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Nuovo coronavirus, aggiornamenti 5 febbraio

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A questa mattina, i casi confermati di nuovo coronavirus (2019-nCOV) sono saliti a 24.562, con 493 decessi, di cui solo due al di fuori della Cina. Sono invece 921 i pazienti dichiarati guariti e dimessi.

Sulla nave da crociera Diamond Princess, attualmente in quarantena al largo delle coste del Giappone, sono state trovate 10 persone positive al coronavirus. Le persone positive al virus saranno portate a terra per le cure del caso, ha affermato la nota. Nel frattempo, tutti le rimanenti circa 3.000 persone a bordo della nave rimarranno in quarantena per almeno 14 giorni.

Dei 12 casi confermati di nuovo coronavirus in Germania, 10 sono in Baviera e due sono nello stato dell’Assia, secondo il Ministero della sanità federale tedesco.

I casi includono un padre e un figlio, sei dipendenti della stessa compagnia nel distretto bavarese di Starnberg e diversi cittadini che erano stati evacuati da Wuhan, in Cina.

Ora ci sono almeno 230 casi confermati di coronavirus di Wuhan in oltre 25 paesi e territori al di fuori della Cina continentale:

  • Australia  (almeno 13 casi)
  • Belgio (almeno 1 caso)
  • Cambogia  (almeno 1 caso)
  • Canada  (almeno 5 casi)
  • Finlandia  (almeno 1 caso)
  • Francia  (almeno 6 casi)
  • Germania  (almeno 12 casi)
  • Hong  Kong  (almeno 18 casi, 1 decesso)
  • India  (almeno 3 casi)
  • Italia  (almeno 2 casi)
  • Giappone  (almeno 23 casi, più 10 in quarantena per navi da crociera)
  • Macao  (almeno 10 casi)
  • Malesia  (almeno 10 casi)
  • Nepal  (almeno 1 caso)
  • Filippine  (almeno 3 casi, 1 decesso)
  • Russia  (almeno 2 casi)
  • Singapore  (almeno 24 casi)
  • Corea del Sud  (almeno 18 casi)
  • Spagna  (almeno 1 caso)
  • Sri Lanka  (almeno 1 caso)
  • Svezia  (almeno 1 caso)
  • Taiwan  (almeno 11 casi)
  • Thailandia  (almeno 25 casi)
  • Emirati Arabi Uniti  (almeno 5 casi)
  • Regno Unito  (almeno 2 casi)
  • Stati Uniti  (almeno 11 casi)
  • Vietnam  (almeno 10 casi)

L’epidemia di coronavirus di Wuhan non è una pandemia, hanno dicharato ieri funzionari dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, aggiungendo che si spera che la trasmissione del virus possa essere contenuta.

L’agenzia riconosce che sarà difficile contenere il virus a causa delle intense comunicazioni e spostamenti di uomini e cose a livello globale.

Non siamo in una pandemia“, ha detto il funzionario dell’OMS Sylvie Briand, spiegando che il virus è attualmente considerato un’epidemia con più focolai.

Cercheremo di estinguere la trasmissione in ciascuno di questi focolai“, ha detto, aggiungendo che l’agenzia ritiene che “si possa fare con le misure di contenimento attualmente in atto“.

Pandemia vs. epidemia: una pandemia è definita come la diffusione in tutto il  mondo di una nuova malattia.

Fonte: CNN, BBC.

Come si calcolano le distanze nello spazio

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Il calcolo delle distanze nello spazio è sempre stato uno dei fattori più importanti per carpirne conoscenze e segreti.
La semplice osservazione di una stella e della sua luminosità può essere ingannevole: una stella può essere molto luminosa perchè è gigantesca ma essere in realtà molto lontana, oppure essere piccola ma molto vicina (ovviamente cosmologicamente parlando).
Ergo si devono usare altri mezzi per calcolare con sufficiente precisione le distanze nello spazio e nel corso dei secoli gli scienziati hanno messo a punto tre diversi sistemi.
Il primo è il più antico e quello che usiamo abitualmente sulla Terra per stimare le distanze. Il principio è lo stesso. Si tratta di misurare la distanza di un oggetto rispetto allo sfondo che lo circonda che diventa il nostro punto di riferimento.
E’ un po come se noi viaggiassimo su un’autovettura in una strada che costeggia una catena montuosa, la velocità della catena montuosa che scorre sullo sfondo ci appare più lenta della velocità con cui procede la nostra auto.
Questo metodo presuppone una matematica che sarebbe stata comprensibile anche ad Euclide (ovvero ad un uomo vissuto 2200 anni fa). E funziona anche per lo spazio,sia pure a corte distanze, ovvero finché cerchiamo di stimare la distanza di oggetti entro la nostra galassia, la Via Lattea.
Per oggetti più lontani questo metodo non funziona più e ci dobbiamo affidare ad una sorta di specialissimi radiofari, le stelle chiamate Cefeidi.
Le Cefeidi sono stelle molto brillanti la cui luminosità oscilla, con straordinaria regolarità, tra un minimo ed un massimo di intensità.  Gli scienziati sono riusciti a correlare questo periodo di oscillazione alla quantità di luce che emanano. Ed è tutto quello che serve per stimare la loro distanza da noi: la luce infatti si comporta come un suono che decresce man mano che si allontana dalla sua sorgente.
Fortunatamente le Cefeidi sono molto numerose e quindi ci consentono di utilizzare questo metodo con grande efficacia. Ma anche questo metodo ha dei limiti.
Quando le distanze diventano davvero enormi, neppure il più potente telescopio è in grado di catturare l’immagine di una singola Cefeide distinguendola dai gruppi di stelle che le circondano.
Allora entra in base il terzo metodo.
L’espediente usato è quello di applicare la legge di Hubble quando non siamo più in grado di distinguere una Cefeide da altre stelle. La legge di Hubble afferma che esiste una relazione lineare tra lo spostamento verso il rosso della luce emessa dalle galassie e la loro distanza: tanto maggiore è la distanza della galassia e tanto maggiore sarà il suo spostamento verso il rosso (redshift).

Nuovo coronavirus, aggiornamento 4 febbraio 2020

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Sono ormai 427 le persone morte a causa del coronavirus di Wuhan, mentre i casi confermati sono arrivati a 20.613. 663, invece, i pazienti, dichiarati guariti e dimessi dagli ospedali.

 le autorità di Hong Kong hanno reso noto il primo decesso all’interno della città, territorio autonomo della Cina. Si tratta di un uomo di 39 anni, con patologie precedenti, che si era recato a Wuhan alla fine di gennaio e aveva in seguito sviluppato una polmonite. Si tratta della seconda vittima al di fuori della Cina continentale, dopo quella di domenica nelle Filippine.
Nell’ex colonia britannica anche le misure di contenimento del virus sono diventate oggetto di una furiosa battaglia politica. Da ieri un sindacato dei medici della città ha proclamato uno sciopero generale chiedendo al contestato governo locale di Carrie Lam di chiudere le frontiere con la Cina. Lo sciopero sta creando seri disservizi. Nei giorni scorsi i collegamenti sono stati molto ridotti: al momento restano aperti solo tre varchi, i due grandi ponti verso Shenzhen e verso Macao, più l’aeroporto internazionale, ma con voli ridotti.
Carrie Lam però rifiuta il blocco totale, per cui avrebbe bisogno dell’autorizzazione almeno informale di Pechino, giudicandolo “inappropriato” e “discriminatorio”.

Le autorità di Wuhan, in Cina, dove è iniziata l’epidemia di coronavirus, stanno costruendo altri tre nuovi ospedali da campo per aiutare a rispondere alla crisi, secondo quanto riferito dal quotidiano statale Changjiang Daily.

Gli spazi esistenti, tra cui uno stadio e una sala espositiva, saranno convertiti in ospedali, situati nei distretti Jianghan, Wuchang e Dongxihu della città.

Questi sono solo gli ultimi di una serie di ospedali focalizzati sul coronavirus appositamente costruiti a Wuhan. Un nuovo ospedale, l’ospedale di Huoshenshan, è stato consegnato ai militari per iniziare le operazioni lunedì e una seconda struttura, l’ospedale di Leishenshan, dovrebbe essere completata questa settimana, entrambe costruite in pochi giorni.

Mappa che mostra i casi del virus al di fuori della Cina
Spazio bianco di presentazione

Almeno 25 20 paesi hanno registrato casi confermati.
Le ultime restrizioni sui viaggi:

  • Negare l’ingresso a tutti i visitatori stranieri che sono stati di recente in Cina: Stati Uniti, Australia, Singapore
  • Negare l’ingresso agli stranieri che viaggiano dalla Cina continentale: Nuova Zelanda, Israele. (La Russia applicherà queste restrizioni, anche se non attraverso l’aeroporto di Mosca Sheremetyevo)
  • Negare l’ingresso agli stranieri che hanno visitato la provincia di Hubei: Giappone, Corea del Sud
  • Sospensione temporanea di tutti i voli verso la Cina continentale: Egitto, Finlandia, Indonesia, Regno Unito, Italia
  • Chiusura del confine con la Cina: Mongolia, Russia (parzialmente)
  • L’ente che rappresenta alcuni dei più grandi operatori di navi da crociera del mondo, la Cruise Lines International Association, ha annunciato lunedì che i passeggeri e i membri dell’equipaggio che hanno recentemente viaggiato in Cina non potranno salire a bordo delle navi
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Gli indonesiani evacuati da Wuhan vengono spruzzati con disinfettante

Quanto è mortale il virus?

Più di 75.000 persone potrebbero essere state infettate a Wuhan, affermano gli esperti.
Ma le stime dell’Università di Hong Kong suggeriscono che il numero totale di casi potrebbe essere di gran lunga superiore ai dati ufficiali.
Un rapporto sulle prime fasi dell’epidemia della rivista medica Lancet afferma che la maggior parte dei pazienti deceduti presentava condizioni preesistenti.
Il rapporto ha rilevato che, dei primi 99 pazienti trattati presso l’ospedale Jinyintan di Wuhan, 40 avevano cardiopatie o danni ai vasi sanguigni. Altri 12 avevano il diabete.
È probabile che la maggior parte delle persone infette guarisca completamente, proprio come farebbe con un’influenza normale.
Un esperto della National Health Commission (NHC) della Cina ha affermato che una settimana si è dimostrata sufficiente per la ripresa da lievi sintomi di nuovo coronavirus.

La finta morte dello zar Alessandro I

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La morte di una persona giovane ci sembra sempre ingiusta, soprattutto quando si tratta di un personaggio celebre nel campo artistico o sportivo, e c’è chi trova consolazione nel supporre che il proprio idolo non sia morto per davvero ma che abbia deciso semplicemente di sparire e si trovi vivo e vegeto da qualche parte.
È il caso, ad esempio, di tanti personaggi amatissimi come Elvis Presley, Marilyn Monroe, Jim Morrison… E c’è già chi suppone che Kobe Bryant, il campione di basket tragicamente perito in un incidente di elicottero qualche giorno fa, stanco di essere famoso e di non poter condurre una vita normale, si sia rivolto ad una misteriosa organizzazione chiamata “Newlife Corporation” per simulare la propria morte e quindi rifarsi una vita da qualche altra parte.
Tralasciando l’assurdità della cosa (e chiedendosi perché queste persone non sfruttano il loro abbondante tempo libero per scrivere romanzi di fantascienza) ci fu, però, un personaggio che, si dice, fece più o meno la stessa cosa in pieno ‘800: nientemeno che lo zar di Russia Alessandro I, il nemico di Napoleone.
Alessandro I era nato nel 1777 e salì al trono nel 1801 in seguito all’assassinio del padre, lo zar Paolo I. Di carattere nervoso e sensibile, facile agli entusiasmi, obbligato a sposare a soli 16 anni una donna che non amava, aveva un temperamento sensuale che però gli causava enormi turbamenti morali e religiosi, tanto che una notte a Pietroburgo, uscendo dalla casa di una sua amante, ebbe un improvviso attacco di pentimento scoppiando a piangere in mezzo alla strada, finché i suoi servitori non andarono a svegliare un pope e lo obbligarono ad aprire la sua chiesa dove lo zar, finalmente, poté sfogare il suo dolore davanti alle sacre icone.
Questo carattere così pieno di contraddizioni trovava sempre più sollievo nella religione, e dopo la conclusione delle guerre napoleoniche e il Congresso di Vienna, Alessandro considerò la sua missione come conclusa e cominciò ad accennare alla possibilità di abdicare per dedicarsi alle preghiere e alle opere pie.
Nel novembre 1825 lo zar e la moglie si recarono a Taganrog, sul mare d’Azov, dove Alessandro fu colto da una febbre intermittente che dapprima sembrò passeggera, ma poi tornò molto più forte di prima e lo condusse rapidamente alla morte.
La cronaca dei suoi ultimi giorni si trova annotata in tre diari: quello della zarina, dell’aiutante di campo principe Wolkonsky e del medico curante Wyllie, nonché nel verbale dell’autopsia a cui lo zar fu sottoposto. La stranezza però è che tutti e tre descrivono le ultime ore di Alessandro in maniera diversa, contraddicendosi talmente che si potrebbe sospettare siano stati scritti “a posteriori”: un giorno, ad esempio, la zarina scrive che Alessandro peggiora, mentre il dottor Wyllie scrive che migliora; un’altra volta la zarina nota che lo zar ha mangiato mele cotte con succo di uvaspina mentre Wolkonsky scrive che si è nutrito soltanto con zuppa di pane, e così via.
Ci si potrebbe chiedere, a questo punto, come mai Alessandro avesse bisogno di tutto questo intrigo e perché non avesse semplicemente abdicato. Il fatto è che il popolo non avrebbe riconosciuto di buon grado l’abdicazione e avrebbe continuato a considerarlo come il proprio imperatore, creando un’infinità di problemi al nuovo zar: inoltre bisogna tener presente il carattere di Alessandro e il suo desiderio di sottrarsi alla gloria del trono per espiare i suoi peccati.
Il verbale dell’autopsia comincia descrivendo lo stato generale del cadavere e notando alcune vecchie cicatrici sulla gamba destra. L’anno prima, in effetti, lo zar aveva sofferto di erisipela: ma il medico che all’epoca lo aveva curato parla chiaramente di gamba sinistra.
Il cadavere fu imbalsamato, ma per l’accidentale caduta di un liquido sul viso questo assunse una colorazione bruna, gli occhi si infossarono e, come scrisse il principe Wolkonsky all’imperatrice madre Maria Fedorovna, il naso diventò aquilino (!).
Comunque Alessandro fu sepolto e, malgrado le voci sulla falsa morte dello zar continuassero a circolare, nessuno ne parlò più apertamente fino all’autunno del 1836, quando nei pressi del villaggio di Krasnofimsk, nel governatorato di Perm, la polizia zarista arrestò per vagabondaggio un uomo di circa sessant’anni.
Essendosi rifiutato di dire da dove venisse e dove andasse, secondo le gentili leggi del tempo fu condannato a venti frustate e alla deportazione in Siberia. L’uomo, che aveva dichiarato di chiamarsi Fedor Kusmic, fu quindi rinchiuso in prigione: ma un bel giorno arrivò il granduca Michele, fratello di Alessandro, che chiese di incontrarlo. Dopo un lungo colloquio il granduca ordinò che Fedor fosse liberato, ma questi si rifiutò e anzi sollecitò la sua deportazione in Siberia.
Egli visse ancora molti anni in un villaggio, conducendo vita da staretz, cioè eremita, insegnando a leggere e scrivere ai ragazzi e facendosi amare da tutti. Una volta giunse al villaggio un certo Oleniev che era stato soldato sotto Alessandro I e aveva combattuto a Borodino: appena vide lo staretz lo salutò militarmente dicendo: “Tu sei il mio zar, tu sei Alessandro Pavlovic!Fedor, visibilmente imbarazzato, gli rispose: “Sono soltanto un eremita e se sentiranno che mi chiami zar ti metteranno in prigione. Non dirlo mai più, ricordati”.
Tutti coloro che avvicinarono lo staretz testimoniano della sua profonda cultura, della sua conoscenza minuziosa della nobiltà di Pietroburgo: dopo la sua morte fu trovata nella sua capanna una copia dell’atto di matrimonio tra Alessandro I e Maria Fedorovna.
Il 20 gennaio 1864, nel pieno dell’inverno siberiano, lo staretz Fedor Kusmic morì e fu sepolto presso Tomsk.
Questo è quanto si sa su Alessandro I e Fedor Kusmic. Non ci sono prove decisive per chiudere definitivamente la questione; la morte vera o presunta dello zar resta comunque uno dei misteri affascinanti della storia.

Dimostrato un legame tra entanglement quantistico e termalizzazione

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Come i supercomputer hanno aiutato a collegare l’entanglement quantistico al caffè freddo

I fisici teorici di Trinity hanno trovato un legame profondo tra una delle caratteristiche più sorprendenti della meccanica quantistica – l’entanglement quantistico – e la termalizzazione, che è il processo in cui qualcosa entra in equilibrio termico con l’ambiente circostante.
I loro risultati sono stati pubblicati il 31 gennaio 2020 sulla prestigiosa rivista Physical Review Letters.
Conosciamo tutti bene la termalizzazione: basti pensare a come il caffè raggiunge la temperatura ambiente nel tempo. L’entanglement quantistico invece è una storia diversa.
Eppure il lavoro svolto da Marlon Brenes ed il professor John Goold del Trinity, in collaborazione con Silvia Pappalardi e il professor Alessandro Silva del SISSA in Italia, mostrano come i due siano indissolubilmente legati.
Spiegando l’importanza della scoperta, il professor Goold, leader del gruppo QuSys del Trinity, spiega: “L’entanglement quantistico è una caratteristica controintuitiva della meccanica quantistica, che consente alle particelle che hanno interagito tra loro ad un certo punto nel tempo di essere correlate in un modo che non è possibile classicamente. Le misurazioni su una particella influiscono sui risultati delle misurazioni dell’altra, anche se distanti anni luce. Einstein definì questo effetto ‘azione spettrale a distanza’“.
Si scopre che l’entanglement non è solo inquietante ma in realtà onnipresente e in effetti ciò che è ancora più sorprendente è che viviamo in un’epoca in cui la tecnologia sta iniziando a sfruttare questa funzionalità per eseguire imprese che si pensavano impossibili solo fino a pochi anni fa. Queste tecnologie quantistiche stanno venendo sviluppate rapidamente nel settore privato da aziende come Google e IBM“.
Ma cosa c’entra tutto questo con il caffè freddo?
Il professor Goold spiega:
Quando prepari una tazza di caffè e la lasci per un po’, si raffredda fino a raggiungere la temperatura dell’ambiente circostante. Questa è la termalizzazione. In fisica diciamo che il processo è irreversibile: come sappiamo, il nostro caffè una volta caldo non si raffredda e quindi si scalda magicamente. Come l’irreversibilità e il comportamento termico emergano nei sistemi fisici è qualcosa che mi affascina come scienziato poiché si applica su scale piccole come gli atomi, sulle tazze di caffè e persino sull’evoluzione dell’universo stesso. In fisica, la meccanica statistica è la teoria che mira a comprendere questo processo da una prospettiva microscopica. Per i sistemi quantistici l’emergere della termalizzazione è notoriamente complicato ed è al centro di questa ricerca attuale“.
Quindi cosa c’entra tutto questo con l’entanglement e cosa dicono i suoi risultati?
Il professor Goold dice:
“Nella meccanica statistica ci sono vari modi, noti come ensemble, in cui puoi descrivere come un sistema si riscalda, tutti ritenuti equivalenti quando hai un sistema di grandi dimensioni (approssimativamente su scale di 10 ^ 23 atomi). Tuttavia, ciò che mostriamo nel nostro lavoro è che non solo è presente l’entanglement nel processo, ma la sua struttura è molto diversa a seconda del modo in cui scegli di descrivere il tuo sistema. Quindi, ci dà un modo per testare le domande di base nella meccanica statistica. L’idea è generale e può essere applicata a una gamma di sistemi piccoli come pochi atomi e grandi come buchi neri”.
Marlon Brenes, Ph.D. candidato alla Trinity e primo autore dell’articolo, ha usato i supercomputer per simulare sistemi quantistici per testare l’idea.
Brenes, uno specialista numerico, spiega:
Le simulazioni numeriche per questo progetto che ho eseguito sono al limite di ciò che attualmente può essere fatto a livello di elaborazione ad alte prestazioni. Per eseguire il codice ho usato la struttura nazionale, ICHEC, e la nuova macchina Kay lì. Quindi, oltre ad essere un bel risultato fondamentale, il lavoro ci ha aiutato a spingere davvero i confini di questo tipo di approccio computazionale e a stabilire che i nostri codici e l’architettura nazionale stanno funzionando all’avanguardia“.
Riferimento: “Struttura di entanglement multipartita nell’ipotesi della termalizzazione di Eigenstate” di Marlon Brenes, Silvia Pappalardi, John Goold e Alessandro Silva, 31 gennaio 2020, Letture di recensioni fisiche .
DOI: 10.1103 / PhysRevLett.124.040605
La ricerca del professor Goold è supportata da una borsa di studio SFI-Royal Society University Research e da una borsa di studio del Consiglio europeo.
Fonte: https://scitechdaily.com/theoretical-physicists-find-deep-link-between-quantum-entanglement-and-thermalization/

La diffusione del coronavirus sta alimentando paura, razzismo e xenofobia

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Lo scorso fine settimana, una nota rivista francese riportava a grandi lettere “Yellow Alert”, accanto ad un’immagine di una donna cinese che indossava una maschera. Un altro titolo presente nella testata giornalistica recitava “Nuovo pericolo giallo?” al di sopra dell’articolo riguardante l’epidemia del coronavirus di Wuhan attualmente in corso.

I titoli hanno da subito creato indignazione e i lettori hanno accusato l’editore di utilizzare un linguaggio ignorante e offensivo. La frase “Yellow Peril” (pericolo giallo) riporta ad una vecchia ideologia razzista, che colpiva gli asiatici presenti nei paesi occidentali. La frase incarna lo stereotipo anti-asiatici, la peggiore delle paure, che ha tormentato le prime comunità di immigrati asiatici, da quando sono avvenute le prime ondate di immigrati cinesi negli Stati Uniti nel 19° secolo.

La propaganda governativa e la cultura pop presenti all’epoca negli Stati Uniti, diffondevano razzismo e immagini imprecise sulla popolazione cinese, descrivendoli come una razza incivile e immorale, una minaccia per la società.
Invocare la stessa frase in questo caso, in un momento dove stanno morendo persone, a causa di una malattia in Asia, nel migliori dei casi può sembrare un atto spensierato, ma nel peggiore dei casi appare come un gesto palesemente razzista.
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Il giornale si è subito scusato, affermando di non avere avuto intenzione di perpetuare “stereotipi razzisti nei confronti degli asiatici”, ma il danno ormai era stato fatto, e non poteva essere facilmente annullato. Il giornale francese non è l’unico colpevole, ma solo l’ultimo episodio di un’ondata di sentimento anti-cinese scaturito dal coronavirus, e propagatosi in tutto il mondo.
Le autorità di tutti i paesi stanno cercando di contenere il virus e di bilanciare gli avvertimenti, cosi da non creare un panico globale. Tuttavia, ci sono segni evidenti che questo stia già avvenendo, visto l’assalto all’acquisto di maschere facciali, che sono ormai esaurite, persone che non escono di casa, i ristoranti cinese deserti e lo spazio vuoto che si crea intorno a qualsiasi cinese che si avventuri sui mezzi pubblici.
Il panico sta assumendo un’altra forma, purtroppo familiare, facendo riemergere troppi razzisti che descrivono gli asiatici, il loro cibo e le loro abitudini come non sicure, sgradite e con scarsa igiene.
Mentre il panico si diffonde, anche il razzismo prende piede.
Con la diffusione della notizia del virus, molte persone di origine asiatica che vivono all’estero, affermano di essere state trattate come appestati. Un giornalista britannico-cinese che scrive per il quotidiano inglese The Guardian di Londra, ha raccontato che sui mezzi pubblici le persone gli creano il vuoto intorno. Non è stato l’unico a cui è capitato, questa settimana un assistente sociale malese-cinese ha subito lo stesso trattamento su un autobus londinese e ha dichiarato alla CNN che “Un paio di persone nella scuola in cui lavoro, la East London, mi hanno chiesto perché i cinesi mangiano cibi strani sapendo che provocano virus”. 
In Canada ci sono state segnalazioni di bambini cinesi vittime di bullismo e in Nuova Zelanda, dove non ci sono casi confermati di coronavirus, una donna di Singapore afferma di essere stata vittima di molestie razziste in un centro commerciale.
I bambini cinesi indossano bottiglie di plastica come protezione improvvisata fatta in casa e maschere protettive in attesa di effettuare il check-in per un volo all'aeroporto di Pechino, giovedì 30 gennaio a Pechino, Cina.
L’epidemia del coronavirus a Wuhan. I bambini indossano le bottiglie di plastica come protezione improvvisata fatta in casa e maschere protettive in attesa di effettuare il check-in per un volo all’aeroporto di Pechino.

Questi casi rievocano una lunga storia di razzismo in Occidente, avvenuta anche durante l’era del “pericolo giallo”. Le paure anti-cinesi portarono a linciaggi di immigrati cinesi, violenza razziale, discriminazione sistemica e persino il divieto assoluto di ingresso nel paese per gli immigrati cinesi, durato ben 61 negli Stati Uniti mentre era in vigore lo Exclusion Act nel paese.

Questi sono i motivi per cui il termine “pericolo giallo” contiene secoli di traumi e perché sarebbe meglio evitarne l’utilizzo in una testata giornalistica.
Ora, però, il razzismo anti-cinese si sta diffondendo oltre l’occidente, più precisamente in Vietnam, dove sono stati visti cartelli fuori dai ristoranti con su scritto “No Chinese”. Il turista che ha scattato la foto, ha dichiarato alla CNN che il cartello è stato esposto la scorsa settimana. Cartelli simili sono stati messi anche all’esterno di un negozio giapponese, per cercare di allontanare i clienti cinesi.
La stessa reazione sta avvenendo sul web: le persone di vari luoghi del pianeta fanno battute razziali, e quando il conduttore televisivo James Corden ha pubblicato una foto con la band pop coreana BTS, una persona ha twittato “BREAKING: James Corden muore a causa del coronavirus”. La battuta è riuscita a raccogliere quasi 25.000 Mi piace su Twitter.
Insegne al di fuori dei ristoranti di Hoi An, in Vietnam, scattate nel gennaio 2020.
Immagini delle insegne presenti al di fuori dei ristoranti di Hoi An, in Vietnam, scattate nel gennaio 2020.
Una delle forme più diffuse della xenofobia si manifesta con stereotipi spaventosi e sensazionalistici, uno di questi riguarda il cibo cinese. Si ritiene che l’epidemia del coronavirus sia cominciata da un mercato di frutti di mare e fauna selvatica a Wuhan, e gli scienziati hanno identificato i pipistrelli e i serpenti come possibili portatori del virus.
Mentre il commercio di animali selvatici presenta problemi legittimi, l’epidemia sta provocando un’ondata di disgusto nei confronti del cibo cinese e la rabbia di molti, che li accusano di aver provocato incautamente una potenziale pandemia globale. Un tweet popolare riporta che “A causa di alcune cinesi che nel loro paese mangiano cibi strani come pipistrelli, ratti e serpenti, il mondo intero sta per subire una piaga”.
Questa visione è stata alimentata dalla recente diffusione mediatica del nuovo coronavirus, rafforzata anche da alcuni video o foto fuorvianti. Un blogger cinese ha ampiamente condiviso un video in cui si vede un cinese che mangia zuppa di pipistrelli. Il video era stato girato tre anni fa nella nazione di Palau, nell’isola del Pacifico, ed il piatto in questione è stato campionato in passato da conduttori televisivi occidentali. Il blogger e il suo video non hanno niente a che vedere con l’epidemia da coronavirus che si sta diffondendo attualmente da Wuhan, ma il video è diventato virale, con molti spettatori occidentali che esprimono il loro disgusto sul web, e ha creato cosi tanto tumulto che il blogger, la scorsa settimana, si è fatto avanti per scusarsi. Questo è quello che accade quando si pratica la disinformazione virale, visto che solo una piccola minoranza di persone in Cina, soprattutto molto povere, mangia animali selvatici.
Le persone in Cina mangiano le stesse cose che si vedono in molte cucine, come il maiale o il pollo. In definitiva, ciò che alla gente piace mangiare dipende dalla cultura, gran parte del disgusto occidentale verso lo “strano” cibo cinese è esso stesso eurocentrico. Tutte le critiche fatte nei confronti del cibo cinese sono del tutto errate. Il paese ha un problema nella commercializzazione degli animali selvatici, che è mal regolato e porta, come è già successo, alla creazione di focolai.
L’epidemia mortale chiamata Sindrome respiratoria acuta grave (SARS), scoppiata nel 2003, è stata causata dal gatto civet, considerato una prelibatezza nella Cina meridionale. Il governo ha introdotto alcune misure per limitare il commercio di specie selvatiche ma non ha intrapreso misure più aggressive per coloro che commerciavano animali selvatici, cosi facendo non ne ha interrotto il commercio illegale.
La difficoltà nel bloccare questo tipo di pratiche sta nel loro significato culturale e nella medicina tradizionale cinese. Si ritiene che molti animali selvatici possiedano importanti proprietà medicinali: ad esempio, molte persone bevono una zuppa di serpente per curare l’artrite, e la bile di serpente per lenire il mal di gola.
Senza dubbio, esiste un problema più grave che deve essere affrontato: come può il governo bilanciare le antiche tradizioni con i regolamenti igienici. Le credenze e i costumi, che guidano il consumo di questi alimenti, sono vecchi di secoli e quindi intrecciati alla cultura e alla vita delle persone. Non è facile eliminare queste usanze, soprattutto quando vengono etichettate come pratiche primitive e malsane dai paesi stranieri.
Per adesso stiamo assistendo ai primi segni di un pensiero xenofobo contro l’Asia orientale, che si riduce a barzellette insipide online, titoli negativi, persone che si comportano in maniera inopportuna in pubblico. Ma se l’epidemia della SARS del 2003 è un esempio di quello che accadrà, questi filoni di xenofobia potrebbero trasformarsi in forme più pericolose ed esplicite di razzismo verso i cinesi.
Le persone di origine asiatica, durante il culmine dell’epidemia del 2003, furono trattate come appestate in Occidente: ci sono state segnalazioni di bianchi che coprivano il viso in presenza di colleghi asiatici, e agenti immobiliari a cui era stato detto di non trattare con clienti asiatici. Inoltre, molti asiatici subirono minacce di sfratto, annullamento delle offerte di lavoro senza giusta causa e alcune organizzazioni canadesi asiatiche hanno ricevuto messaggi di odio.
Le imprese cinesi e asiatiche subirono pesanti perdite finanziarie: ad esempio, a Boston fu fatta circolare una “bufala” nei confronti di un ristorante cinese, di cui si diceva che i dipendenti erano contagiati dal virus, causando all’attività una perdita del 70% dei guadagni. 
Un dipendente di un ristorante Chinatown vuoto a Chicago il 24 aprile 2003, mentre i timori per l'epidemia di SARS tenevano lontani i clienti.
L’immagine mostra un dipendente di un ristorante di Chinatown a Chicago il 24 aprile 2003, vuoto a causa dei timori dei clienti per l’epidemia della SARS.

Le comunità della diaspora e le autorità locali si stanno preparando per questo, con molti che cercano di calmare la paura prima che diventi isteria. In Francia, la polemica scaturita dai giornali ha scatenato una campagna sui social media, con molti cittadini cinesi francesi che usano l’hashtag #JeNeSuisPasUnVirus, Non sono un virus.

Tracce di dinauri e protomammiferi affiancate nel basalto di 180 milioni di anni fa

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Due anni fa, Emese M. Bordy, sedimentologa all’Università di Città del Capo, sfogliando uno scritto  degli anni ’60, trovò uno strano indizio. Era l’immagine di un’impronta in una fattoria situata nel bacino del Karoo settentrionale, in Sudafrica.
La regione del Karoo ospita enormi basalti vulcanici che rivelano l’epoca finale dell’antico super continente Gondwana, prima che si distruggesse circa 180 milioni di anni fa durante un periodo di violenti sommovimenti di origine tettonica e vulcanica.
L’immagine individuata dalla dottoressa Bordy, ha permessi di scoprire nuove evidenze sugli animali preistorici che avevano vissuto in quel super continente.
In seguito alle ricerche, il team non solo ha trovato l’impronta nella foto, ma ha anche scoperto altre due dozzine di altre impronte, lasciate 183 milioni di anni fa da dinosauri carnivori ed erbivori, nonché da piccole creature chiamate “sinapsidi”.
Le impronte, conservate nell’arenaria e posizionate tra strati di basalto e resti di flussi di lava, indicano che gli animali hanno attraversato questa zona dopo l’inizio delle eruzioni.
Anche se non è possibile ipotizzare quanto questi animali sono stati vicini ai flussi di lava, è chiaro che, quando sono state lasciate le tracce, la maggior parte della regione era già stata seppellita e bruciata dalle ceneri vulcaniche.
Queste eruzioni vulcaniche sono state incredibilmente forti“, ha detto la dr. Bordy, sottolineando che le pile di basalto nell’Africa meridionale possono avere uno spessore di più di un chilometro, e questo dopo oltre 100 milioni di anni di erosione e agenti atmosferici. Gli strati di arenaria del bacino del Karoo, sono sepolti sotto queste enormi pile di basalto, che mostrano che alla fine la superficie terrestre fu ricoperta dai flussi di lava.
Le tracce più piccole misurano poco meno di due centimetri e sono provvisoriamente identificate come “sinapsidi” a quattro zampe, un lignaggio di animali che alla fine ha dato origine ai mammiferi moderni. All’altra estremità dello spettro dimensionale ci sono tracce da più di dieci centimetri, fatte da zampe con tre dita. Queste impronte suggeriscono che i dinosauri bipedi (carnivori), come il Celofisi, attraversavano questo paesaggio instabile.
Il team riferisce anche la scoperta di una nuova ichnospecie. Questo termine è utilizzato per una specie identificata da tracce fossili. Questi animali lasciavano impronte, molto piccole, anch’esse con tre dita. Erano piccoli erbivori quadrupedi che appartenevano al genere ornitischiano dei dinosauri, un gruppo che comprende “superstar” molto più grandi, come lo Stegosauro ed il Triceratopo.
Nonostante le eruzioni e il clima rigido, quest’area ha mantenuto una molteplicità di specie animali, almeno durante parte della fase eruttiva“, ha affermato Steve Brusatte, paleontologo dell’Università di Edimburgo.
C’è anche qualcosa di sorprendente nei dinosauri e nei primi parenti dei mammiferi che sopravvivono insieme in questo paesaggio“, ha aggiunto il dott. Brusatte. “Le tracce di dinosauri di solito attirano la maggior parte dell’attenzione, ma penso sia straordinario pensare che abbiamo antenati dei mammiferi che hanno dovuto affrontare eruzioni vulcaniche, impatti di asteroidi e altri cambiamenti ambientali nel passato. Se non lo avessero fatto, oggi probabilmente non saremo qui”.
La scoperta dimostra che i basalti sudafricani potrebbero essere pieni di indizi sulla sopravvivenza di alcune specie durante un periodo caratterizzato da intensi cambiamenti climatici e “disagio” ecologico globale.
Fonte: The New York Times

Nuovo coronavirus: aggiornamento 03/02/2020

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Il numero di morti causati dal nuovo coronavirus di Wuhan nella Cina continentale ha superato l’epidemia di sindrome respiratoria acuta (SARS) del 2003.

Secondo quando hanno riferito questa mattina le autorità sanitarie cinesi sono ora più di 360 le persone decedute a causa della malattia in Cina. Il numero totale di casi confermati registrati nella Cina continentale si attesta ora a 17.205 a domenica sera, con un aumento di oltre 2.800 casi rispetto al giorno precedente, pari a quasi il 20%.
Nel 2003 la SARS, un altro coronavirus, infettò 5.327 persone nella Cina continentale, con 349 morti.
La prima morte per virus al di fuori della Cina è stata confermata nel fine settimana. Funzionari sanitari filippini hanno riferito che un uomo cinese di 44 anni proveniente da Wuhan, entrato nelle Filippine con un volo di linea via Hong Kong, è morto sabato scorso dopo essere volato nel paese da Wuhan.
Finora sono stati segnalati oltre 175 casi al di fuori della Cina, la maggior parte dei quali Cinesi o persone provenienti dalla Cina, in 27 paesi, portando il totale degli infettati confermati in tutto il mondo a 17.373.
Molti paesi hanno iniziato a chiudere i loro confini ai visitatori dalla Cina, con le principali compagnie aeree che hanno cancellato i voli da e verso il paese.
La Germania ha confermato il suo decimo caso domenica e sono stati segnalati anche nuovi casi in Corea del Sud, Vietnam, Malesia, Macao e Hong Kong. Gli Stati Uniti, l’Australia e la Nuova Zelanda hanno tutti annunciato che non consentiranno l’ingresso ai cittadini stranieri che hanno viaggiato o transitato attraverso la Cina. I cittadini di questi paesi dovranno affrontare la quarantena obbligatoria all’arrivo.
Con gran parte del cuore economico della Cina ancora fermo, crescono le preoccupazioni sull’impatto sull’economia cinese. I mercati azionari di Shanghai e Shenzhen – chiusi dal 24 gennaio – sono precipitati di circa il 10% all’apertura di stamattina.
A Wuhan, epicentro dell’epidemia di nuovo coronavirus in cui è stata segnalata la maggior parte dei decessi, oggi è stato inaugurato il primo dei due ospedali appositamente costruiti.
Gli ospedali, costruiti in circa una settimana da migliaia di lavoratori su turni di 24 ore su 24 e basati su un piano simile utilizzato durante l’epidemia di SARS del 2003, saranno gestiti dal personale medico dell’Esercito popolare di liberazione.

Studi sull’infezione 

Molti paesi hanno iniziato a evacuare i loro cittadini dalle zone più colpite della regione di Hubei, mentre altre nazioni, oltre a chiudere i loro confini a tutti i visitatori dalla Cina, stanno ordinando quarantene obbligatorie per i cittadini che tornano a casa.
Gran parte delle preoccupazioni dipendono dalla mancanza di un protocollo di cura o trattamento confermato per il nuovo coronavirus, che sembra essere molto più contagioso – anche se meno mortale della SARS.
La SARS ebbe una mortalità pari al 10%, mentre il bilancio dei casi di coronavirus di Wuhan è pari a circa il 2%.
Domenica, i medici thailandesi hanno dichiarato di aver trattato con successo un paziente con coronavirus di Wuhan con una combinazione di farmaci antivirali.
Il dottor Kriangsak Atipornwanich, un medico dell’ospedale Rajavithi di Bangkok, ha dichiarato in una conferenza stampa del Ministero della Salute di aver curato una donna di 71 anni proveniente dalla Cina con una combinazione di farmaci usati nei trattamenti contro l’HIV e l’influenza. Ha detto che il paziente era stato precedentemente trattato solo con farmaci anti-HIV.
I funzionari in conferenza stampa hanno riferito che l’ultimo test di laboratorio ha mostrato che non vi era traccia del virus nel sistema respiratorio del paziente.
Gli ospedali di Pechino hanno precedentemente riferito di aver usato farmaci per l’HIV per curare i pazienti affetti da coronavirus, sebbene non sia chiaro se abbiano avuto successo.
Con alcune buone notizie, tuttavia, è arrivato un altro sviluppo preoccupante. Gli scienziati cinesi hanno scoperto nel fine settimana che campioni fecali di pazienti infetti dal coronavirus di Wuhan sono risultati positivi per l’agente patogeno.
Ciò significa che è altamente possibile che il virus possa esistere e diffondersi attraverso la materia fecale contaminata. In precedenza si pensava che il virus si diffondesse principalmente attraverso goccioline emesse quando una persona tossisce o starnutisce o attraverso altri contatti diretti.
Ieri, ricercatori italiani dell’ospedale Spallanzani hanno isolato il virus.
Fonte: CNN

Scoperto un sistema per “ascoltare” la materia oscura

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I fisici dell’Università di Stoccolma e del Max Planck Institute for Physics hanno studiato un nuovo sistema che potrebbe rivelare l’inafferrabile materia oscura.
La materia oscura è qualcosa di elusivo e misterioso che non possiamo “vedere” in nessun modo, per il motivo che essa non interagisce con i fotoni ma solo debolmente con la materia barionica attraverso la gravità. Non possiamo quindi illuminare con la luce infrarossa, visibile, ultravioletta, con raggi X o raggi gamma questo tipo di materia nonostante componga l’85% della materia dell’universo.
A spiegare la natura della materia oscura potrebbero essere gli assioni, inizialmente introdotti per spiegare come mai la forza forte, deputata a tenere incollati protoni e neutroni sia la stessa a prescindere della freccia del tempo. Gli assioni sarebbero stati prodotti in grande quantità negli istanti successivi al Big bang.
Tuttavia gli studi hanno escluso l’esistenza di assioni con massa elevata e quella prevista è estremamente piccola, la teoria prevede che l’universo dovrebbe essere permeato da un condensato di Bose-Einstein molto freddo composto da assioni primordiali. Essi dunque potrebbero spiegare, almeno in parte, la natura della materia oscura, problema spinoso della cosmologia moderna.
L’assione è oggi al centro di uno sforzo sperimentale che cerca con insistenza nuove idee per scovarlo.
L’autore dello studio, il Dr. Alexander Millar, Postdoctor presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Stoccolma ha affermato: “Trovare l’assione è un po’ come sintonizzare una radio: devi sintonizzare la frequenza fino a quando non ottieni quella giusta. Piuttosto che la musica, gli sperimentatori sarebbero ricompensati dal “sentire” la materia oscura che la Terra sta attraversando. Nonostante siano ben motivati, gli assioni sono stati sperimentalmente trascurati durante i tre decenni da quando sono stati nominati dal coautore Frank Wilczek”.
Nel nuovo studio si ipotizza che, posti all’interno di un campo magnetico, gli assioni producano un debole campo elettrico che potrebbe essere utilizzato per guidare le oscillazioni nel plasma.
Il plasma è il quarto stato della materia, quello preponderante nell’universo, esso è composto da particelle cariche elettricamente che si comportano come un fluido. Le oscillazioni nel plasma amplificano il segnale che può essere utilizzato per sintonizzare il debole segnale degli assioni nella stesso modo in cui ci si sintonizza su un segnale radio. Questo esperimento, differente da quelli tradizionali che usano cavità risonanti, non pone limiti alle dimensioni del plasma che può creare un segnale più ampio.
Questo è un modo totalmente nuovo di cercare la materia oscura e ci aiuterà a cercare uno dei candidati più probabili per la materia oscura in aree che sono completamente inesplorate. Costruire un plasma sintonizzabile ci permetterebbe di fare esperimenti molto più ampi che con le tecniche tradizionali, dando segnali molto più forti alle alte frequenze”, ha spiegato il Dr. Millar.
Per sintonizzare la “radio ad assioni” gli autori propongono di utilizzare un filo di metamateriale, un sistema composto da fili ultra-sottili che possono essere spostati per modificare la frequenza caratteristica del plasma. I fili fatti di questo metamateriale verrebbero inseriti all’interno di un magnete di grandi dimensioni e potenza diventando una radio ad assioni estremamente sensibile.
Questa proposta non rimarrà solo sulla carta visto che i ricercatori che hanno proposto lo studio collaboreranno con un gruppo sperimentale di Berkeley che ha condotto ricerche e sviluppi sul concetto con l’intento di realizzare un simile esperimento nel prossimo futuro.
Gli aloscopi al plasma sono una delle poche idee che potrebbero cercare assioni in questo spazio di parametri. Il fatto che la comunità sperimentale si sia aggrappata a questa idea così rapidamente è molto eccitante e promettente per la realizzazione di un esperimento su vasta scala”, ha concluso il dottor Millar.
Fonte: Università di Stoccolma

Dymka, la gatta bionica – video

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In Russia c’è una gatta che pur senza arti, persi a causa di un congelamento, cammina, corre e sale le scale. La gatta, grazie alle cure di amorevoli veterinari, può condurre una vita normale utilizzando delle protesi stampate in 3D realizzate in solido titanio.
La gatta si chiama Dymka,nebbia” in russo, ha circa 4 anni ed è una bella gatta di colore grigio. Dymka è stata trovata da un automobilista nel dicembre 2018 sulla neve a Novokuznetsk, in Siberia. L’uomo l’ha portata in una clinica a Novosibirsk, secondo il sito di notizie russo Komsomolskaya Pravda.
Dymka aveva le zampe e le orecchie completamente congelate a tal punto che il veterinario Sergei Gorshkov ha dovuto amputarle, la notizia è apparsa anche su The Moscow Times.
Non di rado, nei gelidi inverni siberiani, i veterinari della clinica di Novosibirsk arrivano a operare gatti che come Dymka hanno subito il congelamento delle estremità, arti, coda, naso e orecchie arrivando anche a trattare 5-7 gatti ogni inverno ha riferito Gorshkov al Moscow Times.
Il congelamento avviene quando le temperature molto basse congelano la pelle e i tessuti, in particolare le estremità. Nei casi più gravi, il tessuto necrotizza e muore e per questo richiede l’amputazione.
Gorshkov e i suoi colleghi hanno collaborato con ricercatori dell’Università Politecnica di Tomsk (TPU) a Tomsk, in Russia, per sviluppare una serie di protesi per Dymka. Gli scienziati, come hanno spiegato in una nota i rappresentanti della TPU, hanno sviluppato e applicato un rivestimento in fosfato di calcio per montare gli impianti in titanio che sono stati inseriti e fusi nelle ossa delle zampe e per ridurre al minimo il rischio di infezione e rigetto dell’impianto stesso.
Il lavoro dei ricercatori è iniziato con scansioni a raggi X e tomografia computerizzata (TC) delle zampe della gatta per modellare e quindi stampare in 3D le aste di titanio.
Dymka ha ricevuto le sue protesi a luglio 2019, prima sono state applicate ai moncherini delle zampe anteriori, in seguito ai moncherini delle zampe posteriori. La notizia è apparsa su Novosibirsk News.
In un video condiviso su YouTube dalla clinica veterinaria il 10 dicembre 2019 – sette mesi dopo che le nuove zampe di Dymka sono state innestate – la gatta si stava godendo un periodo di veglia, camminando in una sala d’esame e giocando con una frangia su una coperta. Un primo piano mostrava dove le aste di titanio si connettono ai resti delle zampe, terminando in “piedi” fatti di materiale flessibile nero con un fondo strutturato.

Dymka è oggi il secondo gatto al mondo ad aver ricevuto quattro protesi metalliche. Nel 2016, la clinica di Novosibirsk ha eseguito una procedura simile, inserendo impianti in titanio su un gatto maschio di nome Ryzhikrosso” in russo, che, secondo quanto riportato da “Moscow Times” ha richiesto come Dymka, un’amputazione quadrupla dei suoi arti congelati.
Fonte: https://www.livescience.com/cat-titanium-prosthetic-paws.html