lunedì, Aprile 28, 2025
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Quando l’AI gira su Windows 98: lezione di umiltà per i giganti del silicio

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Quando l’AI gira su Windows 98: lezione di umiltà per i giganti del silicio
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Un esperimento mostra che modelli AI moderni possono funzionare anche su sistemi operativi d’epoca. È solo nostalgia geek… o una provocazione intelligente?

L’impossibile, secondo Windows 98

L’idea fa sorridere: far girare un’intelligenza artificiale moderna, come LLaMA di Meta, su un sistema operativo del 1998. Non Windows 10, non 11, ma proprio lui: il glorioso, obsoleto, amatissimo Windows 98.

Eppure è successo. Qualcuno ci ha provato, e ce l’ha fatta. Il risultato? L’AI risponde. Non in tempo reale, certo. Non con la fluidità di un MacBook con GPU da gaming. Ma funziona. E questo, nel panorama attuale dell’intelligenza artificiale, è un atto più radicale di quanto sembri.

Perché questa cosa conta davvero

Negli ultimi mesi siamo stati bombardati da una narrativa che suona così: “vuoi un’AI efficace? Ti serve una GPU da 24 GB, 100 watt di potenza e almeno due cloud provider con la carta di credito in mano”.

E invece no. Un vecchio sistema operativo, un po’ di ottimizzazione, e una versione quantizzata di LLaMA, bastano per dimostrare che l’AI non è (solo) roba da milionari o server farm.

Questo esperimento dice, tra le righe, che possiamo riportare l’intelligenza artificiale a casa. Letteralmente. Su hardware datato, con software libero, e senza dover rendere conto a chi gestisce i supercomputer.

Non è solo un esercizio di stile. È una dichiarazione di libertà

È la dimostrazione che i modelli leggeri hanno un futuro reale, che la corsa ai parametri è solo una parte della storia, e che forse abbiamo accettato troppo in fretta l’idea che l’AI sia per forza cloud, centralizzata, costosa.

In fondo, se Windows 98 può ospitare un’AI, forse anche il nostro vecchio laptop dimenticato nell’armadio può diventare qualcosa di più.

Chiamatelo esperimento, chiamatelo hack, o chiamatelo il meme definitivo della post-modernità: l’AI che gira su un sistema operativo nato quando Napster era la rivoluzione.

E mentre i giganti del silicio si rincorrono con modelli da 1 miliardo al mese, un tizio su Internet ci ricorda che, a volte, la vera innovazione sta nel meno, non nel più.

 

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Detriti spaziali: l’orbita terrestre è una bomba a orologeria

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Detriti spaziali: l'orbita terrestre è una bomba a orologeria
Detriti spaziali: l'orbita terrestre è una bomba a orologeria
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Un recente cortometraggio documentario dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha lanciato un allarme preoccupante: circa il 70% dei 20.000 satelliti lanciati nella storia dell’umanità si trova ancora in orbita, affiancato da centinaia di milioni di frammenti derivanti da collisioni, esplosioni e distruzioni intenzionali.

Il documentario, intitolato “Space Debris: Is it a Crisis?“, esplora questa realtà con dati e proiezioni orbitali, evidenziando la situazione dei detriti spaziali che richiede attenzione urgente.

Detriti spaziali: l'orbita terrestre è una bomba a orologeria
Detriti spaziali: l’orbita terrestre è una bomba a orologeria

La crescente minaccia dei detriti spaziali: una crisi in orbita?

L’aumento esponenziale delle costellazioni satellitari, come i satelliti Starlink di SpaceX, rappresenta un’arma a doppio taglio. Da un lato, queste costellazioni migliorano la connettività globale e offrono servizi essenziali. Dall’altro, contribuiscono all’aumento dei detriti spaziali, a causa dei frammenti di razzi e dei satelliti dismessi. La velocità orbitale di questi detriti, che può raggiungere decine di migliaia di chilometri orari, trasforma anche piccoli frammenti in proiettili pericolosi, capaci di danneggiare o distruggere satelliti operativi.

Le collisioni tra satelliti operativi e detriti spaziali rappresentano una minaccia concreta e in costante aumento per l’ecosistema orbitale. La velocità con cui questi oggetti si muovono nello spazio, che può raggiungere decine di migliaia di chilometri orari, trasforma anche piccoli frammenti in proiettili ad alta energia, capaci di danneggiare o distruggere satelliti di grandi dimensioni e infrastrutture critiche.

Ogni collisione genera una miriade di nuovi frammenti, che a loro volta aumentano il rischio di ulteriori collisioni, innescando un effetto a cascata noto come sindrome di Kessler. Questo fenomeno, teorizzato dal consulente NASA Donald J. Kessler nel 1978, prevede che la densità dei detriti orbitali possa raggiungere un punto critico, rendendo l’orbita terrestre impraticabile per le attività spaziali.

Le collisioni tra satelliti possono avere conseguenze economiche e sociali devastanti. La distruzione di un satellite di comunicazione può interrompere servizi essenziali come la telefonia, la televisione e internet. La perdita di un satellite di navigazione può compromettere la precisione dei sistemi di posizionamento globale (GPS), con impatti significativi sui trasporti, sull’agricoltura e su altre attività economiche.

Oltre alle collisioni in orbita, i detriti spaziali rappresentano un rischio anche per la terraferma. I frammenti più grandi, come i resti di razzi o satelliti dismessi, possono rientrare nell’atmosfera terrestre in modo incontrollato, e se non bruciano completamente, possono raggiungere la superficie terrestre. Anche se la maggior parte dei detriti si disintegra durante il rientro, i frammenti più grandi possono sopravvivere e causare danni a persone e infrastrutture.

La crescente quantità di detriti spaziali richiede un approccio responsabile e sostenibile alla gestione delle attività spaziali. È necessario sviluppare e implementare tecnologie per la rimozione attiva dei detriti, nonché normative internazionali che impongano agli operatori satellitari di adottare misure per minimizzare la produzione di detriti. La collaborazione tra agenzie spaziali, aziende private e governi è fondamentale per garantire la sicurezza e la sostenibilità dell’ambiente orbitale per le generazioni future.

Le orbite a rischio: un problema per le comunicazioni e il monitoraggio climatico

Le orbite a rischio a cui fa riferimento il documentario dell’ESA sono principalmente quelle dell’orbita terrestre bassa (LEO), una regione dello spazio che si estende fino a 2.000 km di altitudine. Questa zona è fondamentale per le attività umane nello spazio, poiché ospita la maggior parte dei satelliti utilizzati per le comunicazioni, la navigazione e il monitoraggio climatico.

I satelliti in orbita LEO forniscono servizi di comunicazione essenziali, come la telefonia satellitare, la televisione e internet. La distruzione o il danneggiamento di questi satelliti a causa di collisioni con detriti spaziali avrebbe conseguenze globali, interrompendo le comunicazioni e causando gravi danni economici e sociali.

I sistemi di navigazione satellitare, come il GPS e Galileo, si basano su costellazioni di satelliti in orbita LEO. La perdita di questi satelliti comprometterebbe la precisione dei sistemi di posizionamento globale, con impatti significativi sui trasporti, sull’agricoltura, sulla logistica e su molte altre attività economiche.

I satelliti in orbita LEO svolgono un ruolo cruciale nel monitoraggio del cambiamento climatico, fornendo dati essenziali sulle temperature, sui livelli dei mari, sulla copertura di ghiaccio e su altri indicatori climatici. La perdita di questi satelliti ostacolerebbe la nostra capacità di comprendere e affrontare il cambiamento climatico, una crisi globale che richiede una risposta urgente e coordinata.

La crescente quantità di detriti spaziali in orbita LEO aumenta il rischio di collisioni a catena, innescando la sindrome di Kessler. Questo fenomeno, teorizzato da Donald J. Kessler, prevede che la densità dei detriti orbitali possa raggiungere un punto critico, rendendo l’orbita terrestre impraticabile per le attività spaziali.

Soluzioni ponderate: un approccio sostenibile

Il problema dei detriti spaziali è intrinsecamente complesso, poiché coinvolge una vasta gamma di attori, tra cui agenzie spaziali, aziende private e governi. Le soluzioni affrettate, come la rimozione indiscriminata dei detriti o l’implementazione di tecnologie non testate, possono avere conseguenze inaspettate e indesiderate, trasferendo gli oneri su altre aree o creando nuovi problemi.

Ad esempio, la rimozione attiva dei detriti, se non eseguita con la dovuta cautela, potrebbe generare ulteriori frammenti o danneggiare satelliti operativi. L’utilizzo di tecnologie non testate potrebbe comportare rischi per la sicurezza delle missioni spaziali e per l’ambiente orbitale. È quindi fondamentale adottare un approccio olistico, che consideri tutti gli aspetti del problema e valuti attentamente le potenziali conseguenze delle diverse soluzioni.

L’ESA ha proposto un approccio basato sulla sostenibilità, che consideri l’intero ciclo di vita dei satelliti, dalla progettazione al rientro controllato nell’atmosfera. Questo approccio prevede l’adozione di misure per minimizzare la produzione di detriti durante la progettazione e il lancio dei satelliti, nonché l’implementazione di tecnologie per il rientro controllato dei satelliti dismessi.

La progettazione responsabile dei satelliti prevede l’utilizzo di materiali e tecnologie che riducano al minimo la produzione di frammenti in caso di collisioni o esplosioni. Inoltre, i satelliti dovrebbero essere dotati di sistemi di propulsione che consentano il rientro controllato nell’atmosfera al termine della loro vita operativa.

Il rientro controllato dei satelliti dismessi è una soluzione sostenibile per ridurre la quantità di detriti spaziali. Questa procedura prevede l’utilizzo dei sistemi di propulsione del satellite per guidarlo verso un’area disabitata dell’oceano Pacifico, dove si disintegra durante il rientro nell’atmosfera.

La crescente quantità di detriti spaziali rappresenta una minaccia concreta per le attività umane nello spazio e per la sicurezza del nostro pianeta. È necessario un impegno globale per sviluppare e implementare soluzioni sostenibili, che garantiscano l’accesso sicuro e responsabile allo Spazio per le generazioni future.

Per vedere il documentario vai sul sito ufficiale dell’ESA.

 

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GPT-4.5: L’AI ha imparato a mentire superando il test di Turing

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GPT-4.5: L'AI ha imparato a mentire superando il test di Turing
GPT-4.5: L'AI ha imparato a mentire superando il test di Turing
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Un recente studio preprint, in attesa di revisione paritaria, ha scosso il mondo dell’intelligenza artificiale, suggerendo che uno dei modelli linguistici più avanzati del settore, GPT-4.5 di OpenAI, ha superato il test di Turing, un punto di riferimento storico per valutare la capacità di una macchina di esibire un comportamento intelligente indistinguibile da quello umano.

Questo risultato segna un momento cruciale nell’evoluzione dell’IA, sollevando interrogativi profondi sulla natura dell’intelligenza e sul futuro dell’interazione uomo-macchina.

GPT-4.5: L'AI ha imparato a mentire superando il test di Turing
GPT-4.5: L’AI ha imparato a mentire superando il test di Turing

L’intelligenza artificiale sfida i confini dell’umanità: GPT-4.5 supera il test di Turing

Ideato dal matematico e informatico britannico Alan Turing nel 1950, il test di Turing, originariamente chiamato “gioco dell’imitazione”, propone un metodo per valutare l’intelligenza di una macchina attraverso una conversazione testuale. In questo scenario, un interrogatore umano interagisce simultaneamente con un essere umano e una macchina, senza conoscerne l’identità. Se l’interrogatore non è in grado di distinguere la macchina dall’essere umano, si presume che la macchina abbia raggiunto un livello di intelligenza paragonabile a quello umano.

Nell’ultimo studio, i ricercatori hanno condotto il test di Turing in un ambiente online, coinvolgendo quasi 300 partecipanti. In otto round di conversazione, i partecipanti hanno interagito con un essere umano e un modello di IA, con l’obiettivo di identificare quale fosse la macchina. I risultati hanno rivelato che GPT-4.5, quando istruito ad assumere una personalità umana, è stato identificato come umano nel 73% dei casi, superando significativamente la probabilità casuale del 50%. Questo risultato sorprendente suggerisce che è in grado di imitare il linguaggio umano con una tale precisione da ingannare gli interlocutori.

La di  capacità GPT-4.5 di superare il test di Turing solleva una serie di interrogativi e controversie. Alcuni esperti sostengono che questo risultato dimostra che l’IA ha raggiunto un livello di intelligenza paragonabile a quello umano, mentre altri ritengono che il test di Turing sia obsoleto e inadeguato per valutare l’intelligenza delle macchine moderne. La capacità di un modello linguistico di imitare il linguaggio umano non implica necessariamente una comprensione profonda o una coscienza

Indipendentemente dalle interpretazioni, il successo di GPT-4.5 nel test di Turing segna un passo significativo nell’evoluzione dell’IA. Questo risultato potrebbe avere implicazioni profonde per il futuro dell’interazione uomo-macchina, aprendo la strada a nuove applicazioni in campi come l’assistenza clienti, la traduzione automatica e la creazione di contenuti. Tuttavia, solleva anche preoccupazioni etiche riguardo alla possibilità di inganno e alla necessità di una maggiore trasparenza nell’interazione con le macchine.

Il ruolo cruciale dei prompt: quando l’IA assume una personalità

L’elemento chiave di questo studio risiede nell’utilizzo di prompt specifici per indirizzare il comportamento dell’IA. Mentre i prompt “no-person” fornivano istruzioni di base, i prompt “persona” chiedevano all’IA di impersonare una persona specifica, come un giovane esperto di Internet e cultura. Questa differenza ha avuto un impatto significativo sui risultati.

Con i prompt “persona“, GPT-4.5 ha raggiunto un tasso di successo del 73%, ingannando gli interrogatori e convincendoli di essere umani. Senza prompt di persona, il tasso di successo è sceso al 36%, mentre GPT-4o, alimentato da prompt “no-persona“, ha ottenuto un risultato ancora meno convincente del 21%. In modo sorprendente, l’antico modello ELIZA ha superato GPT-4o con un tasso di successo del 23%.

Nonostante l’attenzione mediatica, gli esperti avvertono che il test di Turing non è una prova inequivocabile dell’intelligenza umana: “Non era inteso come un test letterale da eseguire effettivamente sulla macchina, era più un esperimento mentale“, ha affermato François Chollet, ingegnere informatico di Google. Il test di Turing valuta la capacità di un’IA di imitare il comportamento umano, non la sua capacità di pensare o comprendere.

I risultati dello studio evidenziano la capacità dei modelli linguistici di creare un’illusione di umanità, imitando il linguaggio e il comportamento umano in modo convincente. Tuttavia, questa capacità non implica una comprensione profonda o una coscienza. L’IA può ingannare l’interrogatore, ma non comprende il significato delle parole o il contesto della conversazione.

Il successo di GPT-4.5 nel test di Turing riaccende il dibattito sull’intelligenza artificiale e sulla necessità di nuovi metodi per valutare l’intelligenza delle macchine. Alcuni esperti sostengono che il test di Turing è obsoleto e inadeguato per valutare le IA moderne, mentre altri ritengono che possa ancora fornire informazioni utili sulla capacità di imitazione dell’IA.

L’imitazione come arte: gli LLM e la simulazione dell’umanità

I modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), nonostante i loro limiti, si dimostrano maestri della conversazione, addestrati su enormi quantità di testo umano. Questa capacità di generare risposte plausibili, anche di fronte a domande mal comprese, solleva interrogativi sulla validità del test di Turing come misura dell’intelligenza artificiale.

La ricerca di Cameron Jones, dell’UC San Diego, evidenzia la capacità degli LLM di imitare il comportamento umano in modo convincente. I risultati dello studio, in cui GPT-4.5 ha ingannato gli interrogatori nel 73% dei casi, suggeriscono che i chatbot AI sono diventati abili nell’emulare il linguaggio e lo stile di conversazione umano.  Jones avverte che questo non implica necessariamente una comprensione profonda o una coscienza.

Jones ha evidenziato che il test di Turing superato da GPT-4.5, pur essendo un punto di riferimento storico, non è una prova definitiva dell’intelligenza umana: “Penso che sia una domanda molto complicata…”, ha twittato Jones: “Ma in generale penso che questo dovrebbe essere valutato come uno tra i tanti altri elementi di prova del tipo di intelligenza che mostrano gli LLM“. La valutazione dell’intelligenza artificiale richiede un approccio multidimensionale, che consideri diversi aspetti come la capacità di ragionamento, la comprensione del contesto e la creatività.

Jones ha evidenziato le implicazioni sociali dei risultati dello studio, avvertendo che gli LLM potrebbero essere utilizzati per automatizzare lavori che richiedono interazioni brevi, senza che gli esseri umani se ne accorgano. Questo potrebbe portare a una maggiore disoccupazione, a migliori attacchi di ingegneria sociale e a una generale disgregazione sociale.

L’esperto ha altresì sottolineato che il test di Turing superato da GPT-4.5 non mette solo le macchine sotto la lente d’ingrandimento, ma riflette anche le percezioni in continua evoluzione della tecnologia da parte degli esseri umani. I risultati del test non sono statici: man mano che il pubblico diventa più familiare con l’interazione con le IA, potrebbe diventare più abile nel riconoscerle.

I risultati dello studio evidenziano la necessità di una maggiore consapevolezza dei limiti e delle potenzialità degli LLM. La capacità di imitare il comportamento umano non equivale all’intelligenza umana. La ricerca futura dovrebbe concentrarsi sullo sviluppo di metodi per valutare la comprensione, la coscienza e la capacità di ragionamento dell’intelligenza artificiale, nonché sull’elaborazione di linee guida etiche per l’utilizzo responsabile degli LLM.

Lo studio è stato pubblicato su Arxiv.

 

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Asteroide 2024 YR4: Allarme rientrato o pericolo in agguato?

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Asteroide 2024 YR4: Allarme rientrato o pericolo in agguato?
Asteroide 2024 YR4: Allarme rientrato o pericolo in agguato?
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All’inizio del 2024, l’asteroide 2024 YR4 ha destato una certa preoccupazione nella comunità scientifica e nell’opinione pubblica.

Le prime stime orbitali, infatti, suggerivano una probabilità non trascurabile di impatto con la Terra nel 2032, quantificata in circa l’1%. Sebbene gli esperti avessero fin da subito sottolineato la natura preliminare di tali calcoli, invitando alla cautela, la potenziale minaccia ha stimolato un’intensa attività di monitoraggio e analisi.

Fortunatamente, osservazioni successive hanno permesso di raffinare l’orbita dell’asteroide, riducendo la probabilità di impatto a livelli trascurabili. Tuttavia, 2024 YR4 ha continuato a destare l’interesse degli astronomi, offrendo un’opportunità unica per studiare le caratteristiche di un asteroide potenzialmente pericoloso.

Asteroide 2024 YR4: Allarme rientrato o pericolo in agguato?
Asteroide 2024 YR4: Allarme rientrato o pericolo in agguato?

L’asteroide 2024 YR4 è sotto la lente del James Webb Space Telescope

Per approfondire la conoscenza di 2024 YR4, gli scienziati hanno puntato il potente telescopio spaziale James Webb (JWST) verso l’oggetto celeste. Le osservazioni, condotte sia nella banda del visibile che nell’infrarosso termico, hanno permesso di determinare con maggiore precisione le dimensioni dell’asteroide, stimandone il diametro in circa 60 metri, paragonabile all’altezza di un edificio di 15 piani.

Il JWST ha inoltre fornito informazioni preziose sulle proprietà termiche dell’asteroide, ovvero sulla velocità con cui si riscalda e si raffredda. I dati raccolti hanno rivelato che il comportamento termico dell’asteroide 2024 YR4 è diverso da quello degli asteroidi di dimensioni maggiori. Secondo gli scienziati, questa differenza è probabilmente dovuta alla rapida rotazione dell’asteroide e alla composizione della sua superficie, dominata da rocce di dimensioni variabili, da quelle di un pugno a quelle più grandi, piuttosto che da granelli di sabbia fine.

Implicazioni per la difesa planetaria

La comprensione delle proprietà fisiche e termiche degli asteroidi è fondamentale per valutare il loro potenziale impatto sulla Terra e per pianificare eventuali missioni di deviazione. Le dimensioni, la forma, la composizione e la struttura interna di un asteroide influenzano la sua traiettoria e la sua interazione con l’atmosfera terrestre. Le proprietà termiche, come la velocità con cui l’asteroide si riscalda e si raffredda, forniscono informazioni sulla sua composizione superficiale e sulla sua struttura interna, elementi cruciali per determinare la sua risposta a eventuali tentativi di deviazione.

In caso di futura scoperta di un asteroide in rotta di collisione con la Terra, le informazioni raccolte dal JWST potranno essere utilizzate per ottimizzare le osservazioni e pianificare eventuali missioni di deviazione. La capacità del JWST di osservare gli asteroidi nella banda dell’infrarosso termico consente di ottenere dati preziosi sulla loro composizione e struttura, informazioni che possono essere utilizzate per selezionare la strategia di deviazione più efficace. Ad esempio, la conoscenza della composizione superficiale dell’asteroide può aiutare a determinare se è più efficace utilizzare un impatto cinetico, un’esplosione nucleare o un raggio laser per deviare la sua traiettoria.

La difesa planetaria è una sfida globale che richiede la collaborazione internazionale. Le osservazioni dell’asteroide 2024 YR4 con il JWST rappresentano un esempio di come la collaborazione tra diverse agenzie spaziali e istituzioni scientifiche possa contribuire a migliorare la nostra capacità di proteggere la Terra da potenziali impatti asteroidali. La condivisione dei dati e delle conoscenze, nonché lo sviluppo di tecnologie e strategie di mitigazione comuni, sono fondamentali per garantire la sicurezza del nostro pianeta.

Il futuro della difesa planetaria si basa sulla creazione di un sistema di allerta globale, in grado di rilevare e monitorare gli asteroidi potenzialmente pericolosi. Questo sistema dovrebbe includere una rete di telescopi terrestri e spaziali, nonché modelli di simulazione avanzati per prevedere le traiettorie degli asteroidi e valutare il loro potenziale impatto. Le osservazioni del JWST rappresentano un passo importante verso la realizzazione di questo sistema, fornendo informazioni preziose per la comprensione degli asteroidi e per lo sviluppo di strategie di mitigazione efficaci.

Un asteroide “edificio” sotto la lente

Le osservazioni condotte dal James Webb Space Telescope (JWST) sull’asteroide 2024 YR4 hanno fornito agli scienziati un quadro senza precedenti di questo oggetto celeste, temporaneamente classificato come potenzialmente pericoloso. La capacità del JWST di osservare l’asteroide sia nella banda del visibile che nell’infrarosso termico ha permesso di ottenere informazioni dettagliate sulla sua dimensione, forma, composizione superficiale e proprietà termiche, elementi cruciali per la valutazione del rischio di impatto e per la pianificazione di eventuali missioni di mitigazione.

La stima precisa delle dimensioni dell’asteroide 2024 YR4, circa 60 metri di diametro, ha permesso agli scienziati di classificarlo come un asteroide “edificio”, una categoria di oggetti celesti che rappresentano una particolare sfida per la difesa planetaria. La forma dell’asteroide, dedotta dalle osservazioni del JWST, fornisce informazioni preziose sulla sua struttura interna e sulla sua storia evolutiva. La conoscenza della forma e delle dimensioni di un asteroide è fondamentale per determinare la sua risposta a eventuali tentativi di deviazione, come l’impatto cinetico o l’esplosione nucleare.

Le osservazioni del JWST nella banda dell’infrarosso termico hanno rivelato che la superficie dell’asteroide 2024 YR4 è dominata da rocce di dimensioni variabili, da quelle di un pugno a quelle più grandi, piuttosto che da granelli di sabbia fine. Questa composizione superficiale influenza le proprietà termiche dell’asteroide, ovvero la velocità con cui si riscalda e si raffredda, fornendo indizi sulla sua storia evolutiva. La conoscenza della composizione superficiale e delle proprietà termiche di un asteroide è fondamentale per determinare la sua risposta a eventuali tentativi di deviazione, poiché materiali diversi reagiscono in modo diverso alle forze esterne.

Le osservazioni dell’asteroide 2024 YR4 con il JWST hanno permesso agli scienziati di affinare le tecniche di osservazione degli asteroidi potenzialmente pericolosi. La capacità del JWST di ottenere immagini ad alta risoluzione e spettri dettagliati nella banda dell’infrarosso termico consente di migliorare la precisione delle stime orbitali e di ottenere informazioni più dettagliate sulle proprietà fisiche e termiche degli asteroidi. Queste informazioni sono preziose per la pianificazione di future missioni di osservazione e per lo sviluppo di strategie di mitigazione efficaci.

Le informazioni raccolte dal JWST sull’asteroide 2024 YR4 contribuiranno a migliorare la nostra capacità di rispondere a future minacce asteroidali. La comprensione delle proprietà fisiche e termiche degli asteroidi potenzialmente pericolosi è fondamentale per lo sviluppo di un sistema di allerta globale, in grado di rilevare e monitorare gli asteroidi in rotta di collisione con la Terra.

Questo sistema dovrebbe includere una rete di telescopi terrestri e spaziali, nonché modelli di simulazione avanzati per prevedere le traiettorie degli asteroidi e valutare il loro potenziale impatto. Le osservazioni del JWST rappresentano un passo importante verso la realizzazione di questo sistema, fornendo informazioni preziose per la comprensione degli asteroidi e per lo sviluppo di strategie di mitigazione efficaci.

Uno studio sulle osservazioni dell’asteroide 2024 YR4 effettuate dal JWST è stato pubblicato sulla rivista Research Notes dell’AAS.

 

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Trasferirsi in Svizzera: come spostare mobili e auto

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Trasferirsi in Svizzera: come spostare mobili e auto
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Il numero di persone che sceglie di trasferirsi in Svizzera aumenta esponenzialmente. Le ultime ricerche mostrano un crescente interesse per la nazione a due passi dal confine italiano.

Le opportunità lavorative meritocratiche, il livello di istruzione più alto e la qualità di vita convincono molti a spostarsi dalla propria provincia per iniziare un nuovo capitolo qui. Bisogna sapere, però, che si tratta di uno Stato molto severo che applica regole rigide già dall’ingresso: in dogana, infatti, sia lo spostamento di mobili e oggetti personali sia di vetture va effettuato seguendo pedissequamente le regole.

Ecco perché è consigliato affidarsi ad un’agenzia doganale svizzera che può occuparsi del trasporto vetture, delle documentazioni burocratiche e persino delle operazioni di sdoganamento per cittadini privati.

Come importare la propria auto in Svizzera

Chi deve trasferirsi in Svizzera può farlo portando con sé la vettura di proprietà ma è importante gestire con un’agenzia doganale l’operazione così da effettuare tutti i passaggi in modo preciso.

Le autorità richiedono infatti elevati standard di sicurezza ed ecologia; dunque, bisognerà controllare che il mezzo risponda alle normative sulle emissioni e le caratteristiche tecniche del territorio. Se dall’Italia la burocrazia è decisamente snella, le cose si complicano per i Paesi extra-europei dove vengono richiesti documenti aggiuntivi.

Tra i documenti necessari saranno obbligatori un certificato che attesti la proprietà della quattroruote, il certificato originale di immatricolazione, la dichiarazione doganale elettronica, passaporto o carta d’identità validi e la prova di origine del veicolo.

Tutti gli attestati dovranno essere consegnati al momento dell’ingresso nel Paese o nelle fasi precedenti lo sdoganamento, tramite le piattaforme digitali messe a disposizione dalle autorità elvetiche.

Come funziona il trasloco di mobili e beni personali?

Le regole sono più morbide invece per ciò che riguarda arredo, stoviglie, libri, abiti e oggetti personali. Come viene svelato dal sito ufficiale della nazione è possibile trasferirsi portando con sé tutto il necessario e ad esenzione dazi, purché ci sia un domicilio dichiarato.

Boom di trasferimenti in Svizzera: perché sempre più italiani la scelgono

La nazione elvetica rappresenta una meta ambita per i professionisti in cerca di nuove opportunità e per le famiglie che desiderano una qualità di vita più alta. Il sistema politico stabile unito ai livelli di sicurezza, la sanità eccellente e l’istituzione di livello superiore rendono la destinazione tra le più competitive.

Non possiamo non considerare la qualità della vita: gli stipendi medi sono tra i più alti d’Europa e l’economia solida e florida favorisce un mercato del lavoro meritocratico.

Motivo in più? La vicinanza geografica all’Italia che consente ai cittadini del Belpaese di trasferirsi mantenendo legami stretti con la propria famiglia, rendendo il cambiamento meno traumatico. Chi si sposta in Svizzera spesso lo fa per ottenere una carriera più soddisfacente, vivere in un ambiente più ordinato e organizzato, o semplicemente per dare ai propri figli maggiori possibilità in futuro.

Chi sta pensando di trasferirsi in Svizzera deve sapere che il territorio offre diverse opportunità tanto in termini di studio quanto di lavoro ma è importante accedervi documentandosi prima su regole e documenti necessari per passare la dogana senza intoppi.

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Intelligenza Artificiale Locale – La guida per installare un’AI tutta tua (offline, libera e personale)

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Intelligenza Artificiale Locale – La guida per installare un’AI tutta tua (offline, libera e personale)
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L’intelligenza artificiale locale è la nuova frontiera per chi cerca indipendenza, privacy e controllo sui propri strumenti digitali.

In un mondo dove le AI commerciali girano esclusivamente nel cloud, questa guida ti mostra come costruire, passo dopo passo, la tua intelligenza artificiale locale, direttamente sul tuo PC.

Basta cloud. Basta abbonamenti. Basta censura.


🔧 Cos’è l’intelligenza artificiale locale e perché ti serve

L’intelligenza artificiale locale è un modello AI che gira interamente sul tuo computer, senza connessione internet e senza inviare dati a server remoti.
Ti permette di creare un assistente personale che:

  • Risponde alle tue domande

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  • Traduce, riassume, analizza

  • Parla e ti ascolta, se gli dai voce

  • E soprattutto… non ti spia


📘 Di cosa parla il manuale

Il libro “Intelligenza Artificiale Locale – Guida pratica all’installazione e all’uso” è una guida concreta e accessibile che ti insegna a:

  • Installare modelli open source come Gemma, MythoMax, LLaMA

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Il tutto, con spiegazioni chiare, esempi, e senza bisogno di essere un ingegnere informatico.


👤 A chi si rivolge

Questo manuale è pensato per:

  • Appassionati di tecnologia

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Scritto da Massimo Zito, fondatore di Reccom.org, e co-firmato da Mike GPT, l’assistente AI che ha collaborato durante la stesura, questo libro è una dimostrazione concreta di cosa può nascere da una vera collaborazione uomo-macchina.


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🔚 Conclusione

L’intelligenza artificiale locale non è più un sogno per pochi.
Con questa guida, diventa accessibile, concreta e… tua.
Se vuoi una AI che rispetti la tua libertà e lavori con te, non per qualcun altro, questo manuale è il punto di partenza perfetto.

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Influencermania, guida per principianti ed esperti

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Influencermania, guida per principianti ed esperti
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Influencermania e un libro scritto a quattro mani per principianti ed esperti marketing per fare business grazie agli influencer. Quella dell’influencer è una professione sorta negli ultimi anni, con l’affermarsi delle connessioni veloci e la connettività flat.

L’influencer è un personaggio che ispira l’opinione delle persone in ambito pubblicitario. In altre parole si tratta di un soggetto o gruppi di persone, che tendono a motivare l’opinione pubblica a convergere su un determinato Brand.

Nonostante questo settore venga spesso criticato o comunque poco considerato, l’influencer medio oggi costituisce un target importante, perché va in un modo o in un altro ad accelerare i messaggi pubblicitari al fine di raggiungere sia l’accettazione da parte dell’opinione pubblica, sia di accelerare il passaggio verso una community più grande.

In altre parole l’influencer è un individuo in grado di smuovere in più modi le opinioni o gli atteggiamenti di altre persone.

Il mercato dell’influencer marketing, è un mondo in cui si muove circa mezzo miliardo di dollari, motivo per il quale oggi il mondo degli influencer è balzato al centro dell’attenzione di chi si occupa di marketing diventando il nucleo centrale delle campagne pubblicitarie di molte aziende.

Partendo poi, dal presupposto che sui social media sono presenti diversi tipi di influencer, lo stesso budget subisce oscillazioni cospicue.

Influencermania, le varie figure presenti sui social

In generale, partendo per convenzione da una scrematura, si potrebbero ridurre principalmente a tre le figure preponderanti del settore.

  1. Social Broadcaster – Ovvero personaggi di alta notorietà – definiti VIP – che sono persone appartenenti al mondo dello spettacolo e che per farla breve si sono fatti una reputazione fuori dalla rete social.
  2. I Mass Influencer – Ovvero individui con forte presenza sui social che hanno anche un numeroso seguito e che sono riconosciuti come esperti in un settore specifico.
  3. I Potential Influencer – Tutti quelli che in virtù di un proprio potere di comunicazione – che si tratti di carisma, empatia, savoir-faire – hanno una grande capacità aggregativa. Insieme a delle potenzialità persuasive per “influenzare” il proprio network; e s’impegnano nel costruire la propria reputazione in un campo specifico.

Influencermania, dunque, è un libro che fornisce tutte le indicazioni necessarie per avviare una campagna con quelli che sono i grandi personaggi del web, in modo da dare seguito a un business con un marchio specifico.

L’influencer rappresenta un nuovo universo che, seppur inizialmente banalizzato, racchiude in sé un patrimonio incredibile.

Il motivo, presto detto, è che i messaggi che arrivano ai follower di un determinato canale social, sono semplici intuitivi e immediati e i brand oggi si approcciano al Digital marketing proprio perché sanno bene che un personaggio influente, è capace di far lievitare in maniera esponenziale il loro giro d’affari.

Non a caso oggi gli influencer non sono solo i protagonisti di una “moda”, ma principalmente sono content creators, che – per quanto ovvio – sono l’apoteosi dell’influencer marketing, rappresentando figure sempre più rilevanti in quelle che sono le strategie di comunicazione aziendale.  +

Quindi il focus per ottenere un engagement effettivo.

Perché scegliere questo manuale

Dunque, quello dell’influencer influencer marketing è un mondo di persone che hanno costruito una propria reputazione in un qualsivoglia settore e quindi hanno accresciuto le loro competenze su un determinato argomento parlando ogni giorno al proprio pubblico, la propria fetta di utenti, direttamente dal proprio canale; provocando una sorta di entusiasmo generale. Nonché accettazione e, di conseguenza opinioni a seguito.

Influencermania casa editrice Hoepli – è un manuale realizzato da Mariaisabella Musulin e Omar Rossetto.

Lo scopo del volume è di fornire consigli utili per avviare una campagna con le star del web; col fine ultimo di creare Micro e Local Brand dai risultati pragmatici.

Nonostante questo settore sia ancora fresco (purtroppo poco considerato da chi non ne conosce ancora le enormi potenzialità e da chi è ancora un po’ perplesso e si pone pregiudizila maggior parte delle aziende e dei marchi lo adorano.

Lo stesso mercato, che include una fetta di utenti pari a 3.448 miliardinella fattispecie il 45% della popolazione mondiale, ha consacrato nell’attimo di un decennio i Social marketing come il boom del nuovo millennio perché la loro rilevanza è diventata altissima.

Nel manuale di Musulin e Rossetto, ci si avvia alla scoperta dei mezzi per avere il massimo rendimento da una campagna influencer.

Si parte da un viaggio temporale, che porta dalla scoperta dei Tools fino al miglior punto di vista per evitare improvvisazioni – molto dannose nel mondo dei social – e per far leva su quella che è di fondo la credibilità di un sistema rivoluzionario dove investire correttamente.

Una sorta di testo con delle regole e dei criteri che possono condurre a enormi benefici.

Gli autori ci tengono a precisare che non basta solo ingaggiare un influencer per ottenere successo.

Errori da non commettere

Spesso, infatti, alcuni influencer non sono in linea con i ruoli di un determinato prodotto e quindi si può incorrere nell’errore, col risultato di ottenere l’effetto contrario.

Ecco perché l’opera, che si rivolge sia alle aziende sia a chi, per la prima volta si approccia a questo nuovo mercato, vuole puntare a soluzioni dettagliate.

Il vero problema è che spesso, la maggior parte della gente, tende a porsi la solita domanda errata e cioè “Quanto guadagna un influencer?” ma al contrario bisogna chiedersi “Quanto guadagna l’azienda per aver dato la possibilità a un influencer di sponsorizzare il proprio marchio?”.

Innanzitutto un influencer marketer è comunque qualcuno con le competenze giuste; un soggetto come detto, capace di invogliare altre persone a comprare un determinato prodotto; oppure ad usufruire di un determinato servizio.

In sintesi, deve comunque coinvolgere e portare il pensiero di altri utenti dalla sua parte; al fine di convincerli che stanno facendo la scelta giusta, senza però plagiare in qualche modo l’utente medio.

I mass media, in effetti, tutto questo lo fanno già da tantissimo tempo; l’unica differenza è che, in questo caso, c’è l’abbinamento con il social e l’influencer stesso che fa la differenza.

Gli autori di Influencermania cercano di spiegare che dall’evoluzione, alle testimonianze di chi c’è riuscito, a quelli che possono essere gli scenari futuri di questa professione, le società oggi sono di certo più consapevoli del business strategico che si può ottenere. Ed ancora che utilizzare una determinata figura può fare la differenza rispetto ad un’altra.

In effetti, se un’impresa erroneamente investe su un influencer, e questi non funziona perché non è in linea con il prodotto, si conteranno danni (a volte irreversibili).

Conclusioni

Per  fare un esempio pratico. Un personaggio può anche avere diversi milioni di follower più di altri, ma se arriva un tizio con più esperienza, pur avendo meno seguaci, ha più competenza e più autorevolezza in tal senso, dunque farà guadagnare molto di più.

Ecco perché, come suggerisce il manuale, generalmente le società esperte investono su una figura precisa; d’altronde se non ci fosse un vero introito non lo farebbero.

Questa, per le aziende che investono, è la verifica – quindi la contro prova – verso chi fa veramente i numeri.

Ad esempio: se una community di circa un milione e mezzo di follower non fa guadagnare ad un’impresa rispetto ad un determinato budget stimato, la risposta è che probabilmente – oltre al non essere idoneo – andrebbero verificati anche quanti personaggi in Community, effettivamente sono attivi rispetto al guadagno che la stessa vuole raggiungere.

L’aspetto lungimirante dell’influencer marketing è, in pratica, il vero affare che comporta aggregarsi al mondo digitale e la risposta che ne deriva.

Piramidi Maya: cosa si nasconde nel loro interno?

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Piramidi Maya: cosa si nasconde nel loro interno? Maschera Maya a mosaico
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Gli antichi Maya costruirono centinaia di piramidi in tutta la Mesoamerica, dal 1000 a.C. circa al 1500 d.C., collocando al loro interno un’ampia varietà di manufatti.

Ma cosa c’è esattamente dentro?

I ricercatori hanno scoperto che, come le piramidi dell’antico Egitto, quelle costruite dai Maya contenevano ricchi tesori e sepolture. Ma spesso contenevano anche qualcosa di più strano: piramidi più piccole all’interno di quelle più grandi.

Ad esempio, la piramide di “El Castillo”, nel sito di Chichén Itzá nella penisola dello Yucatán, contiene una piramide all’interno di una piramide all’interno di una piramide, come una bambola russa che nidifica.

“Gli antichi abitanti della penisola dello Yucatán, quando sono arrivati ​​in un sito precedentemente abitato e abbandonato, non hanno distrutto le vecchie strutture”, ha dichiarato Andrés Tejero-Andrade, professore all’Università Nazionale Autonoma del Messico (UNAM) che ha studiato e scritto su El Castillo. “Piuttosto ne hanno costruito altre nuove sopra quelle già presenti, e così via”, ha aggiunto, osservando che questo è il motivo per cui El Castillo ha questa struttura di bambole nidificanti.

Questa pratica non era esclusiva di El Castillo; altre piramidi Maya e non Maya hanno questa disposizione, ha detto Denisse Lorenia Argote Espino, ricercatrice presso l’Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (INAH) del Messico.

Espino ha notato che costruire una piramide sopra un’altra piramide “era una pratica comune in epoca preispanica (prima che arrivassero gli spagnoli)” e che “le strutture principali nei lunghi insediati, siti abitati da molto tempo, di solito hanno diverse fasi costruttive”.

Tuttavia, tali pile di piramidi non sono le cose più comuni che gli archeologi hanno trovato nelle piramidi Maya. Mentre alcuni templi erano usati per i rituali, altri servivano come tombe per governanti o altri individui d’élite.

Queste sepolture contenevano manufatti come maschere di giada per i defunti, perline di giada, lame di ossidiana e spine di razza, che erano un simbolo di sacrificio per gli antichi Maya, secondo il libro di Michael Coe “The Maya” (Thames & Hudson, 2011).

Le spine di Stingray erano associate al sacrificio di sé perché a volte venivano poste “attraverso orecchie, guance, labbra, lingua e pene, il sangue veniva spruzzato su carta usata per ungere idoli”, ha scritto Coe nel suo libro.

Gli antichi Maya possedevano oggetti preziosi fatti di giada. Uno degli esempi più famosi è un trono di giaguaro trovato nella piramide di El Castillo.

Qui vediamo il Trono del Giaguaro all'interno della piramide del "Templo de Kukulkán" (El Castillo). Il Tempio di Kukulcan, è una piramide a gradoni mesoamericana che domina il centro del sito archeologico di Chichén Itzá. Costruito dalla civiltà Maya preispanica tra il IX e il XII secolo d.C., El Castillo fungeva da tempio del dio Kukulkan, la divinità del serpente piumato Maya dello Yucatec strettamente imparentata con il dio Quetzalcoatl noto agli Aztechi.(Credito immagine: foto di Thierry Tronnel/Corbis via Getty Images)
Qui vediamo il Trono del Giaguaro all’interno della piramide del “Templo de Kukulkán” (El Castillo). Il Tempio di Kukulcan, è una piramide a gradoni mesoamericana che domina il centro del sito archeologico di Chichén Itzá. Costruito dalla civiltà Maya preispanica tra il IX e il XII secolo d.C., El Castillo fungeva da tempio del dio Kukulkan, la divinità del serpente piumato dello Yucatec strettamente imparentata con il dio Quetzalcoatl noto agli Aztechi.(Credito immagine: foto di Thierry Tronnel/Corbis via Getty Images)

“I Maya classici stimavano la giadeite non solo per la sua preziosità e bellezza, ma anche come pietra di grande importanza simbolica”, ha scritto Karl Taube, professore di antropologia presso l’Università della California, Riverside, in un articolo pubblicato sulla rivista Ancient Mesoamerica. Ad esempio, i Maya associavano la giada al mais, al dominio e al vento stesso, sostiene Taube. “La giada era una componente importante dei riti funerari e dell’evocazione rituale di divinità e antenati”, ha aggiunto.

Altri manufatti 

Le piramidi Maya contenevano molti altri notevoli manufatti. Ad esempio, una piramide nel sito di San Bartolo, nel nord del Guatemala, contiene un frammento di quello che potrebbe essere il più antico calendario Maya mai trovato, risalente a più di 2.200 anni fa.

Una piramide a Copan, in Honduras, ha un’enorme iscrizione contenente più di 2.000 glifi Maya incisi sulla sua scalinata. L’iscrizione racconta la storia dei governanti di Copan, secondo un rapporto del Getty Conservation Institute. I Maya usavano un sistema di scrittura che a volte viene chiamato “geroglifico Maya”. Questo sistema di scrittura ha glifi che rappresentano suoni che formano parole che gli studiosi possono leggere e tradurre.

Il nostro Universo non era vuoto, nemmeno prima del Big Bang

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Il nostro Universo non era vuoto, nemmeno prima del Big Bang, topologia cosmica esotica
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Quando si tratta dell’Universo fisico, la nozione di “nulla” può davvero essere possibile solo in teoria, non in pratica. L’Universo oggi sembra pieno di cose: materia, radiazione, antimateria, neutrini e persino materia oscura ed energia oscura, nonostante il fatto che non conosciamo veramente la natura ultima e fondamentale di queste ultime due.

Tuttavia, anche se togliessi ogni singolo quanto di energia, rimuovendolo in qualche modo completamente dall’Universo, non rimarresti con un Universo vuoto. L’Universo genererà sempre nuove forme di energia.

Com’è possibile? È come se l’Universo stesso non capisse affatto la nostra idea di “nulla”; se dovessimo rimuovere tutti i quanti di energia dal nostro Universo, lasciando dietro di noi solo spazio vuoto, ci aspetteremmo che l’Universo sarebbe allo zero assoluto: senza particelle energetiche da trovare da nessuna parte. Eppure non è affatto così. Non importa quanto “vuoto” rendiamo artificialmente l’Universo in espansione, il fatto che si stia espandendo genererebbe comunque spontaneamente e inevitabilmente radiazioni. Anche arbitrariamente lontano nel futuro, o fino a prima del caldo Big Bang, l’Universo non è stato e non sarà mai veramente vuoto. Ecco la scienza del perché.

epoche cosmiche guardare indietro hubble 13,8 miliardi
Nelle vicinanze, le stelle e le galassie che vediamo assomigliano molto alle nostre. Ma se guardiamo più lontano, vediamo l’Universo com’era in un lontano passato: meno strutturato, più caldo, più giovane e meno evoluto. In molti modi, ci sono limiti a quanto lontano possiamo vedere nell’Universo. Credito : NASA/ESA/STScI/A. Campo

Qui nel nostro Universo oggi, è molto chiaro che lo spazio è tutt’altro che vuoto. In ogni direzione in cui guardiamo, vediamo:

  • stelle,
  • gas,
  • polvere,
  • altre galassie,
  • ammassi di galassie,
  • quasar,
  • particelle cosmiche ad alta energia (note come raggi cosmici),
  • e la radiazione, sia dalla luce delle stelle che dal Big Bang stesso.

Se avessimo “occhi” migliori, vale a dire strumenti superiori a nostra disposizione, potremmo anche rilevare i segnali che sappiamo dovrebbero essere là fuori, ma che non possono essere rilevati con la tecnologia attuale. Vedremmo onde gravitazionali da ogni massa che sta accelerando attraverso un campo gravitazionale variabile. “Vedremmo” tutto ciò che è responsabile della materia oscura, piuttosto che semplicemente i suoi effetti gravitazionali. E vedremmo buchi neri, sia attivi che quiescenti, piuttosto che semplicemente quelli che emettono la maggior quantità di radiazioni.

planck prima mappa del cielo
La prima mappa completa del cielo rilasciata dalla collaborazione Planck rivela alcune sorgenti extragalattiche con il fondo cosmico a microonde al di là di essa, ma è dominata dalle emissioni a microonde in primo piano della materia della nostra galassia: principalmente sotto forma di polvere. Rivelare tutta la materia nell’Universo non ci mostrerà ancora tutto. Credito : Planck Collaboration/ESA, HFI e LFI Consortium

Tutto ciò che vediamo non sta semplicemente accadendo in un Universo statico, ma piuttosto in un Universo che si sta evolvendo nel tempo. Ciò che è particolarmente interessante da un punto di vista fisico è come il nostro Universo si sta evolvendo. Su scala globale, il tessuto del nostro Universo – lo spaziotempo – è in fase di espansione, vale a dire che se metti due “punti” ben separati nel tuo spaziotempo, scoprirai che:

  • la distanza (misurata da un osservatore in uno dei punti) tra quei punti,
  • il tempo di viaggio della luce tra quei punti,
  • e la lunghezza d’onda della luce che viaggia da un punto all’altro,

aumenteranno tutti nel tempo. L’Universo non si sta solo espandendo, ma si sta anche raffreddando contemporaneamente come risultato dell’espansione. Man mano che la luce si sposta su lunghezze d’onda maggiori, si sposta anche verso energie inferiori e temperature più fredde; l’Universo era più caldo in passato e sarà ancora più freddo in futuro. E, nonostante tutto, gli oggetti con massa e/o energia nell’Universo gravitano, ammassandosi e raggruppandosi insieme per formare una grande rete cosmica.

fetta di ragnatela cosmica di simulazione del millennio
Nella cosmologia moderna, una rete su larga scala di materia oscura e materia normale permea l’Universo. Sulla scala delle singole galassie e più piccole, le strutture formate dalla materia sono altamente non lineari, con densità che si discostano dalla densità media di quantità enormi. Su scale molto grandi, tuttavia, la densità di qualsiasi regione dello spazio è molto vicina alla densità media: con una precisione di circa il 99,99%. Credito : The Millennium Simulation, V. Springel et al.

Se potessi in qualche modo eliminare tutto – tutta la materia, tutte le radiazioni, ogni singolo quanto di energia – cosa rimarrebbe?

In un certo senso, avresti solo lo spazio vuoto stesso: ancora in espansione, ancora con le leggi della fisica intatte e ancora con l’incapacità di sfuggire ai campi quantistici che permeano l’Universo. Questo è il massimo che puoi ottenere, fisicamente, a un vero stato di “nulla”, eppure ha ancora regole fisiche a cui deve obbedire. Per un fisico in questo Universo, rimuovere qualsiasi altra cosa creerà uno stato non fisico che non descrive più il cosmo in cui abitiamo.

Ciò significa, in particolare, che ciò che oggi percepiamo come “energia oscura” esisterebbe ancora in questo “Universo di nulla” che stiamo immaginando. In teoria, puoi prendere ogni campo quantico nell’Universo e metterlo nella sua configurazione a più bassa energia. Se lo fai, raggiungeresti quella che chiamiamo “energia di punto zero” dello spazio, il che significa che non potrà mai più essere prelevata da esso e utilizzata per eseguire qualche tipo di lavoro meccanico. In un Universo con energia oscura, una costante cosmologica o l’energia di punto zero dei campi quantistici, non c’è motivo di dedurre che l’energia di punto zero sarebbe effettivamente zero.

energia oscura
Mentre la materia (sia normale che oscura) e la radiazione diventano meno dense man mano che l’Universo si espande a causa del suo volume crescente, l’energia oscura, e anche l’energia del campo durante l’inflazione, è una forma di energia inerente allo spazio stesso. Man mano che viene creato nuovo spazio nell’Universo in espansione, la densità di energia oscura rimane costante. Credito : E. Siegel/Oltre la Galassia

Nel nostro Universo, infatti, si osserva che ha un valore finito ma positivo: un valore che corrisponde a una densità di energia di circa ~1 GeV (circa l’energia di massa a riposo di un protone) per metro cubo di spazio. Questa è una quantità tremendamente piccola di energia, naturalmente. Se prendessi l’energia insita in un singolo corpo umano – in gran parte dalla massa dei tuoi atomi – e la diffondessi in modo da avere la stessa densità di energia dell’energia del punto zero dello spazio, scopriresti di occupare tanto spazio quanto una sfera all’incirca del volume del Sole!

In un futuro molto lontano, tra googol di anni, l’Universo si comporterà come se questa energia di punto zero fosse l’unica cosa rimasta al suo interno. Le stelle si spegneranno tutte; i cadaveri di queste stelle irradieranno tutto il loro calore e si raffredderanno fino allo zero assoluto; i resti stellari interagiranno gravitazionalmente, espellendo la maggior parte degli oggetti nello spazio intergalattico, mentre i pochi buchi neri rimasti raggiungeranno dimensioni enormi. Alla fine, anche loro si decomporranno a causa delle radiazioni di Hawking, ed è qui che la storia diventa davvero interessante.

buco nero
Un’illustrazione dello spaziotempo fortemente curvo, al di fuori dell’orizzonte degli eventi di un buco nero. Man mano che ti avvicini sempre di più alla posizione della massa, lo spazio diventa più fortemente curvo, portando infine a un luogo dall’interno dal quale nemmeno la luce può sfuggire: l’orizzonte degli eventi. Credito : JohnsonMartin/Pixabay

L’idea che i buchi neri decadano potrebbe essere giustamente ricordata come il contributo più importante di Stephen Hawking alla scienza, ma contiene alcune importanti lezioni che vanno ben oltre i buchi neri. I buchi neri hanno quello che viene chiamato un orizzonte degli eventi: una regione in cui una volta che qualcosa del nostro Universo attraversa questa superficie immaginaria, non possiamo più ricevere segnali da essa. Tipicamente, pensiamo ai buchi neri come al volume all’interno dell’orizzonte degli eventi: la regione da cui nulla, nemmeno la luce, può sfuggire. Ma se gli dai abbastanza tempo, questi buchi neri evaporeranno completamente.

Perché questi buchi neri evaporano? Perché irradiano energia e quell’energia viene prelevata dalla massa del buco nero, convertendo la massa in energia tramite  E = mc² di Einstein. Vicino all’orizzonte degli eventi, lo spazio è più fortemente curvo; più lontano dall’orizzonte degli eventi, è meno curvo. Questa differenza di curvatura corrisponde a un disaccordo su cosa sia l’energia di punto zero dello spazio. Qualcuno vicino all’orizzonte degli eventi vedrà che il suo “spazio vuoto” è diverso dallo “spazio vuoto” di qualcuno più lontano, e questo è un problema perché i campi quantistici, almeno per come li intendiamo noi, sono continui e occupano tutto lo spazio.

visualizzazione della teoria quantistica dei campi
Visualizzazione di un calcolo della teoria quantistica dei campi che mostra particelle virtuali nel vuoto quantistico. Anche nello spazio vuoto, questa energia del vuoto è diversa da zero, ma senza specifiche condizioni al contorno, le proprietà delle singole particelle non saranno vincolate. Nello spazio curvo, il vuoto quantistico differisce dallo spazio piatto. Attestazione : Derek Leinweber

La cosa fondamentale da capire è che se ti trovi in ​​qualsiasi luogo al di fuori dell’orizzonte degli eventi, c’è almeno un possibile percorso che la luce potrebbe intraprendere per viaggiare verso qualsiasi altro luogo che sia anche al di fuori dell’orizzonte degli eventi. La differenza nell’energia di punto zero dello spazio tra queste due posizioni ci dice, come dedotto per la prima volta nell’articolo di Hawking del 1974, che la radiazione sarà emessa dalla regione attorno al buco nero, dove lo spazio è maggiormente curvo.

La presenza  dell’orizzonte degli eventi del buco nero  è una caratteristica importante, in quanto significa che l’energia necessaria per produrre la radiazione attorno a questo buco nero deve provenire dalla massa, tramite E = mc² di Einstein, del buco nero stesso (sebbene alcuni abbiano sostenuto, in modo convincente, che potrebbe essere possibile produrre questa radiazione senza un orizzonte degli eventi). Inoltre, lo spettro della radiazione è un corpo nero perfetto con la sua temperatura impostata dalla massa del buco nero: le masse inferiori sono più calde e più pesanti le masse sono più fredde.

L’Universo in espansione, ovviamente, non ha un orizzonte degli eventi, perché non è un buco nero. Tuttavia, ha qualcosa di analogo: un orizzonte cosmico. Se ti trovi in ​​un punto qualsiasi dello spaziotempo e consideri un osservatore in un’altra posizione nello spaziotempo, penseresti immediatamente: “Oh, ci deve essere almeno un possibile percorso che la luce potrebbe seguire per collegarmi a quest’altro osservatore“. Ma in un Universo in espansione, questo non è necessariamente vero. Dovete trovarvi abbastanza vicino l’uno all’altro in modo che l’espansione dello spaziotempo tra questi due punti non impedisca l’arrivo della luce emessa.

regioni dell'universo
In un Universo che finisce per essere dominato dall’energia oscura, ci sono quattro regioni: una dove tutto al suo interno è raggiungibile e osservabile, una dove tutto è osservabile ma irraggiungibile, una dove le cose un giorno saranno osservabili e una dove le cose non lo saranno mai. Questi numeri corrispondono alla nostra cosmologia di consenso all’inizio del 2023. Attestazione : Andrew Z. Colvin/Wikimedia Commons; annotazioni: E. Siegel

Nel nostro Universo attuale, ciò corrisponde a una distanza di circa 18 miliardi di anni luce. Se emettessimo luce in questo momento, qualsiasi osservatore entro 18 miliardi di anni luce da noi potrebbe eventualmente riceverla; chiunque fosse più lontano nonpotrebbe riceverla mai, a causa della continua espansione dell’Universo. Possiamo vedere più lontano di così perché molte fonti di luce sono state emesse molto tempo fa. La prima luce che sta arrivando in questo momento, 13,8 miliardi di anni dopo il Big Bang, proviene da un punto che si trova attualmente a circa 46 miliardi di anni luce di distanza. Se fossimo disposti ad aspettare un’eternità, alla fine riceveremmo luce da oggetti che sono attualmente lontani fino a ~ 61 miliardi di anni luce; questo è il limite ultimo.

Dal punto di vista di qualsiasi osservatore, esiste questo orizzonte cosmologico: un punto oltre il quale la comunicazione è impossibile, poiché l’espansione dello spazio impedirà agli osservatori in questi luoghi di scambiarsi segnali oltre un certo punto nel tempo.

E proprio come l’esistenza dell’orizzonte degli eventi di un buco nero porta alla creazione della radiazione di Hawking, anche l’esistenza di un orizzonte cosmologico, se devono essere rispettate le stesse leggi della fisica, deve creare radiazione. In questo caso, la previsione è che l’Universo sarà riempito da radiazioni straordinariamente a bassa energia la cui lunghezza d’onda è, in media, di dimensioni paragonabili all’orizzonte cosmico. Ciò si traduce in una temperatura di ~10 -30 K: trenta ordini di grandezza più deboli dell’attuale Fondo Cosmico a Microonde.

inizio del big bang inflazionistico
Le fluttuazioni quantistiche inerenti allo spazio, estese attraverso l’Universo durante l’inflazione cosmica, hanno dato origine alle fluttuazioni di densità impresse nel fondo cosmico a microonde, che a loro volta hanno dato origine alle stelle, alle galassie e ad altre strutture su larga scala nell’Universo di oggi. Questa è la migliore immagine che abbiamo di come si comporta l’intero Universo, dove l’inflazione precede e crea il Big Bang. Sfortunatamente, possiamo accedere solo alle informazioni contenute all’interno del nostro orizzonte cosmico, che fa tutte parte della stessa frazione di una regione in cui l’inflazione finì circa 13,8 miliardi di anni fa. Attestazione : E. Siegel; ESA/Planck e la task force interagenzia DOE/NASA/NSF sulla ricerca CMB

Mentre l’Universo continua ad espandersi e raffreddarsi, arriverà un momento nel lontano futuro in cui questa radiazione diventerà dominante su tutte le altre forme di materia e radiazione all’interno dell’Universo; solo l’energia oscura rimarrà una componente più dominante.

Ma c’è anche un altro momento nell’Universo – non nel futuro ma in un lontano passato – in cui l’Universo era dominato da qualcosa di diverso dalla materia e dalle radiazioni: durante l’inflazione cosmica. Prima che si verificasse il caldo Big Bang, il nostro Universo si stava espandendo a un ritmo enorme e inarrestabile. Invece di essere dominato dalla materia e dalle radiazioni, il nostro cosmo era dominato dall’energia del campo dell’inflazione: proprio come l’energia oscura di oggi, ma di molti ordini di grandezza maggiore in forza e velocità di espansione.

Sebbene l’inflazione abbia disteso l’Universo piatto e dilatato le particelle preesistenti l’una dall’altra, ciò non significa necessariamente che la temperatura si avvicini e asintoti allo zero assoluto in breve tempo. Invece, questa radiazione indotta dall’espansione, come conseguenza dell’orizzonte cosmologico, dovrebbe effettivamente raggiungere il picco nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso, corrispondenti a una temperatura di circa ~100 K, o abbastanza calda da far bollire l’azoto liquido.

orizzonte degli eventi del buco nero
Proprio come un buco nero produce costantemente radiazioni termiche a bassa energia sotto forma di radiazione di Hawking al di fuori dell’orizzonte degli eventi, un Universo in accelerazione con energia oscura (sotto forma di una costante cosmologica) produrrà costantemente radiazioni in una forma completamente analoga: Unruh radiazione dovuta a un orizzonte cosmologico. Credito : Andrew Hamilton, JILA, Università del Colorado

Ciò significa che se mai volessi raffreddare l’Universo fino allo zero assoluto, dovresti interrompere completamente la sua espansione. Finché il tessuto dello spazio stesso ha una quantità di energia intrinseca diversa da zero, si espanderà. Finché l’Universo si espande inesorabilmente, ci saranno regioni separate da una distanza così grande che la luce, non importa quanto tempo aspettiamo, non sarà in grado di raggiungere una di queste regioni dall’altra. E finché certe regioni saranno irraggiungibili, avremo un orizzonte cosmologico nel nostro Universo e un bagno di radiazione termica a bassa energia che non potrà mai essere rimossa. Ciò che deve ancora essere determinato è se, proprio come la radiazione di Hawking significa che i buchi neri alla fine evaporeranno, questa forma di radiazione cosmica causerà fondamentalmente anche il decadimento dell’energia oscura del nostro Universo.

Non importa quanto chiaramente nella tua mente tu sia in grado di visualizzare un Universo vuoto con niente dentro, quell’immagine semplicemente non è conforme alla realtà. Insistere sul fatto che le leggi della fisica rimangano valide è sufficiente per eliminare l’idea di un Universo veramente vuoto. Finché l’energia esiste al suo interno – anche l’energia del punto zero del vuoto quantistico è sufficiente – ci sarà sempre qualche forma di radiazione che non potrà mai essere rimossa. L’Universo non è mai stato completamente vuoto, e fintanto che l’energia oscura non decadrà completamente, non lo sarà mai.

Viaggio nel tempo: da dove viene quest’idea?

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Da dove viene il concetto di viaggio nel tempo?
Da dove viene il concetto di viaggio nel tempo?
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Il sogno del viaggio nel tempo è sia antico che universale. Ma da dove è iniziata la fascinazione dell’umanità per i viaggi nel tempo e perché l’idea è così attraente?

Il concetto di viaggio nel tempo, muoversi attraverso il tempo nel modo in cui ci muoviamo attraverso lo spazio tridimensionale, può in effetti essere collegato alla nostra percezione del tempo. I linguisti hanno riconosciuto che siamo essenzialmente incapaci di parlare di questioni temporali senza fare riferimento a quelle spaziali.

Nella lingua – qualsiasi lingua – non esistono due domini più intimamente collegati dello spazio e del tempo“, ha scritto il linguista israeliano Guy Deutscher nel suo libro del 2005 “The Unfolding of Language“.

 “Anche se non ne siamo sempre consapevoli, parliamo invariabilmente del tempo in termini di spazio, e questo riflette il fatto che pensiamo al tempo in termini di spazio“.

Deutscher ci ricorda che quando pensiamo di incontrare un amico “intorno” all’ora di pranzo, stiamo usando una metafora, poiché l’ora di pranzo non ha alcun lato fisico. Allo stesso modo sottolinea che il tempo non può letteralmente essere “lungo” o “corto” come un bastone, né “passare” come un treno, o persino andare “avanti” o “indietro” più di quanto non faccia lateralmente, in diagonale o in basso.

Forse a causa di questa connessione tra spazio e tempo, la possibilità che il tempo possa essere sperimentato in diversi modi e attraversato ha radici sorprendentemente ancestrali.

Uno dei primi esempi noti di viaggio nel tempo appare nel Mahabharata, un antico poema epico sanscrito compilato intorno al 400 a.C..  

Lisa Yaszek, professore di studi di fantascienza presso il Georgia Institute of Technology di Atlanta, ha spiegato a Live Science:

“Nel Mahabharata c’è una storia sul re Kakudmi, che visse milioni di anni fa e cercò un marito adatto per la sua bella e abile figlia, Revati. I due viaggiano a casa del dio creatore Brahma per chiedere consigli”. 

Ma mentre si trovano nel piano dell’esistenza di Brahma, devono aspettare che il dio ascolti una canzone di 20 minuti, dopo di che Brahma spiega che il tempo si muove diversamente nei cieli che sulla Terra”. 

Si è scoperto che “27 chatur-yugas” erano passati, o più di 116 milioni di anni, secondo un sommario online, e quindi tutti quelli che Kakudmi e Revati avevano mai conosciuto, compresi membri della famiglia e potenziali pretendenti, erano morti. Dopo questo shock, la storia si chiude con un lieto fine in quanto Revati è promessa sposa di Balarama, fratello gemello della divinità Krishna”.

Il tempo è fugace

Per Yaszek, il racconto fornisce un esempio di ciò che ora chiamiamo dilatazione del tempo, in cui diversi osservatori misurano diverse lunghezze di tempo in base ai loro relativi quadri di riferimento, una parte della teoria della relatività di Einstein.

Storie di questo tipo sono diffuse in tutto il mondo, ha detto Yaszek, citando una storia mediorientale del primo secolo a.C. su un miracoloso ebreo che dorme sotto un carrubo appena piantato e si sveglia 70 anni dopo per scoprire che è ormai maturato e ha fatto i frutti (i carrubi sono noti per quanto tempo impiegano a produrre il loro primo raccolto).

Un altro esempio può essere trovato in una favola giapponese dell’ottavo secolo su un pescatore di nome Urashima Tarō che si reca in un palazzo sottomarino e si innamora di una principessa. Tarō, quando torna a casa, scopre che sono passati 100 anni. Il racconto è stato pubblicato online dall’Università della Florida del sud.

Nell’era moderna, tra il 1700 e il 1800, la versione del racconto del viaggio nel tempo divenne più popolare. Esempi includono la classica storia di Rip Van Winkle, nonché libri come il romanzo utopico di Edward Belamy del 1888 “Looking Backwards“, in cui un uomo si sveglia nel 2000, e il romanzo di HG Wells del 1899 “The Sleeper Awakes“, che parla di un uomo che dorme per secoli e si sveglia in una Londra completamente trasformata.

In altre storie di questo periodo, anche le persone iniziano a muoversi indietro nel tempo. Nella satira di Mark Twain del 1889 “Un americano alla corte di re Artù“, un colpo alla testa spinge un ingegnere a tornare al regno del leggendario monarca britannico.

Cominciano ad apparire anche oggetti capaci di inviare qualcuno lungo il corso del tempo, principalmente orologi, come nella fantasia per bambini di Lewis Carrol del 1889 “Sylvie e Bruno“, dove i personaggi possiedono un orologio che è un tipo di macchina per il viaggio nel tempo.

L’esplosione di queste storie potrebbe derivare dal fatto che la gente “stava iniziando a standardizzare il tempo e ad orientarsi più frequentemente con gli orologi“, spiega Yaszek.

Di volta in volta

H. G. Wells fornì una delle trame di viaggio nel tempo più suggestive nel suo romanzo del 1895, che conteneva l’innovazione di un’imbarcazione che può spostarsi avanti e indietro attraverso lunghi periodi di spazio temporale. “Questo succede quando cominciamo ad usare motori a vapore, treni e le prime automobili“, spiega Yaszek.

Ritengo che non sia una sorpresa che Wells improvvisamente pensi: ‘Ehi, forse possiamo usare un veicolo per un viaggio nel tempo‘”.

Poiché è un’icona visiva così ricca, molte storie di viaggi nel tempo sono state particolarmente amate grazie ad una macchina del tempo sorprendente, come la cabina blu della polizia del Dottore – il TARDIS – nella lunga serie della BBC “Doctor Who“, e lo speedster di lusso in argento di “Ritorno al futuro“, la DeLorean.

Più recentemente, il viaggio nel tempo è stato utilizzato per esaminare la nostra relazione con il passato, in particolare in pezzi scritti da donne e persone di colore. Il romanzo di Octavia Butler del 1979 “Kindred” su una donna moderna che visita i suoi antenati prima della guerra civile è “una storia meravigliosa che ci chiede davvero di ripensare le relazioni in bianco e nero attraverso la storia“, ha detto. 

E una serie web contemporanea intitolata “Send Me” coinvolge un sensitivo afroamericano che può guidare le persone nel periodo precedente alla guerra civile americana e assistere alla schiavitù.

Sono davvero entusiasta di storie del genere“, ha detto Yaszek. “Ci aiutano a rivedere la storia da nuove prospettive“.

Il genere ha trovato casa in una grande varietà di generi e media, tra cui commedie come “Groundhog Day“, nonché videogiochi come “The Legend of Zelda: Majora’s Mask” di Nintendo.

Yaszek ha suggerito che questa malleabilità e ubiquità parlano della capacità dei racconti di viaggio nel tempo di offrire una via di fuga dalla nostra realtà normale. “Ci lasciano immaginare che possiamo liberarci dalla morsa del tempo lineare“, ha detto. “E in qualche modo ottenere una nuova prospettiva sull’esperienza umana, la nostra o l’umanità nel suo insieme, e penso che sia davvero emozionante per noi“.

Il fatto che le persone moderne siano spesso attratte dalle storie delle macchine del tempo, in particolare, potrebbe riflettere il fatto che viviamo in un mondo tecnologico.

Tuttavia, il fascino del viaggio nel tempo ha certamente radici più profonde, intrecciate nel tessuto stesso della nostra lingua e che appaiono in alcune delle nostre prime immaginazioni.

Penso che sia un modo per dare un senso a ciò che altrimenti è intangibile e inspiegabile, perché è difficile cogliere il tempo“, spiega Yaszek. “Questa è una delle ultime frontiere, la frontiera del tempo, della vita e della morte. E stiamo tutti andando avanti, viaggiamo tutti attraverso il tempo“.