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Nuovo Coronavirus, aggiornamenti 23 febbraio 2020: oltre 100 infettati in Italia, situazione grave anche in Corea del sud

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A questa mattina i casi confermati di nuovo coronavirus in Italia hanno superato quota 100. 89 sono in Lombardia, 16 in Veneto, 2 in Emilia Romagna, 3 nel Lazio (di cui 2 guariti e dimessi, la moglie del cinese ancora ricoverato e il ricercatore italiano sono stati curati e dimessi) e 3 in Piemonte e due decessi. Il totale dei casi confermati in Italia si attesta quindi a 115, con 2 guariti e 2 decessi.
Il governo ha deciso di bloccare le aree focolaio, con scuole chiuse, eventi annullati e negozi. Vietato uscire ed entrare nelle cittadine ed i paesi dove sono stati registrati casi. Anche le attività lavorative sono state sospese o, nel caso di alcune grandi aziende, verranno svolte da remoto via internet.
Sospesi anche i campionati di calcio e lo sport in generale nelle aree dove si sono registrate le infezioni. Per la serie A di calcio sono state rinviate le partite Torino-Parma, Inter-Samp, Atalanta-Sassuolo e Verona-Cagliari.
All’interno delle zone focolaio “l’accesso ai servizi pubblici essenziali e agli esercizi commerciali per l’acquisto di beni di prima necessità è condizionato all’utilizzo di dispositivi di protezione individuale”. E a tutti coloro che hanno avuto “contatti stretti con casi confermati” dovrà essere applicata la “misura della quarantena con sorveglianza attiva”.
È stato deciso il divieto di allontanamento e di ingresso nelle aree focolaio del virus, che saranno presidiate dalle forze di polizia e, in caso di necessità, anche dai militari, con sanzioni penali per chi viola le prescrizioni.
il governo, però, almeno per il momento ha escluso di sospendere il trattato di Schengen, per cui i confini resteranno di libero accesso.
Maria Rita Gismondo, direttore responsabile di Macrobiologia Clinica, Virologia e Diagnostica Bioemergenze, il laboratorio dell’Ospedale Sacco di Milano in cui vengono analizzati da giorni i campioni di possibili casi di Coronavirus ha scritto sul suo account facebook che “Il nostro laboratorio ha sfornato esami tutta la notte. In continuazione arrivano campioni. A me sembra una follia. Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale. Non è così”.
Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, durante una conferenza stampa in  Prefettura a Milano ha sostenuto di pensare che sarà necessario chiudere le scuole nella capitale lombarda per almeno una settimana.
Intanto, il ministero dell’interno ha comunicato che la nave L’Ocean Viking sbarcherà nel porto di Pozzallo dove, al fine di assicurare adeguate misure di prevenzione, i migranti saranno trattenuti in quarantena nell’hotspot della cittadina siciliana. L’equipaggio della nave rimarrà isolato a bordo per tutto il periodo necessario.
Continua la ricerca del paziente zero in Lombardia, dopo che il manager emiliano inizialmente indicato come possibile vettore dell’infezione è risultato privo di sintomi, negativo al test faringeo e non avere anticorpi del virus in circolo e quindi da escludere.
In Veneto due degli otto cinesi che gestiscono un’attività commerciale a Vò Euganeo risulterebbero positivi al virus e potrebbero rappresentare loro il paziente zero, occorre però attendere altre conferme.

Il nuovo coronavirus nel resto del mondo

A livello globale, i casi di nuovo coronavirus sono ora 78.823, con 2762 decessi e 23.290 pazienti dichiarati guariti.
Mentre i nuovi casi ed i decessi in Cina sembrano diminuire, in Corea del sud ed in Iran sembra in corso una recrudescenza dell’epidemia: sono ora quasi 700, con 5 morti, i casi registrati in Corea del sud, dai poco più di 50 che risultavano solo quattro giorni fa. In Iran, invece i casi sono arrivati a 28 ma con 5 morti.

Il futuro della propulsione al plasma

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Siamo abituati a pensare ai viaggi spaziali immaginando giganteschi missili come il famoso Saturn V che portò i primi uomini sulla Luna più di 50 anni fa.

Un sistema di lancio come il tri stadio Saturn V, era costituito per la maggior parte da cherosene, idrogeno e ossigeno, propellenti che una volta bruciati servivano a mettere una piccola capsula spaziale con il suo carico umano nella giusta traiettoria lunare. Una volta immessa nella traiettoria lunare la capsula si muoveva per inerzia e poteva frenare per essere catturata dalla debole gravità lunare per poi tornare sulla Terra utilizzando una quantità minore di propellenti.

Ma gli scienziati da decenni sono al lavoro per sviluppare sistemi di propulsione alternativi che non bruciano combustibili ma utilizzano gas nobili come lo xeno e il kripton che vengono ionizzati e accelerati grazie a campi elettrici prodotti dall’energia elettrica proveniente da celle solari. Questi propulsori al ”plasma” consentono oggi a centinaia di satelliti GPS, militari e di comunicazioni di mantenere stabile la propria orbita apportando piccole correzioni.

La prossima sfida è quella di sviluppare dei propulsori ionici capaci di inviare veicoli spaziali nello spazio profondo simili al modulo Deep Space 1 che ha visitato l’asteroide 0069 Braille e la cometa Borrelly o come il veicolo spaziale Dawn che ha viaggiato verso la fascia degli asteroidi.

I propulsori al plasma rappresentano il futuro dell’esplorazione spaziale“, ha affermato Ken Hara, assistente professore di aeronautica e astronautica, che sta collaborando a sviluppare modelli computerizzati per rendere i motori a ioni più potenti, efficienti e affidabili.

Hara sostiene che i propulsori al plasma presentano numerosi vantaggi rispetto ai propulsori di vecchia concezione. Ad esempio, i gas ionizzati utilizzati come propellenti pesano meno dei carburanti bruciati dai propulsori a razzo dell’era Apollo. Ogni chilo di propellente in meno significa poter trasportare un carico utile maggiore, quindi più strumenti scientifici.

Una volta nello spazio, un veicolo dotato di propulsori al plasma può accelerare nel tempo in un modo che un veicolo dotato di propulsori convenzionali non può fare, imprimendo al veicolo stesso una velocità di gran lunga superiore. Questo avviene grazie a un concetto noto come velocità di scarico, cioè la velocità alla quale il propellente viaggia quando viene espulso da un ugello.

I motori tradizionali bruciano enormi volumi di propellenti a bassa velocità di scarico, proprio l’enorme volume genera una equivalente spinta. Il razzo posto sulla sua piattaforma di lancio nelle fasi iniziali del lift-off si muoverà molto lentamente mentre si solleva tra le fiamme, accelerando gradatamente fino a quando la spinta vince la forza di gravità portando il razzo in orbita.

Un motore al plasma, diversamente, è progettato per operare fuori dall’atmosfera terrestre, in un ambiente dove la gravità è ridotta esso esercita la sua spinta sparando particelle ionizzate con una velocità di scarico estremamente elevata ma con volumi nettamente inferiori.

Nello spazio vuoto, lontano da intensi campi gravitazionali e senza attrito, queste spinte leggere ma continue consentono a un veicolo spaziale di ottenere una velocità sempre più elevata con il passare del tempo, con risultati migliori rispetto ai sistemi propulsivi tradizionali con velocità finali più elevate e di conseguenza distanze maggiori percorse.

Fonte: Phys.org

In Sudafrica gli animali selvatici rischiano “l’inquinamento genetico”

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Il governo sudafricano è sotto attacco per aver permesso iniziative di manipolazione genetica che potrebbero avere conseguenze dannose sulla fauna selvatica del continente. 

Gli scienziati avvertono che i leoni, i rinoceronti e i ghepardi, sono tra le specie selvatiche a rischio di “inquinamento geneticoirreversibile, a causa degli esperimenti di riproduzione.
Gli allevatori di selvaggina sudafricana, hanno aumentato sempre di più il numero di nuovi animali da trofeo, vista la richiesta di alcuni cacciatori disposti a pagare molto per ottenere trofei insoliti, tra cui troviamo specie dai colori bizzarri, come l’impala nera, lo gnu dorato o gli springbok bianchi.
Il governo sudafricano è sotto attacco per aver permesso ulteriori iniziative di manipolazione genetica su diverse specie. Gli scienziati temono che queste iniziative possano causare un effetto dannoso sulla fauna selvatica del continente.
Un gruppo di 10 scienziati e ricercatori senior della fauna selvatica hanno scritto le loro opinioni nell’ultimo numero del South African Journal of Science, dove hanno criticato il governo per aver silenziosamente modificato l’Animal Improvement Act del paese lo scorso anno, per consentire l’addomesticamento e il “miglioramento genetico” di almeno 24 specie autoctone di fauna selvatica, compresi animali rari e in via di estinzione come rinoceronti, ghepardi, leoni, bufali e diverse specie di antilopi.
I ricercatori avvertono che “Un endpoint logico scaturito da questa legislazione è che ci saranno due popolazioni di ogni specie: una selvatica e una domestica. Le varietà domestiche rappresenteranno una possibile minaccia di inquinamento genetico per la fauna selvatica autoctona del Sudafrica. Prevenire gli incroci tra la fauna domestica e quella selvatica potrebbe essere difficile e potrebbe divenire impossibile da invertire”.
Il Prof. Michael Somers ricercatore senior presso il Mammal Research Institute dell’Università di Pretoria afferma che “Il governo dovrebbe eliminare il controverso emendamento alla legge che raggruppa le specie rare e in via di estinzione, come rinoceronti, con i conigli e altre razze domestiche”. Somers spiega che l’emendamento prevede che in generale le specie domestiche possono essere allevate e “geneticamente migliorate”, per ottenere animali domestici superiori per quanto riguarda la loro produzione e le loro prestazioni.
Inoltre gli scienziati affermano che “Questi animali possono essere utilizzati per la manipolazione genetica, la raccolta di embrioni, la fecondazione in vitro e il trasferimento di embrioni”.
Secondo i sottoscrittori del documento legge emanata dal governo non migliorerà la genetica delle specie selvatiche interessate, anzi tutt’altro. La legge presenta rischi ecologici ed economici, in quanto sarà costosa, ma sopratutto sarà quasi impossibile mantenere una chiara distinzione tra le specie selvatiche e quelle domestiche.
Somers e i suoi colleghi affermano che il governo non sembra abbia consultato degli scienziati, o agenzie governative per la fauna selvatica o la popolazione, prima di emanare la legge.
Il dipartimento ambientale del governo, l’anno scorso, in merito all’emendamento legale ha espresso i suoi timori nell’effettuare la rimozione delle specie elencate dall’ambito della legislazione sulla conservazione, rilasciando una dichiarazione per sottolineare che “Gli allevatori di selvaggina dovrebbero comunque conformarsi alla legge e ai regolamenti nazionali sulla gestione ambientale della biodiversità riguardante specie minacciate o protette”.
Il Prof. Somers e i suoi Co-autori rimangono comunque molto preoccupati, dichiarando che nella provincia di KwaZulu-Natal, avviene una stretta cooperazione tra gli allevatori di selvaggina e l’organizzazione provinciale di conservazione. Le autorità hanno molte difficoltà a controllare ciò che accade nelle riserve di caccia e a far rispettare la legge.

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Lo “GNU dorato” è una specie nuova che deriva dalla manipolazione genetica derivante dallo gnu comune o blu (Connochaetes taurinus), animali molto più scuri i cui manti sono generalmente di un colore grigio bluastro. L’aver consentito una manipolazione genetica più intensa di diverse specie di animali selvatici in Sudafrica, ha sollevato la preoccupazione degli scienziati su un possibile inquinamento genetico irreversibile delle specie selvatiche originali.

Questa nuova legge aumenterà la difficoltà di effettuare controlli e probabilmente porterà ad una diminuzione di ispezioni in alcune province. Le conseguenze genetiche dell’allevamento intensivo o semi-intensivo di specie selvatiche erano già negative e considerevoli. L’allevamento intensivo effettuato attraverso la selezione artificiale e non casuale di individui solo a scopo commerciale, decidendo ad esempio le dimensioni o forma del corno o il colore del mantello, rappresenta un’interferenza da parte dell’uomo su un processo naturale. Tale selezione artificiale da parte dell’uomo è molto più potente di quella naturale, perché e capace di creare fenotipi distinti in tempi molto brevi.
Michael Bruford professore di biodiversità all’Università di Cardiff e co-presidente del gruppo di specialisti in genetica della conservazione della Commissione di sopravvivenza della specie IUCN ha aggiunto il suo sostegno sulle preoccupazioni sollevate.
Michael Bruford ha affermato che “Gli obiettivi della Convenzione sulla diversità biologica del 2020 stabiliscono chiaramente che i paesi firmatari dovrebbero ridurre al minimo l’erosione genetica, e quindi la perdita di diversità genetica nelle specie domestiche, socio-economiche e di valore culturale. Le specie selvatiche non possono essere classificate insieme a quelle domestiche. La proposta del governo sudafricano porterà quasi sicuramente all’erosione genetica, contravvenendo così agli obiettivi del CBD. Questa proposta arriva in un momento in cui si dovrebbe cercare in ogni modo di bloccare il rapido deterioramento ambientale, aumentando la resilienza delle nostre specie, assicurandosi che mantengano la maggior diversità genetica possibile”.

Trovato in Siberia un uccello rimasto congelato per 46.000 anni

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Sepolto e congelato nel permafrost vicino al villaggio di Belaya Gora nella Siberia nord-orientale, il volatile è stato scoperto dai cacciatori di fossili locali, che lo hanno consegnato, per condurre dei test, ad un team di esperti, tra cui Nicolas Dussex e Love Dalén del Museo svedese di storia naturale.
La datazione al radiocarbonio ha rivelato che il volatile ha vissuto circa 46.000 anni fa e l’analisi genetica lo ha identificato come un’allodola cornuta (Eremophila alpestris).
Dalén ha dichiarato che la ricerca ha dimostrato che l’uccello potrebbe essere un antenato di due sottospecie di allodola originarie, una nella Russia settentrionale e l’altra nella steppa mongola. Lo studioso ha infatti dichiarato: “Questa scoperta implica che i cambiamenti climatici avvenuti alla fine dell’ultima era glaciale hanno portato alla formazione di nuove sottospecie“.
La conservazione dell’uccello è stata garantita in gran parte dal freddo del permafrost, ha spiegato Dussex, ma questo esemplare è straordinariamente in buone condizioni. “Il fatto che un esemplare così piccolo e fragile fosse quasi intatto suggerisce anche che lo sporco e il fango devono essere stati depositati gradualmente, o almeno che il terreno era relativamente stabile in modo che la carcassa dell’uccello fosse conservata in uno stato molto vicino al momento della sua morte” spiega Dussex.
La fase successiva della ricerca prevede il sequenziamento dell’intero genoma dell’uccello”, ha affermato Dalén. Questa seconda fase rivelerà di più sulla sua relazione con le sottospecie odierne e stimerà il tasso di cambiamento evolutivo nelle allodole.
I ricercatori che lavorano nella zona hanno anche trovato carcasse e parti del corpo di altri animali come lupi, mammut e rinoceronti lanosi. Dussex ha descritto tali scoperte come “inestimabili” in quanto consentono ai ricercatori di recuperare il DNA e talvolta l’RNA, un acido nucleico presente in tutte le cellule viventi.
Questo a sua volta aprirà nuove opportunità per studiare l’evoluzione della fauna dell’era glaciale e comprendere le loro risposte ai cambiamenti climatici negli ultimi 50 mila anni fa“, ha aggiunto Dussex.
L’allodola cornuta è stata scoperta nello stesso sito di un cucciolo lupoide congelato di 18.000 anni, che stanno attualmente analizzando anche Dalén e Dussex. Usando la datazione al carbonio sull’osso toracico della creatura, gli esperti sono stati in grado di confermare che il campione è rimasto congelato per circa 18.000 anni, ma finora test approfonditi effettuati sul DNA non sono stati in grado di dimostrare se l’animale fosse un cane o un lupo.
Gli scienziati normalmente possono capire la differenza in modo relativamente semplice. I ricercatori sperano che ulteriori test sui resti, potranno fornire maggiori informazioni anche su quando i cani sono stati addomesticati.

Nuovo coronavirus, aggiornamento situazione in Italia e nel mondo del 22 febbraio 2020 – terzo caso registrato in Veneto

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Ieri è stata una giornata parecchio movimentata a livello globale per il nuovo coronavirus, e non solo in Italia.
Anzitutto i numeri: i casi confermati in tutto il mondo sono oggi almeno 77.662, con almeno 2.360 decessi accertati, mentre sono almeno 21.018 le persone dichiarate guarite e dimesse dagli ospedali.
In Italia sono stati accertati 17 casi, di cui 15 in Lombardia e 3 in Veneto. Tra questi ultimi si è verificato anche un decesso, si tratta di una persona anziana già ricoverata da oltre dieci giorni per altri problemi.
Ci sarebbero almeno una decina di altre persone risultate positive ai primi riscontri ma in attesa di ulteriori accertamenti.
I casi di ieri vanno ad aggiungersi ai 3 già individuati da alcune settimane e ricoverati allo Spallanzani e ormai in via di guarigione ma hanno la particolarità di essere stati contagiati sul territorio italiano al contrario dei precedenti che si sono portati l’infezione dalla Cina.
Tutti gli infettati in Lombardia avrebbero in comune, direttamente o indirettamente, un uomo di 43 anni, il manager di un’azienda emiliana che dopo un lungo periodo trascorso in Cina per ragione di lavoro era rientrato in Italia il 21 gennaio, prima, cioè, che venisse stabilito il blocco dei voli da e per la Cina ed i controlli obbligatori negli aeroporti.
L’uomo, comunque asintomatico e negativo al test del virus e attualmente trattenuto in osservazione, si sarebbe visto per alcune volte a cena con un uomo di 38 anni di Codogno, “Mattia”, individuato come paziente uno, mentre aveva un leggero raffreddore ma nessun altro sintomo. Da quest’ultimo, persona dalla vita lavorativa e sociale molto intensa, si sarebbe diffusa l’epidemia in Lombardia, a cominciare dalla moglie, incinta all’ottavo mese e anch’essa ora positiva al virus e ricoverata.
Mattia versa ora in condizioni molto gravi ed è ricoverato in terapia intensiva. Molto grave  con attacco di polmonite sarebbe anche il medico di base che per primo aveva visitato l’uomo mentre tra gli infettati si contano anche 5 membri del personale sanitario del pronto soccorso dell’ospedale di Codogno dove l’uomo si è presentato due volte prima di essere ricoverato. Anche tre pazienti dello stesso ospedale sono risultati contagiati.
Il nosocomio è stato chiuso al pubblico.
Il governo ha deciso di prendere misure restrittive nei confronti di tutte le persone che hanno avuto a che fare con Mattia, circa 250 le persone attualmente individuate, che sono state sottoposte a test e messe in quarantena.
Resta il mistero del perché il manager emiliano che sarebbe stato il vettore del virus è stato sempre asintomatico e risulta negativo ai test. L’uomo potrebbe avere contratto una forma molto lieve di malattia, quasi asintomatica, ed essersi negativizzato dopo la guarigione. Sono in corso analisi per rilevare la presenza di aniticorpi contro il nuovo coronavirus nel suo sangue.
Assolutamente avvolta nel mistero, invece, l’origine dei due casi in Veneto. Nessuno dei due uomini risultati infetti in provincia di Padova, di cui uno deceduto nella serata di ieri, avrebbe infatti avuto contatti con persone provenienti dalla Cina.
Un terzo caso in Veneto è stato confermato metre scriviamo queste righe.
Intanto, in sole 48 ore i casi registrati in Corea del sud sono triplicati, arrivando ad oltre 340, il ministero della Sanità iraniano ha confermato 18 casi di virus, tra cui quattro morti, e ha affermato che si è diffuso in diverse città. Libano e Israele hanno riportato i loro primi casi.

Le preoccupazioni crescono sulla  diffusione globale  del  nuovo coronavirus dopo il picco nei casi al di fuori della Cina continentale tra le persone che non hanno alcun legame con la Cina o la città di Wuhan registrato nelle ultime ore.

I direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) Tedros Adhanom Ghebreyesus ha avvisato che c’è ancora la possibilità di contenere il virus, “ma la finestra delle opportunità si sta restringendo“.

Le sue parole arrivano mentre i paesi al di fuori della Cina segnalano un forte aumento dei  casi di coronavirus, in particolare in Corea del Sud e Iran. Anche l’Italia ha riportato la sua prima morte, sollevando timori di focolai autosufficienti.

Il nuovo coronavirus si è diffuso in tutto il mondo da quando i primi casi sono stati rilevati nella Cina centrale a dicembre.

Più di 1.500 casi confermati e 15 decessi per il virus sono stati registrati in oltre 30 paesi e territori al di fuori della Cina continentale:

  • Australia  (almeno 21 casi)
  • Belgio  (almeno 1 caso)
  • Cambogia  (almeno 1 caso)
  • Canada  (almeno 9 casi)
  • Egitto  (almeno 1 caso)
  • Finlandia  (almeno 1 caso)
  • Francia  (almeno 12 casi, 1 decesso)
  • Germania  (almeno 16 casi)
  • Hong  Kong  (almeno 68 casi, 2 morti)
  • India  (almeno 3 casi)
  • Iran  (almeno 18 casi, 4 morti)
  • Israele: (almeno 1 caso)
  • Italia  (almeno 20 casi, 1 decesso)
  • Giappone  (almeno 738 casi, di cui 639 collegati a navi da crociera; 3 morti)
  • Libano: (almeno 1 caso)
  • Macao  (almeno 10 casi)
  • Malesia  (almeno 22 casi)
  • Nepal  (almeno 1 caso)
  • Filippine  (almeno 3 casi, 1 decesso)
  • Russia  (almeno 2 casi)
  • Singapore  (almeno 86 casi)
  • Corea del Sud  (almeno 347 casi, 1 decesso)
  • Spagna  (almeno 2 casi)
  • Sri Lanka  (almeno 1 caso)
  • Svezia  (almeno 1 caso)
  • Taiwan  (almeno 26 casi, 1 decesso)
  • Thailandia  (almeno 35 casi)
  • Emirati Arabi Uniti  (almeno 9 casi)
  • Regno Unito  (almeno 9 casi)
  • Stati Uniti  (almeno 35 casi)
  • Vietnam  (almeno 16 casi)

 

Gli orsi polari stanno diventando sempre più magri e hanno meno cuccioli. La colpa è dello scioglimento del ghiaccio marino

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La sopravvivenza dell’orso bianco è legata al ghiaccio marino per ogni suo aspetto, dalla caccia alle foche allo spostamento, per le tane e l’accoppiamento. Il ghiaccio inizia a sciogliersi all’inizio della stagione, riducendo cosi la zona per mangiare e procreare.
I risultati dei cambiamenti climatici sono stati delineati in uno studio pubblicato su Applicazioni ecologiche. I ricercatori hanno scoperto che gli orsi polari stanno diventando sempre più magri e hanno meno cuccioli. Non solo, la loro salute sta declinando sempre di più, tutto a causa dello scioglimento del ghiaccio marino.

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Il ghiaccio marino nell’oceano Artico si sta riducendo rapidamente.

Kristin Laidre autore dello studio e professore di scienze acquatiche e della pesca all’Università di Washington ha dichiarato che “I cambiamenti climatici stanno chiaramente colpendo l’artico e gli orsi bianchi. Questi animali sono un icona del cambiamento climatico, ma non solo, sono anche un indicatore precoce di quello che sta avvenendo, essendo dipendenti per la loro sopravvivenza dal ghiaccio marino”.
Gli orsi polari sono considerati una specie molto vulnerabile, quasi vicino all’estinzione. Se non verranno presi provvedimenti sui cambiamenti climatici, le popolazioni degli orsi bianchi rischiano di diminuire ulteriormente. Si spera che chi di dovere, veda gli effetti che sta avendo il cambiamento climatico sull’habitat degli orsi polari e si convinca ad agire prima possibile.
Le ricerche su come il ghiaccio che si scioglie colpisce la popolazione di orsi bianchi, potrebbero avere implicazioni più ampie su come poi potrebbe influenzare la vita di altre specie. Gli orsi vivono in una zona dove il ghiaccio è stagionale, il che significa che il ghiaccio marino si scioglie in estate. Gli orsi che vivono in quest’area possono fornirci molte informazioni per capire le implicazioni della perdita del ghiaccio marino.

Gli orsi passano meno tempo a terra e perdono sempre più peso.

Kristin Laidre insieme ai suoi colleghi hanno seguito i movimenti delle femmine adulte di orsi polari nella baia di Baffin, uno specchio d’acqua al largo della costa occidentale della Groenlandia, in due periodi differenti, il primo negli anni ’90 e il secondo nel 2010. Il risultato della ricerca ha delineato che tra il 2009 e il 2015 gli orsi hanno passato in media 30 giorni in più sulla terra, rispetto al periodo che va dal 1991 al 1997. Questa situazione si sta creando perché il ghiaccio marino si sta sciogliendo molto rapidamente, anticipando sempre più la stagione dello scioglimento rispetto a 23-29 anni fa.
Il ghiaccio marino aumenta e diminuisce con le stagioni, e quando accade che diminuisce gli orsi polari si stabiliscono sulla vicina isola di Baffin, aspettando lì fino a che non aumenta di nuovo per poter tornare a cacciare le foche. Gli orsi, trascorrendo molto tempo sulla terra ferma e rimanendo vicini alla riva, non riescono a cacciare e rischiano di perdere molto peso.
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I ricercatori si sono occupati di effettuare una valutazione delle condizioni corporee degli orsi con una scala che va da 1 a 3, dove 1 sta per magro e 3 per grasso, il valore più alto indica le condizioni ottimali dell’esemplare. Sono stati valutati 352 orsi ed è risultato che non arrivavano neanche a 50 gli esemplari considerati grassi.
I ricercatori hanno scoperto che la causa del dimagrimento degli orsi è legata alla diminuzione del ghiaccio marino, che sta avvenendo ormai da anni. Kristin Laidre ha dichiarato che “Quando gli orsi si trovano sulla terra ferma, non cacciano le foche e si affidano solo alle loro scorte di grasso, rimanendo per lunghi periodi a digiuno, divenendo cosi sempre più magri”.
Meno tempo gli orsi passano sul ghiaccio, minore sarà il numero di cuccioli nati.

Il peggioramento della salute degli orsi ha influito in maniera incisiva sulla grandezza delle cucciolate. Gli orsi polari femmine avevano più cuccioli quando il ghiaccio marino era più esteso, e quando la “rottura primaverile”, cioè il periodo in cui il ghiaccio si scioglie divenendo cosi disponibile l’acqua, si verificava più in avanti nella stagione. Gli orsi adesso sono più magri e di conseguenza fanno meno cuccioli. Le cucciolate una volta erano formate quasi sempre da due cuccioli per gli orsi polari femmine sane, adesso si osserva che questo non accade più, secondo quanto affermato da Kristin Laidre.

Gli habitat degli orsi stanno mutando, ciò li spinge verso l’interno.

L’ultimo conteggio degli orsi polari effettuato nella Baia di Baffin è stato condotto tra il 2012 e il 2013, e gli esemplari presenti erano oltre 2.800, secondo il gruppo di specialisti dell’orso polare IUCN. Ma il gruppo non aveva registrato quanti esemplari erano presenti lì prima che fosse condotto il conteggio, quindi è difficile dire se la popolazione i orsi sia diminuita o aumentata.
Tuttavia, i risultati dello studio dell’Università di Washington non sono per nulla promettenti.
Lo scioglimento dei ghiacci marini è in parte il motivo per cui gli orsi polari “stressati dal punto di vista nutrizionale” si avvicinano alle aree residenziali , in zone dove non erano mai stati visti prima. Sono spinti lì dalla fame e da un habitat in progressivo mutamento, ciò potrebbe portare ad un aumento del conflitto tra gli umani e gli orsi.
I ricercatori scrivono nei loro risultati, che il futuro degli orsi polari dipende dalla capacità che gli scienziati avranno nel prevedere in che modo i cambiamenti climatici continueranno a influire sulla vita di questa specie. Il ritmo dei cambiamenti della popolazione degli orsi è già sorprendente, quindi occorrerà una risposta altrettanto veloce.

Individuato ossigeno molecolare oltre la Via Lattea

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Per la prima volta, gli astronomi hanno trovato l’ossigeno molecolare, lo stesso gas che gli esseri umani usano per respirare respirare, in una galassia fuori dalla Via Lattea.
L’ossigeno è il terzo elemento più comune nel cosmo, dopo l’idrogeno e l’elio. Gli astronomi hanno sempre sostenuto che l’ossigeno molecolare, l’O2, si trovasse nello spazio e tra le stelle. Nonostante ripetute ricerche, però, nessuno aveva mai visto questo gas oltre la nostra galassia, fino ad ora.
Junzhi Wang, astronomo dell’Osservatorio astronomico di Shanghai in Cina, e i suoi colleghi hanno scoperto una molecola in una galassia chiamata Markarian 231. Situata a 560 milioni di anni luce dalla costellazione dell’Orsa Maggiore, Markarian 231 è la galassia più vicina alla Terra che contiene un quasar, in cui il gas gira attorno a un buco nero supermassiccio diventando caldo e lucente.
Usando i radiotelescopi in Spagna e Francia, gli astronomi hanno osservato nelle radiazioni a una lunghezza d’onda di 2,52 millimetri, una “firma” della presenza di O2. “Questa è la prima rilevazione della presenza dell’ossigeno molecolare in un oggetto extragalattico“, afferma Wang.
In precedenza, gli astronomi avevano visto la molecola in sole due nuvole che formavano due stelle all’interno della Via Lattea: la Nebulosa di Orione e la nuvola di Rho Ophiuchi. Gli astronomi pensano che la carenza di O2 interstellare sia dovuta agli atomi di ossigeno e alle molecole d’acqua che si congelano sui grani di polvere, bloccando l’ossigeno stesso. Tuttavia, gli urti delle stelle appena nate, possono separare il ghiaccio dalla polvere, liberando gli atomi di ossigeno che possono ritrovarsi e formare molecole.
Ma anche nella Nebulosa di Orione, l’ossigeno molecolare è raro. Infatti le molecole di idrogeno superano di un milione quelle di ossigeno. L’idrogeno domina anche in Markarian 231. Ma l’ossigeno molecolare che attraversa il disco galattico, è 100 volte maggiore rispetto alla Nebulosa di Orione.
Questo valore è molto alto”, afferma Gary Melnick, un astrofisico del Centro di astrofisica Harvard-Smithsonian a Cambridge, in Massachusetts. “Non esiste una spiegazione nota per una quantità di ossigeno molecolare così elevata“. Per confermare che la radiazione proviene davvero dall’O2, Melnick sostiene che gli osservatori debbano cercare una seconda lunghezza d’onda dalla molecola.
Non sarà facile, afferma Wang, perché anche altre molecole emettono radiazioni a quelle lunghezze d’onda.
Per sostenere il caso dell’O2, gli scienziati hanno esaminato le molte molecole che emettono lunghezze d’onda simili a quella rilevata e hanno scoperto che non vi erano altre molecole nello spazio, tranne l’O2.
Una possibile spiegazione per tutto l’O2, è che Markarian 231 sia una prolifica fabbrica di stelle, che genera nuove stelle 100 volte più velocemente della Via Lattea e produce 700 masse solari di gas all’anno. Il gas ad alta velocità dal centro della galassia può schiantarsi contro il gas nel disco, separando il ghiaccio dai granelli di polvere in modo da formare ossigeno molecolare.
A sua volta, quell’ossigeno potrebbe mantenere la galassia iperattiva: la radiazione emessa dalla molecola, aiuta a raffreddare il gas in modo che parte di esso possa collassare e creare ancora più nuove stelle nella galassia.
FONTE: Science News 

Come prevenire l’infezione da nuovo coronavirus e cosa fare in caso si sospetti di essere infetti

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Il nuovo Coronavirus è un virus respiratorio che si diffonde principalmente attraverso il contatto stretto con una persona malata. La via primaria sono le goccioline del respiro delle persone infette ad esempio tramite:

  • la saliva, tossendo e starnutendo
  • contatti diretti personali
  • le mani, ad esempio toccando con le mani contaminate (non ancora lavate) bocca, naso o occhi

In casi rari il contagio può avvenire attraverso contaminazione fecale.
Normalmente le malattie respiratorie non si trasmettono con gli alimenti, che comunque devono essere manipolati rispettando le buone pratiche igieniche ed evitando il contatto fra alimenti crudi e cotti.
Dai dati disponibili sembra che il nuovo coronavirus possa persistere nell’ambiente per alcuni giorni sopra gli oggetti dove si deposita dopo esservi stato inviato dalle goccioline emesse tramite il respiro o uno starnuto.

Chi può contrarre l’infezione?

Le persone che vivono o che hanno viaggiato in aree infette dal nuovo Coronavirus possono essere a rischio di infezione. Attualmente il nuovo Coronavirus sta circolando in Cina dove è segnalato il maggior numero di casi. Negli altri Paesi la maggioranza dei casi riportati ha effettuato recentemente un viaggio in Cina. Pochi altri casi si sono manifestati in coloro che hanno vissuto o lavorato a stretto contatto con persone infettate in Cina.

Quanto dura il periodo di incubazione?

Il periodo di incubazione rappresenta il periodo di tempo che intercorre fra il contagio e lo sviluppo dei sintomi clinici. Si stima attualmente che vari fra 2 e 11 giorni, fino ad un massimo di 14 giorni. Alcuni lavori di recente pubblicazione arrivano ad indicare in venti i giorni di incubazione.

Prevenire l’infezione

Il nuovo coronavirus è un virus respiratorio che si diffonde principalmente attraverso il contatto con le goccioline del respiro delle persone infette, ad esempio quando starnutiscono o tossiscono o si soffiano il naso. È importante perciò che le persone ammalate applichino misure di igiene quali starnutire o tossire in un fazzoletto o con il gomito flesso e gettare i fazzoletti utilizzati in un cestino chiuso immediatamente dopo l’uso e lavare le mani frequentemente con acqua e sapone o usando soluzioni alcoliche.
Adotta le seguenti misure di protezione personale:

  • lavati spesso le mani con acqua e sapone o con soluzioni a base di alcol per eliminare il virus dalle tue mani
  • mantieni una certa distanza – almeno un metro – dalle altre persone, in particolare quando tossiscono o starnutiscono o se hanno la febbre, perché il virus è contenuto nelle goccioline di saliva e può essere trasmesso col respiro a distanza ravvicinata
  • evita di toccarti occhi, naso e bocca con le mani se presenti febbre, tosse o difficoltà respiratorie e hai viaggiato di recente in Cina o se sei stato in stretto contatto con una persona ritornata dalla Cina e affetta da malattia respiratoria.  
  • se presenti febbre, tosse o difficoltà respiratorie e hai viaggiato di recente in Cina o se sei stato in stretto contatto con una persona ritornata dalla Cina e affetta da malattia respiratoria segnalalo al numero gratuito 1500, istituito dal Ministero della salute. Ricorda che esistono diverse cause di malattie respiratorie e il nuovo coronavirus può essere una di queste. Se hai sintomi lievi e non sei stato recentemente in Cina, rimani a casa fino alla risoluzione dei sintomi applicando le misure di igiene, che comprendono l’igiene delle mani (lavare spesso le mani con acqua e sapone o con soluzioni alcoliche) e delle vie respiratorie (starnutire o tossire in un fazzoletto o con il gomito flesso, utilizzare una mascherina e gettare i fazzoletti utilizzati in un cestino chiuso immediatamente dopo l’uso e lavare le mani).

Devo indossare una mascherina per proteggermi?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di indossare una mascherina solo se sospetti di aver contratto il nuovo Coronavirus e presenti sintomi quali tosse o starnuti o se ti prendi cura di una persona con sospetta infezione da nuovo Coronavirus (viaggio recente in Cina e sintomi respiratori). L’uso della mascherina aiuta a limitare la diffusione del virus ma deve essere adottata in aggiunta ad altre misure di igiene respiratoria e delle mani. Non è utile indossare più mascherine sovrapposte.

Come devo mettere e togliere la mascherina?

Ecco come fare:

  • prima di indossare la mascherina, lavati le mani con acqua e sapone o con una soluzione alcolica
  • copri bocca e naso con la mascherina assicurandoti che aderisca bene al volto
  • evita di toccare la mascherina mentre la indossi, se la tocchi, lavati le mani
  • quando diventa umida, sostituiscila con una nuova e non riutilizzarla; infatti sono maschere mono-uso
  • togli la mascherina prendendola dall’elastico e non toccare la parte anteriore della mascherina; gettala immediatamente in un sacchetto chiuso e lavati le mani.

Come comportarsi nel caso si sospetti di essere stato infettato dal nuovo coronavirus

Come già indicato, è stato istituito un numero telefonico, il 1500, cui rivolgersi per segnalare il caso.
Se si sospetta di essere stati contagiati occorre evitare contati sociali e anche con i propri parenti evitare di avvicinarsi e meno di un metro di distanza.
Non recarsi al pronto soccorso ma contattare o il 1550 oppure il 112. Saranno le autorità a disporre il trasporto sicuro presso le strutture preposte.
Fonte: Ministero della sanità

Marziani in Italia

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PARRAVICINO D’ERBA. Renzo Pugina, rappresentante di commercio di 37 anni, si apprestava a rientrare nella propria casa quando si accorse che un viale solitamente immerso nell’oscurità mostrava un insolito chiarore. Il viale si trovava tra due muri e sulla sommità di una scaletta il Pugina scorse un individuo di piccole dimensioni, alto circa un metro e trenta e circonato da una luce diffusa. Il misterioso personaggio mostrava al testimone il suo fianco sinistro.
La testa dell’essere sembrava nascosta da un casco con una visiera trasparente. Pugina riuscì a intravedere le fattezze del volto dall’aspetto umano con occhi di tipo mongolo. Il busto era ricoperto per metà da una tuta a scaglie apparentemente metallica che emetteva una leggera luminosità.
L’essere, privo di arti inferiori aveva al loro posto un grosso tubo liscio e leggermente conico collegato perpendicolarmente ad un’altro tubo di diametro inferiore ma lungo quanto due braccia aperte e posto a pochi centimetri dal suolo. Quasi nella parte finale, si trovava, in posizione orizzontale (come se fosse in equilibrio), un disco dalle dimensioni di una ruota di bicicletta, che aveva la forma di una calotta nella parte superiore. Apparentemente, non esisteva alcun contatto fra il “tubo” ed il “disco”.
Appena passato lo stupore iniziale il Pugina sali qualche scalino immobilizzandosi appena l’essere si girò verso di lui con un movimento meccanico. L’essere puntò verso il Pugina un congegno che teneva stretto nella mano destra simile a una torcia elettrica di cui il testimone vide il lumicino. Poco dopo Pugina si trovo’ “immobilizzato“: riusci’ pero’ ad infilare una mano in tasca ed a toccare un mazzo di chiavi, al cui contatto il testimone riusci’ a compiere ancora qualche passo verso l’essere, pronunciando solo una parola, “Marte“.
A questo punto, la creatura fece una “smorfia di disappunto” e si alzo’ a circa un metro da terra, emettendo un ronzio. Quindi si allontano’, volando alla stessa altezza, lungo il viale della Villa vicino a cui si trovava: in fondo alla stradina, sali’ di quota aumentando la velocita’ e disoolvendosi in una luminosita’. Il Pugina rimase molto impressionato dall’esperianza. Sul luogo dell’avvistamento rimase, per 3/4 giorni, una “macchia” inodore non umida ne’ grassa, che, almeno inizialmente, continuava ad espandersi.
Sul caso, conosciuto nella provincia di Como, non esistono in pratica inchieste, l’unica è stata esperita a 20 anni di distanza dai fatti narrati dal testimone ma è limitata a una semplice intervista. Il riassunto che compare sul sito UFO.it si basa su quanto riportato dai giornali locali.
Del caso si sa poco, non esiste una data certa e molti fanno risalire l’avvistamento dello strano essere al 18 ottobre 1974.
La data in seguito è stata corretta al 14 ottobre nell’intervista al Pugina del 1974. Qualche giorno prima della pubblicazione del caso su “La Provincia” usci un articolo che riferiva dell’osservazione di un “marziano” in provincia di Como: in riferimento all’esperienza del Pugina si parlo’ dell’avvistamento di un altro “marziano“.
Non si capisce (causa la mancanza assoluta di dettagli precisi) se si sia trattato di un unico evento o, invece, di due eventi distinti.
Fonte: https://www.ufo.it/cataloghi/como.htm; https://www.ufoinsight.com/the-1950s-italian-ufo-explosion/

Sedici casi di nuovo coronavirus confermati in Italia. Oltre 250 persone in osservazione.

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Sono saliti a sedici i casi confermati di nuovo coronavirs in Italia. 14 in Lombardia, tra cui 5 medici del pronto soccorso, e due in Veneto. Sono in corso accertamenti anche in Emilia, dove si trova l’azienda per cui lavora il cosiddetto paziente zero che, dopo essere tornato dalla Cina a fine gennaio, è andato a cena con l’uomo di trentotto anni ora ricoverato in terapia intensiva in gravi condizioni a Milano.
Come riporta Repubblica, sono risultati positivi ai test anche sua moglie – che è incinta all’ottavo mese – e uno stretto conoscente, entrambi ricoverati in isolamento al Sacco di Milano. “Sono sei i casi di positività al coronavirus in Lombardia, a oggi abbiamo un numero cospicuo di persone su cui stiamo intervenendo, a oggi circa 250 persone sono in isolamento e a cui faremo il tampone”, dice l’assessore al Welfare della Regione Lombardia, Giulio Gallera. Tutti i ricoverati hanno polmoniti gravi, la moglie del 38enne dovrebbe essere in una situazione meno grave. Il 38enne invece è in prognosi riservata, con insufficienza respiratoria e le sue condizioni sono ritenute molto gravi, tanto da non essere al momento trasferibile. Le altre tre persone contagiate potrebbero avere avuto contatti con uno dei primi tre casi, sono arrivate all’ospedale di Codogno (Lodi) nella notte con un quadro clinico di polmonite.
“Si invitano tutti i cittadini di Castiglione d’Adda, di Codogno e di Casalpusterlengo, a scopo precauzionale, a rimanere in ambito domiciliare e ad evitare contatti sociali”, questo in una nota dell’assessore regionale Giulio Gallera.
Il governo ha istituito l’obbliga di quarantena per tutti coloro che rientrano dalla Cina.
L’amico è stato individuato ed è ricoverato in isolamento al Sacco e sono stati fatti su di lui i primi test risultati negativi, ma potrebbe essere stato lui il portatore sano che ha contagiato il 38enne.
L’amico con cui è stato a cena è un manager di una società di Fiorenzuola d’Arda (Piacenza) che lavora in Cina e lì trascorre quasi tutto l’anno. Per questo la Ausl di Piacenza ha avviato verifiche e controlli anche sul territorio emiliano volti a verificare gli eventuali contatti dell’italiano rientrato dalla Cina con dipendenti piacentini dell’azienda.
Il noto virologo Roberto Burioni ha pubblicato una breve dichiarazione sul suo blog “Medical Facts” in cui dice:
La notizia che non volevamo darvi è arrivata. Il nuovo coronavirus è in Italia e ci è arrivato esattamente nel modo in cui sin dall’inizio dell’epidemia vi avevamo detto potesse arrivare: un individuo proveniente dalla Cina che – praticamente asintomatico – ha infettato un italiano che, a sua volta, ha infettato altre persone.
Abbiamo sempre detto di considerare la possibilità che i pazienti asintomatici potessero trasmettere l’infezione: ci hanno dato dei bugiardi e dei male informati. Abbiamo sempre sostenuto che l’isolamento delle persone provenienti dalla Cina fosse l’unico modo efficace per evitare il diffondersi del virus in Italia: ci hanno detto che eravamo allarmisti e fascio-leghisti.
Ora spero che sia evidente che in entrambi i casi avevamo ragione. Era facile avere ragione, perché bastava leggere i lavori scientifici e le notizie affidabili, senza gli occhi offuscati dall’ideologia o da secondi fini…
Segnalati un gruppo di 7 cinesi ricoverati in osservazione a Genova e una donna di Ostia che presenta i sintomi della malattia da virus è stata ricoverata allo Spallanzani di Roma, sono in corso i Test.