Nel corso di un importante esperimento scientifico alcuni scienziati hanno creato modelli di embrioni umani senza i classici “ingredienti” naturali come ovuli e sperma. La ricerca, fatta notare da The Guardian, potrebbe portare a nuove scoperte nel campo della salute, della genetica e del trattamento di alcune patologie.
La scienza, tuttavia, non ha potuto non sollevare alcune questioni etiche. I modelli embrionali sono stati prodotti grazie a cellule staminali, coltivate grazie a un embrione tradizionale in laboratorio. È possibile programmare le cellule staminali per farle sviluppare in qualsiasi tipo di altra cellula ed è così che vengono usate in un organismo per adempiere a funzioni di crescita e riparazione.
Embrioni umani artificiali fatti evolvere: cosa è successo?
Come informa Sciencealert, nell’esperimento in questione, le cellule staminali sono state attentamente persuase a diventare cellule precursori che alla fine sarebbero diventate il sacco vitellino, la placenta e quindi l’embrione vero e proprio. Un documento sulla svolta deve ancora essere pubblicato, quindi sarà necessario attendere i dettagli su come esattamente è stato raggiunto qiesto risultato.
Il lavoro è stato condotto dalla biologa Magdalena Żernicka-Goetz, dell’Università di Cambridge nel Regno Unito, insieme a colleghi del Regno Unito e degli Stati Uniti. Nel 2022, un team guidato da Zernicka-Goetz era riuscito a far crescere con successo embrioni di topo con cervelli e cuori primitivi.
Siamo ancora agli inizi
Bisogna però sottolineare come al momento la scienza è ancora molto lontana dalla creazione di bambini in maniera artificiale. Queste sono strutture simili a embrioni, senza cuore o cervello: sono più simili a modelli di embrioni che sono in grado di imitare alcune, ma non tutte, le caratteristiche di un embrione normale.
“È importante sottolineare che questi non sono embrioni sintetici, ma modelli di embrioni”, ha scritto Zernicka-Goetz su Twitter. “La nostra ricerca non ha la finalità di creare la vita, ma di salvarla”. Uno dei modi in cui questa ricerca potrebbe salvare vite umane consiste nell’aiutare a esaminare il motivo per cui molte gravidanze falliscono nella fase in cui questi embrioni artificiali si replicano. Se questi primi istanti possono essere studiati in un laboratorio, dovremmo poter riuswcire ad acquisire una maggiore comprensione.
Come altro sarà possibile utilizzare tali scoperte?
Queste tecniche potranno essere utilizzate anche per saperne di più su come si sviluppano le malattie genetiche comuni nelle prime fasi della vita. Una volta che ci sarà una maggiore conoscenza di come iniziano, saremo in una posizione migliore per fare qualcosa al riguardo. Allo stesso tempo, ci sono preoccupazioni su dove potrebbe portare questo tipo di creazione di modelli di embrioni. Gli scienziati affermano che sono necessarie norme forti per controllare questo tipo di ricerca, norme che al momento non esistono realmente.
Bisogna fare i conti con questioni etiche
Rodrigo Suarez dell’Università del Queensland in Australia, che è stato coinvolto nella ricerca, ha affermato: “Questi nuovi test in vitro apriranno la strada a studi futuri che mirano a svelare i meccanismi dello sviluppo umano, nonché gli effetti delle anomalie ambientali e genetiche. Come con la maggior parte delle tecnologie emergenti, la società dovrà bilanciare le prove sui rischi e i benefici di questo approccio e aggiornare di conseguenza l’attuale legislazione”.
Come sottolineato dalla ricercatrice di bioetica Rachel Ankeny dell’Università di Adelaide, che non era coinvolta nella ricerca, oggi i ricercatori si attengono alla “regola dei 14 giorni” che limita l’uso di embrioni umani in laboratorio, richiedendo che gli embrioni umani possano essere coltivati in vitro solo per un massimo di 2 settimane.
Regole come questa, così come quelle nuove che potrebbero essere introdotte man mano che questa ricerca continua, ci costringono a porre domande fondamentali circa la nostra concezione della vita: quando inizia essa di preciso? Quando un individuo può essere definito tale e quindi esistente? Ankeny ha affermato: “Dobbiamo coinvolgere il pubblico su comprensione e aspettative da questo tipo di ricerca e più in generale sulle opinioni circa lo sviluppo umano iniziale”.