizia, dice Orlich, è che non è mai troppo tardi per iniziare.
La maggior parte delle prove suggerisce che cambiare alcune semplici abitudini dello stile di vita, può fare la differenza diminuendo il rischio di malattie gravi e aumentando le probabilità di vivere una vita lunga. In qualche modo, il corpo ha una straordinaria capacità di guarire se stesso”.
Prendiamo il fumo come esempio. Molti baby boomer (coloro che sono stati protagonisti del “baby boom” demografico tra il 1946 e il 1964), sono dei fumatori incalliti in quanto hanno vissuto in un periodo in cui il fumo, secondo la società, era la norma. Orlich afferma che per coloro che hanno smesso di fumare da più di 20 o 30 anni, non ci sono più differenze con una persona che non ha mai fumato. Alla luce di questi fatti, non è mai troppo tardi per iniziare ad adottare uno stile di vita sano da cui si possono ottenere notevoli benefici per la salute.

Asteroide o vulcani? Cosa ha davvero ucciso i dinosauri?

0

La modellistica del ciclo del carbonio e le registrazioni della paleotemperatura sostengono che l’impatto di un asteroide, e non emissioni vulcaniche, sia stato la causa principale dell’estinzione dei dinosauri.

L’imponente impatto di un asteroide è probabilmente la causa dell’evento di estinzione di massa che segnò la fine del periodo cretaceo, secondo uno studio pubblicato il 17 gennaio su Science.
I ricercatori guidati da Pincelli Hull della Yale University hanno usato nuclei di sedimenti di acque profonde estratti dal Nord Atlantico per studiare il ciclismo del carbonio oceanico e gli sbalzi di temperatura avvenuti nel periodo che ha segnato la scomparsa di numerose specie circa 66 milioni di anni fa, la cui causa è oggetto di accesi dibattiti.
Alcuni ricercatori sostengono che i gas vulcanici liberati dalle Deccan Traps indiane siano stati il ​​principale motore delle estinzioni, mentre altri sostengono che l’impatto di un asteroide gigante, di 10 km di diametro, avvenuta nella penisola dello Yucatan in Messico sia stata la causa più probabile.
Molti ricercatori preferiscono sostenere che sia l’impatto che il vulcanismo sono stati importanti per l’estinzione“, ha spiegato Hull al The New York Times. “E quello che stiamo vedendo è che non sembra. A causare l’estinzione di massa 66 milioni di anni fa fu solo l’impatto. ”
Nel mappare una sequenza temporale di sbalzi di temperatura globali ed esplorare diversi scenari per quando potrebbero essersi verificate le eruzioni Deccan, Hull e il suo team hanno scoperto che non ci sono stati aumenti di temperatura nel periodo dell’evento di estinzione, come invece ipotizza l’ipotesi vulcanica.
Lo scenario più probabile è che le eruzioni si siano verificate principalmente prima che l’asteroide colpisse la Terra.
Abbiamo trovato prove che il degassamento maggiore è iniziato e terminato nettamente prima dell’impatto [dell’asteroide] e solo l’impatto coincide temporalmente con l’estinzione di massa e il cambiamento del ciclo del carbonio biologicamente amplificato“, concludono gli autori.
Se dopo l’estinzione di massa si sono verificate alcune eruzioni, i loro effetti sono stati attenuati dall’assorbimento del carbonio da parte degli oceani, ha concluso il team.
Questo è dimostrato dal fatto che il plancton, i cui gusci sono fatti di carbonato di calcio, era tra gli innumerevoli organismi spazzati via. “Senza l’effetto tampone effettuato dal plancton che ha estratto carbonato di calcio dall’acqua di mare per costruire i propri gusci, gli oceani potrebbero aver assorbito grandi quantità di gas acido di anidride carbonica emesso dai trappi del Deccan nel periodo immediatamente precedente all’evento di estinzione“, secondo Science News. “Questo assorbimento avrebbe potuto attenuare l’effetto termico delle emissioni vulcaniche“.
Sono sicuro che il dibattito continuerà, perché ci sono fondamentalisti trincerati su entrambi i fronti“, ha commentato al New York Times il paleontologo Stephen Brusatte dell’Università di Edimburgo . “Ma sta diventando sempre più difficile sostenere l’innocenza dell’asteroide“.
 

SpaceX: Alle 16.00 il test di salvataggio della capsula Dragon Crew – diretta streaming

0

Sono in corso i preparativi finali per il test del sistema di fuga durante il lancio della capsula Dragon Crew. Oggi, alle 16.00 ora italiana, verrà effettuato un lancio dal Kennedy Space Center in Florida. La finestra di lancio di quattro ore si apre alle 13:00 UTC e SpaceX ha indicato che potrebbe usare molto di quel tempo per trovare uno slot ideale a causa delle condizioni meteorologiche.
All’inizio della finestra di lancio, il tempo sul pad dovrebbe essere l’ideale, ma i meteorologi hanno espresso preoccupazione per i venti in quota e le condizioni del mare al largo.

Un test fondamentale

Benji Reed di SpaceX ha dichiarato che la società ha completato oltre 700 test sui propulsori SuperDraco che alimenteranno il sistema di fuga della capsula Dragon. I propulsori allontaneranno il veicolo spaziale dal razzo Falcon 9 durante un’emergenza simulata.
Il test si svolgerà in un arco di tempo piuttosto breve. A 84 secondi dal lancio, i motori Merlin del Falcon 9 su cui è montata la capsula si spegneranno per simulare un’avaria e gli otto propulsori SuperDraco montati sulla Dragon Crew si accenderanno per circa 10 secondi per estrarre rapidamente l’astronave dal razzo e allontanarla dal pericolo. A bordo saranno presenti due manichini per registrare le forze all’interno della cabina, che non dovrebbero superare i 4G.

 
La diretta streaming del test dovrebbe iniziare qui sotto circa 15 minuti prima dell’apertura della finestra di lancio.

Pienamente operativo il maxi telescopio cinese FAST

0

Dopo un lungo periodo di prova durato oltre tre anni, durante il quale ha comunque compiuto parecchie interessanti osservazioni, il radiotelescopio cinese “The Five-hundred-meter Aperture Spherical radio Telescope”(FAST) è ora pienamente operativo e sarà accessibile gradualmente agli astronomi di tutto il mondo, consentendo di sondare i misteri dell’evoluzione del cosmo.
Il telescopio ha superato tutti i test e gli indicatori tecnici hanno raggiunto o superato il livello previsto, e le sue prestazioni saranno le migliori al mondo, ha dichiarato Shen Zhulin, un funzionario della National Development and Reform Commission, durante una riunione di messa in servizio sabato.
Il radiotelescopio FAST è un telescopio a piatto unico con un diametro di 500 metri e un’area di ricezione equivalente a circa 30 campi da calcio. E’ stato assemblato in una depressione carsica naturale nella provincia di Guizhou, nel sud-ovest della Cina.
Secondo Jiang Peng, ingegnere capo del telescopio, ora che FAST è al massimo dell’operatività, lavorerà a pieno regime consentendo importanti scoperte entro i prossimi due o tre anni
In oltre due anni di osservazioni, FAST ha identificato 102 nuove pulsar, più del numero totale di pulsar scoperte da gruppi di ricerca in Europa e negli Stati Uniti nello stesso periodo.
Ha anche migliorato la precisione di temporizzazione delle pulsar a circa 50 volte il livello precedente, consentendo di rilevare per la prima volta onde gravitazionali a bassa frequenza di Nahertz.
Soprannominato “China Sky Eye“, FAST è circa 2,5 volte più sensibile del secondo telescopio più grande del mondo e in grado di ricevere un massimo di 38 gigabyte di informazioni al secondo.
FAST ha ampliato di quattro volte il volume della gamma spaziale che i radiotelescopi possono effettivamente esplorare, il che significa che gli scienziati possono scoprire più stelle sconosciute, fenomeni cosmici e leggi dell’universo o persino rilevare la vita extraterrestre, ha affermato Li Kejia, uno scienziato del Kavli Institute for Astronomy and Astrophysics presso l’Università di Pechino.
Carl Heiles, professore di astronomia all’Università della California, Berkeley e membro della National Academy of Sciences degli Stati Uniti, ha affermato che FAST ha offerto opportunità rivoluzionarie all’astronomia, in particolare nell’identificazione delle pulsar e nell’osservazione delle nuvole interstellari.
Con un costo di quasi 1,2 miliardi di yuan (circa 170 milioni di dollari USA), FAST è stato completato a settembre 2016, oltre 20 anni dopo essere stato proposto dagli astronomi cinesi.
Yan Jun, ex direttore degli Osservatori astronomici nazionali dell’Accademia cinese delle scienze e project manager di FAST, ha affermato che con crescente forza economica e maggiori investimenti nella ricerca scientifica di base, la Cina è pronta a dare maggiori contributi alla causa comune dell’umanità.
Già 10 scienziati provenienti da Stati Uniti, Gran Bretagna e Pakistan hanno lavorato presso FAST. Sono previste ulteriori collaborazioni globali in aree come il rilevamento delle onde gravitazionali e l’interferometria a lunghissima base (VLBI) a seguito del suo funzionamento formale.
Per garantire le prestazioni di FAST, circa 7000 residenti che vivevano nelle vicinanze sono stati trasferiti, prima di tornare in una città a 10 km dal telescopio. Un parco a tema astronomico è stato costruito intorno al sito di FAST, attirando un gran numero di visitatori e turisti.
Fonte: http://www.xinhuanet.com/english/2020-01/11/c_138696973.htm

L’utilità delle banane

0

La banana è certamente il frutto esotico più popolare del mondo anche se, per la verità, da un punto di vista strettamente botanico, la banana non è un frutto bensì una falsa bacca derivata da una pianta erbacea, il banano. La pianta di banana è la più grande pianta erbacea dotata di fiore.
Erba o frutto che sia, la banana viene raccolta quando è ancora verde altrimenti non sarebbe possibile farla arrivare in condizioni ottimali sulle tavole dei consumatori di mezzo mondo.
La parola banana potrebbe derivare dall’arabo banan, che significa “dito”, ma si ritiene più probabile che derivi da una lingua dell’Africa occidentale subsahariana, forse dalla parola della lingua wolof banaana.
Intorno al 1516 la pianta di banana fu introdotta dai portoghesi in America dall’Africa. In quell’occasione la parola entrò a far parte della lingua portoghese e della lingua spagnola. La banana, che non era ancora stata importata in Europa, veniva descritta nel 1601 come “il frutto che profuma di rosa”.
Il colore verde è dovuto alla clorofilla il pigmento vegetale indispensabile alla fotosintesi. Quando la banana matura il suo bisogno di fotosintesi diminuisce e le membrane intorno ai cloroplasti iniziano a rompersi.
Si fanno cosi strada dentro i cloroplasti gli enzimi in grado di metabolizzare la clorofilla e la banana dal colore verde passa al giallo grazie all’azione di varie antocianine.
Le antocianine sono tra i più importanti gruppi di pigmenti presenti nei vegetali, e si ritrovano nei fiori e frutti così come negli arbusti e nelle foglie autunnali. Il colore delle antocianine può variare dal rosso al blu e dipende dal pH del mezzo in cui si trovano.
Mentre matura, i cambiamenti chimici di una banana non si arrestano, l’amido si trasforma in zucchero. Una banana matura contiene l’equivalente di 5 cucchiaini di zucchero quasi il doppio di una tavoletta di cioccolato.
Ecco perché questa erba deliziosa non è adatta per coloro che devono attuare diete alimentari piuttosto rigide.
Le banane sono sensibili anche alle basse temperature che sono responsabili del colore nero che assume la buccia senza per altro pregiudicare la sua commestibilità.
Uno dei motivi per i quali dovremmo mangiare spesso banane è che quest’erba è ricca di potassio che, come noto, coadiuva nel controllo della pressione arteriosa.
Nella buccia di banana scura ci sono anche quantità non marginali di alcuni neurotrasmettitori come la seratonina e la dopamina ed è per questo che negli anni sessanta i figli dei fiori provarono anche a fumarla con esiti peraltro, per le loro attese, altamente insoddisfacenti.

L’olio di palma, l’olio vegetale più utilizzato al mondo, si potrà sostituire?

0

L’olio di palma, è un prodotto che si utilizza in vari ambiti, dalla pasticceria, ai prodotti alimentari, alla costruzione, ai prodotti per la cura del corpo, ai carburanti. Ma la produzione dell’olio di palma, sta costando cara alla Terra, a causa del danneggiamento delle foreste pluviali. E’ possibile sostituirlo visto il largo utilizzo?
L’olio di palma, è l’olio vegetale più utilizzato al mondo, è nel 50% dei prodotti che si consumano, e svolge un ruolo centrale in una serie di applicazioni industriali. Gli agricoltori, nel 2018 hanno prodotto 77 milioni di tonnellate di olio di palma, per il mercato globale, e si prevede una produzione di 107,6 milioni di tonnellate per il 2024.
L’ampio utilizzo dell’olio di palma, è dovuto alla sua grande versatilità come prodotto, grazie alla sua composizione chimica. L’olio di palma, che viene raccolto dai semi della palma dell’Africa Occidentale, ha un colore pallido ed è inodore, caratteristica che lo rende un ottimo additivo alimentare. L’olio, ha un alto punto di fusione, ed è ricco di grassi saturi, ciò lo rende ideale per la produzione di creme e dolciumi. La maggior parte degli altri oli vegetali, deve essere parzialmente idrogenata in modo chimico, per riuscire a ottenere la stessa consistenza, trasformandoli in grassi saturi. p07zyjt4
La chimica unica dell’olio di palma, riesce a resistere ad alte temperature date dalla cottura, inoltre, è molto resistente al deterioramento, grazie a ciò riesce a conferire una lunga durata ai prodotti in cui si trova. Quest’olio, può essere utilizzato come combustibile, così come anche i chicchi di palma dopo la lavorazione. I gusci, possono essere frantumati e utilizzati per produrre il cemento, e la cenere che rimane dalla combustione di fibre di palma e dei noccioli, può essere usata come sostituto del cemento.

Le palme da olio, sono altamente redditizie per gli agricoltori e facili da coltivare, anche su terreni difficili, per questo ha avuto una rapida diffusione negli ultimi anni. Solo in Indonesia e Malesia, si contano circa 13 milioni di ettari di piantagioni di palma da olio, quasi la metà del totale mondiale.
La rapida espansione delle piantagioni di olio di palma, è accusata di una massiccia deforestazione in Indonesia e Malesia, e della distruzione dell’habitat della fauna selvatica autoctona, come l’orangutan, ed è la causa dell’aumento del rischio di estinzione di molte specie. Secondo la Global Forest Watch, l’Indonesia ha perso 25,6 milioni di ettari di copertura arborea tra il 2001 e il 2018, un’area grande quasi quanto la Nuova Zelanda.
Il colosso alimentare General Mills, uno dei maggiori acquirenti di olio di palma, negli Stati Uniti, ha riscontrato problemi simili. Mollie Wulff, portavoce dell’azienda, dichiara che, “In passato abbiamo esaminato l’olio di palma. Questo prodotto ha caratteristiche di prestazione fisica davvero uniche, che sono estremamente difficili da duplicare”.
p07zyk4v

La composizione dell’olio di palma, lo rende perfetto per la produzione di burro di arachidi e altre creme spalmabili.

La soluzione più rapida sarebbe trovare un altro tipo di olio vegetale con proprietà simili. Il marchio di cosmetici britannico LUSH, per i suoi prodotti ha scelto di utilizzare una miscela di olio di colza e olio di cocco, sviluppando così il “Movis”, una base di sapone che contiene olio di semi di girasole, burro di cacao, olio extra vergine di cocco e germe di grano. Gli scienziati, che si occupano di settore alimentare e cosmetico, stanno inventando alternative, tra cui troviamo oli di karitè, sal, jojoba, kokum, illipé, jatropha e chicchi di mango. Idrogenando e mescolando questi oli esotici è possibile creare una miscela con proprietà simili all’olio di palma. P
urtroppo, nessuno di questi ingredienti è economico o facilmente reperibile come l‘olio di palma. I Karité africani ad esempio, vengono raccolti e venduti in piccole quantità dalle comunità locali, e non coltivati in piantagioni, avendo quindi un offerta ridotta.
Una delle destinazioni di olio di palma, insieme alla soia, altra coltivazione incolpata per la distruzione delle foreste pluviali, è l’alimentazione del bestiame e alimenti per animali domestici. L’olio di palma, oltre ad essere altamente calorico, è ricco di acidi grassi essenziali, e aiuta l’assorbimento di vitamine liposolubili. A causa dell’aumento della domanda globale di carne, pollame e prodotti lattiero-caseari, crescerà anche la domanda di olio di palma.p07zyklb

La distruzione della foresta pluviale, per far posto alle piantagioni di palma da olio, trasforma gli habitat pieni di specie in monocolture desolate.
I ricercatori dell’Università di Scienze della vita di Poznań, in Polonia, hanno studiato per ottenere la sostituzione dell’olio di palma nei mangimi per polli, utilizzando una fonte di alimentazione più sostenibile: gli insetti. Il team, ha alimentato i polli con una dieta integrata con olio di farina di vermi, anziché con olio di palma, e ha scoperto che crescevano altrettanto bene e mostravano miglioramenti nella qualità della loro carne, visto il loro alto contenuto proteico. La British Veterinary Society, ha recentemente concluso che il cibo per animali, a base di insetti, sarebbe migliore, sia per gli animali che per l’ambiente, rispetto alla bistecca di alta qualità.

Combustibili verdi

La metà dell’olio di palma, importato nell’unione Europea, nel 2017 è stato utilizzato per produrre il carburante. La direttiva dell’UE, riguardanti le energie rinnovabili ha fissato un obiettivo ambizioso, che il 10% dell’energia dei trasporti su strada provenisse da fonti rinnovabili entro il 2020, e il biodiesel, prodotto con l’olio di palma, ha contribuito a raggiungere tale obiettivo. Nonostante ciò, nel 2019 la UE, ha annunciato che i biocarburanti derivati ​​dall’olio di palma e da altre colture a base alimentare dovevano essere gradualmente eliminati, a causa del danno ambientale dovuto dalla loro produzione.
La UE, sta cercando un alternativa valida ai biocarburanti, ed un opzione potrebbero essere le alghe. L’alga produce un olio molto simile a quello di palma, e grazie alle spore riesce a sopravvivere anche in condizioni aride. Alcune specie di alghe sono in grado di produrre il petrolio, che può essere trasformato in un “biocrude”, che può essere distillato in una gamma di carburanti che potrebbero sostituire il diesel. Nonostante possa sembrare strano l’utilizzo di alghe come carburante, in realtà non lo è, visto che alcuni giacimenti petroliferi nel mondo, non sono altro che resti fossili di alghe. David Nelson, genetista delle piante, presso la New York University di Abu Dhabi, ha studiato le alghe, e la sua ricerca sulla genetica del cloroidio, un’alga microscopica comune ad Abu Dhabi, potrebbe creare una valida alternativa all’olio di palma.p07zycv3

L’olio può essere estratto dalle alghe, ma coltivarlo su una scala che potrebbe competere con la produzione dell’olio di palma, si sta rivelando difficile.

David Nelson, insieme al suo team spera di riuscire a far crescere l’alga in vasche o stagni aperti, permettendogli successivamente di raccoglierne l’olio. Nelson, afferma che “Per fare si che questo tipo di olio prenda piede nel mercato, bisognerà avere un cambiamento nel mondo del mercato, allora si che l’olio algale, potrà essere prodotto per la vendita di mercato”.
Nelson, non è l’unico a credere nell’olio algale. La ExxonMobil e Synthetic Genomics, nel 2017, hanno annunciato di aver creato una varietà di alghe che ha prodotto il doppio della quantità di olio rispetto al suo predecessore. La casa automobilistica Honda, ha installato una azienda sperimentale di alghe nel suo impianto in Ohio, che cattura l’anidride carbonica nei centri di prova dei motori. La Solazyme, una società biotecnologica con sede a San Francisco, ha sviluppato carburanti derivanti dalle alghe, per applicazioni automobilistiche, aeronautiche e militari.

Purtroppo, portare economicamente questi prodotti ai livelli di produzione dell‘olio di palma, non è semplice. David Bayless, ingegnere meccanico presso Università dell’Ohio, nel 2013 ha avviato una la coltivazione di alghe, confessando che non ci sono stati progressi da mostrare negli ultimi sei anni, dichiarando che, “Il problema è riuscire ad avere la produzione commerciale di petrolio algale su larga scala, purtroppo siamo ancora lontani da questa meta”. 
Alcune aziende stanno anche studiando se i lieviti, possano produrre i tipi di oli richiesti dall’industria alimentare e cosmetica, ma anche qui come l’olio algale, siamo ancora molto lontani da una produzione in larga scala. Per la produzione di alghe e di lieviti c’è anche un altro aspetto da affrontare, questi produzioni vengono prodotte in tini chiusi e necessitano di essere alimentati con zucchero per crescere. Lo zucchero, a sua volta deve essere coltivato, creando comunque un impatto ambientale nella zona dove viene prodotto. Purtroppo, secondo la Bonsucro, solo il 4% dello zucchero nel mondo è coltivato in condizioni sostenibili.

Una nuova foglia

p07zylss
Le palme da olio, sono estremamente produttive ed economiche da coltivare, il che è in gran parte la causa della loro rapida proliferazione.

Se non si riuscisse a sostituire l’olio di palma, una possibilità valida sarebbe ridurre l’impatto ambientale, cambiando il modo in cui viene coltivato, e valutando le applicazioni del prodotto.

L’olio di palma è altamente redditizio, è facile da raccogliere, cresce in modo rapido ed è molto produttiva. Un ettaro di palme da olio può arrivare a produrre 4 tonnellate di olio vegetale all’anno, rispetto a 0,67 tonnellate per semi di colza, 0,48 tonnellate per girasoli e solo 0,38 tonnellate per semi di soia. Le piantagioni di olio di palma, producono 25 volte di più della soia per la stessa area agricola, quindi vietarlo o sostituirlo porterebbe comunque ad un aumento della deforestazione, perché con qualunque prodotto si sostituisse avrebbe bisogno di molta più terra su cui crescere.
E’ possibile produrre la palma da olio, limitando l’impatto ambientale?
La maggior parte delle aziende occidentali, acquistano olio di palma certificato dalla Roundtable for Sustainable Palm Oil (RPSO). Ma il mercato di olio sostenibile risulta saturo di richieste, portando così i produttori a vendere olio certificato senza etichettatura di ecosostenibilità. La RPSO, è stata accusata di essere poco efficace e non in grado di riuscire a costringere i coltivatori ad un cambiamento.
La palma da olio cresce solo al 20° grado dall’equatore, in un area dove crescono le foreste pluviali e che ospitano l’80% di tutte le specie del mondo. Bisognerebbe creare una pianta da olio, che riuscisse a crescere ovunque, diminuendo cosi la pressione sulle foreste pluviali. Questo e ciò che Reynolds, e i suoi colleghi stanno cercando di fare. p07zymb0

Reynolds, afferma che “La palma da olio non può crescere troppo a sud o troppo a nord, essendo una pianta tropicale. Stiamo cercando di trovare una pianta che abbia un alta biomassa, così da essere in grado di crescere in diversi climi”. 

I ricercatori della CSIRO, a Camberra, hanno inserito dei geni per creare alti tassi di produzione di olio in piante a foglia come tabacco e sorgo. Le piante possono essere frantumate permettendo di raccogliere l’olio prodotto dalle loro foglie. Normalmente, le foglie di tabacco contengono meno dell’1% di olio vegetale, ma le piante di Reynolds,  vantano fino al 35% in più, arrivando a produrre più olio vegetale, rispetto ai semi di soia.
La strada è ancora molto lunga per la produzione di questo olio, visto che la sperimentazione negli Stati Uniti è fallita, forse a causa del clima, e in Australia la pianta transgenica non può essere legalmente coltivata. Inoltre l’olio prodotto dal tabacco, e differente dall’olio di palma, poiché gli acidi grassi che lo compongono sono più insaturi, ciò significa che avrebbe bisogno di maggiore elaborazione per ottenere proprietà simili.
Reynolds, afferma che “Se riuscissimo a trovare qualcuno disposto a finanziarci, la creazione di un tabacco in grado di produrre olio potrebbe richiedere 12 mesi. La produzione di olio di palma’ è un industria enorme, e ha un fatturato di 67 miliardi di dollari”.  
Nelson, afferma in modo preoccupato che “Bisognerebbe produrre un olio di palma che non provenga dalla pianta della palma”. La domanda è: si può fare? ma sopratutto, sarà competitiva a livello di mercato?
Per il momento la situazione sull’olio di palma non sembra cambiare, sostituirlo sembra ancora molto difficile.
Si spera che grazie al potenziale scientifico e l’intenzione di diminuire l’impatto ambientale si possano soddisfare le esigenze alimentari, di carburante e cosmetiche diminuendo i danni alla natura, serve solo la volontà di creare il cambiamento.

La cannabis ed i suoi effetti sugli adolescenti

0

Con la diffusione dell’uso della marijuana legale, molti studiosi voglio capire quali potrebbero essere i potenziali rischi, in particolare negli adolescenti. Finora, non ci sono state risposte definitive sul tema.
Tseng, neuroscienziato presso l’Univerity of Illinois a Chicago, indaga su come i topi reagiscono al THC (tetraidrocannabinolo), il principale ingrediente psicoattivo nella cannabis. Il suo lavoro ha evidenziato che l’esposisizone al THC, o a molecole simili durante una specifica parte dell’adolescenza, ritarda la maturazione della corteccia prefrontale (PFC), una regione coinvolta in comportamenti complessi e nel processo decisionale.
Genitori e insegnanti temono che questi effetti possano rivelarsi di lunga durata”, afferma Tseng. Quando però parla con gli adolescenti, specialmente coloro che fanno già uso di cannabis, ottiene un reazione diversa. “E’ sorprendente ma non sono preoccupati anche se, spesso, vogliono sapere quanta cannabis possono consumare senza danneggiare lo sviluppo cerebrale e quale sia l’età ideale per cominciare a farne uso”.
La questione della sicurezza per la salute dei giovani, ha assunto particolare urgenza negli Stati Uniti dove, dal 2012, undici stati e il distretto di Columbia, hanno legalizzato l’uso della marijuana ricreativa utilizzabile solo dagli adulti. Sebbene rimanga illegale per i minori, sono certamente aumentate le possibilità che i prodotti a base di cannabis possano diventare più accessibili per gli adolescenti.
Molti studi hanno suggerito che l’uso di cannabis da parte dei giovani potrebbe causare danni a lungo termine, tra cui il deterioramento cognitivo e un aumento del rischio di schizofrenia.
La maggior parte dei ricercatori sottolinea che, nonostante le opinioni della società siano sempre più positive nei confronti della cannabis, l’uso della stessa non è benigno, specialmente nella giovane età.
Rimangono però molte domande senza risposta: quali danni specifici ci si può aspettare quando si inizia ad utilizzare questa sostanza nell’adolescenza? Solo alcuni potrebbero essere soggetti a potenziali effetti negativi? Il danno legato alla cannabis è reversibile?
Non sappiamo ancora come il THC influenzi il cervello degli adolescenti. Ci sono molte prove che puntano a risultati negativi, ma è necessario fare ulteriori ricerche”, afferma Jodi Gilman, neuroscienziato presso la Harvard Medical School di Boston, MA.
Molti ricercatori stanno portando avanti un’iniziativa ambiziosa, presso il National istitutes of Health (NIH), MD, per contribuire a colmare questa lacuna. Nel frattempo, si sta cercando di dare un senso ai dati esistenti e di portare avanti la ricerca.

Cosa ci rivelano i dati in seguito agli esperimenti fatti sui topi?

Molti studi sperimentali fatti sull’uomo, dimostrano un legame tra alcuni disturbi e l’uso di cannabis tra gli adolescenti. Tuttavia, questi restano dei risultati insufficienti a causa di alcune variabili, come le circostanze socioeconomiche o la salute mentale o familiare. Per comprendere meglio in che modo la cannabis agisce sul cervello, alcuni ricercatori hanno fatto degli esperimenti sugli animali.
Durante l’adolescenza, il cervello subisce importanti rimodellamenti, specialmente nella PFC (corteccia prefrontale), in quanto è una delle ultime regioni del cervello a maturare completamente. Nell’uomo, quest’area ha il compito di prendere decisioni, controllare gli impulsi, mantenere l’attenzione, pianificare e molto altro ancora. La PFC svolge anche un ruolo nelle definizione delle nostre personalità e ci aiuta a comprendere e rispondere in modo appropriato alle situazioni sociali.
La PFC di un adolescente è un “focolaio” di riorganizzazione sinaptica. Infatti le connessioni neuronali in eccesso vengono eliminate, mentre le altre vengono stabilizzate. Allo stesso tempo, molti sistemi di neurotrasmettitori aumentano o diminuiscono la produzione delle sostanze chimiche di segnalazione e regolano la distribuzione dei recettori in diverse regioni del cervello. Entrambi questi processi aiutano la transizione del cervello da uno stato immaturo a uno stato adulto. Si pensa che, a causa di questa attività, il cervello di un adolescente possa essere particolarmente vulnerabile alle droghe.
Il THC potrebbe essere distruttivo perché si lega al recettore CB1 (situato principalmente nell’encefalo) che ha il compito di rispondere agli endocannabinoidi presenti in natura. Quest’ultimi regolano l’ansia, lo stress, la stanchezza, la paura, l’amore, l’umore, l’appetito e il dolore, e regolano anche la maturazione del cervello in particolare nella giovane età.
Tseng ha scoperto che alcuni degli effetti del THC sullo sviluppo del cervello possono essere limitati a specifiche vulnerabilità. Dare ai topi un cannabinoide sintetico simile al THC durante la prima e la mezza adolescenza, ha interferito con il GABA (acido gamma-aminobutirrico), un importante neurotrasmettitore inibitorio, nella PFC del topo adulto. Di conseguenza, la PFC adulta non è riuscita a sviluppare alcuni schemi di attività elettrica tipici del cervello maturo, suggerendo uno sviluppo cerebrale ritardato. “Ci sono molti disturbi psichiatrici che si verificano quando il cervello sta passando alla maturazione“, afferma Tseng. “In qualche modo, l’esposizione ai cannabinoidi rende quel periodo di maturazione molto più lungo del normale e potrebbe aumentare la suscettibilità all’insorgenza dei disturbi psichiatrici“.
Lo scienziato Laviolette, afferma che c’è qualcosa di unico nel cervello dell’adolescente che lo rende particolarmente sensibile al THC.  Potrebbero esserci anche variazioni genetiche che rendono alcuni adolescenti più sensibili di altri. I meccanismi precisi che stanno alla base degli aspetti della vulnerabilità sono ancora sconosciuti.

Quali sono le cause e gli effetti?

Sebbene gli esperimenti sui topi, abbiano rivelato diversi potenziali meccanismi con cui la cannabis potrebbe essere dannosa, è difficile determinare con precisione come questa possa influire sul cervello degli adolescenti. L’aumento del rischio di disturbi psichiatrici, in particolare della schizofrenia, è una delle principali ipotesi.
In uno studio di riferimento del 1987, i ricercatori hanno riportato un legame tra l’uso di cannabis e il rischio di schizofrenia tra oltre 45.000 coscritti militari svedesi, i quali sono stati esaminati al momento della coscrizione all’età di 19 anni e di nuovo 15 anni dopo. Coloro che avevano usato la cannabis più di 50 volte prima della coscrizione, avevano sei volte più probabilità di avere diagnosticata la schizofrenia entro i 15 anni. Sono stati, però, presi in considerazione anche dei fattori esterni, quali un’infanzia negativa e anche le diagnosi di altri disturbi psichiatrici al momento della coscrizione stessa.
Nei decenni successivi, diversi studi hanno prodotto risultati simili. Lo psichiatra Robin Murray del King’s College di Londra, ha analizzato i dati di un progetto chiamato Dunedin Study. Questi dati riguardavano circa 760 neozelandesi che erano stati seguiti dalla nascita negli anni ’70. Lo studio ha dimostrato che iniziare il consumo di cannabis a 15 anni è associato a un rischio quadruplicato di sviluppare la schizofrenia a 26 anni, mentre a partire dall’età di 18 anni portava solo un piccolo, non significativo aumento del rischio.
Le teorie abbondano ma i dati disponibili sono insufficienti. Dunque i ricercatori ancora stanno facendo degli esperimenti cercando di capire se la cannabis possa direttamente causare la schizofrenia, o se possa accelerare la nascita di questo disturbo in un sottogruppo di persone già predisposte allo stesso.

Lo studio ABCD

Oltre alla schizofrenia e al deterioramento congnitivo, lo studio sull’Adolescent Brain Cognitive Development (ABCD) potrebbe potenzialmente chiarire il ruolo dell’uso di cannabis da parte dell’adolescente in altre condizioni, come la dipendenza o i disturbi dell’umore.
Lo studio ABCD ha completato l’iscrizione nel 2018, reclutando quasi 12.000 bambini di età compresa tra i 9 e i 10 anni seguendoli fino all’età di circa 20 anni. Sono già state raccolte le immagini cerebrali di base, le informazioni genetiche, neuropsicologiche e comportamentali.
Nel corso del tempo, il progetto mira a caratterizzare il normale sviluppo del cervello dell’adolescente e a separare molteplici fattori che possono influenzare tali processi, come il tempo di schermatura, lesioni sportive e, soprattutto, l’uso di sostanze.
Partendo da un’età relativamente giovane e prendendo un campione demografico, geografico e socioeconomico diversificato, i ricercatori intendono acquisire informazioni dettagliate sulle circostanze che precedono l’uso di sostanze e potrebbero influenzare i rischi. Includendo 2.100 persone gemelle, hanno in programma di confrontare molti fratelli che usano la cannabis  per isolare gli effetti di fattori genetici e familiari. Tali confronti potrebbero anche rivelare se alcuni giovani sono più predisposti di altri a usare la cannabis o sono più vulnerabili ai suoi effetti sul cervello.
Ci vorranno anni prima che lo studio ABCD finisca, e anche allora probabilmente sarà improbabile che risolva tutte le controverse questioni legate all’argomento. Molti vedono le dimensioni e la durata del progetto come un grande passo verso la comprensione di particolari importanti.

Potrebbe essere stato trovato un secondo pianeta in orbita attorno a Proxima Centauri, e sarebbe una Super Terra

0

Gli astronomi hanno scoperto un nuovo candidato esopianeta in orbita attorno a Proxima Centauri, la stella a noi più vicina. Il documento che annuncia la scoperta è stato appena pubblicato sulla rivista Science Advances. Se confermato, sarà il secondo esopianeta individuato in orbita attorno alla stella.
Fu una novità che fece rumore la scoperta, nel 2016, di un pianeta in orbita attorno a Proxima Centauri (PC), la stella più vicina al nostro Sole. Quel pianeta, chiamato Proxima b, è potenzialmente abitabile, e all’epoca si ipotizzò la possibilità di inviare nei suoi pressi, entro pochi decenni, una sonda robot. La scoperta di un secondo pianeta, anche se probabilmente troppo lontano dalla sua stella per sostenere acqua liquida, sta intensificando l’interesse per il sistema PC.
Gli scopritori di questo nuovo pianeta, Proxima c, affermano che saranno necessarie osservazioni di follow-up per confermarlo come pianeta. I cambiamenti nell’attività stellare di Proxima Centauri sembrano indicare la presenza di un altro pianeta e i disponibili non possono essere spiegati in termini di attività stellare stessa. Per la sua vicinanza e anche per la sua separazione angolare dalla stella, è un candidato privilegiato per le osservazioni di follow-up e persino per l’imaging con i telescopi di prossima generazione.
La massa di Proxima c sarebbe circa la metà di quella di Nettuno e la sua orbita è circa 1,5 volte quella della Terra. La sua temperatura dovrebbe essere di circa -200° C, nel caso non avesse atmosfera.
Proxima Centauri è stata oggetto di un intenso controllo astronomico negli ultimi anni, e questo ha escluso la presenza di qualsiasi pianeta delle dimensioni di Giove tra 0,8 e 5+ unità astronomiche dalla stella. La scoperta di Proxima c è, in qualche modo, sorprendente, perché la sua presenza sfida i nostri modelli di come le super-Terre si formano e si evolvono.
L’autore principale di questo studio è Mario Damasso dell’Osservatorio Astrofisico INAF di Torino, Italia. Lo studio si intitola “Un candidato planetario a bassa massa in orbita attorno a Proxima Centauri a una distanza di 1,5 UA“. È stato pubblicato il 15 gennaio 2020.
Anche Hugh Jones, professore di astrofisica alla Hertfordshire University, è stato coinvolto nello studio. In un articolo su “The Conversation“, Jones ha sottolineato quanto sia difficile separare i dati che mostrano la presenza di un pianeta, dai dati che mostrano l’attività della stella ospite. “Proprio come il nostro Sole, Proxima presenta macchie causati da regioni di intensa attività magnetica che si muovono dentro e fuori dalla vista, cambiando di intensità su una varietà di scale temporali. Queste caratteristiche devono essere prese in considerazione quando si cercano segnali planetari“.

solar activity2.en
Come il nostro Sole, Proxima Centauri ha macchie solari che possono confondere gli astronomi alla ricerca di esopianeti. Le macchie solari sono aree scure sulla superficie del sole che sono più fredde rispetto alle aree circostanti. Si formano dove i campi magnetici sono particolarmente forti. Immagine: NASA / SDO / AIA / HMI / Goddard Space Flight Center

Anche se l’attività stellare non corrisponde ai dati, gli scopritori ora sono cauti in attesa delle osservazioni di follow-up e non possono confermare o negare la presenza di Proxima c ed escludere definitivamente l’attività stellare.
La scoperta di questo nuovo esopianeta candidato è contenuta in questo nuovo documento, ma la storia risale a qualche anno fa.
Numerose squadre di scienziati hanno studiato il sistema di Proxima Centauri alla ricerca di esopianeti. Gran parte del loro lavoro dipende dai dati sulla velocità radiale, in particolare dal HARPS (Ricercatore di pianeti a velocità radiale ad alta precisione).
Uno studio del 1999 ha escluso la presenza di pianeti oltre 1700 UA da PC, poiché il PC stesso orbita attorno a Alpha Centauri AB. Uno studio del 2019 ha fissato un limite superiore di 0,3 masse di Giove per qualsiasi pianeta entro 10 UA da PC. Lo stesso studio ha escluso la presenza di pianeti tra 10 e 50 UA nell’intervallo di massa da 0,3 a 8 masse di Giove. Altri studi hanno posto ulteriori vincoli.
Ma gli astronomi sanno anche che le nane rosse ospitano pianeti più piccoli rispetto ad altri tipi di stelle. Quindi continuano a cercare.

I nani rossi ospitano più piccoli pianeti rispetto ad altri tipi di stelle. Questa è l'impressione di un artista del sistema TRAPPIST-1, che mostra tutti e sette i pianeti in varie fasi. Credito di immagine: NASA / JPL-Caltech
Le nane rosse ospitano pianeti più piccoli rispetto ad altri tipi di stelle. Questa è l’impressione di un artista del sistema TRAPPIST-1, che mostra tutti e sette i pianeti in varie fasi. Credito di immagine: NASA / JPL-Caltech

Possiamo davvero inviare una sonda fino a Proxima?

La Breakthrough Starshot Initiative (BSI) pensa di poter inviare un piccolo veicolo spaziale su Proxima Centauri.
Quando nel 2016 è stato scoperto l’esopianeta Centauri b, la BSI ha iniziato a lavorare intorno all’idea. Il progetto sarebbe quello di inviare un nano-veicolo spaziale con telecamere entro una AU dal pianeta e restituire immagini molto più dettagliate di quanto possiamo sperare di ottenere con qualsiasi telescopio. Questa sonda dovrebbe essere in grado di inviare immagini che mostrano continenti e oceani. Sul suo sito web, BSI riporta: “Per ottenere una risoluzione comparabile, un telescopio spaziale nell’orbita terrestre dovrebbe avere un diametro di 300 km“.

Ma anche se PC è “vicino” in termini astronomici, è ancora a una distanza immensa. A 4,2 anni luce di distanza, ci vorrebbero decenni per arrivarci, viaggiando al 20% della velocità della luce (circa 216.000.000 di chilometri all’ora). Attualmente, l’astronave più veloce è la sonda solare Parker della NASA, in grado di raggiungere una velocità massima di solo 692.000 km/h.
Ma se potremo mandare un veicolo spaziale lì o no è solo una parte della storia. Per la sua vicinanza, il sistema Proxima Centauri è un laboratorio osservabile per comprendere altri sistemi solari. E la sua presenza e vicinanza potrebbe stimolare un ulteriore sviluppo tecnologico necessario per studiare più dettagliatamente esso e altri sistemi.
Come ha affermato Hugh Jones nel suo articolo su The Conversation, “Alla fine, la scoperta di più segnali dalla stella più vicina mostra che i pianeti sono più comuni delle stelle. Proxima rappresenta un luogo eccellente per comprendere gli esopianeti più vicini e sviluppare nuove tecnologie per comprendere meglio l’universo in cui viviamo“.
L’esistenza di Proxima c è problematica, o almeno significativa, per i nostri modelli di formazione dei pianeta. Tra i pianeti di tipo super-Terra attorno a stelle a bassa massa rilevate dalla velocità radiale, Proxima c avrebbe sia il periodo più lungo che la massa più bassa. Sarebbe anche la distanza più lontana dalla sua stella madre rispetto alla linea di gelo nel disco protoplanetario originale. La linea di congelamento è probabilmente a 0,15 UA.
Gli autori affermano che è improbabile che Proxima c sia stato espulso dalla sua posizione iniziale più vicino alla stella a causa di una qualche instabilità,perché la sua orbita è coerente con una circolare e per l’assenza di pianeti più massicci su una distanza orbitale più corta“.
Nel loro articolo, sostengono che: “La formazione di una super-Terra ben oltre la linea di neve sfida i modelli di formazione secondo i quali la linea di neve è un punto ideale per l’accrescimento delle super-Terre, a causa dell’accumulo di solidi ghiacciati in quella posizione”.
Proxima Centauri è una stella nana rossa, o M nana. Si trova a circa 4,2 anni luce dal Sole, cosa che la rende il nostro vicino più prossimo. È la terza stella in un sistema trinario, con la stella binaria Alpha Centauri AB. Proxima Centauri è di circa 13.000 UA da Alpha Centauri AB ed è stato scoperto nel 1915.
Fonti: Science Advances; Dokeo.