L’universo è in continua espansione e sarebbe molto arrogante pensare che gli unici ad abitarlo siamo noi del Pianeta Terra. Le teorie sulla possibilità dell’esistenza di alieni intelligenti tecnologicamente sviluppati si susseguono da sempre e sono state fonte di ispirazione per la letteratura, il cinema, la musica.
Lo stesso Enrico Fermi cercò di dare una spiegazione sull’esistenza di altre forme di vita nell’universo, col celeberrimo paradosso di Fermi.
Edward Teller, un collega statunitense dello scienziato italiano, ne ha ricordato così la genesi:
“Stavo passeggiando con Fermi e altri verso il Fuller Lodge. Stavamo andando a pranzo. Camminando, chiacchieravamo scherzosamente di un argomento che ricordo essere vagamente collegato ai viaggi spaziali. Non posso dirlo con certezza, ma mi pare stessimo parlando dei dischi volanti e del fatto che naturalmente non fossero reali. Ricordo anche che fu proprio Fermi a sollevare esplicitamente la questione, chiedendomi cosa ne pensassi e quanto ritenessi probabile che entro i dieci anni successivi avremmo osservato un oggetto materiale muoversi più veloce della luce. Risposi ‘10-6‘, e Fermi disse che era una probabilità troppo bassa. Secondo lui era superiore al dieci per cento. Qualche minuto dopo, mentre stavamo pranzando e parlando di tutt’altro, Fermi se ne uscì con la domanda ‘Ma allora dove sono tutti?’, che provocò una risata generale perché, nonostante la frase fosse totalmente avulsa dal contesto, tutti capimmo che stava parlando della vita extraterrestre”.
Allora, come mai non riusciamo ad avere una comunicazione con loro? Cosa impedisce un eventuale contatto o incontro?
Secondo il fisico teorico Alexander Berezin della National Research University of Electronic Technology (MIET) in Russia, ci sarebbe una spiegazione al paradosso che avrebbe una “soluzione banale, che non richiede ipotesi controverse“, ma potrebbe rivelarsi “difficile da accettare, poiché prevede un futuro per la nostra stessa civiltà anche peggio dell’estinzione “.
Un’ipotesi tutt’altro che incoraggiante.
Secondo Berezin, l’unico parametro di cui dovremmo preoccuparci – in termini di definizione della vita extraterrestre – è la soglia fisica dalla quale possiamo osservare la loro esistenza: “L’unica variabile che possiamo misurare oggettivamente è la probabilità che la vita diventi rilevabile dallo spazio entro un certo intervallo dalla Terra”, spiega lo studioso: “Per semplicità chiamiamolo ‘parametro A’.“
Se una civiltà aliena non raggiunge in qualche modo il parametro A – sviluppando viaggi interstellari, comunicando attraverso lo spazio o con altri strumenti potrebbe ancora esistere, ma non aiutarci a risolvere il paradosso.
L’attuale soluzione “First in, last out” proposta da Berezin è uno scenario un po’ deprimente: “E se la prima forma di vita extraterrestre che raggiunge la capacità di viaggiare nell’Universo sradica necessariamente tutta la concorrenza per alimentare la propria espansione?” Continua lo scienziato, paventando ipotesi non proprio ottimistiche.
Come spiega Berezin, questo non significa necessariamente che una civiltà extraterrestre altamente sviluppata spazzerebbe consapevolmente altre forme di vita, ma forse: “Semplicemente non se ne accorgeranno, allo stesso modo in cui un team di costruzioni demolisce un formicaio per costruire immobili perché mancano gli incentivi a proteggerlo “.
Apparentemente potrebbe sembrare che, dalle affermazioni del fisico, gli abitanti del pianeta Terra siano le formiche che verranno spazzate via da civiltà nettamente superiori. Ad uno sguardo più attento invece, gli stessi abitanti del globo terracqueo potrebbero essere i veri distruttori delle civiltà: “Supponendo che l’ipotesi di cui sopra sia corretta, cosa significa per il nostro futuro? L’unica spiegazione è l’invocazione del principio antropico. Siamo i primi ad arrivare allo stadio [interstellare]. E, molto probabilmente, saremo gli ultimi ad andarcene.”
Un altro esempio fornito da Berezin è il capitalismo del libero mercato, e un altro potrebbe essere rappresentato dai pericoli di un’intelligenza artificiale (IA) libera da vincoli del suo margine di utilizzo rispetto all’avanzamento sul suo margine di utilizzo: “Un’intelligenza artificiale canaglia può potenzialmente popolare l’intero supercluster con copie di se stessa, trasformando ogni sistema solare in un supercomputer e non serve a nulla chiedersi perché lo farebbe”.
Nonostante tutto appaia terribilmente catastrofico anche lo stesso Berezin spera di sbagliarsi e alcuni suoi illustri colleghi hanno una visione più ottimistica rispetto ad un probabile incontro con forme di vita extraterrestri intelligenti, ma le opinioni del fisico sono solo l’ultima affermazione scientifica del perché potremmo essere destinati a guardare le stelle da soli nell’intero universo, per quanto potremmo desiderare che non sia così.