Per la prima volta, un team guidato da ricercatori del MIT LIGO Laboratory (Laboratorio del Laser Interferometer Gravitational-Wave Observer del MIT), ha misurato gli effetti di fluttuazioni quantistiche su oggetti nella scala delle dimensioni umane, rompendo il confine tra l’incertezza casuale del mondo quantistico, dove le particelle vanno e vengono, e la certezza ordinaria del mondo classico, quello in cui gli esseri umani vivono, osservano e misurano.
In un articolo pubblicato su Nature, i ricercatori del MIT hanno riportato di aver osservato che fluttuazioni quantistiche, per quanto piccole, possono colpire un oggetto delle stesse dimensioni degli specchi dell’Osservatorio LIGO (dotati di una massa di circa 40 chilogrammi), determinando un loro spostamento di qualche grado, misurabile dal team, definendo l’universo come un circuito auto-eccitato – un sistema la cui esistenza e la cui storia sono determinate dalle misurazioni.
I rilevatori del LIGO confermano le previsioni della teoria quantistica
Si scopre quindi che il rumore quantistico dei rilevatori del LIGO è sufficiente a determinare lo spostamento dei grandi specchi di 10^-20 metri – uno spostamento che già la meccanica quantistica aveva previsto per oggetti di queste dimensioni, ma che finora non era mai stato misurato.
Lee McCuller, un ricercatore del Kavli Institute for Astrophysical and Space Research del MIT, afferma che le dimensioni di un atomo di idrogeno sono di 10^-10 metri, quindi questo spostamento degli specchi è per l’idrogeno ciò che l’idrogeno è per gli osservatori.
I ricercatori hanno utilizzato uno speciale strumento progettato da loro stessi, chiamato spremitore quantistico (quantum squeezer), per manipolare il rumore quantistico del rilevatore e ridurre i suoi colpi sugli specchi; tale dispositivo ha permesso di migliorare la sensibilità del LIGO nel rilevare le onde gravitazionali.
L’aspetto più sensazionale di questo esperimento è che si sono potuti vedere, per la prima volta, degli effetti quantistici su scala umana.
Questo significa che noi tutti, in ogni microsecondo della nostra esistenza, siamo colpiti da queste fluttuazioni quantistiche. Il problema di fondo è che la nostra esistenza, la nostra energia termica, hanno delle dimensioni troppo ampie perché queste fluttuazioni del vuoto quantistico possano influire in maniera rilevabile sui nostri movimenti.
Il lavoro che è stato fatto sugli specchi di LIGO è stato quello di isolarli dal moto generato dall’energia termica e da altre forze, in modo renderli sufficientemente statici da poter essere colpiti da fluttuazioni quantistiche.
L’osservatorio LIGO è stato progettato per rilevare le onde gravitazionali che arrivano sulla Terra da sorgenti cataclismiche, distanti da milioni a miliardi di anni luce. È costituito da due rilevatori, uno a Hanford (Washington) e l’altro a Livingstone (Louisiana). Ognuno dei due rilevatori è un interferometro a forma di L costituito da due tunnel lunghi 4 chilometri, all’estremità dei quali è posizionato uno specchio di 40 chilogrammi.
Per rilevare un’onda gravitazionale, un laser posto all’ingresso dell’interferometro LIGO invia un fascio di luce all’interno di ognuno dei due tunnel del rilevatore, al termine del quale viene riflesso dallo specchio, per giungere nuovamente al suo punto di partenza.
In assenza di onde gravitazionali, i due fasci laser dovrebbero ritornare al punto di partenza nello stesso preciso momento. Se durante il tragitto passa un’onda gravitazionale, essa andrà a disturbare leggermente la posizione degli specchi, e di conseguenza i tempi di arrivo dei fasci laser.
È stato fatto molto per proteggere gli interferometri dal rumore esterno, e questo permette ai rilevatori di individuare più facilmente anche piccoli disturbi creati da un’onda gravitazionale in arrivo.
Gli scienziati impegnati nel progetto LIGO si sono chiesti se il sistema potesse essere abbastanza sensibile da poter rilevare anche effetti più piccoli, come per esempio eventuali fluttuazioni quantistiche presenti all’interno dello stesso interferometro, con particolare riferimento al rumore quantistico generato tra i fotoni dei laser che viaggiano dentro il LIGO.
Questa fluttuazione quantistica nella luce del laser può causare una pressione di radiazione che effettivamente potrebbe colpire un oggetto. E in questo caso l’oggetto è proprio lo specchio di 40 kg, che è miliardi di volte più pesante di oggetti su nanoscala, nei confronti dei quali già altri gruppi avevano misurato simili effetti quantistici.
Per osservare se fosse stato possibile misurare il movimento dei pesanti specchi del LIGO, come risposta a queste deboli fluttuazioni quantistiche, i ricercatori hanno utilizzato uno strumento recentemente costruito come un dispositivo aggiuntivo agli interferometri, che hanno chiamato quantum squeezer. Con questo dispositivo, gli scienziati possono modulare le proprietà del rumore quantistico dentro l’interferometro LIGO.
Dapprima è stato misurato il rumore totale all’interno degli interferometri LIGO, compreso il rumore quantistico di fondo, così come il rumore classico, o quei disturbi generati dalle normali vibrazioni quotidiane. Quindi è stato attivato il dispositivo e stabilizzato in uno specifico stato in grado di alterare le proprietà del rumore quantistico.
Successivamente, durante l’analisi dei dati, è stato sottratto il rumore classico in modo da poter studiare solo ed esclusivamente il rumore quantistico all’interno dell’interferometro. Poiché il rilevatore monitora costantemente lo spostamento degli specchi, successivo a ogni rumore entrante, i ricercatori sono riusciti a osservare che lo spostamento degli specchi, di circa 10^-20 metri, era stato determinato dal solo rumore quantistico.
Uno dei componenti del team di ricerca, Nergis Mavalvala, ha sottolineato che i risultati ottenuti sono perfettamente in linea con le previsioni della meccanica quantistica.
Volendo fare un passo avanti, i ricercatori si sono chiesti se avrebbero potuto manipolare il quantum squeezer per ridurre il rumore quantistico all’interno dell’interferometro. Questo spremitore è progettato in modo tale che quando viene configurato in un particolare stato, esso spreme alcune proprietà del rumore quantistico, in questo caso, la fase e l’ampiezza.
Le fluttuazioni di fase possono essere considerate come derivanti dall’incertezza quantistica nel tempo di viaggio della luce, mentre le fluttuazioni di ampiezza danno i colpi quantistici alla superficie degli specchi.
Per esempio, quando lo spremitore è configurato in un certo stato, esso può spremere, o restringere l’incertezza nella fase, mentre simultaneamente può distendere, o incrementare l’incertezza nell’ampiezza. Spremere il rumore quantistico ad angolazioni diverse dovrebbe produrre dei rapporti differenti nel rumore di fase e di ampiezza all’interno dei rilevatori di LIGO.
Quindi, il passo successivo è stato quello di capire se, variando l’angolo di spremitura si sarebbero create delle correlazioni tra i laser del LIGO e i suoi specchi, tali da poter essere misurate. Per testare questa ipotesi, i ricercatori hanno configurato lo squeezer in 12 diverse angolazioni e, infatti, sono riusciti a misurare delle correlazioni tra le varie distribuzioni del rumore quantistico nel laser e il moto degli specchi.
Attraverso questa correlazione quantistica, i ricercatori sono riusciti a spremere il rumore quantistico, e quindi il risultante spostamento degli specchi, fino al 70% del suo livello normale.
Per coincidenza, questa misura, si trova al di sotto di quello che è definito limite quantistico standard, il quale, nella meccanica quantistica, stabilisce che un dato numero di fotoni, o, nel caso del LIGO, un determinato livello di potenza laser, vada a generare un minimo di fluttuazioni quantistiche che, a loro volta, generano un colpo su ogni oggetto che incontrano nel loro cammino.
Utilizzando la luce spremuta per ridurre il rumore quantistico nelle osservazioni con il LIGO, il gruppo di ricerca ha effettuato una misurazione più precisa rispetto al limite quantistico standard, riducendo quel rumore in un modo tale da permettere al LIGO di rilevare sorgenti di onde gravitazionali più deboli e più distanti.
Fonte: MIT