Un viaggio interstellare che ci permetta di visitare altri mondi, magari popolati da esseri alieni è oltre le nostre attuali capacità tecnologiche. Siamo però in grado di utilizzare ricevitori per ascoltare eventuali segnali radio di origine artificiale, inviati da civiltà extraterrestri.
Con la nascita del progetto SETI, abbiamo cominciato a scandagliare la nostra galassia, la Via Lattea, che potrebbe contenere oltre trecento miliardi di stelle, nella speranza di ascoltare un segnale alieno che, però, potrebbe essere troppo distante e debole per essere percepito dai nostri strumenti. Questa possibilità la dobbiamo alla radio che ci offre un primo possibile modo di entrare in contatto con una o più civiltà aliene.
L’invenzione della radio fu opera del contributo di menti geniali nel corso del XIX e del XX secolo. Prima di costruire una radio vera e propria, alcuni scienziati scoprirono l’esistenza di particolari radiazioni elettromagnetiche, che chiamarono “onde radio“, che viaggiavano nell’aria e potevano essere intercettate da appositi strumenti. I primi a fare questa scoperta furono nel 1864 lo scozzese James Clerk Maxwell, teorico dell’elettromagnetismo e il tedesco Heinrich Rudolf Hertz, che qualche anno dopo ne dimostrò sperimentalmente l’esistenza.
La scoperta, tuttavia, parve non interessare il mondo scientifico dell’epoca che ritenne le onde radio una pura e semplice curiosità, senza grandi applicazioni pratiche.
La scoperta delle onde elettromagnetiche attirò, però, l’attenzione di due fisici: l’italiano Guglielmo Marconi ed il russo Aleksandr Stepanovič Popov, che senza sapere l’uno dell’altro, cominciarono a lavorare al medesimo progetto, la costruzione di un dispositivo in grado di inviare e ricevere segnali radio a distanza.
Tra il 1895 ed il 1896, Popov costruì un ricevitore in grado di captare i segnali e ne dimostrò il funzionamento durante alcuni esperimenti a San Pietroburgo. In Italia, a Pontecchio Bolognese, Marconi in qualche mese riuscì a potenziare il segnale del suo apparecchio tanto da far passare un segnale da un versante all’altro di un’ampia collina.
Le autorità italiane però non intuirono le potenzialità delle ricerche di Marconi e dunque l’inventore italiano dovette trasferirsi a Londra per proseguire il lavoro. Il 5 marzo del 1896 Guglielmo Marconi presentò la richiesta per brevettare le proprie migliorie alla telegrafia senza fili, ossia il primo prototipo della radio, anticipando di qualche settimana la prima trasmissione radio di Popov.
Grazie alla scoperta delle onde radio e alla costruzione di sistemi radio sempre più potenti oggi siamo teoricamente in grado di ricevere e inviare messaggi a civiltà extraterrestri che abbiano raggiunto a loro volta questo incredibile traguardo.
Ma cosa potrebbero captare eventuali radioastronomi extraterrestri in possesso di radiotelescopi paragonabili ai nostri?
Dipende da dove si sintonizzano, prendiamo ad esempio uno dei primi segnali abbastanza potenti citato anche in Contact di Carl Sagan, la cerimonia di apertura dei giochi olimpici del 1936 a Berlino. Quei segnali oggi sono arrivati a 84 anni luce di distanza e potrebbero essere stati captati su qualche pianeta nel sistema ternario di Alpha Centauri già nel 1940 (sappiamo che attorno a Proxima Centauri, la più vicina delle stelle del sistema ternario, esiste almeno un pianeta).
Dopo altri 20 anni il segnale potrebbe essere captato dagli alieni della stella Gliese 581, che ha circa la stessa età del nostro Sole e possiede almeno un pianeta che si trova ad una distanza perfetta per lo sviluppo della vita.
Nel 2001 le trasmissioni radio di Hitler erano giunte a 65 anni luce dalla Terra, dove troviamo la stella doppia Algol.
Se ci spostassimo nei sistemi più distanti di 84 anni luce nessuna civiltà aliena, ammesso ne esistano, potrebbe ancora aver captato questa trasmissione, mentre quelle partite dalla Terra qualche decennio prima erano probabilmente troppo deboli per arrivare cosi lontano.
Gli esseri umani, in maniera indiretta e in maniera diretta, hanno inviato dei messaggi verso le stelle, tuttavia per ora c’è chi fa notare che non abbiamo tecnologie per isolare e decifrare i possibili segnali trasmessi da eventuali civiltà extraterrestri. Anche per chi volesse ascoltarci ci sarebbe il problema di isolare le trasmissioni radio terrestri dal “disturbo” dovuto al Sole.
Lo ha spiegato in un’intervista Alexander Panov, ricercatore capo presso l’Istituto di Fisica nucleare dell’Università statale di Mosca e direttore del centro scientifico e culturale SETI sotto il Consiglio di astronomia dell’Accademia Russa delle Scienze.
Panov ha spiegato che “per ricevere questi segnali, sarebbero necessari ricevitori di scala completamente astronomica, che l’umanità attualmente non ha. La potenza totale dell’emissione radio dalla Terra è paragonabile a quella del Sole, il che significa che il rumore radio sospetto può essere rilevato nelle onde radio emesse dal nostro sistema solare. Ma nessuno strumento attualmente in nostro possesso potrebbe scomporre il disturbo radio in un flusso di informazioni significative”.
Insomma, per sperare di poter un giorno parlare con eventuali civiltà aliene dovremo migliorare di gran lunga i nostri strumenti ed attendere di ricevere segnali da lontane civiltà in possesso di tecnologie di trasmissione altrettanto potenti ed evolute.
Possiamo comunicare con gli alieni?
Con la nascita del progetto SETI, abbiamo cominciato a scandagliare la nostra galassia, la Via Lattea, che potrebbe contenere oltre trecento miliardi di stelle, nella speranza di ascoltare un segnale alieno che, però, potrebbe essere troppo distante e debole per essere percepito dai nostri strumenti.
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