I buchi neri sono “oggetti” spaziali invisibili all’occhio in cui la gravità è così forte da risucchiare ogni cosa, persino la luce. Tutti i buchi neri che gli astronomi hanno individuato finora sono enormi, grandi centinaia di migliaia e, a volte, persino miliardi di volte la massa del nostro sole, oppure abbastanza piccoli, ovvero grandi meno di un centinaio di masse solari.
In realtà, gli astronomi non hanno ancora individuato nessuno di questi buchi neri “negromanti” di fascia media ma ciò non significa che non esistano.
Gli scienziati del Lawrence Livermore National Laboratory in California sospettano che i buchi neri di dimensioni medie potrebbero essere della giusta dimensione per fornire abbastanza forza gravitazionale per riaccendere una nana bianca morta, che sarebbe ciò che resta di una stella la cui massa è paragonabile a quella del Sole che ha esaurito la sua combustibile nucleare.
Per testare la loro idea, i membri del team hanno eseguito simulazioni con un supercomputer, testando dozzine di diversi scenari; tra questi stelle morte e buchi neri di medie dimensioni. Nelle varie simulazioni, ogni volta che una nana bianca si avvicinava al buco nero di dimensioni medie, la stella si riaccendeva. Sembra che sia la forza gravitazionale del buco nero ad innescare la fusione del materiale stellare residuo, portando il calcio ed il ferro alla fusione mentre la stella si avvicina al buco nero. Questo processo, detto di nucleosintesi, sarebbe in grado di riaccendere una stella morta.
Il team ha anche scoperto che il risveglio della stella dovrebbe creare potenti onde elettromagnetiche che potrebbero essere rilevate da rilevatori posizionati nell’orbita vicino alla Terra, il che significa che potremmo “vedere” dove è successo e trovare il buco nero di medie dimensioni che gli ha dato un seconda vita.
“Se le stelle si allineano, per così dire, una stella di zombi potrebbe fungere da faro di riferimento per una classe di buchi neri mai prima individuata“, ha spiegato in una dichiarazione Peter Anninos, fisico e autore principale dello studio.
La stella resuscitata avrebbe comunque vita breve. Il buco nero “negromante” una volta riportata in vita la stella, continuerebbe ad attrarla verso di sé, e le stesse forze di marea capaci di riaccenderla comprimendola in una direzione perpendicolare al piano orbitale, comincerebbero ad allungarla strappandole materia, facendola a pezzi.
Lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal.