Il tempo degli uragani

Dall'inizio dell'estate alla fine dell'autunno sulla linea dell'equatore si formano questi eventi estremi che causano spesso ingenti danni e numerose vittime

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Uragani, cicloni, tifoni spesso usiamo impropriamente questi termini come sinonimi. Gli uragani sono cicloni tropicali che si formano a cavallo dell’equatore e si possono chiamare tecnicamente così se riguardano l’Oceano Atlantico.
Il nome di origine caraibica e designa il dio del Vento. Gli uragani si formano prevalentemente d’estate e d’autunno in seguito al calore sensibile liberato dall’oceano che si alimenta poi con il calore latente di condensazione proveniente dall’aria. La temperatura dell’acqua del mare deve essere di almeno 27° centigradi, nella parte bassa dell’atmosfera deve esserci molta umidità e in quota i venti non devono essere molto forti, altrimenti spazzerebbero via il nascente uragano.
L’uragano è caratterizzato da un centro o vortice di bassa pressione a nucleo caldo e da numerosi fronti temporaleschi (linee di groppo), disposti tipicamente a spirale e in rotazione attorno ad un centro ben definito, che producono forti venti e violente precipitazioni piovose nelle aree coinvolte dal loro passaggio.
Nell’Oceano Pacifico gli stessi eventi sono chiamati tifoni. Nell’Atlantico è in funzione un sistema di pre allarme fondato satelliti, boe di segnalazione, osservatori posizionati in determinate isole e aerei appositamente attrezzati per l’individuazione tempestiva di questi fenomeni estremi. Una volta individuato un uragano, sulla base di liste predisposte dall’Organizzazione Mondiale metereologica gli viene assegnato un “nome” di persona, che poi per alcuni anni non può essere riassegnato.
Se negli ultimi anni i satelliti svolgono una funzione preminente nell’individuare gli uragani in formazione essi non sono in grado di stimare accuratamente la velocità dei venti e rilevare la pressione barometrica. A questo ci pensano degli aerei speciali, gli Hurricane Hunters della NOAA ( National Oceanic and Atmospheric Administration’s) o altri velivoli della US Air Force. Questi aerei si spingono all’interno delle tempeste per raccogliere dati preziosi rispetto all’evoluzione degli uragani ed al loro “senso di marcia”.

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Gli uragani vengo classificati in base alla loro violenza e quindi all’indice di pericolosità per le popolazioni e le infrastrutture. La scala utilizzata è quella di Saffir-Simpson, basata sulla velocità dei venti e la propensione al danno.
Un uragano è definito tale quando i suoi venti superano i 119 km orari; al di sotto di questa velocità è chiamato semplicemente tempesta o depressione tropicale. La scala prevede 5 gradi (minimo, moderato, forte, fortissimo, disastroso). Il livello 5 comporta venti superiori ai 252 km orari, inondazioni con onde alte sei metri e oltre, alberi e cartelli stradali divelti.
Ed a proposito di uragani forza 4 o 5 quando uno di essi produce danni devastanti, il suo nome viene “ritirato” e non più assegnato. E’ il caso del ciclone tropicale che ha devastato New Orleans nel 2005 che ha prodotto più di 1300 vittime e 45 miliardi di dollari di danni. Non ci sarà un altro Katrina nella storia degli uragani, questo nome indicherà per sempre soltanto il disastroso ciclone che ha spazzato via la principale città della Lousiana.

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Katrina però non è stato l’uragano che ha mietuto più vittime. Il ciclone che investì Galveston, in Texas, l’8 settembre 1900, con una velocità stimata dei venti di 233 km orari, è ad oggi classificato come il più mortale disastro naturale che abbia mai interessato gli Stati Uniti. Uccise 8000 persone. All’epoca non si davano ancora i nomi agli uragani e l’evento metereologico estremo che devastò Galveston passò alla storia come la Grande Tempesta.
L’uragano più lungo non è terrestre, appartiene al gigante gassoso del nostro sistema solare, Giove. Si tratta della Grande Macchia Rossa, grande tre volte il nostro pianeta e che dura da 400 anni, probabilmente perché non ha una superficie solida sul quale rovesciarsi.

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Una caratteristica apparentemente bizzarra degli uragani è quella che viene definita come “occhio del ciclone”, la regione centrale del fenomeno dove la pressione è più bassa, il cielo è generalmente sgombro di nubi e con aria più calda rispetto al resto del fronte coperto dalla tempesta. Nell’occhio del ciclone i venti sono molto meno forti del resto dell’area interessata. Ed a proposito dei venti, il senso di rotazione degli uragani è antiorario nell’emisfero nord e orario in quello sud, per effetto della rotazione terrestre. Le tempeste da sole non si muovono in un senso o nell’altro: sono spinte e propagate dai venti dell’alta atmosfera.
Una volta o due nel corso di un secolo si può formare la cosiddetta “tempesta perfetta”, come accaduto nel 1991 quando l’uragano Grace che investì la costa degli Stati Uniti si fuse con altri due uragani più piccoli, provenienti uno da Nord e l’altro da Sud. Il peschereccio Andrea Gail che si trovava al largo di Halifax, Canada, fu investito dalla tempesta e i 6 uomini dell’equipaggio morirono. Sulla vicenda è stato girato anche un film “La tempesta perfetta” (2000) diretto da Wolfgang Petersen con George Clooney, Mark Wahlberg e Diane Lane.