lunedì, Aprile 21, 2025
Migliori casinò non AAMS in Italia
Home Blog Pagina 1278

Nuovo coronavirus: aggiornamento 7 febbraio

0

Stando ai dati riportati questa mattina, i casi confermati di nuovo coronavirus a livello globale sono ora 31.845, i decessi sono 638, i pazienti dichiarati guariti e dimessi dagli ospedali sono 1602.
Nella giornata di ieri si è registrato il primo italiano infettato dal nuovo coronavirus di Wuhan: si tratta di uno dei 56 italiani rimpatriati dalla Cina, proprio dalla città di Wuhan, nei giorni scorsi e tenuti in osservazione in una struttura nella città militare della Cecchignola a Roma. L’uomo ha manifestato febbre e congiuntivite e il tampone farigeo cui era stato sottoposto aveva dato risultati contrastanti, motivo per cui è stato trasferito in isolamento alla Spallanzani di Roma ed è stato sottoposto ad un nuovo test che è risultato positivo.
Sempre ieri è stato confermato il decesso di Li Wenliang. Il  medico cinese  che è stato preso di mira dalla polizia per aver avvertito della minaccia di un focolaio di coronavirus all’inizio di dicembre, è morto a causa della malattia, scatenando livelli di rabbia quasi senza precedenti diretti al governo sui social media.
Altre 41 persone sono risultate positive al coronavirus sulla nave da crociera attualmente attraccata e messa in quarantena nella baia giapponese di Yokohama, portando il totale degli infetti a bordo a 61.

Una dichiarazione della società Princess Cruises afferma che il Ministero della Salute giapponese ha confermato che si tratta dell’ultimo gruppo di persone sulla nave da testare.

La nave resterà in quarantena fino al 19 febbraio, a meno che non vi siano altri sviluppi imprevisti. A bordo ci sono oltre 3.700 passeggeri e membri dell’equipaggio.

Ora ci sono più di 310 casi confermati in oltre 25 paesi e territori al di fuori della Cina continentale:

  • Australia  (almeno 15 casi)
  • Belgio  (almeno 1 caso)
  • Cambogia  (almeno 1 caso)
  • Canada  (almeno 5 casi, più due conferme in sospeso)
  • Finlandia  (almeno 1 caso)
  • Francia  (almeno 6 casi)
  • Germania  (almeno 13 casi)
  • Hong  Kong  (almeno 24 casi, 1 decesso)
  • India  (almeno 3 casi)
  • Italia  (almeno 3 casi)
  • Giappone  (almeno 86 casi, di cui 61 in quarantena per navi da crociera)
  • Macao  (almeno 10 casi)
  • Malesia  (almeno 14 casi)
  • Nepal  (almeno 1 caso)
  • Filippine  (almeno 3 casi, 1 decesso)
  • Russia  (almeno 2 casi)
  • Singapore  (almeno 30 casi)
  • Corea del Sud  (almeno 24 casi)
  • Spagna  (almeno 1 caso)
  • Sri Lanka  (almeno 1 caso)
  • Svezia  (almeno 1 caso)
  • Taiwan  (almeno 16 casi)
  • Thailandia  (almeno 25 casi)
  • Emirati Arabi Uniti  (almeno 5 casi)
  • Regno Unito  (almeno 3 casi)
  • Stati Uniti  (almeno 12 casi)
  • Vietnam  (almeno 12 casi)
bb1a4455 e9c1 4320 8702 fd38fd07d4df

Breaking News: primo italiano confermato positivo al nuovo coronavirus

0

Era arrivato da due giorni dalla Cina e alloggiato alla Cecchignola insieme con gli altri rimpatriati. Ricoverato in osservazione allo Spallanzani, stasera è arrivata la conferma della positività al nuovo coronavirus di Wuhan.
Il paziente è ora in isolamento allo Spallanzani di Roma.
Intanto, riporta Repubblica, si è riunita questa mattina la task-force coronavirus 2019-nCoV del ministero della Salute alla presenza del ministro, Roberto Speranza. A seguire, si è svolta la riunione del tavolo tecnico scientifico “che valuterà ulteriori misure di prevenzione sui cittadini di ritorno dalle aree a rischio”.
In serata l’Istituto superiore di sanità ha comunicato alla task force del ministero della Salute l’esito positivo del test di conferma. Il paziente per ora presenta “modesto rialzo termico ed iperemia congiuntivale“. L’Istituto sta coordinando l’organizzazione della sorveglianza epidemiologica. Nei casi di positività al primo test effettua le analisi di conferma comunicandole alla task-force del Ministero della Salute.
Seguiranno aggiornamenti.

Un nuovo esperimento spera di risolvere il più grande mistero della meccanica quantistica

0

La rivoluzione quantistica non è mai veramente finita. Sotto il mondo della fisica classica, alle scale più piccole, le particelle minuscole non seguono le solite regole. Le particelle a volte agiscono come onde e viceversa. A volte sembrano esistere in due posti contemporaneamente. E a volte non puoi nemmeno sapere dove sono.
Per alcuni fisici, come Niels Bohr e i suoi seguaci, i dibattiti sulla meccanica quantistica furono più o meno risolti negli anni ’30. Credevano che il mondo quantistico potesse essere compreso in base alle probabilità: quando si esamina una particella, c’è una possibilità che fa una cosa e un’altra che ne faccia un’altra. Ma altre fazioni, guidate da Albert Einstein, non furono mai pienamente soddisfatte dalle spiegazioni del mondo quantistico e nuove teorie per spiegare il regno atomico iniziarono a spuntare.
Ora, quasi un secolo dopo, un numero crescente di fisici non si accontenta più della versione da manuale della fisica quantistica, che ha avuto origine dall’interpretazione della teoria quantistica di Bohr e di altri, spesso definita l’interpretazione di Copenaghen. L’idea è simile al lancio di una moneta, ma prima di guardare il risultato, la moneta può essere pensata sia come testa che croce: l’atto di guardare o misurare costringe la moneta a “collassare” in uno stato o nell’altro. Ma una nuova generazione di ricercatori sta ripensando il motivo per cui le misurazioni potrebbero causare un collasso del sistema.
Un nuovo esperimento, noto come collaborazione TEQ, potrebbe aiutare a rivelare un confine tra lo strano mondo quantistico e il normale mondo classico di palle da biliardo e proiettili. I ricercatori del TEQ (test su larga scala del limite della meccanica quantistica) stanno lavorando per costruire un dispositivo che leviti un po’ di biossido di silicio o quarzo, misurando le dimensioni dei nanometri – ancora microscopico, ma molto più grande delle singole particelle che gli scienziati hanno usato per dimostrare la meccanica quantistica in precedenza.
Quanto può essere grande un oggetto ed esibire ancora comportamenti quantistici? Una palla da baseball non si comporterà come un elettrone – non potremmo mai vedere una palla volare nel campo sinistro e nel campo destro contemporaneamente – ma che dire di un pezzo di quarzo su nanoscala?

Una di queste alternative è nota come teoria Ghirardi-Rimini-Weber, o GRW, che prende il nome da tre fisici che hanno perfezionato la teoria negli anni ’80. Nel GRW, le particelle microscopiche esistono contemporaneamente in più stati, note come sovrapposizione, ma diversamente dall’interpretazione di Copenaghen, possono collassare spontaneamente in un singolo stato quantico.
Secondo la teoria, più è grande un oggetto, meno è probabile che esista in sovrapposizione, motivo per cui la materia a misura d’uomo esiste in un solo stato in un dato momento e può essere descritta dalla fisica classica.
Nel GRW, i crolli si verificano in modo casuale con probabilità fissa per particella per unità di tempo“, afferma Tim Maudlin, filosofo della fisica presso la New York University.
Nella teoria di Copenaghen, d’altra parte, i crolli si verificano solo quando viene effettuata una misurazione, quindi “si avrebbe bisogno di un chiaro criterio fisico sia quando si verifica una misurazione sia su cosa viene misurato”. E questo è esattamente ciò che la teoria non fornisce mai. “GRW spiega questo problema di misurazione suggerendo che il collasso non avviene unicamente per l’atto della misurazione – piuttosto, una particella microscopica ha una data probabilità di collassare in qualsiasi momento, e che il collasso è molto più probabile che accada (essenzialmente garantito) quando esaminato in un dispositivo sperimentale macroscopico.
GRW è un tipo di modello di collasso e se i fisici sono in grado di misurare questo collasso in azione, “allora suggerirebbe che il modello di collasso sia corretto“, afferma Peter Barker, un fisico all’University College di Londra. “Potremo dire, qui finisce la meccanica quantistica e inizia la meccanica classica. Sarebbe fantastico“.
Barker è membro di un gruppo della collaborazione TEQ, che metterà alla prova queste idee su GRW e il collasso quantico. Il piccolo pezzo di quarzo, un millesimo della larghezza di un capello umano, sarà sospeso da un campo elettrico e intrappolato in uno spazio freddo e confinato, dove le sue vibrazioni atomiche rallenteranno quasi allo zero assoluto.
Gli scienziati, quindi, proietteranno un laser sul quarzo e vedranno se la dispersione della luce mostra segni di movimento dell’oggetto. Il movimento del biossido di silicio potrebbe indicare un collasso, il che renderebbe l’esperimento una conferma convincente delle previsioni del GRW (La teoria prevede che gli oggetti di diverse masse hanno diverse quantità di movimento legate a un collasso).
Se gli scienziati non vedessero i segnali previsti da un collasso, l’esperimento fornirebbe comunque informazioni preziose sul mondo quantico delle particelle mentre si mescola con il mondo classico degli oggetti di uso quotidiano. In entrambi i casi, i risultati potrebbero essere un salto di qualità per la fisica quantistica.

Coloro che indagano sulle realtà di base della materia atomica, tuttavia, sembrano concordare sul fatto che probabilmente sta succedendo qualcosa di più rispetto alle teorie esistenti, anche se non è ancora chiaro cosa accada su tali scale minuscole.
Oltre al GRW, le teorie rivali includono la speculativa “interpretazione di molti mondi“, un’idea secondo cui ogni risultato sperimentale può accadere e accade quando le particelle collassano all’infinito in tutti gli stati possibili, generando un numero infinito di universi paralleli.
Un’altra alternativa, nota come meccanica bohmiana, dal nome del suo ideatore David Bohm negli anni ’50, sostiene che le probabilità coinvolte negli esperimenti quantistici descrivono semplicemente la nostra conoscenza limitata di un sistema – in realtà, un’equazione con variabili attualmente nascoste ai fisici guida il sistema indipendentemente dal fatto che qualcuno effettui una misurazione.
Ma i dati dei precedenti esperimenti quantistici non indicano ancora una singola interpretazione, il che rende difficile quale dia una rappresentazione più accurata della realtà.
Grazie a TEQ, tuttavia, i fisici potrebbero finalmente fornire prove a favore o contro teorie del collasso come GRW, rompendo l’impasse con il problema di misurazione. “I modelli di collasso sono in realtà sperimentalmente falsificabili“, afferma Matteo Carlesso, fisico dell’Università di Trieste, che studia teorie quantistiche. Anche se nessun esperimento è stato abbastanza sensibile da verificare o falsificare con successo un modello di collasso, tale esperimento dovrebbe essere possibile con la sensibilità di qualcosa come TEQ.
L’esperimento non sarà facile. L’apparato preciso, congelato quasi allo zero assoluto, non può eliminare tutte le incertezze, e gli scienziati coinvolti devono escludere altre, banali spiegazioni fisiche del moto della particella levitata prima di poter presumere di attribuire ciò che vedono ai moti quantistici. I fisici si riferiscono al tipo di segnali energetici che misurano come “rumore” e sarà incredibilmente difficile isolare il “rumore di collasso” da fonti di rumore di fondo che potrebbero farsi strada nell’esperimento. E non aiuta il fatto che la misurazione stessa riscaldi la particella, rendendo più difficile distinguere i movimenti quantistici che i ricercatori stanno cercando.
Nonostante queste incertezze, i fisici TEQ stanno ora costruendo e testando il dispositivo, e tutto avverrà all’Università di Southampton nel Regno Unito, dove eseguiranno le versioni più sensibili dell’esperimento entro un anno. Hanno la possibilità di vedere finalmente il comportamento quantico in prima persona e, in caso contrario, forse spingere i limiti della meccanica quantistica e far luce su quali tipi di comportamento quantistico non accadono.
L’esperimento è simile alla ricerca delle particelle di materia oscura: i fisici non le hanno ancora rilevate direttamente, ma ora sanno più di prima su quanto massicce possano essere le particelle. Una differenza, tuttavia, è che i fisici sanno che la materia oscura è là fuori, anche se non sanno esattamente di cosa si tratta, afferma Andrew Geraci, un fisico della Northwestern University. I modelli di collasso quantico che Carlesso e altri studiano non sono garantiti come una rappresentazione accurata di ciò che accade alla materia su scala atomica.
Penso che testare questi modelli di collasso e vedere se riusciamo a capire qualcosa su come funziona il problema della misurazione è certamente una allettante possibilità che ci offre questo tipo di tecnologia“, afferma Geraci. “Indipendentemente dal fatto che vedremo o meno qualcosa, vale la pena controllare.”
Fonte: Smithsonian Magazine

L’incontro UFO di Pearl Harbor

0

Il 1952 è per ufologi e appassionati della materia un anno importante che vide moltissimi casi di avvistamento di oggetti volanti non identificati in molte parti del mondo. Uno dei più singolari, secondo i ricercatori UFO, riguardò un ufficiale canadese esperto e rispettato che segnalò nel maggio di quell’anno dozzine di luci e un disco volante nei pressi di Pearl Harbor, al largo delle Hawaii. George MacFarlane, all’epoca un giovane tenente, proseguì la sua carriera fino al grado di comandante. Questo bastò agli ufologi per definire il testimone affidabile.
La storia, secondo ufologi e ricercatori, è interessante per via della destinazione della nave su cui si trovava l’ufficiale: Guam. E da quel punto avrebbe effettuato missioni di collegamento per la guerra in Corea. Secondo gli ufologi, infatti, le guerre offrirebbero terreno fertile per le attività degli UFO che, secondo alcune teorie, ci monitorerebbero preoccupati per l’utilizzo di armi atomiche.
Il cacciatorpediniere canadese HMCS Iroquois lasciò Pearl Harbor nel maggio del 1952, facendo rotta per Guam. Sei ore dopo MacFarlane assunse la carica di Ufficiale sul ponte.
Poco dopo l’una una “sola luce bianca” iniziò a penetrare un “sottile strato di nebbia“, MacFarlane stimò che la luce fosse a circa un miglio di distanza dalla nave. Tuttavia, si stava muovendo ad un “ritmo rapido” con la nebbia che faceva apparire un “alone” attorno ad essa.
MacFarlane chiese la conferma dell’avvistamento sul radar, ma nessun oggetto comparve negli schermi. Decise di consultare i registri per capire se nell’area fosse in programma una qualche attività militare ma non vi era nulla in programma quella notte ed essendo parecchio lontani dalla costa, circa un centinaio di miglia, escluse la possibilità che fosse transitato un piccolo aereo. Di li a poco comparve una seconda luce che si muoveva nella stessa direzione del primo oggetto, più piccola ma apparentemente più veloce. Anche questo secondo oggetto non venne rilevato dal radar di bordo. La nebbia si diradò e, dopo un’ora circa, una terza luce venne avvistata.
Poco dopo le 2 del mattino, una serie di luci fecero la loro comparsa nel cielo. MacFarlane rimase al suo posto, forse involontariamente e idealmente posizionato per assistere agli eventi.
Molte delle luci “erano in formazione” e tutte sembravano provenire da una precisa direzione posta a sud della loro posizione. Le luci erano in gruppi di tre, cinque o sei. Sembravano pulsare ogni secondo, comparendo e scomparendo “alla stessa velocità di funzionamento di uno schermo di computer”.
Quella notte si contarono fino a trenta luci nel cielo.
Ma MacFarlane ben presto non fu più in grado di tenere in conteggio corretto delle luci, fino a quando una delle luci si avvicinò alla nave acquistando le sembianze di un vero e proprio disco dall’aspetto metallico con attorno al bordo una serie di finestre nere. L’oggetto si limitò a restare sospeso sopra la nave, completamente immobile e silenzioso per circa un quarto d’ora. MacFarlane osservò l’oggetto misterioso attraverso un binocolo contando 24 finestre separate ma senza osservare nessuna attività. L’oggetto, seppur brillante, non impedì a MacFarlane di compiere agevolmente le sue osservazioni. Gli oggetti scomparvero verso le tre del mattino, il radar non segnalò mai nulla e il comandante della nave non venne mai avvisato.
MacFarlane nonostante non denunciò mai l’avvistamento aveva il dovere di fare rapporto tenendo conto che l’operatore radar aveva partecipato agli avvistamenti pur non segnalando nulla. Inserì nel registro ufficiale che quella notte furono osservati “molti meteoriti”. Alle 4 del mattino ricevette il cambio dal tenente Doug Tutte, al quale non disse nulla dell’avvistamento.
Fu solo durante l’incontro in mensa all’ora di colazione che MacFarlane venne interrogato da Tutte sul perché non avesse fatto parola con nessuno dell’evento meteorico, a quel punto MacFarlane scoprì che il suo collega aveva assistito allo stesso fenomeno e anche Tutte decise come lui, di non informare il comandante.
I due ufficiali arrivarono così alla conclusione di essere stati come sotto un controllo ipnotico che non consentì loro di segnalare le luci avvistate nel registro e di non interpellare nessuno dei superiori, men che meno il comandante. La storia venne poi raccontata da MacFarlane solo dopo la morte di Tutte decenni dopo i fatti.
Secondo quanto riferito da MacFarlane, a bordo della nave altri avevano visto le strane luci. Le “vedette” generali segnalano spesso “luci divertenti”, sebbene non facciano mai rapporto per evitare conseguenze spiacevoli, proprio come fece MacFarlane e dato che le luci non crearono pericoli, perché segnalarle?
MacFarlane alla fine raccontò dell’avvistamento scrivendo:
Senso di colpa o senso del dovere? Probabilmente perché penso che sia importante che venga registrato. E ora sono abbastanza grande da non preoccuparmi di essere ridicolizzato”, aggiunse inoltre che questi oggetti “hanno agito in modo non minaccioso” E che “erano solo curiosi“.
MacFarlane dopo questi fatti non assistette a nessun altro avvistamento, secondo gli ufologi questo fa di lui un osservatore credibile.
Il file è negli archivi del Blue book che dovrebbe, almeno secondo gli esperti, farne un caso autentico. Vogliamo dissentire però da questo, MacFarlane è stato l’unico, oltre Tutte a vedere gli oggetti da lui definiti “misteriosi”, anzi, Tutte non lo confessò mai se non a lui, quindi MacFarlane è la fonte principale e unica, nessun altro nome viene citato, quindi l’ufficilale potrebbe aver inventato la storia o semplicemente male interpretato un fenomeno celeste.
Fonte: https://www.ufoinsight.com/the-1952-pearl-harbor-close-encounter/

Stati Uniti e Cina, chi avrà la leadership spaziale nei prossimi anni?

0

A gennaio dell’anno scorso, la Cina ha fatto atterrare un lander e un rover sul lato lontano della luna. È stata la prima sonda ad atterrare su quel lato della luna. Se Pechino continuerà a perseguire le ambizioni annunciate nei prossimi anni, non sarà l’ultima volta che farà la storia e minaccerà, dunque, il primato degli Stati Uniti nello spazio.
La sonda Chang’e 4 ed il Rover Yutu 2, sono stati impegnati a fotografare e scansionare minerali, coltivare cotone, patate e semi di colza, coltivare lievito.
Per decenni, Pechino ha costruito le infrastrutture per un’eventuale missione umana sulla luna. “Lo spazio è sempre stato il simbolo della leadership, attraverso il prestigio, che si traduce in influenza strategica“, ha dichiarato Joan Johnson-Freese, esperto spaziale del Naval War College nel Rhode Island. “La Cina cerca di essere riconosciuta come leader tecnologico in Asia, e non c’è posto più visibile che farlo nello spazio“.
Chang’e 5, una sonda di follow-up, potrebbe essere lanciata quest’anno. A differenza del Chang’4 4, che si limita a recuperare i dati tramite un satellite di inoltro, il suo successore è progettato per raccogliere i campioni e riportarli sulla Terra.
Nel frattempo, l’agenzia spaziale cinese ha ripreso a lavorare alla sua stazione spaziale Tiangong 3 e sta anche testando una nuova capsula con equipaggio per missioni nello spazio profondo.
Quando la Stazione Spaziale Internazionale, guidata dagli Stati Uniti, verrà deorbitata alla fine del 2020 o all’inizio del 2030, la Tiangong 3 potrebbe diventare l’unico habitat permanente in bassa orbita terrestre. “Ciò renderebbe la Tiangong 3, la nuova stazione spaziale internazionale di fatto“, sostiene Johnson-Freese che prosegue: ” La Cina in questo momento, potrebbe battere gli Stati Uniti sulla Luna, ma anche se non lo facesse, potrebbe comunque sostenere di saper fare qualsiasi cosa come gli Stati Uniti“.
La NASA guida ancora la Stazione Spaziale Internazionale e negli ultimi anni ha convinto il Congresso a mantenere la stazione in servizio, fintanto che i suoi componenti di base restano sicuri.
L’agenzia spaziale americana sta inoltre implementando un nuovo telescopio spaziale e sta inviando sonde attraverso il sistema solare come parte di una ricerca in continua espansione per la vita extraterrestre.
La NASA da anni sta cercando un modo per riportare esseri umani sulla superficie lunare, dal 1972. La Luna potrebbe anche fungere da base di sosta per gli astronauti diretti su Marte. Per non parlare del valore commerciale dei minerali presenti su quella superficie.
L’anno scorso, l’amministrazione Trump ha fissato una scadenza arbitraria per il 2024 per un nuovo atterraggio lunare con equipaggio. Quell’anno, ovviamente, rappresenta la chiusura di un possibile secondo mandato di Trump. Gli esperti in realtà tendono a concordare che il 2024 è una scadenza possibile, ma solo se il Congresso elargirà 30 miliardi di dollari e se non ci saranno problemi nello sviluppo di tutto l’hardware richiesto per uno sbarco sulla luna.
Invece di far volare gli astronauti direttamente sulla Luna, la NASA progetta di costruire una stazione spaziale lunare in grado di supportare sia gli atterraggi lunari, sia le future missioni su Marte. Ciò complica un ritorno americano sulla Luna e sottolinea la differenza tra l’approccio cinese e quello statunitense riguardo l’esplorazione dello spazio.
Ciò che la Cina ha, e che gli Stati Uniti non hanno, è la sostenibilità del programma a lungo termine“, spiega Johnson-Freese. “Il programma di esplorazione umana degli Stati Uniti ha funzionato a dovere perché ogni nuova amministrazione vuole lasciare il segno su qualunque programma di esplorazione sia stato annunciato, anche se spesso manca il budget necessario per renderlo effettivamente fattibile“.
Per evitare un forte spreco di denaro, il Congresso ha approvato solo la metà dei miliardi di dollari che la NASA voleva per la missione nel 2020.
Il programma spaziale cinese potrebbe finire per essere un modello per altri paesi più piccoli.
Altre nazioni, in particolare il Giappone e l’UE, potrebbero iniziare a considerare di agire in modo più indipendente e unirsi alla Cina in progetti spaziali più importanti“, ha dichiarato Gregory Kulacki, un esperto spaziale.
Insomma, gli Stati Uniti dovrebbero porsi seriamente la domanda su cosa vogliano fare davvero nello spazio, se il congresso non intende spendere il denaro necessario per completare un progetto comprendente gli umani, si punti decisamente sull’esplorazione robotica del sistema solare privilegiandone l’aspetto scientifico. Per mandare esseri umani sulla Luna o su Marte e per l’aspetto economico della corsa allo spazio ci si affidi decisamente ai privati
Lo spazio è pericoloso, un ambiente duro e ostile che non può essere affrontato con gli attuali limiti di budget e in modo approssimativo.

Le tute spaziali

0

La permanenza nell’uomo nello spazio sarebbe impossibile senza un adeguato abbigliamento protettivo. Attualmente soltanto quando gli astronauti sono all’interno della Stazione Spaziale Internazionale possono vestirsi con un abbigliamento relativamente semplice e confortevole.
Per tutte le altri occasioni: decolli, rientri nell’atmosfera terrestre, attività extra veicolari, trasbordi l’essere umano deve essere protetto da specifiche tute spaziali. Esistono diversi modelli di tute in base alla funzione che devono assicurare, ci sono tute per le attività intra veicolari (IVA), per le attività extra veicolari (EVA) e le tute compatibili con entrambe le funzioni (IEVA).
Le prime sono leggere e confortevoli in quanto non necessitano di essere pressurizzate, le seconde devono proteggere l’astronauta dalle condizioni estreme dello spazio e sono molto ingombranti e pressurizzate, quasi dei veri e propri “veicoli spaziali” ad personam.
Sono tute altamente isolanti e dotate di tutte quelle strumentazioni necessarie per fornire ossigeno, comunicazioni, energia etc. La prima tuta spaziale indossata da un uomo è stata quella dell’astronauta russo Yuri Gagarin, modello SK1, poco più che un evoluto scafandro da palombari, fu adottata per tutte le missioni Vostok.
Anche la prima tuta per EVA è appannaggio dei sovietici e fu utilizzata per la prima volta da  Aleksej Archipovič Leonov, il primo astronauta ad effettuare un’attività extraveicolare.
La Berkut questo il nome della tuta spaziale era un’evoluzione della SK1 dal peso di circa 20 kg a cui si aggiungeva uno zaino del peso di 21 kg che era in tutto un predecessore dei moderni PLSS, riproducendo in scala ridotta il sistema di supporto vitale del veicolo spaziale. Grazie ad esso la pressione interna della tuta in condizioni operative standard era mantenuta a 407 hPa, mentre passava a 274 hPa in condizioni di emergenza, e il suo contenuto di ossigeno poteva garantire al cosmonauta 45 minuti di attività. A differenza della SK-1, inoltre, nella Berkut era presente una valvola di sicurezza che permetteva di evacuare l’umidità e l’anidride carbonica in eccesso.
L’Apollo/Skylab A7L è stata invece la  tuta spaziale pressurizzata indossata dagli astronauti della NASA per la conquista della Luna e durante il programma Apollo e nei tre voli con equipaggio dello Skylab. Le principali caratteristiche di questa tuta furono miglioramenti nei sistemi anti incendio e una migliore protezione contro i micro-meteoriti.
La tuta spaziale EVA statunitense tuttora usata è l’Extravehicular Mobility Unit (EMU), introdotta agli inizi degli anni Ottanta è ancora usata per le attività extra veicolari dagli astronauti della SSI.
La tuta consiste, nella sua parte più esterna che mantiene la pressurizzazione, di un corpo superiore rigido (Hard Upper Torso o HUT), un sistema di supporto vitale (Primary Life Support System o PLSS) che incorpora la parte elettronica della gestione del supporto vitale, di una sezione per le braccia, una per i guanti, un casco trasparente a bolla, un sistema di visori (Extravehicular Visor Assembly o EVVA), un modulo inferiore flessibile (Lower Torso Assembly o LTA) che comprende il sistema di aggancio con l’HUT, le gambe e gli stivali.
L’astronauta deve preventivamente indossare un Maximum Absorbency Garment o MAG (praticamente un pannolone) e una calzamaglia su cui va indossato il Liquid Cooling and Ventilation Garment (LCVG) costituito da tubi di plastica trasparenti al cui interno scorre dell’acqua per controllare la temperatura corporea ed altre tubazioni di ventilazione.
Il modulo che contiene le cuffie per le comunicazioni (Communications Carrier Assembly o CCA, chiamato informalmente anche Snoopy cap) viene indossato una volta che la parte superiore (HUT) ed inferiore (LTA) della tuta sono connesse tra loro e al LCVG. Dopo che sono stati indossati casco e guanti la tuta viene pressurizzata.
A partire dal 1994 venne introdotto un modulo aggiuntivo costruito dalla NASA, il Simplified Aid for EVA Rescue o SAFER, costituito da un jet pack da usarsi solo in caso di emergenza da un astronauta che si dovesse trovare alla deriva nello spazio per riavvicinarsi alla navetta o alla stazione spaziale.

Il gin fatto con sterco di elefante – e per una buona ragione

0
Una vacanza è spesso un’esperienza stimolante, ma a volte un’ispirazione può assumere una forma inaspettata. Paula Ansley dopo una vacanza all’interno di una riserva di caccia, circa due anni fa, ha posto al marito Les una domanda un po insolita: “si potrebbe produrre gin utilizzando lo sterco di elefante”?

Questa strana domanda è arrivata dopo che un ranger aveva spiegato alla coppia come gli elefanti si nutrono con grandi quantità di vegetazione, ma ne assorbono meno della metà. Il che significa che gran parte della loro alimentazione, composta da piante, finisce nel loro letame.

Les è un sudafricano trasferitosi da svariati anni nel Regno Unito, dove ha conosciuto Paula. Entrambi hanno lavorato come docenti in diversi campi della biologia, ma dopo aver lasciato il mondo accademico hanno escogitato un modo per trasferirsi in Sudafrica, e per cercare di avviare un attività che potrebbe contribuire alla conservazione delle comunità di elefanti.
Paula dopo aver visitato la riserva di caccia e avendo la passione per il gin ha ragionato sulla questione, arrivando a formulare una domanda: “Perché non lasciare che gli elefanti facciano il duro lavoro della raccolta delle piante, una vasta gamma di ingredienti naturali, per aromatizzare il gin?”.
Nessuno dei due aveva alcuna esperienza nella distillazione, ma la coppia ha fatto una scommessa e nel 2018 hanno creato l’Indlovu Gin, un infuso realizzato con piante che servono da foraggio degli elefanti e quindi provenienti dal loro letame. 
Una guida al Knysna Elephant Park con una bottiglia di Indlovu Gin.
Nell’immagine si vede una guida del Knysna Elephant Park con una bottiglia di Indlovu Gin in mano.

Abbiamo contattato Botlierskop [Game Reserve nel Western Cape] e abbiamo detto, pensi che potresti mandarci del letame di elefante?” spiega Les Ansley. “Hanno detto, sì certo, nessun problema, e ci hanno spedito un po‘ di sterco di elefante e abbiamo iniziato a studiare come prepararlo.”

Lo sterco viene essiccato e passa attraverso un processo di sanificazione, prima di essere sciacquato e asciugato di nuovo, dice Ansley, rendendolo completamente sicuro da bere. Il prodotto secco finale viene quindi infuso nel gin.
Ogni bottiglia è contrassegnata con le coordinate GPS di dove è stato trovato lo sterco e la data di raccolta, ha aggiunto Ansley. “Puoi vedere che è l’inverno a Kruger o l’estate a Botlierskop“, ha detto. “È una storia aggiuntiva“.
Ma il gin non sa di… sterco?
Ha un sapore di tipo terroso ed erboso“, ha detto Ansley. “A seconda di dove raccogliamo i vegetali o da quali elefanti raccogliamo i vegetali, il sapore del gin cambierà leggermente“.
Oltre a includere aromi classici del gin come ginepro e coriandolo, l’Indlovu Gin trae il suo sapore dagli estratti della dieta degli elefanti basata su radici, erbe, frutta e corteccia – tra cui l’aloe e l’acacia.
Dal suo primo lotto nel novembre dello scorso anno, la società sudafricana ha prodotto 6.000 litri e ora esporta in Europa e in altri paesi africani.
Raccomanda un prezzo al dettaglio di circa $ 34 a bottiglia e dona il 15% dei suoi profitti alla Fondazione Africa per sostenere la conservazione degli elefanti.
Mentre Les Ansley riconosce che l’accoglienza del gin di sterco di elefante è stata controversa, dice che alcuni clienti sono rimasti piacevolmente sorpresi dal suo gusto. “Eravamo consapevoli del fatto che se stiamo facendo un gin dallo sterco, dobbiamo fare un buon gin“, ha detto Ansley. “Altrimenti sarà sempre solo ingannevole“.
Les Ansley raccoglie lo sterco di elefante in Botlierskop, una riserva di caccia in Sudafrica.
Les Ansley raccoglie lo sterco di elefante in Botlierskop, una riserva di caccia in Sudafrica.
Il gin di sterco di elefante è uno dei sempre più numerosi gin artigianali in Sudafrica.
All’inaugurazione del South Africa Craft Gin Awards, lo scorso agosto, c’erano oltre 110 voci, molte delle quali utilizzavano ingredienti locali come rooibos e prodotti botanici del deserto del Karoo.
Iniziando come produttori di gin alle prime armi, gli Ansley hanno arruolato l’esperienza del distillatore Roger Jorgensen. Joorgensen afferma che la sua distilleria ha prodotto il primo gin artigianale del Sudafrica nel 2007, prima che il boom del gin del paese iniziasse intorno al 2013. “Sono stato da solo per un paio d’anni, ma altri presto si sono uniti con alcuni gin interessanti“, ha detto Jorgensen. “Ora ci sono almeno 280 marchi di gin nella sola Città del Capo“.
La società di ricerca sulle bevande ISWR stima che il consumo di gin sudafricano sia aumentato a quasi 1,8 milioni nel 2018. A livello globale, prevede che il consumo di gin aumenterà a oltre 10 milioni entro il 2023.
Jorgensen prevede che il gin continuerà a essere popolare dopo l’esplosione di nuovi gin artigianali, anche se è probabile che un numero minore di nuovi distillatori entrerà nel mercato.
Il mercato è un po ‘affollato ma sembra che ci sia una domanda continua“, ha detto Jorgensen. “Ora è un settore importante“.

UFO X-files, nuovo rilascio in UK

0

Ancora un rilascio di files UFO grazie a PA Media, un’agenzia di stampa britannica, che ha presentato una richiesta ai sensi del Freedom of Information Act. Questo è quanto scrive The Telegraph.
I files fanno parte di una raccolta di casi UFO segnalati per 59 anni, a partire del 1950 e fino al 2009. Un dipartimento del Ministero della Difesa del Regno Unito ha indagato segretamente sugli avvistamenti UFO raccogliendo un grande numero di rapporti.
Oggi, a oltre dieci anni dalla chiusura del programma molti dei files, all’epoca “classificati”, sono a disposizione del pubblico. Già in passato, come ha riportato anche “The Telegraph” alcuni dei files sono stati resi pubblici, consultabili online sul sito web degli Archivi nazionali del Regno Unito.
Entro quest’anno i rapporti sugli UFO saranno pubblicati su una pagina web dedicata su gov.uk, questo è quanto ha detto al The Telegraph un portavoce della British Royal Air Force (RAF). I funzionari del MoD hanno preso la decisione di pubblicare i documenti, piuttosto che continuare a inviarli negli Archivi nazionali.
Il gruppo di ricerca è stato costituito dal Ministero Inglese dopo il grande interesse sugli UFO nato attorno al 1950.
All’epoca anche il Primo Ministro Winston Churchill si era interessato al fenomeno interpellando in un promemoria il Ministro dell’aeronautica sui misteriosi avvistamenti.
Il gruppo ha studiato gli UFO concludendo ben presto che il fenomeno era spesso spiegabile in termini naturali, in errate identificazioni e in molto terrestri bufale, decidendo che l’indagine preliminare non doveva essere seguita da nessun approfondimento sui rapporti segnalati.
Nonostante questo la divisione del ministero preposta allo studio egli UFO ha continuato a raccogliere le segnalazioni fino al 2009, secondo quanto riferito da The National Archives. L’ultimo rapporto registrato infatti risale proprio al 2009 con avvistamenti di UFO segnalati da gennaio a novembre.
Tra gli ultimi casi registrati in quell’anno compaiono:
una luce a forma di disco d’argento” (gennaio),
fino a 20 luci rosse e arancioni” (giugno),
una grande sfera d’argento / bianca brillante” (luglio)
tre sfere d’oro ardenti in una linea diagonale nel cielo” (settembre).
Dal 1° dicembre di quell’anno vi fu un netto cambio di politica dell’agenzia governativa che non prese più in carico nessuna segnalazione UFO; ora tutti i files verranno pubblicati online entro pochi mesi e un noto ricercatore UFO, Nick Pope che ha lavorato per diverso tempo proprio sugli UFO per conto del Ministero della Difesa inglese, ha affermato che “Ci dovrebbero essere alcune pepite interessanti in questi nuovi file”.
Ci aspettiamo presto una ridda di ipotesi su questo rilascio di files UFO, molti cospirazionisti certamente penseranno che i governi stanno pian piano acclimatando il popolo della Terra a questa “realtà” o magari che il governo ha rilasciato queste informazioni “sporcandole” con informazioni fasulle in modo da confondere le acque e continuare a lavorare segretamente agli UFO. Ormai dopo decenni di letture siamo consapevoli del pensiero complottista.
Fonte: Live Science

Un nuovo test italiano per diagnosticare il coronavirus di Wuhan

0

Mentre i casi di coronavirus accertati salgono a 24.562 ed i decessi si attestano a 493 (di cui ben 479 nella sola provincia di Hubei), l’Università di Padova, che fa parte della rete dei laboratori europei Envid (European Network for Diagnostics of ‘Imported’ Viral Dideases), un network specializzato nel riconoscimento dei cosiddetti “virus da importazione”, come la dengue o la febbre del Nilo ha messo a punto un test per la diagnosi rapida del nuovo coronavirus di Wuhan.
Il nuovo test, uno dei primissimi in Europa, ha la capacità di fornire risposte in un tempo rapidissimo, circa due ore e mezza e di poter diagnosticare l’infezione anche in persone asintomatiche. Il test è stato elaborando seguendo meticolosamente la procedura dell’Oms pubblicata da Christian Drosten, dell’istituto di Virologia dell’Università Charité di Berlino.
“Ci siamo mossi non appena è stata resa nota la presenza dell’epidemia del nuovo coronavirus”, ha spiegato Andrea Crisanti, professore ordinario di Microbiologia e virologia all’Università di Padova, che ha coordinato la ricerca, “e abbiamo chiesto all’Azienda ospedaliera di Padova di iniziare a lavorare per realizzare il test, che è uno dei primi in Europa”.
La principale novità del test oltre la sua rapidità diagnostica è l’accuratezza, il test italiano riesce infatti a riconoscere anche solo cinque copie del virus presenti in un paziente. Inoltre è in grado di escludere la presenza anche di altri coronavirus, che sono un grande gruppo di patogeni, responsabili sia di comuni raffreddori sia di infezioni più pericolose come la SARS.
Per avere un’idea più precisa degli effetti dell’epidemia che ha investito la Cina occorrerà attendere almeno un’altra decina di giorni per comprendere se le misure draconiane prese dalle autorità cinesi saranno riuscite nell’intento di contenere il contagio. In quel caso i numeri dei nuovi infettati dovrebbero rallentare e la possibilità di una pandemia scongiurata.

Guasto al Voyager 2, tornati online gli strumenti principali

0

Martedì 28 gennaio, il veicolo spaziale Voyager 2 della NASA è entrato in modalità di protezione dai guasti. La modalità di protezione dai guasti, protegge automaticamente il veicolo spaziale quando si verificano anomalie di funzionamento. Entrambi i Voyager, hanno questa modalità programmata nei loro sistemi.
Il problema è sorto in seguito ad una manovra tentata il 25 gennaio. Quel giorno, Voyager 2 avrebbe dovuto eseguire una manovra di rotazione programmata. La navicella spaziale ruota di 360 gradi per calibrare uno dei suoi strumenti, il MAG, il magnetometro triassiale fluxgate. Quest’ultimo è uno strumento che studia il limite del vento solare con il campo magnetico interstellare.
La NASA afferma che c’è stato un ritardo nella manovra che ha causato l’accensione simultanea di due sistemi che assorbono molta energia. C’è una potenza limitata su Voyager 2 ed è per questo che i suoi generatori termoelettrici di radioisotopi si sono guastati.
Per proteggersi, il veicolo spaziale è entrato in modalità di protezione dai guasti. In quella modalità, ha disattivato gli strumenti scientifici per compensare il deficit di potenza. Il 28 gennaio, gli ingegneri hanno spento con successo uno dei due sistemi, che assorbivano molta energia, e hanno riacceso gli strumenti scientifici del Voyager 2.
Nonostante ciò, non erano ancora  riusciti a ricevere dei dati dal veicolo spaziale.
Voyager 2 è ancora in funzione, ma la sua situazione è precaria. Gli ingegneri valutano costantemente lo stato del sistema di alimentazione e sanno che comunque perde circa il 4% della sua potenza ogni anno.
È necessaria molta potenza per impedire il congelamento dei sistemi sul veicolo spaziale, comprese le linee di alimentazione. Se quelle linee si congelassero e si interrompessero, Voyager 2 non sarebbe più in grado di puntare la sua antenna verso la Terra e la missione sarebbe effettivamente finita.
Voyager 2 dista attualmente circa 18,5 miliardi di chilometri, quindi la comunicazione richiede molto tempo.
La NASA con un tweet ha ha fatto sapere che “gli ingegneri hanno riacceso con successo gli strumenti scientifici di Voyager 2
Quindi sembra che Voyager 2 sia tornato in funzione, anche se bisogna ancora aspettare un po’ per il ripristino totale delle sue funzioni.
Voyager 2 è attualmente nello spazio interstellare, dopo aver lasciato l’eliosfera a novembre 2018. A novembre 2019, sono stati pubblicati tre articoli che descrivono ciò che ha incontrato mentre lasciava l’eliosfera. La potenza del veicolo spaziale si sta esaurendo e alcuni dei suoi strumenti sono stati spenti. Nonostante ciò, dovrebbe avere abbastanza potenza per continuare a trasmettere dati per qualche tempo.
In passato la NASA aveva comunicato che la potenza residua del Voyager 2 sarebbe bastata a sostenerlo fino al 2020, quindi ad un certo punto, nel prossimo futuro ci potrebbe essere l’ultima trasmissione dal veicolo spaziale.
In tal caso, rimarrà nello spazio, e sarà perso per sempre per l’umanità”.
FONTE:  Universe Today