Oltre che da psicologi e neuropsichiatri, il QI è usato anche dai sociologi, che ne studiano in particolare la distribuzione nelle popolazioni e le relazioni con altre variabili. È stata dimostrata in particolare una correlazione tra QI, morbosità e mortalità, e con lo stato sociale dei genitori.
L’eventuale ereditarietà del QI, è sotto esame da quasi un secolo ma restano alcune controversie legate a quanto esso sia ereditabile e ai meccanismi di trasmissione. Lo stesso studio suggerisce che la componente ereditabile del QI diventi più significativa con l’avanzare dell’età. Seguendo un fenomeno chiamato effetto Flynn, il QI medio per molte popolazioni aumentava con una velocità media di 3 punti ogni decennio durante il XX secolo, prevalentemente nella parte bassa della scala. Non è chiaro se queste variazioni riflettano reali cambiamenti nelle abilità intellettuali, oppure se siano dovute soltanto a problemi di natura metodologica nei test passati.
È importante notare che i test del QI non riportano una misura dell’intelligenza come se fosse una scala assoluta, ma offrono un risultato che va letto su una scala relativa al proprio gruppo di appartenenza (sesso, età).
I risultati dei test del QI sono utilizzati per prevedere i risultati accademici, le prestazioni lavorative, lo status socioeconomico conseguibile e le cosiddette “patologie sociali”. A tale proposito, tuttavia, uno studio del 2015, relativo alle prestazioni lavorative, ha riportato in dubbio l’asserita validità predittiva del test in tema di future performance occupazionali e ha messo in guardia nei confronti dell’uso invalso in tal senso.
Oggetto di dibattito è se i test del QI siano o no un metodo accurato per misurare l’intelligenza assoluta; si ritiene per lo più che i loro risultati siano collegabili solo a sotto-capacità specifiche dell’intelligenza.
The Bell Curve è un libro del 1994 di Richard J. Herrnstein e Charles Murray, che esplora il ruolo dell’intelligenza nel modo di vivere negli USA. Il libro cominciò ad essere ampiamente letto e dibattuto per la sua discussione sui rapporti tra etnie umane e intelligenza, presente nei capitoli 13 e 14. Da allora, le analisi in quel libro vennero riprese e aggiornate, per merito di studi più approfonditi.
Mentre i punteggi dei membri di differenti gruppi etnici sono distribuiti per tutta la scala QI, i gruppi etnici hanno valori medi di QI differenti tra loro. Analizzando i risultati dei QI e raggruppando gli individui secondo la loro appartenenza etnica, si sono ottenuti i seguenti risultati riguardo alle principali etnie presenti negli USA: gli ebrei-ashkenaziti e gli orientali hanno punteggi medi superiori a quelli dei bianchi europei, mentre gli ispanici e gli afroamericani ottengono medie inferiori.
L’interpretazione dei risultati è stata controversa fra gli esperti. Alcuni affermano che esistono realmente differenze interetniche nel QI, per cui i test del QI standard non sarebbero universalmente validi e dovrebbero invece essere localizzati. Ma la maggior parte degli esperti concorda nel ritenere che i risultati rivelino semplicemente le differenze socioeconomiche tra le varie etnie: ad esempio, è molto difficile trovare una persona senza istruzione superiore tra gli ebrei, che appartengono alle classi medio-alte della società; al contrario, negli USA, le classi sociali più svantaggiate sono composte prevalentemente da ispanici e afroamericani. Risalta, comunque, la differenza tra QI medio degli ebrei-ashkenaziti rispetto ad altri gruppi di ebrei e alcuni quindi ipotizzano che i test QI siano viziati all’origine, misurando soltanto un certo tipo di intelligenza.
Intelligenza e pregiudizio (The Mismeasure of Man) di Stephen Jay Gould, saggio pubblicato nel 1981, si pose come monumento contro il razzismo scientifico. Nel 1996 venne pubblicata una seconda edizione in risposta a The Bell Curve, con un’estesa appendice in cui stroncava il libro di Herrnstein e Murray. Gould scrisse che The Bell Curve «è un capolavoro retorico di scientismo», aggiungendo anche che il testo è “insincero”, in quanto nasconde volutamente dei dati essenziali, omettendo la «misura consueta del tasso di idoneità per le regressioni multiple, r^2, che sono presentate qui per l’analisi dei campioni rappresentativi».
Un altro aspro critico dei test QI è stato senza dubbio il genetista Richard Lewontin, che in un articolo del 1981 intitolato The Inferiority Complex scrive che credere che i QI misurino l’intelligenza tout court, come fosse un dato oggettivo, significa “reificare un pregiudizio“.
Il cervello e il QI
Diverse fonti di informazioni concordano sull’idea che i lobi frontali siano di fondamentale importanza per l’intelligenza fluida. I pazienti con danni al lobo frontale rispondono in misura ridotta nei test di intelligenza fluida (Duncan et al 1995). Il volume di materia grigia frontale (Thompson et al 2001) e della sostanza bianca (Schoenemann et al 2005) sono stati anche associati con l’intelligenza generale. Inoltre, recenti studi hanno osservato questa associazione con la tecnica del neuroimaging per la corteccia prefrontale laterale. Duncan e colleghi (2000) hanno dimostrato mediante tomografia a emissione di positroni che la soluzione di problemi sono i compiti maggiormente correlati al QI, dato il coinvolgimento della corteccia prefrontale laterale. Più di recente, Gray e colleghi (2003) hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) per dimostrare che le persone che erano più abili nel resistere alle distrazioni durante un impegnativo compito di memoria avevano un QI superiore e una maggiore attività prefrontale.
Diversi studi giungono a conclusioni discordanti per quanto riguarda la controversa idea che il cervello sia correlato positivamente con il QI. Jensen e Reed (1993) sostengono che non esiste una correlazione diretta e non patologica dei soggetti.
Un approccio alternativo ha cercato di collegare le differenze di plasticità neurale con intelligenza (Garlick, 2002), e questo punto di vista ha recentemente ricevuto qualche sostegno empirico.
Testare il proprio QI
Questo test online fornisce un’indicazione generale delle abilità cognitive, rappresentate da un valore del QI compreso tra 85 e 145, dove 100 corrisponde alla media della popolazione. Questo test non si sostituisce ad un test di intelligenza professionale, come quelli somministrati da psicologi o dal Mensa – che ha licenza di offrire una selezione di test intellettivi.
Questo test si compone di 35 problemi logici e va risolto entro un tempo limite di 25 minuti. Ogni esercizio consiste in sole matrici grafiche con difficoltà progressiva, perciò non serve essere in possesso di abilità matematiche o linguistiche. Ogni risposta corretta dà un punto, ed ogni esercizio è ugualmente pesato. Non ci sono bonus per completamento rapido, né penalità per risposte errate, ed è quindi nell’interesse dell’attendente usare bene il tempo a disposizione e provare a indovinare quando non si è sicuri.
Attenzione: sia che otteniate un punteggio alto che uno basso tenete presente che l’intelligenza ha molte sfaccettature e che non tutti sono adatti ad eccellere nel tipo di test proposto. La pagina del MENSA potrà guidarvi verso test più professionali ed accurati.